23. Degustazione di cioccolato

N/A: capitolo extra-lungo, godetevelo.
E come sempre votate e commentate, che i vostri commenti mi fanno sempre piacere!

Bruno si svegliò di soprassalto, il respiro irregolare e una brutta sensazione alla base dello stomaco. Si mise seduto, il dolore nelle braccia presente ma meno forte del pomeriggio prima, e prese la sveglia sul comodino.
5:35.

<È presto...> sussurrò, ripoggiando la sveglia al suo posto. Si accorse allora che accanto a sé il letto era vuoto. Dov'era andato Roberto?
Tutta la sera prima gli era parso più distaccato e abbastanza volenteroso di mettersi a dormire. E ora non c'era.

Si alzò e, senza le ciabatte, uscì da camera propria e andò verso quella del fidanzato. Aprì la porta ma notò subito che il letto era vuoto e ancora integro. E il bagno del loro piano aveva la porta spalancata, dimostrando fosse libero.
Dove poteva essere andato?
L'unica opzione che gli venne in mente fu di dare un'occhiata in cucina. Se anche lì si fosse ritrovato a mani vuote, avrebbe allora dato di matto.

Scese piano le tre rampe di scale, i gradini freddi sotto i calzini. Ma con le ciabatte avrebbe fatto decisamente più rumore e non aveva voglia di impegnarsi ad essere silenzioso. Non si appoggiò al corrimano perché non si fidava delle proprie braccia e mani. Erano ancora doloranti e, per esempio, ieri sera aveva fatto un po' fatica a usare normalmente le posate e prendere il bicchiere.

Carlo gli aveva cambiato le bende dopo cena (nonostante la sua poca gioia, dato che per lui era ancora una "minaccia"), commentando brevemente che le ustioni stavano già guarendo.
Però le braccia facevano un male cane comunque.
Interruppe l'immersione nei propri pensieri, fermandosi sullo stipite della porta della cucina.

Roberto gli dava le spalle, era seduto su una sedia, ma era chinato in avanti, probabilmente aveva la testa appoggiata sulle braccia conserte sul tavolo. Inoltre, aveva addosso un grembiule.
Beh, almeno sapeva dove stava.
Stava per palesarsi, o per avvicinarsi e fargli una sorpresa con un bacetto sul retro del collo, che sentì il fidanzato sospirare pesantemente.

<Perché lo sto facendo? Perché sono un idiota senza speranze...~> canticchiò mogio il piemontese.
Aveva un tono così sconfitto che a Bruno fece male al cuore. Perché era così giù di corda?
<Un idiota che fa gli stessi errori.> sospirò il più alto <Perché mi ostino a credere che gli altri possano amarmi sul serio?>

La voce era diventata più rotta verso la fine, ma qualsiasi recitazione di fermezza crollò quando concluse: <Sono solo una bambola che ha paura dell'amore e comunque ci casca. Sono solo un cretino.>
E prese a singhiozzare.

Il trentino si sentì distrutto e non ce la fece più a rimanere fermo.
Si avvicinò all'altro, sussurrando il suo nome.
Questo bastò all'ex sabaudo per scattare seduto dritto sulla sedia e girarsi, spalancando gli occhi e provando a sfregare via le lacrime, ma gli occhi gli erano traditori, rossi com'erano dalle lacrime già versate in precedenza.

<A-ah, ciao...> balbettò Roberto.
<Cosa c'è che non va?> lo interrogò Bruno.
<Nulla, scusami se ti ho lasciato da solo nel letto ma non ce la facevo a dormire e-> spiegò il piemontese.

Il trentino lo interruppe con un'altra domanda: <Non è nulla. Ti ho sentito parlare. Perché hai detto quelle cose?>
<Non so cosa hai sentito, ma per avere quel tono devi aver sentito male. Io stavo solo commentando cose ovvie. Cosa più importante, tu stai meglio? Come vanno le braccia?> sviò il discorso il castano, rimanendo seduto sulla sedia.

<Non ignorare il problema, non voglio farlo. Perché hai detto quelle cose?!> indagò l'ex austriaco, la voce imperiosa e potente.
<Non so di che parli.> mentì il piemontese.
<Lo sai benissimo. Perché dovresti essere un cretino? Perché dovresti essere una bambola?> chiese il biondo, fissando l'altro dritto negli occhi.

