32. Due mughetti colti in flagrante

N/A: capitolo movimentato, ma in modo diverso dallo scorso!

Come sempre, fatevi sentire con stelline e commenti e io vi auguro buona lettura!

La mattina dopo si svegliarono e salutarono come ogni mattina, fingendo come sempre davanti ai fratelli durante la colazione.

Ma Bruno non era totalmente a suo agio, c'era qualcosa che gli frullava in testa.
Quando, a letto, aveva provato a parlare di ciò successo la notte prima, Roberto aveva cambiato discorso. Era sembrato agitato, a dirla tutta.

E questo gli stava mangiando le budella.
Che si fosse pentito?
Che avesse trovato ripugnante lui o il gesto in sé?
Dio, non sapeva che pensare!

Sbuffò silenziosamente, mosse uno scatolone e sentì Aleksander lamentarsi che lo spruzzino fosse finito.
<Torno subito, promesso.> asserì, uscendo dallo sgabuzzino.

Perfetto, per almeno dieci minuti sarebbe stato lontano da lì. Era una buona occasione per provare a parlare con il fidanzato prima di sera.
Estrasse il telefono dalla tasca e scrisse a Roberto: 'Se riesci, con una scusa vieni nello sgabuzzino al più presto. Sono da solo per un po' e ho bisogno di parlarti.'

Si stupì di vedere all'istante le due spunte blu e il pollice all'insù mandato dopo qualche secondo. Rimise il telefono in tasca e diede una pulita alla facciata del vecchio armadio, abbandonato lì da chissà quanto.

"Dimmi che non vi metterete a fare i conigli in calore anche qua!" si lamentò Hans.
Il trentino sobbalzò al commento, per poi calmarsi (per quanto fosse possibile con quel soggetto) e rispose: "Non faremo i conigli in calore. E qual mal vento ti ha spinto a parlarmi di nuovo? Era da un po' che non ti facevi sentire."

"La tua testa è sempre affollata da pensieri o momenti con quello là e mi dà il voltastomaco. Ieri sera volevo punzecchiarti, cioè, salutarti, ma sono tornato nella parte conscia nel momento peggiore possibile. Se avessi potuto, avrei vomitato." raccontò l'altoatesino.

"Di' pure quel che vuoi, è stata una serata bellissima. E resterà sempre lì, nella mia memoria." asserì la regione.
"Però ora sei in ansia, mh~? E se il tuo adorato fidanzatino si fosse reso conto di essere stato forzato dalla situazione? L'avresti violentato. Non saresti nulla di meglio rispetto a chi gliel'ha fatto secoli fa." notò con cattiveria il sud tirolese.

Le paure di Bruno vennero esplicitate dalle parole altrui.
Strinse le mani a pugno e scosse la testa.
"No! No! Non è vero! Era consenziente! Io non gli ho fatto del male, io non sono come loro!" ribatté con disperazione.

"Continua a dire così, caro, mentre sai benissimo che dentro di te c'è una belva che non potrà essere fermata a lungo. Sei destinato a ferirlo, in un modo o nell'altro." ricordò il secessionista.
"Sta' zitto! Smettila di dire stronzate!" gli impose il trentino.

"Ti fa male perché è la verità, mh? A nessuno piace essere accusato, anche se è colpevole, no? Gli farai del male, se non l'hai già assalito ieri. Preparati ad essere imputato, io sarò contento di fare il giudice e di lasciare agli altri il compito di giuria." promise Hans, per poi ammutolirsi.

Non importò quanto forte il biondo lo richiamò mentalmente, lui non rispose. Nel mentre tremava e aveva gli occhi estremamente lucidi. Dio, no, no, no.
Lui non era un mostro. Lui non si sarebbe mai permesso di far del male a chi solamente amava.

Ma altrimenti perché evitare l'argomento? L'unica ragione plausibile era quella.
Si prese la testa fra le mani e fissò avanti a sé, ad occhi spalancati, smarrito e con la morte nel cuore. Cosa aveva fatto?!

La porta dello sgabuzzino si aprì e velocemente richiuse, mentre una figura alta e riccioluta entrava. Roberto chiese: <Bruno?...!>, stupendosi davanti lo stato vicino al crollo emotivo in cui vide il fidanzato.

<Amore, cosa c'è...?> chiese preoccupato, avvicinandosi con cautela.
<Sono un pezzo di merda! Ti ho costretto- Dio, sono davvero un mostro!> esplose il biondo, la voce vicina all'isteria.

<Non capisco, di che parli? Cosa mi avresti costretto a fare?> lo interrogò il piemontese che, un passetto dopo l'altro, arrivò di fronte al fidanzato.

<Ieri sera! Cazzo, ti ho costretto a fare tutto quello quando tu non te la sentivi!> rispose il trentino, fissandolo con gli occhi spalancati e tirandosi i capelli dolorosamente <I-Io ho abusato di te, ti ho messo pressione e ti ho costretto a-a... segarci insieme quando tu non volevi! Non sono diverso da loro! Ti ho fatto del male, quando avevo promesso di non farlo! Sono solo un animale!>

<C-Cosa? A-abusarmi?! Non mi hai costretto a niente! Come ti è venuto in mente qualcosa del genere?!> domandò il castano esterrefatto, tremando leggermente a quella parola che non c'entrava assolutamente nulla con il fidanzato.

<O-Oggi ho provato a parlarti di ieri sera... e hai evitato il discorso. Mi era sembrato strano. P-Poi è arrivato Hans e mi ha detto che sicuramente era perché ti avevo... v-vio... costretto e-... gli ho creduto.> confessò Bruno, la voce titubante e sull'orlo del pianto, così diversa dalla sua solita sicura e calma.

