25. Una vittima che si colpevolizza

N/A: ecco qua un disegno che ho fatto (per cui ci ho speso tanto tempo, help), ispirato a quello raccontato nello scorso capitolo, quindi una gioia unica :D.

Non è un granché, lo so, ma è quello che so fare.
E ho bestemmiato per trovare una vaga reference per la divisa.

Ora vi lascio al capitolo.


<Ed è per questo che odio il contatto fisico da chi con cui non sono in confidenza e reagisco sempre molto male ai tentativi di Marie... lei ovviamente non ne sa nulla. Tu sei il primo a cui lo racconto e...> Roberto si interruppe, chiudendo gli occhi e sospirando tremolante.

<È un brutto colpo ricordarlo.> commentò, cercando di calmarsi, raggomitolandosi un po' nel letto.
Non ricevette nessuna risposta dal fidanzato.
Questo lo fece insospettire e aprì leggermente gli occhi, indagatore.

Bruno aveva un'espressione dura come la pietra, le sopracciglia corrugate, gli occhi ridotti a due fessure, eppure le iridi erano vivide nella rabbia.
<B-Bruno...?> sussurrò il castano.

<Quindi quei bastardi dei Savoia sono stati la causa di tutto?> chiese il trentino, la voce svuotata di qualsiasi emozione. Solo l'insulto calcato era ricolmo di rabbia.

<Ehi, calmo-... e non dico che non puoi chiamarli così, ma non mi piace molto-!> ribatté debolmente il più alto, preoccupato dalla reazione altrui. Se Rita nella sua passione e furia era stata spaventosa, il fidanzato nella sua algidità e rabbia repressa era decisamente peggio.

<Rispondimi.> impose il biondo, alzandosi a sedere, le iridi blu ora molto più simili ad uno tsunami pronto a travolgere tutto.
Anche l'ex sabaudo si mise a sedere, preoccupato e indeciso, per infine annuire.

L'ex austriaco strinse i pugni ancora più forte, le corte unghie ad un passo dal far sanguinare i palmi.
<Quanto avrei voluto appoggiare l'idea di quelli che volevano impiccare i Savoia, piuttosto che costringerli all'esilio.> asserì Bruno.

<Non è colpa loro! Gli ultimi non mi hanno mai chiesto delle cose del genere!> li difese il castano.
<Ma chissà cosa ti hanno chiesto di fare! Sono tutti colpevoli, perché sono certo che tutti quegli stronzi in qualche modo ti hanno sfruttato per il loro tornaconto!> ribatté il biondo, carico di rabbia.

<Non è colpa loro, è colpa mia, avrei potuto arrivarci. E non ho mai davvero combattuto per impedirmi di fare certe cose.> dichiarò il piemontese, la testa china in colpevolezza e il tono basso e ferito.

Il trentino si sentì solo più adirato, mentre cupi pensieri di vendetta irrealizzabili gli giravano per la testa.

<Non osare darti la colpa, Roberto, non osare! Tu sei la vittima e non hai colpe per quello che loro ti hanno costretto a fare e subire. Cazzo, hanno permesso che tu venissi abusato per chissà quanto tempo solo perché era molto più facile usarti come una prostituta che muovere loro un dito!> contestò quasi urlando, le nocche vicino al bianco mentre dava un pugno al materasso.

Come avevano potuto ingannarlo e usarlo in quel modo?
Ferirlo, lasciandolo a piangere e soffrire e avere a che fare con il dopo a così cuor leggero?
Con quale faccia tutti quei regnanti avevano vissuto sereni mentre sfruttavano la fedele regione perché era più semplice così?

A cos'altro l'avevano costretto i membri di quella casata durante tutti quei secoli in cui ebbero regnato?
Come avevano anche solo osato distruggere fin nel profondo dell'animo qualcuno di così stupendo?

Nessuno si sarebbe meritato una vita così crudele.
Sicuramente non qualcuno come il suo amato brazedèl.

La sua fiducia in un buon Dio era sempre più esigua.
Se fosse stato un essere buono, infinito e giusto, perché avrebbe permesso tutto ciò? Perché permettergli di conoscere una simile creatura, che altro non poteva che essere celestiale, venuta per dargli fiducia nel mondo attorno a lui, solo per poter fargli apprendere quel suo crudele passato?

No, no, Dio non era buono.
Dio era solo uno stronzo di prima categoria.
Un sadico torturatore, che elargiva alle sue creazioni più belle i peggiori dei mali.

Quanto avrebbe voluto vendicare il piemontese, tornare indietro nel tempo ed essere lui la loro Morte.
O anche solo torturarli nell'oltre vita, se esisteva davvero. Voleva farli gridare di dolore tutti quanti, i Savoia e quelle viscide nobili che avevano distrutto l'animo di qualcuno di così innocente. Sarebbe stata la cosa più appagante di tutte udire le loro urla e suppliche disperate, mentre i loro corpi venivano maciullati solo per rigenerarsi, affinché la tortura fosse eterna come i loro strilli.

