26. In mezzo a rucola e verze
N/A: dato che gli scorsi due capitoli sono stati una botta di gioia unica, ecco a voi Roberto e Bruno genderbent!
Beh, anche Nyo!Bruno (Monica) ha buon gusto, non si può dire diversamente.
Oltre che sono fiera di come ho "copiato" i capelli di Nyo!Roberto (Margherita) da Pinterest ma shhh.
Passiamo al capitolo e ricordate sempre di votare e commentare!
La mattina dopo passò abbastanza velocemente per Bruno, occupato fra vari progetti. Hans si fece sentire solo a metà giornata per qualche minuto, lamentandosi della scenetta melensa che la regione si stava immaginando.
Nulla di troppo strano, insomma.
E comunque non avrebbe fatto caso a qualche vago indizio lasciato dal secessionista nel suo parlare (se ne avesse lasciati), impegnato quale era in certi preparativi.
Verso le quattro di pomeriggio andò alla camera del fidanzato e bussò velocemente.
Roberto aprì leggermente la porta, per poi sorridere dolcemente accorgendosi chi fosse.
<Entra pure.> lo accolse, facendolo entrare.
<Bene, ma sono qua proprio per una cosa veloce veloce. Fra poco ti cambi con qualcosa di tranquillo, esci di casa e se qualcuno ti dice qualcosa, di' che stai andando a fare un giro. Tu vai verso i campi dei Giuliani. Io ti raggiungo presto, ok?> lo istruì il biondo.
<Perchè…?> chiese confuso il piemontese, un attimo sorpreso dall'improvvisa spiegazione.
Il trentino abbozzò un sorriso e rispose vago: <È una sorpresa, nulla di eccessivamente particolare, ma pensavo fosse una buona idea.>
Si mise in punta di piedi e baciò il fidanzato sulle labbra, sussurrando: <A fra poco.>
Roberto fu preso di sorpresa e non ebbe tempo di ribattere, perché il biondo era già uscito.
Si sfiorò le labbra e chiuse gli occhi qualche istante.
Dio, come poteva un così semplice bacio provocargli tante emozioni?
Scosse piano la testa, riaprì gli occhi, andò verso l'armadio e cercò che mettersi.
Mise su una banale maglietta ovviamente larga e, dopo aver pensato ai jeans, decise di mettersi i pantaloni da corsa della decathlon. Praticamente gli unici pantaloni per cui non aveva bisogno di usare una cintura.
Beh, a pensarci bene, aveva pure un paio di skinny jeans da qualche parte, ma gli dava fastidio come erano stretti (anche se era il loro scopo).
Indossò delle scarpe, prese telefono e chiavi di casa, si mise su un po' di burro cacao (lo faceva sempre prima di uscire in autunno e inverno, aveva le labbra facilmente screpolabili!), uscì dalla stanza, scese le scale e pensò cosa mai il fidanzato avesse architettato.
Uscì di casa e costeggiò la strada alla destra dell'abitazione, che portava al loro confine con le terre della famiglia Giuliani.
Erano degli umani tranquilli, mai avuti grandi problemi negli ultimi decenni di vicinanza, a parte qualche precedente gallo che si esibiva in concerti alle ore più improbabili. Spesso, data la distanza fra la loro casa e il pollaio altrui, neanche lo sentivano. Alcune volte non erano stati così fortunati.
Il castano sorrise leggermente al ricordare le minacce di alcuni fratelli verso quei poveri polli sfasati con gli orari.
Dato che non aveva avuto istruzioni precise, il piemontese si sedette all'angolo del muretto della loro recinzione, i piedi a penzoloni nei campi altrui.
A penzoloni neanche tanto, a pensarci bene, perché toccava bene terra.
<Spesso mi sento troppo alto… e sono solo intorno al 1.80m di altezza. Neanche fossi un giocatore di pallavolo di 2m.> borbottò, tracciando con un dito disegni astratti sul muretto.
Una leggera musica giunse alle sue orecchie, tanto leggera che pensò di essersela immaginata.
Comunque si girò e poté osservare letteralmente comparire a pochi metri da sé Bruno, suonando il suo flauto traverso, con addosso uno zainetto.
Quest'ultimo smise e osservò l'ex sabaudo, spiegando: <Eccomi qua, per non farmi vedere mi ero reso invisibile.>
Con un gesto di polso particolare, il flauto sparì dalle sue mani.
<Dimentico ogni tanto che te sei esperto di queste cose… a me sembra tutto assurdo.> commentò Roberto. Si alzò in piedi, pulendosi i pantaloni dal possibile sporco del muretto e si avvicinò al fidanzato.
