3. Dei impietosi
N/A: grazie mille per il supporto che la storia sta ricevendo, significa molto per me. :3
Siamo quasi a 100 letture (anche se credo che la metà le ho fatte io a furia di scorrere nei commenti per rispondere)
E, vi volevo chiedere, avete qualche idea per il nome della shio fra Bruno e Roberto? Io letteralmente non ho idea, faccio pena con i nomi qwq
Detto questo, andiamo al capitolo.
<Ehi, torna qui!> lo rimproverò Aleksander, pronto già a seguire il fuggitore.
<Inutile, resta qui.> impose Sofia, guardando gli altri con disapprovazione <L'avete fatto sentire in trappola, ovvio sia scappato. Dubito che abbia preso la decisione di tenere segrete queste rivolte a cuor leggero.>
Roberto si morse il labbro inferiore, il senso di colpa che gli stringeva la gola.
Aveva dovuto per forza dire la sua, spinto da un senso di tradimento che non capiva e che lo confondeva.
<"Avete"? Ti escludi dall'averne colpa?> domandò infastidito Giorgio.
<Tutti voi avete parlato, in qualche modo accusandolo o facendolo sentire in colpa per le sue scelte, l'unica che si è limitata a voler ascoltare sono stata io. E sono anche l'unica che ogni tanto distoglieva lo sguardo da lui per farlo sentire meno in soggezione. Quindi sì, mi escludo.> spiegò l'emiliana.
<Io volevo solo farlo parlare...> tentò di difendersi Anna, dispiaciuta.
<Lo capisco, ma supplicandolo certamente l'hai fatto sentire più in colpa e... ed è scattato.> ragionò l'occhialuta.
Non avrebbe voluto dire quelle parole, ma qualcosa in lui si era incendiato. Era rimasto incredulo davanti alla notizia. Ferito al ripensare alla bugia detta poco prima. Non era per caso degno della sua fiducia?
<Davvero...?> chiese la romagnola, il volto dispiaciuto.
<Ma te sei stata dolcissima e hai solo provato a comprenderlo! Colpa sua, lui ha reagito male di scatto!> ribatté Marie ed incrociò le braccia, a rendere più incisive le sue parole.
<Non hai detto nulla di strano... a meno che non abbia avuto uno scoppio davvero ritardato al contatto fisico, ma non ha molto senso.> notò Rosa.
E il legame che era risultato avesse con Anna.
Era rimasto scioccato da come le aveva lasciato prendere le sue mani senza scostarsi, anzi, apparendo incoraggiato da quel contatto a parlare... Cosa si era perso?
<Qualcuno ha detto qualcosa a gesti o con la faccia di molto negativo? Spesso come agiamo risulta più evidente e più forte di quello che diciamo.> domandò Giorgio, scandagliando gli altri presenti nella stanza.
<Credo avessi la mia solita espressione, nulla di nuovo.> commentò Aleksander, guardando il lombardo.
<Che vuoi?> chiese Carlo.
<Sei il primo che l'ha attaccato anche abbastanza duramente. Forse ha provato a sopportare quel che ha potuto e poi è scoppiato.> ipotizzò il friulano con calma.
<Ti stai arrampicando sugli specchi, vuoi solo accusarmi. Io almeno non ho fatto azioni brusche come dare un pugno ad un tavolo.> ribatté il lombardo.
<Ragazzi, puntarsi il dito l'un l'altro non risolve un cazzo.> sospirò Sofia.
E quindi era scattato.
Si era dovuto allontanare, mascherandolo da atteggiamento di cortesia.
Pensava di avere un legame forte e sincero con Bruno. Credeva di essere un suo confidente.
A pensarci, proprio quella mattina, il trentino l'aveva avvisato. <<Non sono una persona buona.>> aveva detto.
<E allora cosa facciamo? Tanto anche gli altri scopriranno la notizia, il telegiornale lo sentiranno anche loro o forse scrollando Instagram troveranno post a riguardo.> puntualizzò Anna.
<Ovvio, ma dubito sia saggio provare a fare una crociata e tentare di andare a parlargli, si sarà rinchiuso in camera e vorrà rimanere lì finché si sentirà in gabbia.> asserì Marie.