Un singhiozzo lo tirò fuori dai suoi pensieri.
Roberto aveva ripreso a piangere e si stava coprendo di nuovo il volto con le mani, raggomitolato ancora una volta.

<Lo so di essere una bambola! Lo so di essere debole! Scusa! Ora non mi ami più, vero? Sono solo rivoltante, giusto?!> singhiozzò fra i balbettii, sfregando via le lacrime che cadevano per le guance. Osservò l'altro con gli occhi rossi, gonfi, stanchi e pieni di dolore.

Bruno ricevette una pugnalata al cuore a quello sguardo e scosse all'istante la testa, tutta la rabbia e il desiderio di sangue e vendetta scivolati via, lasciando spazio alla preoccupazione e premura verso l'altro.

<No no no, amore, assolutamente no!> negò il biondo, prendendo con cura il volto dell'altro fra le proprie mani.

<Non sei debole e non sei assolutamente una bambola! Sei fortissimo, molto di più di quello che pensi, perché hai il coraggio ogni giorno di continuare a vivere e a non aver paura di ogni persona intorno a te. E mai, mai e poi mai, ti considererei una bambola, perché non lo sei. Non sei minimamente rivoltante. Lo sono quegli umani che ti hanno sfruttato perché erano stronzi. E non potrei smettere di amarti per una cosa in cui non hai avuto scelta e che tu non volevi. Sei qualcuno di fantastico, nonostante tutta la merda con cui hai avuto a che fare. Io non posso fare altro che amarti di più e fare tutto il possibile per farti stare bene ora, perché il passato non lo posso cambiare.> asserì successivamente, la voce ferma ma allo stesso tempo calda.

Osservava il più alto con tutto l'affetto di cui era capace, sperando l'altro lo vedesse e potesse credere alle sue parole.
<Abbracciami.> sussurrò il piemontese.

Il biondo non se lo fece ripetere e agì, ma senza stringerlo eccessivamente, accarezzandolo con estrema cura, come se fosse fatto di cristallo.
Invece il castano lo strinse più forte che poté e poggiò la testa sulla spalla altrui, singhiozzando lì sempre più piano.

Quando si calmò, l'ex sabaudo alzò la testa, gli occhi ancora rossi, gonfi e chiaramente stanchi.
<Dopo tutto questo piangere hai bisogno di dormire.> notò Bruno con tono premuroso.
Roberto scosse piano la testa e si lamentò quasi infantilmente, in un sussurro: <Ma voglio rimanere sveglio, con te.>

<Ma sarò qua, in fondo è camera mia.> assicurò il più giovane.
<Non è lo stesso.> bofonchiò il piemontese.
Il biondo sospirò piano e rifletté su come agire, osservando l'espressione stanca del fidanzato determinato a stare sveglio.

<Se vuoi, tu ti stendi e io ti accarezzo i capelli o la guancia o la schiena o dove mi dici tu. Così ti riposi e comunque sei con me, ok?> propose dopo un minuto o più.
<Voglio sentirti vicino...> borbottò l'ex sabaudo.

Il trentino arrossì leggermente al pensiero ma propose: <E se mettessi la tua testa sulle mie gambe? Mi sentiresti vicino, no?>
Il castano divenne anche lui più rosso sulle gote, ma in fretta annuì, il cuore un po' più veloce del normale. Era un gesto intimo, molto intimo, eppure sentiva la necessità di qualcosa del genere.

L'ex austriaco si sedette, sempre sulle ginocchia, più vicino ai cuscini e incoraggiando il fidanzato ad appoggiare la testa sulle proprie gambe.
Roberto non perse tempo. Si rannicchiò sotto le coperte, poggiò la testa sulle gambe, il volto leggermente inclinato verso il corpo altrui, e chiuse gli occhi.

<Mi... accarezzeresti i capelli? Mi piace quando ci giochi.> sussurrò, un po' timido.

Bruno sorrise amorevolmente, anche se non visto, e rispose caldamente: <Certo, brazedèl.> e prese ad accarezzargli i capelli davanti, sia passandoci un po' la mano in mezzo, sia arrotolandosi i riccioli sulle dita. I capelli del fidanzato saranno pure stati un piccolo cespuglio, come li definiva il loro proprietario, ma secondo lui erano solo un cespuglio adorabile.

<Grazie...> sussurrò il castano.
<Sono io a ringraziarti. Mi ami nonostante le tue paure e in generale sei così forte, più forte di quello che mai penserai te.> ribatté con enorme dolcezza il trentino.

<Mi stai mettendo su un piedistallo.> borbottò il piemontese.
<Assolutamente no. Perché se ti vedessi con i miei occhi, capiresti che dico solo una piccola parte di quello che vorrei.> assicurò il biondo, chinandosi e baciandolo sulla fronte.