Si incontrarono a metà strada con un bacio sulle labbra e un abbraccio. Si staccarono dal primo dopo lunghi secondi, ma senza sciogliere il secondo contatto.
<Hai le labbra che sanno di strano…> notò genuinamente confusione il biondo, schioccando la lingua contro il palato per capire che fosse.
<Ah, sarà il burro cacao.> rispose il piemontese. Il fidanzato si sentì un po' idiota per non esserci arrivato e si ammutolì.
<Ehi, qual è la sorpresa per cui mi hai fatto uscire?> domandò il più alto, sciogliendo l'abbraccio ma prendendolo per mano.
Il trentino si disincantò e affermò: <Hai ragione. Su, ti faccio vedere.>
Stringendo affettuosamente la mano intrecciata alla propria, andò avanti passando vicino alle terre di quegli umani.
Ad un certo punto, si tolse dalla stradina e mise un piede nel terreno altrui.
<Ehi, che fai?! È un'effrazione!> lo rimproverò Roberto, tirandolo indietro. Ma l'ex austriaco gli sorrise furbetto e fece: <Non lo saprà mai, farò in modo di non danneggiare nulla. Infatti sto mettendo piede su un passaggio, non vedi?>
Il castano osservò il piede altrui e gli dovette dare ragione. Si imbronciò comunque e borbottò: <Non voglio fare qualcosa di sbagliato-…>
La luce negli occhi di Bruno si smorzò e abbassò la testa, sconfitto.
<Scusa, scusa, stupida idea. Elimina questa cosa.> affermó il biondo in fretta.
<Lasciami finire!> sbottò il castano. Il silenzio altrui fu il suo segnale per proseguire: <Ma se mi prometti che non faremo danni… ok! Chissene frega se faccio qualcosa di moralmente o legalmente sbagliato! Tanto non è la prima volta che infrango una legge->
<Davvero? Tu? L'impeccabile Roberto Vargas che infrange la legge?> lo prese bonariamente in giro il più giovane.
<Già. E potrei rigirare la cosa. Il retto e giusto Bruno Vargas che propone di commettere un reato?> l'ex sabaudo imitò il suo tono.
<Sono pieno di sorprese, che posso dire?> domandò ironico Bruno, mettendo anche il secondo piede nella stradina, trascinandosi dietro l'altro.
<Nulla, mi piace scoprire questi lati di te che non tutti hanno la possibilità di conoscere.> asserì Roberto con un piccolo sorriso, seguendolo per la stradina.
Camminarono per un minuto, finché il biondo non si fermò.
Allora fece ricomparire il flauto, si liberò entrambe le mani e suonò una melodia. Nonostante gli fosse vicino, il piemontese non udì che un suono distante.
Fu preso immediatamente da altro, perché un fumo biancastro risalì da attorno il suonatore, il quale pareva tranquillo. La piccola nube si mosse avanti, serpeggiando nel campo di rucola e altri ortaggi che stavano crescendo, formando una sorta di cupola in mezzo al campo e una passerella per arrivarci. La nube si colorò di giallo per poi apparire simil trasparente.
Bruno smise di suonare e fece di nuovo sparire il flauto, poggiando i piedi con sicurezza su dove si era creata la passerella… rimanendo sospeso a mezzo metro sopra il terreno.
<Ok… che hai fatto?> domandò Roberto.
<Seguimi e lo vedrai.> lo sfidò il biondo, andando avanti sulla passerella.
Non avendo molto altro da fare, il più anziano lo seguì e si chinò dove lo fece anche il fidanzato, sentendo però che c'era qualcosa attorno a lui, anche se a malapena lo vedeva.
Il trentino tranquillamente poggiò lo zaino a terra, frugando in cerca di qualsiasi cosa cercasse.
<Ho creato una passerella e una cupola con pavimento sospesa da terra, affinché potessimo stare qua a fissare il cielo e stare nella natura, ma senza essere visti o disturbati da formiche o uccelli rompiscatole.> spiegò nel mentre che cercava.
<Fa strano non vedere dove appoggio i piedi…> commentò il piemontese, guardandosi intorno, ma rimanendo fermo.
<Vuoi vedere come la vedo io?> domandò il biondo.
<E come la vedi?> indagò il più alto.
<Con le pareti biancastre. Posso vedere fuori abbastanza bene, ma vedo i contorni degli spazi.> illustrò l'ex austriaco.
<Sì, per favore… mi fa troppo strano così.> affermò il castano.