Il più alto resse lo sguardo, anche se dentro di sé sentiva la sua volontà venire meno e gli occhi pronti a diventare lucidi.
<Ignora quello che ho detto, parlo a vanvera. Non preoccuparti per me, devi pensare a te stesso.> ordinò Roberto, anche se il tono ricordò più una supplica che un'imposizione.
<Io invece mi preoccupo per te. Dimmi cosa c'è che non va.> incalzò Bruno.

Il castano scosse la testa, ribattendo: <Non c'è niente, sei tu che ti preoccupi troppo. Vieni a sederti, su, non hai ancora recuperato tutte le energie.>
Era solo stupido, infantile, lamentoso, ricercatore di attenzioni, idiota, cieco... ecco cosa era. Lo sapeva. Non voleva appesantire l'altro con i propri stupidi, stupidi pensieri.
Non poteva. Doveva essere forte e sostenerlo.

Lui veniva dopo, erano solo i soliti pensieri crudeli e la sua paura ad attanagliarlo, era il fidanzato colui che necessitava attenzioni.

<No! Io non la smetto finché non mi dici la verità. È da ieri sera che sei teso e provi sempre ad evitare certe conversazioni. Cosa c'è che non va? Io ti amo e non posso sopportare di vederti soffrire.> impose il trentino, determinato.

Il piemontese finalmente abbassò il capo in sconfitta. Ecco, era all'angolo, mentire non era più un'opzione. Strinse le mani a pugno, frustrato. Non voleva preoccupare l'altro, era irrilevante la questione, lui stesso era irrilevante.

Interessarsi a lui era uno spreco di tempo.
«Il bene superiore viene prima di te.» gli avevano ripetuto spesso.
E così lui aveva fatto. E sempre farà.
E a chi interessava se avesse dovuto distruggersi totalmente per quel bene superiore? Sicuramente, non a chi gli stava attorno. Lui era secondario.

La sua testa fu sollevata dolcemente, ma contro la sua volontà, da un paio di mani.
Aprì gli occhi e nella sua visuale vi fu il biondo. Questi lo osservava con un'espressione di pura tristezza, quasi stesse fisicamente male al solo fissarlo.
<Ti prego... parlami. Preferirei bruciarmi altre dieci e cento volte piuttosto che vederti ridotto così.> sussurrò Bruno, accarezzandogli le guance.

Per qualche istante l'ex sabaudo si stupì di sentire i pollici altrui umidi mentre lo sfiorava, poi realizzò. Si era messo a piangere e neanche se ne era accorto.
Quanto era penoso.
E faceva preoccupare il fidanzato, dannazione!

<Ok...> si arrese Roberto, prendendo un bel respiro <Sai, ieri pomeriggio, mentre stavamo parlando di quanto e perché eravamo gelosi, avevo accennato alla cosa della filofobia... e tu l'hai completamente ignorata.>

Il biondo registrò le parole ed ebbe l'impulso di darsi una manata in fronte. Aveva ferito il suo amore e, cosa peggiore, neanche gli veniva in mente il momento esatto!
<Lo so, è stupido!> aggiunse il piemontese davanti al mutismo dell'altro, guardando di lato.

<Stavi male e tutto quanto, volevi distrarti e sicuramente non ti interessa della mia filofobia, molto probabilmente la consideri una cazzata, ma per me è grave! Volevo solo essere sicuro di essere importante per te e tu mi hai dimostrato di no, ma io voglio credere che tu ci tieni a me, ma se non mostri interesse in quello...! E allora ieri sera ero più freddo perché mi sono sentito ferito e stamattina mi sono svegliato spaventato di perderti e allora ho fatto la cosa migliore che riesco a fare: provare disperatamente a ingraziarti e a farti favori e quindi sono venuto qui a cucinarti qualcosa. E lo so che sono un ingrato ed egoista perché mi dovrei accontentare, dovrei pensare a te, eppure non ci riesco, penso solo a me stesso e a quanta fottuta paura ho di venire ferito e quanto dovrei smettere tutto questo anche se morirei dentro perché ti amo e mi dispiace, mi dispiace! Ma non posso non pensare questo e-> spiegò il castano.