Roberto strinse i pugni, assottigliò lo sguardo, fulminò la fronte del fidanzato e sbottò: <Se potessi, strangolerei quello stronzo amorale e crudele all'istante e gliela farei pagare a calci!>, gesticolando freneticamente dal nervosismo.

Poggiò le mani sulle spalle del moroso e, osservandolo seriamente negli occhi, asserì: <Tu non sei un mostro, né un animale. Non mi hai... costretto. Io ero d'accordo con il fare tutto quello che abbiamo fatto e non perché mi hai costretto te. Io ho scelto da me. E non me ne pento.>

Il trentino lo fissò con occhi spalancati, un miscuglio di emozioni gli vorticavano nel petto. Chiese: <Perché... hai cambiato argomento quando te ne volevo parlare oggi?>

Allora il castano arrossì vagamente, distolse lo sguardo per qualche secondo, infine rispose: <Ero imbarazzato e non mi sentivo pronto a parlarne da appena sveglio. Non avevo idea di come comportarmi e avevo paura di dire una cazzata da ancora assonnato. Ma non pensare che non ne voglia parlare perché non ci voglio ripensare.>

Si interruppe, deglutì sonoramente e ammise, a bassa voce: <Mi è piaciuto davvero tanto, non mi sono mai sentito obbligato. Sicuramente è stato diverso da tutto il resto ed ero in imbarazzo perché non sono molto a mio agio nudo ed era una situazione fuori dalla mia normalità... Ma lo rifarei. Era bello a modo suo.>

Il trentino aprì piano la bocca, stupito, il cuore che batteva con vigore nel suo petto. Non stava avendo un'allucinazione, vero?
<Cosa ti è piaciuto?> indagò, la voce ancora tremante, ma più calma.

Il piemontese sorrise imbarazzato, le guance belle rosse, e decretò: <Quando dico che mi è piaciuto tutto, intendo tutto. Mi sentivo così... eccitato e con la testa leggera. Non farmi andare nello specifico, non credo di poterlo dire a parole.>

Bruno chiuse gli occhi qualche secondo, per riaprirli osservando il bel viso del suo brazedèl. Confessò: <Scusa, sono stressato dalla situazione. E Hans ne ha approfittato. Grazie per non avermi fatto perdere la testa.>

<Tu lo fai sempre per me, è il minimo.> notò Roberto <E anche se così non fosse, non potrei sopportare di vederti stare male. Sembravi disperato. E mi dispiace tu sia così teso. Io voglio solo renderti felice, ti amo. Anche con tutte le mie paure.>

<Anche io ti amo.> asserì il trentino. Allungò una mano e accarezzò una guancia del moroso, perdendosi nel suo dolce sorriso. Le mani dell'altro scivolarono via dalle sue spalle e andarono ad allacciarsi dietro il collo.

<Posso dimostrarti il mio amore?> propose il castano, il tono vagamente allusivo. Spinse leggermente entrambi verso una pila di contenitori di plastica riempiti di chissà quali cianfrusaglie. Il biondo intuì e si sedette sopra con un minimo di difficoltà, ripagato però dall'essere perfettamente faccia a faccia con il moroso. Rispose nel medesimo modo: <Assolutamente sì.>

E si baciarono dolcemente, per qualche secondo solo sfiorandosi le labbra in un innocuo bacio a stampo. Poi schiusero le labbra e approfondirono, facendo entrare in gioco la lingua, con una calma e lentezza uniche. Per quei lunghi e perfetti momenti tutto il resto perse la sua importanza, il tempo si fermò e il male si fece da parte, per lasciare a loro la possibilità di essere veramente felici, nel loro piccolo. Esistevano solo loro due, stretti, due corpi e anime distinti, ma irrimediabilmente legati.

Finché...

<Porca la Madonna-!> imprecò qualcuno e subito dopo qualcosa cadde a terra con un tonfo.
Ai rumori i due fidanzati si staccarono all'istante e si girarono nella direzione della fonte. Spalancarono gli occhi in orrore.

Aleksander era chinato a terra e stava raccattando il telefono cadutogli. Quando questi alzò la testa e vide i due fissarlo, rimase bloccato lì.
Un silenzio teso calò nella stanza.

<Aleksander. Dimmi che non hai fatto foto di noi due.> impose Bruno con una voce carica di un'algida rabbia che prometteva dolori.
<Voi due... Dio cane, perché non ci ho mai pensato?> borbottò il friulano, alzandosi in piedi, fissandoli.

<Ale, rispondici.> lo spronò Roberto, anche se con una voce decisamente dolce.
L'intruso rimase fermo qualche secondo. Si girò di scatto e puntò alla porta, mezzo urlando: <Lo devono sapere tutti, porca puttana!>
<Torna qua!> ordinò il trentino, scostando un po' malamente il fidanzato e inseguendo l'altra regione fuori dalla stanza.

<Prendimi, se ci riesci! Tanto non mi puoi fermare!> e il friulano scappò in giardino dalla porta sul retro. Subito si adoperò a diffondere la notizia, ma nel farlo inciampò e cadde a terra; riuscì però a girarsi in tempo e a colpire la schiena, non la faccia. Il biondo gli fu presto addosso, cercando di rubargli il telefono e cancellare le immagini.

Aleksander premette alla cieca il tasto e si strinse il telefono al petto, asserendo: <Troppo tardi!>

Bruno stava per protestare, ma sentì il telefono vibrare nei pantaloni e si congelò. Lo prese velocemente e guardò dalla tendina. Alcuni messaggi sul gruppo di casa, di Aleksander, di cui solo 1 non era una foto. Presto arrivarono altri messaggi e in vari avevano "taggato" il suo nome.