<Wow, hai fatto un bel ragionamento. Sarei commossa, se la situazione me lo concedesse.> ironizzò vagamente Rosa, guardando stupita la valdostana.
<Senti, a differenza tua sono dotata di empatia, anche se ritengo che abbia sbagliato a nasconderci tutto e poi reagire in quel modo.> ribatté la più piccola regione.
Eppure non ce la faceva a vederlo se non come una persona fantastica e che aveva avuto sicuramente i suoi motivi logici per scegliere di nascondere tutto. Però quel groviglio confuso di emozioni e sensazioni avevano preso il controllo e allora aveva parlato per il semplice gusto di ferire, per fargli provare come si sentiva.
<Parla colei che non ha reazioni esagerate.> si sbeffeggiò di lei Giorgio.
<Da che pulpito la predica, è proprio il caso di dirlo.> commentò Carlo.
<Ah, perché tu non ti alteri con un nonnulla?> domandò retorico il veneto, fulminando con lo sguardo l'altro.
<Non sono nonnulla. Se sbagli, é mio dovere fartelo notare!> si difese il lombardo.
<Fai delle scenate per delle sottigliezze, sei una prima donna d'alta categoria!> lo sbeffeggiò l'ex repubblica marinara.
Ma ora non resisteva più.
Doveva dirlo.
<É colpa mia!> ammise Roberto a voce alta e velocemente, strizzando gli occhi.
<Eh?> fece Rosa.
<Come mai dici così, Roberto?> domandò Anna, osservandolo perplessa.
<Quando ti ho lasciato la sedia, Anna... ho sussurrato delle cose un po' cattive nei suoi confronti... E sono sicuro che mi abbia sentito, da come mi ha guardato.> confessò il piemontese, stringendo le mani a pugno.
<Cosa gli hai detto di preciso?> chiese Giorgio, inarcando un sopracciglio, perplesso. L'ex sabaudo non era un tipo crudele, era più lui quello propenso a fare del male, volontario o meno.
<Ho commentato che saremo andati avanti per lunghe a fargli domande perché ci ha nascosto tutto per una settimana e che probabilmente ci avrebbe mentito se avesse risposto, dato che gli riusciva così bene.> rispose Roberto, la voce sempre più flebile (sentendosi sempre di più uno schifo).
Sofia si diede una sonora manata in fronte e sospirò frustrata: <Di sicuro non gli ha fatto piacere, anche visto e considerato che ha rispetto e stima per te.>
Varie occhiate confuse le arrivarono dalle altre regioni, eccezion fatta per il piemontese, che la osservava con tanto d'occhi.
Bruno aveva rispetto... e stima per lui? Fra i vari in quella casa che avevano un comportamento e una morale più nobili o puri dei suoi... lui era degno di essere posto su un piedistallo?
Quella constatazione accentuò il suo senso di colpa, che prese a dargli pugni nello stomaco con insistenza.
La necessità di andarsi a scusare divenne ancora più forte.
L'emiliana scosse la testa e commentò: <Li usate quegli occhi o no? É palese provi per te qualcosa che almeno si avvicina alla stima! Ti fa frequentemente complimenti e non si oppone mai a darti un aiuto quando Marie fa la pestifera, anzi-.>
<Ehi! Non sono pestifera!> ribatté la valdostana, imbronciata.
<Non è quello il punto della questione, ma hai ragione tu, Sofia. Un conto è la cortesia, un conto è sopportare e supportare.> si intromise Rosa, che ormai aveva rinunciato al bon ton e teneva le gambe incrociate sulla sedia.
<Quindi possiamo dare la colpa a Roberto sul fatto che quello là sia scattato a razzo?> chiese Aleksander, riassumendo.
<Beh, se volete, fate pure. Suppongo me lo meriti.> decretò Roberto a capo chino.
<Una cosa non mi quadra.> asserì Carlo.
Con un veloce gesto, afferrò il mento del piemontese e lo costrinse a farsi guardare negli occhi. Il più alto (di due miseri centimetri, ma comunque più alto) volle discostarsi da quel tocco non voluto, ma si gelò, in soggezione davanti quei seri occhi grigi. Erano sicuramente capaci di metterlo a nudo, scrutarlo fino nelle profondità di sé e osservare ciò che sentiva in modo confuso.