Parlava velocemente, agitato e in modo abbastanza sconnesso, mentre le parole venivano fuori in un flusso di coscienza piuttosto che seguendo una qualche logica.
Venne interrotto da un paio di braccia attorno le sue spalle, un corpo seduto sopra il suo e una testa appoggiata alla sua spalla, dove veniva esalato un fiato caldo.

Bruno lo strinse al meglio che poté, ignorò il dolore alle braccia lancinante, spaventato potesse scappare.
Il problema era stato svelato, gli artefici di quell'enorme malinteso erano stati la paura e l'insicurezza. Parevano una costante nell'ex sabaudo. Che crudele realtà, pensò. Era qualcuno di davvero fantastico, eppure quei due suoi tratti spesso gli impedivano di essere felice.

<B-Bruno-> sussurrò il più alto, ancora colto di sorpresa.

<Scusami tu, Roberto. Ero così preso nell'imbarazzo perché avevo confessato fossi geloso che ho ignorato tutto il resto. Scusami infinitamente, ma non pensare mai non ci tenga a te! Tu sei come il mio universo... no, anzi!, sei la ragione che rende più bello l'universo. Ora che ti conosco e che perfino posso stare con te... non so neppure come facevo a vivere prima. E se sei triste, è come se fossi triste anche io. Non voglio vederti triste. E neppure spaventato. Quindi voglio esserci per te ed aiutarti in questa fobia, te l'avevo promesso. E se ti vengono questi dubbi perché la paura è più forte di te, tu devi assolutamente dirmelo. Non sei stronzo se vuoi essere rassicurato. Chiunque ha il diritto di essere rassicurato in una relazione.> affermò con risoluzione il trentino, rimanendo però con la testa sulla spalla altrui.

Roberto si sentì di nuovo gli occhi lucidi. Strinse il fidanzato, appoggiando il volto fra i capelli scompigliati altrui. Inspirò lentamente per poi espirare con la stessa velocità, desiderando imprimersi nella mente l'odore dell'altro.
<Tu... hai bisogno di essere rassicurato?> chiese a bassa voce il castano.

<Ogni volta che ho dei dubbi, ti guardo, e quando mi guardi a tua volta vedo solo amore. E quando stiamo insieme e tranquilli, la tua voce è spesso più bassa e calma e confortante che con gli altri, come se... come se non avessi paura di farti vedere più dolce. Possono essere cose stupide, ma per me sono tutto e di più.> rispose il biondo, grato di non poter essere visto in faccia in quel momento.

L'ex sabaudo spalancò gli occhi, rafforzando la presa sull'altro. Confessò: <Sei... perfetto. Assolutamente perfetto. Non so cosa ho fatto per meritarti, ma ne sono grato. Ti amo, ti amo e non so come altro si può dire.>

Bruno alzò la testa, lo guardò negli occhi e ribatté: <Io non sono perfetto. Nessuno lo può essere. Ma per me chi più si avvicina sei tu. E neanche io so come altro si può dire che ti amo e vorrei il tuo bene. Quindi lo dimostrerò con i fatti.>

E avvicinò le loro labbra, senza però ancora baciarlo, aspettando il consenso dell'altro. Forse non voleva e sicuramente costringerlo non era nella sua testa.
Il piemontese, che aveva chiuso gli occhi già anticipando, li aprì piano confuso, notando dove fosse.

<Vuoi un invito scritto, anche se vuoi far parlare i fatti?> chiese a bassa voce, azzerando la distanza e baciandolo.
Il trentino chiuse d'istinto gli occhi, schiuse le labbra e approfondì, premendosi contro il corpo dell'altro, le sue mani che lo accarezzavano con cura.

Continuarono con i loro baci alla francese finché un trillo non li fece staccare di scatto, colti di sorpresa.
Roberto dopo un istante spalancò gli occhi e si ricordò: <La torta!>
Si alzò, facendo alzare anche il biondo, il quale si sedette a peso morto sulla sedia abbandonata ma piacevolmente già calda.

Il seduto osservò l'ex sabaudo chinarsi, ispezionando cosa ci fosse nel forno. Afferrò le presine poggiate sul bancone in granito, aprì il portello del forno ed estrasse uno stampo da cui spuntava la "cupola" di una torta al cioccolato, presumibilmente dal colore.

La torta venne poggiata su un sottopentola già posto sul tavolo, affinché si raffreddasse.
Il piemontese si levò le presine e accese uno dei fornelli, su cui mise una pentola riempita di panna.
<Mi stavi cucinando questo? Una torta al cioccolato?> domandò il biondo.