Porca puttana Eva-

Fece ciò che gli venne istintivo. Si alzò dal friulano e corse di nuovo in casa, rifugiandosi in fretta nel ripostiglio con il fidanzato, ancora lì e che fissava il telefono a occhi spalancati.
Il trentino chiuse la porta a chiave ("Meno male che lasciamo le chiavi dentro le serrature dalla parte della stanza!"), evocò il proprio flauto e suonò qualche nota veloce, evocando una magia a rafforzare la chiusura.

Si girò verso il piemontese, il quale lo stava fissando, spaventato e tremante. Sembrava star fissando avanti a sé, ma perso nel suo mondo.
Bruno in fretta si avvicinò e chiese preoccupato: <Brazedèl, mi senti?>

Roberto tornò lì con la mente e abbassò lo sguardo per fissarlo in volto. Prima strinse le labbra in una linea sottile, poi esalò un respiro incerto e infine rispose: <Sì... h-ho paura... c-ci odieranno sicuramente-! Oddio! N-Non posso sopportare di perdere gli altri! Non vo-voglio essere un reietto! P-Perché amare ti fa perdere il resto?!>

<Calmo, calmo. Fa respiri profondi.> istruì il trentino, respirando lentamente e rumorosamente, sperando l'altro lo seguisse. Il castano chiuse gli occhi e lo imitò, cercando alla cieca le mani del fidanzato e finendo per stringerlo all'altezza dell'avambraccio.

<Amore... shhh, ti giuro che andrà bene.> asserì il biondo.
<Non puoi saperlo.> ribatté il piemontese, aprendo gli occhi.
<Io ti amo e voglio la tua felicità, te l'ho detto varie volte, no? Perciò impedirò che ti feriscano. Fatti abbracciare, si vede che ne hai bisogno.> asserì Bruno.

Roberto rimosse le mani dalle sue braccia e lo strinse forte, appoggiando la testa fra i suoi capelli e inspirando forte.
Il biondo ricambiò la presa, accarezzò la schiena all'altro e commentò: <Non saranno così tanto profumati, oggi dovrei lavarmeli perché iniziano a diventare sporchi.>

<Voglio sentire te, non il profumo dello shampoo o del balsamo che c'è sempre nella doccia. O del bagnoschiuma, per quando appoggio la testa sulla tua spalla... Ok, non mi piace la puzza che si ha da sudati o da realmente sporchi. Ma questo è solamente il tuo odore naturale e mi piace.> affermò l'ex sabaudo, come sempre un po' impacciato quando parlava di getto.

Il trentino sorrise, mosse piano la testa e respirò profondamente il profumo che il fidanzato indossava sempre, come sempre complementare al suo odore naturale.
<Anche a me piace sentirti per quello che sei. Ma mi piace anche l'acqua di colonia che hai sempre addosso, è una parte di te quasi quanto i tuoi occhi o il tuo sorriso.> asserì.

Il castano arrossì vagamente e borbottò: <Mi piace prendermi cura di me, nel mio piccolo. E mi è sempre piaciuto il profumo dell'acqua di colonia. Mi piace molto anche la vaniglia, ma se indossassi un profumo del genere qualcuno dalla lingua lunga dovrebbe farlo notare e trasformarlo in qualcosa di negativo.>

<La vaniglia è un profumo che non mi piace molto addosso. Ma se ti piace tanto, dovresti prendertelo. Anche se è nel reparto donna perché a quanto pare agli uomini può piacere solo odorare come la corteccia degli alberi. E se qualcuno in casa ti dice qualcosa, li prendo io a calci in culo.> promise deciso il biondo.

<Grazie, sei sempre un tesoro.> complimentò Roberto, lasciandogli un bacetto fra i capelli <Ma io adoro i profumi in generale. D'altronde, mi piacciono molto i fiori.>

<Hai un fiore preferito?> domandò Bruno, per conversare. Si sciolse dall'abbraccio solo per prenderlo per mano e farlo sedere a terra, accanto a sé, schiena contro il vecchio armadio. Finché gli altri non li scovavano e rompevano il suo incantesimo, tanto valeva passarlo al meglio.

Il piemontese si strinse il più possibile a lui e spiegò: <Certo. È il mughetto. Sai, è un fiore esteticamente semplice: è di un candido bianco, piccolino, poco complesso nei petali. È facile non farci caso, perché tutta la pianta è bassa. Ma emana un fortissimo profumo che personalmente trovo molto buono e con quello attira l'attenzione. Come temperature e condizioni per crescere non ha molte pretese e quando fiorisce vuol dire che la primavera è davvero arrivata e la vita rinasce. E ha vari significati, anche se ora come ora non me li ricordo.>

<Ci guardiamo, dai.> propose Bruno, tirando fuori il cellulare e cercando il significato del mughetto.

<Ok, ma cercalo su un sito che ti fa una lista di tutti i fiori, sono più affidabili. Cerca in generale significato dei fiori e poi cerchiamo quello del mughetto.> suggerì il castano e il fidanzato acconsentì.

<Tu sei un po' il mughetto.> notò il trentino, cliccando la ricerca.

<Come mai? Non sono basso. E ok, sono pallido, ma non serve infierire. E tu hai una carnagione simile alla mia.> commentò il piemontese, cliccando il secondo sito apparso nelle ricerche prima che il moroso potesse fare qualcosa. Lo conosceva già, per questo si fidava.