<Non è da te agire così, non hai la lingua tagliente come ce l'abbiamo io e altri in questa stanza. E se, come afferma Sofia, da parte di Bruno c'è un rispetto nei tuoi confronti, la cosa è allora reciproca. Quindi, dicci, perché hai dovuto dire quelle cose che era più facile uscissero dalla bocca di Rosa o di Giorgio o dalla mia? Tutto il pubblico in sala se lo chiede.> domandò il lombardo, la voce controllata, tinta ogni tanto da una vaga emozione.
Principalmente tagliente ironia.
Gli lasciò il mento, senza però smettere di esaminarlo, aspettando la risposta.
Roberto si morse l'interno della guancia, fra il frustrato e l'ansioso.
<Non credo che mettergli questa pressione lo aiuterà ad aprirsi-> tentò di far notare Anna, ma venne interrotta da Carlo che ribatté: <No no no, bisogna forzare qualcosa per aprirlo, se chiuso ermeticamente. E se anche lui prova a scappare, lo fermo per il polso.>
<Io...> riuscì solo a dire il piemontese.
Non conosceva la ragione delle sue parole, era stato un impulso. C'erano sì delle cause che l'avevano portato ad agire così, ma non sapeva se sarebbe stato saggio dirle ad alta voce. Inoltre, in ogni caso, non conosceva con precisione quale sentimento l'avesse spinto.
Voleva solo farsi perdonare da Bruno, in quel momento non gli interessava altro. Sarebbe corso fino alla camera del trentino, in cerca di supplica, se non fosse che il lombardo gli aveva assicurato che non l'avrebbe lasciato andare.
<Che ci fate ancora qua, voi?> domandò la voce pacata di Angela, all'ingresso della cucina.
<State litigando?> chiese subito dopo Domenico, alle spalle della umbra.
<Ecco, la situazione é un po' complicata...> ammise Aleksander.
•~-~•
"ZITTO!" strillò Bruno.
"Ma la mia é una domanda lecita!" si difese Hans, con un tono palesemente divertito.
"Mi odiano, ma questo non vuol dire che io ritornerò da Roderich." asserì il biondo, stringendo con forza il cuscino. Rimase avvolto nel suo bozzolo di coperte mentre l'altoatesino ridacchiava e lo sbeffeggiava.
"Oh, quanta lealtà verso gente che non ci ha messo neanche un secondo a puntarti il dito contro~! Senza ascoltarti, solo accusandoti e forzandoti, quando, poveri te!, c'è così tanto di cui parlare a cui non crederebbero!" commentò il sud tirolese.
"Avevano paura. E non è colpa loro se ti ho sempre tenuto nascosto, pensando che un giorno saresti finalmente sparito dalla mia testa!" spiegò il trentino.
"Ma ora sto diventando una forte presenza, non mi puoi più ignorare, caro." ribatté il secessionista con tono zuccherino.
"Finché esisterò, giuro che ostacolerò la secessione!" promise Bruno, determinato nonostante le lacrime di vergogna e dolore ancora gli scorressero per le guance.
"Bruno, Bruno, Bruno, perché resisti? Anche i trentini, se non lo desiderano già, fra poco tempo ti chiederanno la secessione del Sud Tirolo! Non ne potranno più della violenza dei miei cittadini e-" iniziò il secessionista.
"Sono i miei cittadini, non i tuoi! Sono le mie terre, non le tue! Io sono la regione, tu sei solo un desiderio!" lo interruppe con rabbia il trentino.
"Presto saranno i miei cittadini, le mie terre e anche io sarò corporeo e potente!" ribatté Hans.
"Non è così! Non lo sarà mai! Non mi importa di perdere irrimediabilmente la fiducia dei miei fratelli ora, questa è una questione fra me e te soltanto!" decretò il biondo.
Strinse le mani a pugno nel cuscino, desiderando di poter strozzare il sud tirolese e vederlo sparire come fumo con le sue mani. Per sempre.
Sarebbe stato soddisfacente estirparlo come si era soliti fare con le erbe infestanti in un campo. Perché era solo quello, l'incorporeo: una pianta cattiva e inutile, ma che impediva alle piantine utili e volute di crescere.