Bruno mise una mano a terra e sussurrò qualche parola. Allora la cupola per l'altro divenne visibile come promesso.
<Grazie!> fece Roberto, fissando il soffitto.Poi abbassò la testa per vedere il fidanzato e il fiato gli si mozzò in gola. Per terra era steso un grande plaid con un pattern tartan, con sopra qualche cuscino ad aria appena riempito e stava tirando fuori altro avvolto in tovagliette.
<C-Cosa…?> chiese il castano, esterrefatto.
<Volevo fare qualcosa di diverso che ti potesse piacere, perché ti meriti di essere sempre felice, anche se per molto tempo purtroppo non è stato così. Mi piacerebbe… ecco… creare tanti bei ricordi, il più possibile, per ricordarti che meriti di essere allegro.> spiegò il trentino, arrossendo, la voce sempre più borbottata e decrescente in volume.
Scoprì gli oggetti avvolti nelle tovagliette: due bicchieri da vino, una bottiglia di vino rosso e qualche snack.
<E quindi, beh, ecco… una sorta di rudimentale picnic pomeridiano, invisibili a chiunque c'è all'esterno, in un campo di rucola e verze… Dio, che patetico…> concluse a testa china, sentendosi un idiota patetico.
Fu sorpreso dall'improvvisa stretta calorosa che lo avvolse.
<È la cosa più tenera che potessi fare per me, amore. Sei davvero un tesoro.> asserì il piemontese con totale sincerità, osservandolo.
Poi lo assalì in volto con tanti bacetti, ripetendo quanto fosse fantastico.
Il biondo andò in autocombustione sulle guance, ricambiando l'abbraccio ma non riuscendo a spiccicare una parola.
Pensò di tornare a respirare quando il fidanzato sciolse leggermente l’abbraccio, ma non fu così, perché questi prese a sorridere radiosamente ed era una così bella vista che gli fu impossibile non fissarlo imbambolato.
L’ex sabaudo inclinò la testa di lato davanti al suo mutismo, chiedendo a mezza voce: <C’è qualcosa che non va?>, il suo volto già molto meno felice.
Bruno spostò le mani, gli sorresse il volto e lo baciò sulle labbra, approfondendo e spronando non verbalmente l’altro a stargli più vicino.
Il castano in fretta si sedette sulle sue gambe, stringendo le braccia al collo altrui, rilassandosi nella loro vicinanza.
Il trentino ne fu soddisfatto e spostò una mano ai fianchi del più alto, accarezzando la zona con delicatezza, sussurrando nel bacio: <Ti amo.> più e più volte.
Roberto arrossì, strinse le gambe attorno la vita altrui, si tenne premuto al meglio che potè contro il corpo dell’altro e sussurrò, ma una sola volta: <Rimarrei così per sempre.>
Le parole scaldarono il petto dell’ex austriaco, che agì d’impulso: assicurandosi l’altro fosse stretto a sé, si girò e fece stendere il fidanzato di schiena sul plaid, mentre lui rimaneva sopra di lui e continuava con il bacio.
Il castano si ritrovò con il cuore che batteva più veloce, ma non si allontanò né si interrogò a lungo.
Rimase stretto al corpo dell’altro e continuò il loro bacio, anche se ormai il fiato era un po’ corto.
Si staccarono definitivamente solo quando il bisogno d’aria nuova divenne irrimandabile. Si fissarono in silenzio per lunghi secondi, l’unico rumore che si sentiva erano i loro fiati affannati.
Il piemontese accarezzò una guancia dell’altro, chiudendo gli occhi serenamente e sciogliendo le gambe dal bacino altrui.
<A me basti tu per essere felice, amore. Ma decisamente questa del picnic è stata una bellissima idea. E sei stato davvero premuroso a pensare ed organizzare questo pomeriggio per rendermi felice, perchè onestamente ero un po’ preso male da ieri sera.> commentò il castano.
<Non ci pensare ora, se ti è possibile; concentriamoci su questo pomeriggio. Io sono al tuo servizio, mein König.> affermò il biondo, baciandolo sul naso e sulle guance.
<Che?> domandò l’ex sabaudo.
Il mezzo germanico lo baciò brevemente sulle labbra e lì sussurrò: <Mio re.>
Poi si tolse dall’altro e si mise seduto, solo per aprire la bottiglia di vino e versarne un po’ nei due bicchieri.
Roberto divenne rosso, aprì e chiuse la bocca più e più volte senza spiccicare parola, si mise seduto lentamente e osservò l’altro preparare con cura tutto, versando qualche snack in un piatto diviso in varie sezioni.