Il biondo ridacchiò, ignorando il gesto innocuo altrui, e rispose: <Non in quel senso. Sei come il mughetto perché ti fai notare, anche se non per la via più facile. Non hai un atteggiamento prorompente e che ti fa spiccare all'occhio di chi entra in una stanza. Ma sei fantastico e appena si parla con te lo si può capire. E quando ci sei te, vuol dire solo una cosa: quello lì è un bel posto in cui stare, perché ci sei tu.>

Roberto arrossì, strinse la mano all'altro e borbottò: <Non sapevo di avere per fidanzato un poeta con lo scopo di farmi arrossire.>
<Non mi sento un poeta, bensì uno smielato attorno a te che vuole solo ricordati quanto sei fantastico. E adesso cerchiamo che simboleggia il mughetto.> ribatté Bruno.

Utilizzò la funzione di cercare nella pagina, scrisse il nome del fiore e uscirono quattro risultati.
<Mh, quattro significati, bene! Il primo è... oh.> si interruppe il castano, imbarazzato.
<Amore. Sì, decisamente ti rispecchia. Sei pieno di amore da dare.> commentò il trentino, andando al secondo elemento <Poi c'è... civetteria?>

<Sono civettuolo?> chiese il piemontese, stupito.
<Assolutamente no. Questo significato non lo accetto per te. Il terzo, sperando sia più giusto... felicità ritrovata.> lesse Bruno. Prima di poter fare un commento, il fidanzato sbuffò accanto a lui, commentando quanto fosse falso.

<Assolutamente no! A me fai sempre tornare il sorriso, quando sono giù, tipo prima!> ribatté il trentino.
<Andiamo all'ultimo, che è... verginità-.> lesse Roberto, vagamente arrossendo sulle guance.
<Ok, sono un mughetto. Ma non c'era bisogno di tirarlo in ballo, eh, lo so benissimo. 3000 anni che rappresento il mughetto, chi l'avrebbe mai detto?> commentò ironico poco dopo, incrociando le braccia, prendendosela con nessuno in generale.

<Ogni tanto mi dimentico che sei decisamente più grande di me.> notò Bruno, provando a cambiare argomento, per non imbarazzare troppo il fidanzato. Ehi, che ne poteva sapere che fra i significati c'era proprio quello?

<Grazie per ricordarmi che sono un vecchietto che sta con un giovincello. Tra l'altro, un vecchietto che è un mughetto in quel senso.> puntualizzò il castano, sempre con ironia.

<Hai più del doppio dei miei anni, ma io non sono piccolo in senso assoluto. Ho più di 1200 anni, quasi 1300, eh. E poi, anche io sono un mughetto in quel senso. E non è niente di cui vergognarsi. Se non ti senti di aver perso un'occasione o più, allora non ci sono problemi con l'essere ancora vergine. Almeno dal mio punto di vista.> illustrò il biondo.

<Tu pensi di aver perso almeno un'occasione?> gli domandò l'ex sabaudo.
<No. Tu?> l'altro gli girò la domanda.
<Neanch'io. Sono un fiero mughetto.> decretò Roberto, abbozzando un sorriso.

Bruno lo guardò in volto e si sentì il petto riscaldato all'istante. Asserì, in un sussurro: <Mi pentirei a rifiutare soltanto se la persona a propormelo fossi tu.>
Il piemontese divenne bordeaux a quelle parole, sicuro di aver sentito bene.

<S-Scusa, io-> il biondo (che si stava accaldando) provò a mangiarsi le parole, ma il castano lo interruppe con: <Anche per me sarebbe così, suppongo, quando mi sentirei pronto.>
Calarono nel silenzio più puro, osservandosi, entrambi rossi e consci del peso delle loro parole.

<Quando saremo pronti e sarà il momento giusto, potremo toglierci lo sfizio. Così non saremo più due mughetti in quel senso.> decretò Bruno.
Roberto annuì e lo baciò sulle labbra, a suggellare il patto non scritto. Il più giovane ricambiò volentieri e si sciolse nel ritmo dolce con cui l'altro conduceva il bacio.

Questa volta, però, erano più consci dell'ambiente attorno e si staccarono all'istante quando sentirono la porta scattare. Si girarono verso la porta e uno sprazzo di luce verde mandò in frantumi una bolla azzurrina attorno la maniglia.

Rimasero mano nella mano, ma si alzarono, osservando la porta aprirsi. Le prime persone sull'uscio erano Angela e Giovanna, rispettivamente coloro che infransero la magia e scassinarono la porta.

<Stavano limonando di nuovo?> chiese Aleksander, fuori dalla vista dei due dentro. Il trentino ebbe lo "strano" impulso di strangolarlo. Però il suo brazedèl lo teneva per mano e non l'avrebbe mai lasciato andare per strangolare un chissà chi.

<Io sto bene senza saperlo.> borbottò quello che pareva Giorgio.
<A me interessa capire. Quindi, su, andiamo in soggiorno! Gli altri sono già lì e ci sono alcuni che sono convinti sia la magia di photoshop.> esortò Giovanna, andandosene in soggiorno.

Roberto fu il primo a muovere un passo e il biondo lo seguì, senza lasciargli la mano. Angela lo osservò con uno sguardo interrogativo, ma rimase muta mentre si scostò dalla porta e fece gesto loro di passare.

"Beh, vada come vada, nella mia casa a Trento ci stiamo entrambi senza problemi. E ho un letto matrimoniale, quindi doppia vittoria. Bolzano, ora come ora, è fuori questione. Potremmo andare a casa sua a Torino, se preferisse. Mi basta stare con lui." rifletté Bruno, già facendo congetture.

Prima di accorgersene, arrivarono in soggiorno e si sedettero sotto lo sguardo degli altri. Le loro mani erano ancora intrecciate. Lo confortava molto la cosa. E suppose fosse lo stesso anche per l'altro.