"Quindi rinunceresti anche al perdono di Roberto pur di azzardarti inutilmente a impedirmi di diventare indipendente? Preferiresti che ti odiasse?" indagò il secessionista, palesemente ghignando mentre quelle parole tentavano di mettere radici nella mente della regione.
"Sì. Se significa tenerti chiuso qui dentro, o direttamente farti sparire, sì." rispose freddamente questi.
L'altoatesino rise di gusto, commentando: "Oh, che faccia tosta~! I tuoi pensieri qua dentro ti contraddicono, carissimo! Il tuo povero cuoricino non potrebbe sopportare l'odio perenne di colui che ami e che metti prima di tutti gli altri~"
Bruno non trovò la forza dentro di sé di ribattere, conscio che si sarebbe solo reso ridicolo a se stesso e al sud tirolese.
Lo sapevano entrambi; non avrebbe retto. Si sarebbe lasciato andare, crollando definitivamente. L'affetto del piemontese nei suoi confronti era come una droga, non avrebbe retto senza di esso per lungo tempo senza conseguenze catastrofiche.
Roberto era stata una delle prime persone nella sua vita che l'aveva trattato con enorme rispetto e dolcezza insieme, con pazienza, incoraggiandolo, dimostrandogli che valeva come gli altri.
Passare dal rispetto a qualcos'altro fu un attimo: innamorarsi fu così semplice che cadere nella spirale della dipendenza da quell'affetto fu ancora più naturale.
Era dannatamente, fottutamente, inesorabilmente schiavo di quell'amore.
Da un lato ciò lo terrorizzava, perché per colpa di quel sentimento era intrappolato. Succube a cambiamenti di qualcuno che non era se stesso e che non poteva quindi impedire.
Dall'altro lato lo ammaliava, perché non riusciva a sottrarsi a quel sentimento, a chiudere occhi e cuore e passare avanti. Non si era mai sentito così libero e onnipotente come quando si sentiva, per qualche breve istante, amato da chi amava.
"I tuoi pensieri mi continuano a dare ragione e il tuo mutismo pure." notò Hans.
"Lo so." ammise Bruno, sconfitto su quel fronte.
"Quindi, cosa farai? Vuoi davvero rinunciare a tutto quello che ti sei costruito in più di un secolo per una causa che perderai?" domandò, abbastanza retorico, l'altoatesino.
Il trentino rifletté qualche secondo sulla domanda, mille pensieri che vorticavano nella sua mente troppo confusionari affinché il secessionista potesse leggerli.
"Chi dice che non possa fare entrambi?" chiese il biondo.
"Eh?" fece il sud tirolese, sorpreso dalla risposta.
"Chi dice che non possa provare a fermarti e allo stesso tempo recuperare quello che si è incrinato fra me e Roberto?" indagò più chiaramente Bruno, vagamente più determinato.
Ma la risata di Hans lo spiazzò.
"Oh, lo dice la realtà, tesoro!" rise crudele il secessionista "É impossibile inseguire qualcosa e nel medesimo tempo stare così accorti da sfuggire da un'altra! Inoltre, come puoi riguadagnare la sua fiducia o quella degli altri se non racconti di me? Il motivo per cui hai tenuto il segreto?"
La regione si ritrovò a stringere le mani con più forza, conficcando le corte unghie nella pelle. Ma il dolore era decisamente meno della frustrazione che gli scorreva nelle vene.
"Non puoi vincere su entrambi i fronti, affronta la realtà! E, se non stai attento, la sconfitta arriverà da entrambi i lati!" avvisò l'incorporeo, riprendendo a ridere "Puoi ignorare la realtà, ma non puoi andarle conto! Tutto ti tornerà in faccia con gli interessi~!"
Bruno si tolse le coperte in cui si era racchiuso a bozzolo, lanciando nella frustrazione il cuscino contro un muro, insieme a un mezzo grido di frustrazione.
Si alzò, andò verso il cuscino, lo riprese in mano e lo buttò ancora una volta a terra con cattiveria. Un urlo mischiato ad uno singhiozzo strozzato gli uscì dalle labbra, gli occhi lucidi dalla frustrazione.