Il castano alzò debolmente un braccio e gli accarezzò una guancia, sollevando leggermente le palpebre per osservarlo, chiaramente imbarazzato.
<Io credo che quello fantastico sia tu. Sei molto forte. Sei in una condizione pessima eppure pensi sempre a me.> commentò l'ex sabaudo.

<Perché voglio vederti felice, se ti vedo triste sto anche io male. È... qualcosa di istintivo.> affermò Bruno.
<Oh... è la stessa cosa per me. Odio vederti triste.> sbadigliò allora Roberto, richiudendo gli occhi <Buonanotte.>

<Anche a te.> augurò Bruno, osservandolo sonnecchiare.

Se fossero stati in un altro contesto, sarebbe stato decisamente imbarazzato dall'avere il fidanzato con il volto sulle sue gambe, a pochi centimetri di distanza dal suo bacino. Ma non c'erano malizia o secondi fini, solo la necessità di stare con l'altro e sentirlo vicino.

Quando vide stesse dormendo della grossa, il trentino spostò la testa del fidanzato dalle sue gambe e l'appoggiò sui cuscini. Poi spense la luce, si coricò sotto le coperte e abbracciò il più alto.

Lo ammirò per lunghi secondi, notando la stanchezza sul suo volto nonostante esso fosse quasi neutrale.
Aveva sofferto così tanto e gli orribili ricordi lo tormentavano.
Meritava di essere felice, genuinamente e totalmente contento, anche se per poco.

Si sporse senza movimenti bruschi e gli lasciò un bacetto sul naso. Osservò da vicino le sue ciglia lunghe e percepì il suo respiro caldo delicatamente contro di sé. Qualche ricciolo più lungo e ribelle degli altri gli sfioravano la radice del naso. Le labbra erano leggermente schiuse, a malapena screpolate a differenza delle proprie (perché aveva un moroso abbastanza sveglio da mettersi il burro cacao, lui non lo metteva mai perché ne odiava la sensazione sulle labbra).

Lo fissò per chissà quanto tempo e giunse alla conclusione a cui era arrivato ogni volta che ci pensava. Roberto era una sorta di angelo venuto per migliorare la vita di chi aveva la fortuna di conoscerlo. E allora perché era stato così ferito? Perché si era meritato simile trattamento?

<Domani ti giuro che farò del mio meglio per renderti felice.> promise in un sussurro il biondo.

"Che penoso. Era serio? Quanto deve essere patetico per non saper dire di no ai suoi capi e non opporsi a delle stupide vecchiette?" domandò Hans.
La rabbia all'istante invase Bruno, che chiuse gli occhi e si concentrò sul secessionista, sperando di arrivare da lui al più presto. Non vi riuscì, l'ira che lo tenne sveglio.

"Non osare parlare, te sei un mostro senza empatia, non mi aspetto tu possa anche solo immaginare che significa. E non è penoso, è stato una vittima! Lui mi ha detto più di una volta che pressoché li amava come può amare me e avrebbe fatto di tutto per essere complimentato, anche brevemente. Loro l'hanno sfruttato, loro erano stronzi. Meritano di bruciare all'inferno, come farai tu." promise il biondo.

"Intanto l'unica cosa che è bruciata è stata il Municipio di Bolzano. Questo dimostra che non dovresti giocare con me, caro. Ma continua, se vuoi. Distruggiti, se possibile di fronte questo patetico. Sarebbe divertente vederlo piangere dalla disperazione mentre tu-" raccontò il secessionista, interrotto dall'urlo del trentino: "Zitto! Questa cosa finirà in fretta e forse sarà la volta buona che sparirai!"

L'altoatesino rise e commentò: "O forse sparirai tu, carissimo~. Sto pensando, prima di andarmene, di distruggere almeno nell'animo la tua cara bambolina. Oh, me ne andrei da questo Paese con grande stile e divertimento."

"Non so che cazzo hai mente, ma osa ferirlo e giuro su tutto quello che vuoi che se devo morire ti porterò con me nella tomba." minacciò Bruno.
La rabbia di prima verso chi aveva ferito il suo amato si mischiò a quella sua frustrazione, creando certe scene che fecero un po' rabbrividire Hans.

"Non c'è bisogno del film splatter, tesoro. Ho voglia di andarmene nel mio angolino. Aspetta e vedi, cretino. Vedrai come ti pentirai delle tue parole." avvertì il sud tirolese e sparì.

Il trentino riaprì gli occhi e sospirò di sollievo al vedere Roberto addormentato come prima. Osservandolo, piano piano si calmò e chiuse gli occhi, assopendosi.

Non potevano essere felici e insieme senza problemi, vero?
Si strinse leggermente al più alto.
Dio e la natura erano bastardi.

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