<Non una torta al cioccolato, bensì una torta sacher! Ora devo fare la ganache.> illustrò il castano, girandosi verso di lui.

<Beh, la stavo facendo nella speranza di avere il tuo affetto perché, beh..., ha funzionato spesso così con le mie precedenti esperienze. Ma ora posso farla per il gusto di farti qualcosa che ti piace e vederti contento!> aggiunse, sorridendo infine dolce, desiderando scacciare la tristezza.

<Grazie. Appena finisci con la ganache, se siamo ancora soli, torni qua che ti riempio di baci.> asserì Bruno.
<Che minaccia.> ridacchiò Roberto, appoggiato al bancone dietro di sé.

Il trentino sorrise e si perse ad osservare come il grembiule ben legato in vita risaltasse la fisionomia del fidanzato, molto più dei suoi soliti vestiti. Quelli non gli facevano giustizia, il più dei casi.

<Che c'è?> chiese innocente il più alto.
<Quel grembiule ti sta decisamente meglio del pigiama che indossi.> gli rispose senza filtri.
Il castano arrossì e si guardò, tirando leggermente un lembo del grembiule. <In che senso? Mi fa sembrare più una mogliettina, come ogni tanto dicono Giorgio o Michele?> fece mezzo ironico, sperando di levarsi dall'imbarazzo.

<Lo dicono sul serio? E comunque no. Intendo che ti sta bene perché è qualcosa che almeno fa giustizia al tuo fisico. La maggioranza di quello che hai nasconde come sei e ti fa apparire più tozzo, quando non lo sei.> spiegò il trentino.

<Ah.> commentò arguto Roberto <Beh, è normale. Il grembiule lo posso regolare, come le cinture. I pantaloni, le maglie e le camicie no.>
<Mi dispiace che tu non possa mettere in risalto la bellezza che sei.> commentò il biondo.

<Non sono tutto questo splendore.> borbottò il castano, girandosi di spalle e versando nella panna che stava bollendo il cioccolato tritato.
Iniziò a mescolare lentamente, affinché si amalgamasse senza bruciarsi.

Il trentino si ritrovò ad ammirare la schiena del fidanzato, coperta dalla camicia del pigiama, mentre i fianchi erano evidenziati dai lacci del grembiule. Il suo sedere si notava a malapena in quei pantaloni larghi. E forse era anche meglio così, meglio non farsi venire erezioni di primo mattino solo osservando l'altro ancora coperto.

Prima ancora che se ne accorgesse, perso quanto era ad immaginarsi scene su scene, l'ex sabaudo finì di sciogliere il cioccolato e mise a bassissima temperatura il pentolino. Si voltò e andò verso la torta ormai solo calda, togliendola dallo stampo e tagliandola in due strisce. Estrasse la marmellata dal frigorifero e ne spalmò un bello strato sulla parte in mezzo e sopra, ri-impilando la torta tagliata.

Notò di essersi sporcato un dito e succhiò la marmellata rimasta, sorridendo leggermente al fidanzato.
Bruno, poveretto, era rimasto concentrato a fissare lo sguardo serio dell'altro e poi il gesto troppo lungo per accorgersi all'istante del sorriso. Si salvò in corner replicando il sorriso all'ultimo.

Roberto si concentrò sul suo lavoro. Prese il necessario, spense il fuoco e poi versò la ganache sulla torta. Ripose l'opera finita in frigorifero e tentò di recuperare tutto il cioccolato non usato nella ciotolina.

<È un peccato sprecarlo...> commentò. Ci mise dentro un dito, lo tolse sporco di cioccolato e se lo ciucciò finché non lo pulì.
Alzò lo sguardo e realizzò che il trentino lo stesse guardando. Arrossì.
<Non farci caso, sono un bambino, lo so-!> provò a scusarsi il castano.

L'ex austriaco si alzò silenziosamente, andando vicino al fidanzato. Immerse anche lui un dito nel cioccolato per poi leccare via il dolce.
<Buono.> affermò, infilando il dito un'altra volta, ma decisamente di meno, affinché il polpastrello fosse solo leggermente sporco.
<Ma ho una idea su come non sprecarlo, almeno in parte.> aggiunse a bassa voce.