Non voleva darla vinta ad Hans, non voleva cedere dei territori che percepiva come suoi (nonostante tutto), non voleva perdere la sua famiglia, non voleva farsi odiare da Roberto... ma tutto era contro di lui e i suoi desideri.
Era oppresso da qualsiasi parte si voltasse. Si sentiva un topo in trappola, che sperava di uscire, ma inconscio che chi l'aveva catturato si stava avvicinando, fucile alla mano, pronto a sparargli e ucciderlo.
Frustrato, solo, stanco e ferito, continuò a sollevare e scaraventare l'innocente cuscino contro il pavimento. Piangendo lacrime che voleva trattenere e urlando con voce strozzata fra i singhiozzi.
Nella sua mente i suoi pensieri turbinavano, alimentati da violente passioni.
Non era giusto!
Nulla in quel mondo era corretto!
Se esistevano davvero uno o più dei in cielo, se realmente a governare tutto il creato c'era qualcuno oltre la volontà degli umani e dei non-umani come lui... era o erano crudeli.
Sadici con lui.
Perché gli avevano dato una esistenza così penosa?
Una vita da regione, destinato sempre a sentirsi attaccato a certe terre, ma distante da tutto il mondo che c'era attorno.
Nato sotto un popolo che non gli diede mai grande importanza.
Passato da imperi a regni germanici, ignorato o disprezzato.
Guardato sempre dall'alto in basso, per il semplice fatto di esistere come era nato.
Giudicato per essere sempre serio, chiuso, schivo, poco loquace ma dalla lingua tagliente, dall'accento forte, frequentemente inespressivo, a volte totalmente insensibile, a tratti dissociato dalla realtà...
Ma lui non aveva scelto davvero scelto nulla di tutto ciò: era mero adattamento.
O così, o periva per una ragione o per l'altra.
Poi conobbe Feliciano. Quella piccola nazione, dal dolce sorriso e le maniere gentili, l'aveva attirato come una calamita fa con un pezzo di ferro. Per la prima volta, parlando con lui, scoprì di poter essere qualcosa di diverso da... una sorta di reietto. Veneziano gli aveva permesso di avvicinarsi a certe emozioni che mai avrebbe pensato di poter provare genuinamente.
Per questo, nonostante i mille timori, il suo cuore si era riempito di gioia quando aveva scoperto che l'Italia aveva reclamato lui come territorio italiano.
E se l'iniziale freddezza delle regioni italiane l'avrebbe potuto fare ricadere nel vecchio sé, Roberto aveva fatto la differenza.
Gli aveva aperto un mondo nuovo, diverso. Non c'erano giudizi negativi, niente commenti crudeli, nessuna frecciatina. Solo dolcezza e rispetto.
Ma non voleva innamorarsi, non era nei suoi piani.
Ecco lo zampino della divinità governatrice in quell'arco di vita.
Prima del piemontese, probabilmente non aveva mai conosciuto l'amore davvero. Non avrebbe saputo descriverlo. Pensava non sarebbe mai stato un suo affare.
E invece, quanto si sbagliava.
Quando realizzò dei suoi sentimenti ne fu terrorizzato e per vario tempo li negò. Ma era impossibile andare contro quel sentimento che non si era scelto. E alla fine l'aveva accettato.
Ma ovviamente Dio o chi per lui, non poteva dargli pace. Non poteva solo lasciarlo amare qualcuno nel suo piccolo, struggendosi nel dubbio e nella paura della unilateralità e del rifiuto.
Doveva giungere anche Hans, a tormentarlo e a supplicarlo di privarsi di una parte di sé.
E ora la sua minaccia era più forte che mai.
Rischiava di perdere il poco che aveva di caro.
Ad un certo punto, smise di battere il cuscino a terra e lo fissò, piangendo silenziosamente. Strinse nelle mani un pezzo di fodera e affondò il volto nel tessuto, riprendendo a singhiozzare.
Gli dei non erano mai stati magnanimi con lui.
N/A: confessione here: questi erano originariamente due capitoli, come anche il capitolo precedente, Li ho uniti per accorciare i capitoli e darvi più materiale in una volta (come se già due aggiornamenti settimanali fossero poco, ma shhhh).
E, comunque, viva il dramma! Tre episodi e siamo messi benissimo!
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