<Allora, dalle vostre mani, devo dedurre che Ale non ha mandato un qualcosa modificato digitalmente?> domandò abbastanza retorico Giorgio.

<Già, niente trucco, niente inganno.> rispose Roberto. Prese un bel respiro abbastanza silenziosamente e aggiunse con decisione: <Nella foto ci stavamo davvero baciando perché stiamo insieme.>

<E questo quando ce lo siamo persi? Da quanto va avanti?> domandò Maurizio, sorpreso.
<Non ho contato i giorni.>
<Due settimane e due giorni.>

Dissero quasi all'unisono Bruno e Roberto, rispettivamente. Al sentire l'uno la risposta dell'altro, si girarono a guardarsi in volto, sorpresi.
<Perché non li hai contati?> chiese il piemontese, il tono vagamente offeso, ignorando tutti gli altri fratelli.

<Ero più preso al viverli appieno con te che a contarli.> rispose sinceramente il trentino, il tono pacato.
<Ah, ok.> farfugliò l'ex sabaudo, dando una leggera strizzatina alle loro mani intrecciate, guardandosi le ginocchia.

<Ah, relativamente poco. Ma comunque troppo per me! Savo, perché non mi hai detto nulla riguardo voi due o i tuoi sentimenti?> recitò magistralmente Rita, incrociando le braccia offesa.
Da tempo sospettava ci fosse del tenero fra di loro e quando il fratello le aveva detto della sua paura, le sue idee furono più fondate. Era solo vagamente dispiaciuta di non averlo saputo per prima, ma d'altro canto conosceva la timidezza altrui.

Roberto alzò il volto, osservò la cara sorella e si difese: <Non sapevo come avresti reagito. Anzi, non avevamo la più pallida idea se vi sarebbe andata a genio o meno la cosa. E quando, ecco... ci siamo confessati, nessuno dei due l'aveva programmato.>

<E come è andata? Ve lo siete urlati contro a casaccio?> ironizzò Rosa.
<La situazione era particolare e presi dal momento ci siamo dichiarati. È saltato fuori nella foga dei sentimenti.> raccontò il piemontese, rimanendo vago.

<Ancora non capisco.> decretò Mario, seduto a gambe incrociate su un puff.
<Io sto ancora cercando di capire quando si sono messi insieme in mezzo a questa situazione un po' di emme.> gli fece eco Giuseppe, grattandosi la nuca.

<Non vi siete per nulla insospettiti quando, dal non parlarci per nulla, siamo tornati ad essere amici e passare molto tempo insieme?> domandò retorico, ed esterrefatto, Bruno.
<Personalmente mi ero insospettito, ma dubitavo avrei cavato un ragno dal buco.> rispose Carlo, sicuro di sé.

<Ma perché avevate litigato in primo luogo, da amici? Eravate ancora amici, no?> li interrogò Franco.

<Non avevamo litigato. Avevo fatto tutto io. Avevo capito che mi interessava così tanto di lui perché mi piaceva in quel modo... e il mio primo istinto è stato negarlo. Poi di evitarlo sperando di stroncare questi sentimenti perché ne avevo paura-> spiegò Roberto, la voce affievolendosi nella vergogna.

<Tu mi dici che non so gestire i miei sentimenti, ma anche te non sei una cima, eh.> lo interruppe Rosa, aggrottando le sopracciglia.
<Ho sbagliato, capita a tutti. Non ho mai detto di essere perfetto in quell'ambito. E non sono avvezzo all'innamorarmi, quindi ero in panico totale perché non mi capivo.> elencò il piemontese.

<L'importante è che alla fine quello stallo sia finito. Lo odiavo.> commentò Bruno.
<Beh, non deve essere state carino vedere il tuo amico-... o cotta? Per forza di modi ti piaceva già, no?> si interruppe Michele, osservando il biondo.

<Sì, mi pare ovvio.> rispose il trentino.
<Da quanto? Da più di Roberto, suppongo.> chiese Angela.
<Anche te ora fai l'interrogatorio?> fece retorico Bruno.

<Voi non ci avete detto nulla e siamo ficcanaso. Mi sembra logico. Rispondi, su.> lo spronò l'umbra, un vago sorriso furbetto in volto.
Il trentino si morse l'interno guancia, decisamente imbarazzato. Ammise a mezza voce, spinto da qualche impulso auto-ridicolizzante: <Da decisamente più tempo di lui. Ad essere preciso, dagli anni '50 secolo scorso, se non da prima.>

Mario fischiò impressionato e decretò: <Che sottone che sei! Tutti questi decenni zitto zitto, buono buono, con la cotta! Si spiegano molte cose!>. Fra i risolini aggiunse: <A rifletterci, solo essendo un simp si poteva sopportare il continuo teatrino fra Marie e Roberto!>

<A proposito, Marie~!> la tirò in ballo Aleksander, ghignando <Come ci si sente ad essere andati dietro ad un gay per secoli?>

La valdostana gonfiò bambinescamente le guance e borbottò: <A furia di essere ignorata ero arrivata a due conclusioni e una delle quali era che c'era qualcosa di sospetto fra loro due... passano sempre troppo tempo insieme per non far venire il dubbio. E, beh, non ci posso fare nulla: io sono una ragazza e lui è gay.>

Il piemontese però non voleva passasse tale messaggio, perché altrimenti sarebbero risultate strane alcune sue interazioni con il sesso femminile. Ingenuamente, senza pensare molto a come frasarla dato l'imbarazzo, affermò: <Ma io non sono gay.>

Tutti lo guardarono con scetticismo, eccezione fatta per Bruno che scosse la testa. Aveva inteso le parole del fidanzato, se lo erano spiegati più di una volta, però l'aveva detta nel modo peggiore possibile.