<T-Tuo re…?> sussurrò, il cuore martellante nel petto.
<Certo. Tu sei sempre il mio re. Mi fido ciecamente di te e starò sempre al tuo fianco. Farò di tutto per renderti felice e combatterò qualsiasi guerra contro chi ti sminuisce o rende triste, in primis quella parte di te che si ostina a farti vedere come un qualcuno di orribile che non sei.> rispose il biondo, arrossendo sulle guance, fissando il plaid.
Gli occhi del più alto si riempirono di lacrime, la voce bloccata in gola e il respiro smorzato.
Bruno alzò timidamente lo sguardo al non avere risposta e si preoccupò davanti al volto dell’altro.
Provò a dire qualcosa, spaventato e confuso su come l'avesse portato al pianto, ma il castano sussurrò: <Dio, mi fai quasi credere di essere fantastico… grazie.>
Si sporse verso di lui e lo strinse, baciandolo ripetutamente sulle labbra, commosso e felice dalle parole altrui, esprimendo la sua gratitudine, come poteva, fra i baci che si mischiavano a qualche sua lacrima di felicità.
<Perchè tu sei fantastico.> riuscì a dire il biondo, mordendo piano il labbro dell’altro e poi baciandolo con delicatezza.
Il piemontese si allontanò leggermente dal volto altrui e, sorridendo, chiese: <Prima di divorarmi dove preferisci, posso bere un po’ di quel vino che mi ispira molto dal colore?>
Il trentino distolse lo sguardo e si allontanò leggermente, imbarazzato, commentando: <Sì, hai ragione… dovrebbe essere un picnic.>
Si girò e gli porse uno dei calici da vino, tenendo l’altro per sé.
L’ex sabaudo fece tintinnare piano i due bicchieri e bevve un sorso del vino. Si leccò velocemente il labbro superiore rimasto sporco di vino e asserì: <Il colore non era fuorviante, è buono.>
Il biondo annuì distratto, bevendo piano, ancora imbarazzato.
Roberto lo guardò negli occhi e specificò: <Solo perchè volevo bere un po’ di vino e spiluccare gli snack, non significa che dopo non possa apprezzare di essere divorato da te. O che non venga voglia a me di divorarti.>
Bruno quasi si strozzò con il vino, fissando ad occhi spalancati il più grande, il quale aveva bevuto un altro sorso con un piccolo sorriso furbetto.
Il suo moroso era decisamente pieno di sorprese.
Successivamente, il castano poggiò il calice vicino al plaid e si stese su di esso, la testa sul cuscino, osservando il cielo e sgranocchiando un grissino. Teneva il braccio libero piegato, la mano sulla nuca, le gambe invece erano piegate ed accavallate.
Solo allora il biondo si accorse dei pantaloni del fidanzato e si sforzò di non fissargli con insistenza le slanciate gambe avvolte e delineate perfettamente da quei pantaloni aderenti ed elasticizzati.
Per fortuna era coricato, perchè se fossero stati in piedi sapeva già dove i suoi occhi sarebbero andati a parare. Scacciando certe immagini dalla testa, versò certi snack nei restanti spazi del piatto, si stese al suo fianco, poggiando il piatto in alto rispetto le loro teste.
Circondò con un braccio le spalle dell'altro e lo tirò a sé.
Il piemontese si accoccolò al più giovane, sporgendosi un attimo per baciargli la guancia. Tolse la mano da dietro la testa e andò a cercare la mano libera del fidanzato, intrecciandole insieme.
<Grazie, ancora.> sussurrò l’ex sabaudo.
<Di nulla, brazedèl.> affermò l’ex austriaco, voltando poco la testa per baciarlo, incontrando il sorriso del più grande.
Si guardarono qualche secondo e poi si baciarono, teneramente, per staccarsi lentamente.
Roberto sciolse le loro mani intrecciate e afferrò una patatina da sgranocchiare e commentò: <Sono contento di aver ascoltato il mio istinto, perchè altrimenti mi sarei messo i jeans e stendermi con quelli sono scomodo. Una buona parte del fastidio lo crea la cintura.>
<Ora che mi ci fai pensare…! C’è una domanda che ti volevo fare da un po’.> esordì Bruno.
<Spara.> fece tranquillo l’interlocutore, prendendo qualche altra patatina.
<Come mai indossi sempre dei vestiti larghi? A parte qualche eccezione, come i pantaloni che hai addosso ora, il resto delle cose ti sta larga. Non ti valorizza.> chiese il trentino.
Il castano ridacchiò leggermente, molto più tranquillo; pensava fosse qualche domanda complicata o strana!