<Bruno è una donna da quando?> domandò ironico Maurizio, mantenendo ancora l'espressione scettica.
<Roberto, so che stare in mezzo ai reali per troppo tempo ti rende scemo e che quindi risenti ancora di loro nonostante siamo una repubblica dal 1946, ma... sei gay. Sei un ragazzo che sta con un ragazzo. Vuoi il disegnino?> si aggiunse Carmela.

Il piemontese si diede una manata in fronte con la mano libera, ribattendo: <L'ho detto male, mea culpa. Intendo, Bruno è il primo ragazzo che mi piace in quel senso, credo. Di donne che ho trovato molto belle ce ne sono state.>

<E quante di quelle te ne sei fatte~? 0~?> sghignazzò Giuseppe.
L'ex sabaudo lo guardò con la miglior poker face del suo repertorio, mentre il biondo era pronto a evocare il suo flauto e scatenare qualche fulmine sulla testa del meridionale.

<Sai, non tutti ragionano con il cazzo come fai te e hanno bisogno perennemente di ficcarlo da qualche parte per non essere frustrati.> Giorgio rispose per le rime. Non tanto per difendere l'altro settentrionale, piuttosto per dimostrare il suo punto sempre visto male.

<Ah, stai zitto, frigidone.> lo ignorò il campano.
<Ha ragione lui, però. Quello a differenziarci dagli animali è il controllo sugli impulsi, anche in quell'ambito. Se tu non lo sai fare... trai le tue conclusioni.> asserì Carlo.

<Alè, un altro esperto.> ironizzò Mario.
<Certo. Solo perché non ho la vostra volgarità non significa non sappia di cosa stia parlando. La ricchezza e lo status hanno sempre avuto più potere del fascino.> ribattè il lombardo.
<Vero. Quando sei all'apice, puoi anche essere sgradevole, ma tutti ti vorranno.> commentò Francesca.

Roberto e Bruno, nel loro piccolo, ringraziarono che in quella casa la capacità di attenzione fosse così bassa.
Purtroppo, non per tutti.

Sofia sospirò, si massaggiò le tempie e borbottò l'incapacità altrui di mantenere un discorso.
Anna le accarezzò la schiena e la confortò, internamente sollevata che tutto fosse filato liscio.
<Te sei stata fin troppo silenziosa.> decretò l'emiliana ad un certo punto, osservando la gemella, scrutandola analiticamente. Data la sua voce decisa e forte l'attenzione si spostò sulla romagnola.

Questa si difese con un sorriso e commentò: <Beh, hanno parlato gli altri al posto mio.>
<Come se questo ti fermasse dal parlare. E hai avuto anche una reazione insolita ai messaggi che aveva mandato Aleksander: la tua faccia era uguale a quella di uno che è stato colto con le mani nel sacco. Ergo, tu sapevi qualcosa di loro due.> illustrò Sofia, indicando la coppietta.

Anna irrigidì le spalle, ma provò a deviare la cosa, per solidarietà nei confronti dei due che le avevano confidato il segreto. Ridacchiò e commentò: <Sofi, so che adori fare la detective, ma alcune volte esageri~!>

<Anna. Ti ricordo che c'è una connessione fra noi due e io la so sfruttare meglio. So che stai mentendo.> ribatté l'emiliana, sicura delle sue parole.

La romagnola stava per aprire la bocca, ma Bruno la precedette e disse: <Non ti si può nascondere niente, Sofia. È vero, Anna lo sapeva, ma perché mi serviva aiuto una volta e ho pensato a lei perché era l'unica che già sapesse fossi gay.>

<Hai fatto coming out solo con lei perché...?> lo interrogò Domenico, un po' ferito da quella verità.
<In realtà l'ha capito da sola la sera che avevamo visto il primo film della saga di Diego da Innsbruck di Brasilia.> raccontò il trentino.

<Ahhhhh, ora ha molto più senso la tua reazione alle mie domande!> ebbe l'epifania Giuseppe.
<E io che pensavo fossi solo frigidone come altri. Ha senso che non ti fregasse far cascare ai tuoi piedi le ragazze.> notò Mario.
<Anzi, dobbiamo finire la saga.> commentò Rosa.

<Ma di che state parlando?> domandò Aleksander.
<Di una saga di film di produzione molto bassa. Hanno in comune il protagonista, Diego, che verrebbe dal Brasile ma è tutto sbagliato, dato che in primis è biondo e occhi azzurri. Tutti i film riguardano il suo harem, in cui ci sono donne bellissime che gli vanno dietro. Peccato che è più interessante il tappeto per terra che lui, citando Rosa e Bruno.> illustrò Marie.

<Opera dell'Asylum?> domandò retorico il friulano.
<No, una produzione ancora più sperduta che però trova queste belle attrici.> intervenne Anna.
<Che ad un gay non interessano. Guardi i film con noi per Diego?> domandò il campano esterrefatto, guardando il biondino; capace di cambiare argomento velocemente.

<No. Lo guardo come Rosa per criticare tutto quello che c'è dentro. Diego è abbastanza blando e, anche se fosse stato un attore hollywoodiano, i ragazzi con occhi blu e capelli biondi non mi interessano.> ribatté il trentino, provando a non arrossire all'implicazione.

<Beh, si nota.> ridacchiò Rita, accennando con la testa a Roberto, il quale provò a fulminarla con lo sguardo, ma senza molto successo. Non era davvero arrabbiato, solo estremamente imbarazzato e ansioso.

<Ottimi gusti, i capelli scuri sono imbattibili!> si intromise Marie, per poi osservare il fratello e chiedere un po' titubante: <Posso comunque abbracciarti, Roby?>
<Se dura meno di un minuto e tieni le mani a posto, sì, ovvio.> rispose il piemontese, aggrottando le sopracciglia alla strana domanda.

<Allora ne voglio uno ora!> asserì la valdostana, alzandosi. Dato lo scricciolo qual era, scattò veloce dall'ex sabaudo e lo strinse forte, sedendosi sulle sue gambe.
Il più grande, preso di sorpresa, si irrigidì qualche secondo. Poi sciolse la mano intrecciata con il fidanzato per ricambiare il gesto della sorellina, borbottando: <Devi sempre fare le cose in grande, eh.>

<Ora smetteremo di svegliarci prima per via delle loro urla... wow, sembra un sogno.> commentò Giorgio. Poi spalancò gli occhi e, indicando i due fidanzati, minacciò: <Se vuoi due fatti un qualsiasi rumore alla notte io->

<Hai sentito rumori durante queste settimane?> lo interruppe Bruno.
<No.> dovette ammettere l'ex repubblica marinara dopo qualche istante di sorpresa.
<Ti sei risposto da solo.> decretò il trentino.

<Allora lo fate la notte quando tutti siamo in camera~?> indagò Giuseppe con un ghigno mefistofelico. Era nato per provocare.
I due interessati arrossirono all'istante al commento e replicarono praticamente all'unisono: <No!>

<Scemo, è impossibile non fare nessun rumore. Soprattutto se nelle stanze vicine qualcuno ci dorme. Sai quanti amanti dei miei capi ho scoperto così?> obiettò Francesca, per il gusto di andare contro al meridionale.

Intanto Marie si era alzata dal piemontese ed era ritornata al suo posto, soddisfatta.

<Ma Bruno è bravo con la magia, scommetto che un incantesimo contro il rumore esista!> difese la sua opinione il campano. Si rivolse di nuovo ai due fidanzati e chiese: <Allora, chi sta sotto? Siete->

Continuò a muovere le labbra, ma senza far uscire un suono. Il meridionale si bloccò, terrorizzato. Provò a parlare ancora, ma senza successo. Si alzò in piedi, impanicato.
<Scusa, ma stai infrangendo la loro privacy. E personalmente non mi interessa neanche saperlo. Ho già avuto risposta alle mie curiosità.> intervenne Angela.

Il campano si imbronciò e incrociò le braccia, parlando, ma ancora muto.
<Ti prego, teniamolo così per almeno mezza giornata.> commentò Carmela.
<Fallo anche con Mario.> suggerì Francesca.
<Ehi, mi piace parlare!> fece il laziale.

<Non mi piace limitare gli altri, se non strettamente necessario. Quindi, Giuseppe, posso sciogliere la magia anche ora, ma devi promettere che non farai più domande del genere.> notò l'umbra.

Il campano annuì velocemente. Angela schiocco le dita e disse: <Fatto.>
<Oh, meno male! Che orrore!> fece sollevato Giuseppe, risiedendosi.
<A parte che anche io sono curioso perché proprio non vi ci vedo, scusatemi, ma mi sembrate entrambi troppo rigidoni, son contento per voi.> si congratulò Michele.

<Non vi dà assolutamente fastidio la cosa?> chiese stupito Roberto.
<Perché dovrebbe? Sia Lovi che Feliciano sono fidanzati con nazioni del loro stesso sesso. E la maggioranza di noi ha vissuto abbastanza a lungo da non farsi più domande su come vivono l'amore gli altri.> notò Giovanna.

<La maggiore preoccupazione non era quella, anche se sì, un pochino di timore c'era, perché in fondo Feli e Lovino sono un caso diverso. Il fatto è... non vi dà fastidio per quello che siamo? Cioè, in teoria siamo tutti fratelli e sorelle fra di noi.> specificò il piemontese, il tono incerto.

<Vi considerate o vi siete mai visti come fratelli?> domandò allora Domenico.
<No, anche perché all'inizio c'era un barriera fra me e voi.> spiegò Bruno.
<Già, non siamo stati i più accoglienti possibili, vero. Scusa.> rammentò Maurizio.

<Non ve ne faccio una colpa vera, avevate appena finito una guerra contro l'Austria e io venivo da lì. Oltre che sembro totalmente diverso da voi, se non per il ricciolo.> li scusò Bruno. Sentì la sua mano stretta in una dolce presa e trattenne un sorriso. L'ex sabaudo aveva provato a spiegargli come non fosse un intruso in casa e, un pochino, dopo tante volte, ci stava iniziando a credere.

<Comunque il punto della questione è che non vedo nessuno di voi come mio fratello o sorella... senza offesa.> riassunse il trentino.

<Nessuna offesa, credo per tutti sia così. Ci definiamo fratelli per essere sbrigativi. E perché l'inno nazionale inizia con "Fratelli d'Italia" e noi la costituiamo. Cioè, considero fratelli e sorelle solo questi caotici che mi ritrovo attorno dalla nascita.> asserì Vincenzo, indicando i fratelli del meridione. Varie regioni annuirono per il salotto e Michele e Giuseppe si limitarono a mettere su il broncio all'essere stati chiamati "caotici".

<Esatto. Io non l'ho mai visto come fratello. Riesco solo a vedere come sorelle chi ho conosciuto prima dell'unità d'Italia, quindi Marie, Rita e Rosa.> lo appoggiò Roberto.
<Bleah, melenso.> borbottò Rosa.