Rispose: <Niente di più semplice. Con i vestiti, da quando non ho più un sarto che me li confeziona, devo sempre accontentarmi. O li prendo per larghezza o lunghezza. Nel primo caso devo andare a cercare la small, che mi veste bene, ma è corta e quindi ho un spanna o più di pelle scoperta. Nel secondo caso, mi arriva alla lunghezza giusta, ma la taglia é più grande di quella che mi starebbe bene. Preferisco essere coperto e sembrare uno stuzzicadenti con coperte addosso.>
<Capisco… ma è un peccato. Sarei curioso di vederti con addosso dei vestiti su misura.> commentò il biondo.
<Beh, ho i vestiti formali che mi faccio ritoccare da un bravo sarto… e ho questo tipo di pantaloni che sono giusti, come svariate camicie, i maglioni a collo alto che qua indosso raramente e alcuni maglioncini.> notò l’ex sabaudo, tirando leggermente il tessuto del pantalone <Anche se mi piace avere vestiti larghi… mi sento nascosto e protetto…>
Bruno lo strinse più a sè, lo baciò sulla guancia e promise: <Tu sei al sicuro, non hai bisogno di nasconderti. Ma hai il diritto di vestirti come vuoi. Se sei felice così, io lo sono con te e per te.>
<Non sono molto a mio agio con il mio corpo troppo esposto, ecco…> confessò Roberto, chiudendo gli occhi e il volto un po’ triste.
Il biondo non volle vederlo così, perciò allungò la mano libera sopra di sé, per prendere il vassoio e alzò un po' la testa per guardare meglio cosa vi fosse.
Trovò quel che cercò e, sorridendo trionfante, ne prese uno e lo premette contro le labbra del fidanzato, ancora con gli occhi chiusi, avvertendo: <Mangia, ma non aprire gli occhi.>
Il castano aggrottò le sopracciglia ma acconsentì: aprendo piano le labbra morse il cibo che gli veniva offerto. Appena sentì il sapore spalancò gli occhi, stupito, ritrovandosi a fissare il sorriso del fidanzato mentre si mangiava l’altra metà da lui non morsa.
<Ci sono le sigarette di cialda con il cioccolato?!> chiese sorpreso l’ex sabaudo.
Il trentino annuì, ridacchiando, ne prese un’altra, la morse e commentò: <So che il mio brazedèl adora i dolci, i grissini e le patatine che ho messo subito erano per metterti fuori strada e farti notare dopo tutti i dolci che avevo portato.>
Gli porse l’altra metà non mangiata.
Per scherzare, Roberto prese la mezza cialda con i denti e gliela rubò così, per mangiarsela all’istante, ridacchiando.
L’ex austriaco sorrise al gesto dopo un attimo di sorpresa, prese in mano una pralina di cioccolato e la mostrò al fidanzato, sorridendo furbetto.
<Vuoi assaggiare anche questa? Prenditela.> lo sfidò Bruno. Si mise la pralina fra i denti, senza romperla, nel mentre tirò il piatto con il cibo dalla sua parte, in modo tale che fosse fuori dalla portata altrui.
<Se volevi un bacio bastava chiederlo.> ironizzò il piemontese, vagamente rosso sulle guance. Comunque, si avvicinò all’altro e lo baciò in modo approfondito subito, ma staccandosi in fretta con un sorriso trionfante in volto, masticando la pralina.
<Buona.> commentò il maggiore, visibilmente allegro nonostante il vago imbarazzo <Ne gradirei un’altra.>
<Con piacere.> rispose il trentino, stupito dalle azioni altrui, mettendosi un’altra pralina in bocca. Questa volta non si staccarono all’istante, godendosi il momento mentre un vago sapore di cioccolato colpiva le loro papille gustative.
<Cos’altro hai portato di dolce?> chiese l’ex sabaudo, con tono allusivo (“Davvero o me lo sono sognato?!”).
<Scopriamolo insieme, ti va~?> propose il biondo, prendendo il prossimo snack dolce portato e tenendolo fra le labbra, lo sguardo decisamente di sfida giocosa.
<Volentieri.> rispose a bassa voce il castano, avvicinandosi alle sue labbra e rubandogli un morso del cibo per poi concentrarsi sulle loro labbra e lingue.
E passarono alcune ore stretti l’uno all’altro, facendo o una o l’altra cosa, ma sicuramente felici.
Per quel pomeriggio, la natura li lasciò liberi da impegni.
N/A: una cosa un pochino strana, ma che spero sia un bel cambiamento!
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