Il piemontese abbozzò un sorriso sconsolato, aspettandosi quella reazione dalla ligure.
<Awww, anche per me sei come un fratello, Savo~!> commentò Rita. Si alzò con un sorriso indecifrabile, andò dal piemontese, lo prese da sotto le ascelle per farlo alzare e poi lo sollevò dalla vita, stringendolo.

La reazione istintiva di Roberto fu quella di spalancare gli occhi, aggrapparsi in qualsiasi modo possibile alla sarda e mezzo-strillare: <Bòja Fàuss*, Rita! Lasciami!>, anche se il tono non era arrabbiato. Pareva trattenere malamente delle risate.

[N/A: Bòja Fàuss*: porca miseria]

<Eddai, cinque secondi~!> mezzo canticchiò l'isolana, anche se in fretta lo rimise con i piedi per terra e lo abbracciò. Gli diede un bacetto sulla guancia e commentò: <Sono molto felice per te, Savo. Se si ama qualcuno, bisogna cogliere la palla al balzo e vivere la cosa felicemente. E ora che sei sicuro che nessuno di noi altri vi lincerà, puoi smetterla di essere seduto rigido come il marmo?>

<Non ero teso.> bofonchiò il piemontese, anche se sapeva di mentire.
<Ceeeeerto.> fece Rita.
<Ora che due fra i più vecchi in 'sta casa si sono fidanzati, e nel processo anche uno dei più giovani è finito impegnato, chi è il prossimo? Io punto su Francesca, così si dà una calmata!> scommise Aleksander, indicando la citata.

La toscana gli fece il dito medio e commentò: <Non sono vecchia!>
<Hai oltre 2900 anni, no? A me sa di vecchiaaaaaaa.> sghignazzò Giorgio.
<Fottiti te e i tuoi 1500 anni, stronzetto!> sbottò Francesca.

<Oh Dio, è vero che noi due siamo nati più o meno nello stesso periodo!> commentò Mario, indicando il veneto.
<Madonna cane, non ricordarmelo.> borbottò l'ex repubblica marinara.

<In realtà di vecchio, se consideriamo tutto tutto, c'è Vincenzo.> notò Carmela, osservando il fratello.
<Se consideriamo anche quel periodo, ho circa 3500 anni...? No, un po' di meno, dato che per un po' non sono proprio esistito. Ho la mentalità di un vecchio? Sì. Lo sono? No. Mi tengo i miei 2300 anni.> commentò Vincenzo.

<Perché non tenerne conto? Preferisco pensare di averne 2400 che poco più di 1400.> si intromise Carlo.
<Cosa? No no no! Tieni conto della seconda data, eh! Mi piace pensare di essere più grande di te, ahah~!> ribatté Giorgio.

<Tanto il più piccolo è Franco.> asserì Michele.
<Non è vero! Io ho 900 anni, Marie solo 700!> protestò il molisano.
<Ma da quando sei riconosciuto come territorio a se stante~? Da neanche 100 anni! Sei più piccolo te!> ribatté il pugliese.

<Senti, stiamo tenendo conto della nascita, non della legittimazione. Quindi ha 900 anni. Caso chiuso.> decretò Rita, lo sguardo omicida, anche se ancora abbracciava dolcemente il settentrionale.

<A me non dà fastidio essere considerata la più piccola. Sono comunque la più bassa e gli umani è impossibile mi diano più di 15 anni.> commentò Marie.
<Le imbarazzanti volte che ti chiedono se hai perso i genitori, cielo...> borbottò Franco.

<Oppure che molte delle taglie dei bambini ti vanno bene. Abbastanza imbarazzante, ma almeno ci sono molti colori.> notò la valdostana.
<Cazzo, purtroppo capisco quella cosa anche io.> borbottò Rosa.

<Naniiiiiiiii~.> canticchiò Giorgio.
Bruno si alzò e provò ad andare verso l'uscita, approfittando della concentrazione sui litiganti. Ma Roberto gli chiese: <Dove vai?>

E così parte dell'attenzione tornò su di lui. Uffa, voleva scappare in silenzio.
<Torno nello sgabuzzino a pulire, dato che deve essere fatto e toccava a me e Aleksander. Speravo di scappare ad un litigio.> rispose onestamente.

<Beh, prima eri decisamente preso a fare altro.> commentò Aleksander.
<In nostra difesa, gli avevo chiesto di venire lì perché volevo parlargli.> ribatté Bruno.
<Beh, la chiacchierata come stava andando, bene~?> sghignazzò Giuseppe.

Entrambi ruotarono gli occhi, Roberto si staccò da Rita e andò verso l'uscita.
<Vai a finire ciò che avevate iniziato~?> domandò Michele.

Il piemontese si girò, lo guardò male e asserì: <No, a continuare il libro che stavo leggendo prima che Bruno mi chiedesse di raggiungerlo nello sgabuzzino.> Poi uscì velocemente dalla stanza, salendo le scale.

Bruno si costrinse a non seguirlo troppo con lo sguardo, altrimenti sarebbe stato palese che stava ammirando le sue fattezze.

<Che prima donna, ora non ho più dubbi su chi-AHIO!> strillò Giuseppe, massaggiandosi la fronte. Il trentino gli aveva lanciato un giornale arrotolato in faccia. Nessuno insulta il suo brazedèl.

Tornò allo sgabuzzino trionfante.


N/A: beh, se vi ricordate, era Aleksander che aveva insistito per capire che fosse successo fra Bruno e Roberto per riappacificarsi... ed ha avuto la sua risposta.
Forse non nel modo più semplice, ma pazienza.

E ora sanno tutti della cosa!
Viva i tormenti h24 perchè sono una coppietta pucciosa.
E per ora Marie PARE non voglia uccidere Bruno, ma vediamo ciò che ci riserva il futuro.

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