Passò il dito sporco sulle labbra del più alto, il quale spalancò gli occhi, il cuore che batteva fortissimo e le labbra appena schiuse.
Il trentino si avvicinò e sfiorò le labbra altrui, per poi mordicchiare e succhiare il labbro inferiore.
Il piemontese sentì le gambe di gelatina, il corpo in tilt e la ciotola di cioccolato pronta a cadere dalle sue braccia poco forti in quel momento.

<Mh-h~.> vocalizzo Bruno, leccandogli piano le labbra <Decisamente una buona idea. Vuoi provare tu?>
Roberto, silenziosamente, ripeté i gesti del fidanzato e gli sporcò le labbra. Si avvicinò e lo baciò dolcemente, leccando le sue labbra.
Beh, il cioccolato era buono e avere le labbra del suo amato contro le proprie nel mentre era decisamente più intrigante.

Si staccò con il cuore in gola, emozionato e confuso.
Sussurrò: <Come ti è venuto in mente...?>
<Segreto, per ora. Sfruttiamo questo cioccolato, finché siamo da soli.> suggerì il trentino.

Il castano annuì piano, ritrovandosi di nuovo le labbra sporche di cioccolato.
Per miracolo, vari minuti dopo, riuscirono a non farsi beccare avvinghiati ad una sedia, con le labbra e le dita sporche di cioccolato mentre si mordevano, succhiavano e leccavano le suddette labbra.

E successivamente il piemontese conobbe che il biondo aveva preso ispirazione da WikiHow e altri siti simili. Trattenere dei risolini gli fu decisamente impossibile.

•~-~•

Dopo la colazione con la gustosa torta sacher (anche se baciare le labbra sporche di cioccolato del fidanzato era stato decisamente fantastico), Bruno si era cambiato ed era andato in soggiorno. Prese una coperta non troppo pesante, si stese su un divano, si raggomitolò e chiuse gli occhi. Aveva una voglia matta di dormire e di coccole. Ma dato che per la seconda cosa avrebbe dovuto aspettare la sera... il pisolino era decisamente gradito.

<Non hai male alle braccia a stare in quella posizione?> gli chiese Giorgio, che era entrato in soggiorno in quel momento.
<Un po', ma non ho voglia di stare steso come se fossi in una bara.> borbottò il trentino, la faccia rivolta allo schienale del divano, dando quindi le spalle all'interlocutore.
<Non hai del lavoro da fare? Dopo quello che è successo...> notò il veneto, senza eccessiva cattiveria o critica, solo curiosità.

<Forse, ma mi sento distrutto e voglio dormire. Se è qualcosa di urgente, mi possono sempre chiamare, il telefono è qui.> rispose il biondo, alzando pigramente un braccio per indicare il dispositivo appoggiato al bracciolo del divano. Lui aveva la testa appena sotto, sollevata rispetto al resto del corpo grazie a due cuscini.

<Distrutto per via di ieri o c'è di nuovo altro? Perché se è la seconda cosa, e mi sembra strano che te lo dica io, ti conviene fare un pellegrinaggio a Lourdes o se sei pigro fino a San Pietro, chiedendo di farti ricevere dal papa per una benedizione.> commentò Giorgio.
<No, no, niente di nuovo, ci mancherebbe altro! Sono ancora distrutto da ieri.> rispose Bruno.

<Ok, ancora niente pellegrinaggio... e quello che abusivamente vive nella tua testa?> domandò l'ex repubblica marinara.

"Io ho un nome!" si lamentò Hans, disturbandolo per la seconda volta in quella giornata.
La prima era stata mentre si stava cambiando le bende da solo, osservando le sue braccia e mani rovinate dalle ustioni ancora rimaste. Gli aveva augurato di avere un ricordo del genere affinché capisse cosa significava mettersi contro di lui. L'aveva mandato a fare in culo e poi ignorato, ma eccolo lì di nuovo.

<L'hai richiamato.> disse il trentino <E si lamenta che non lo chiami per nome.>
<Ow, qua qualcuno è un bambino triste~> stuzzicò il veneto.
"Disse quello che se non ha il suo vino inizia a fare i capricci." replicò il sud tirolese, seccato.

<Riporto la sua frase e poi basta, non vi voglio sentire bisticciare. Ha detto che fai i capricci quando non hai il tuo vino.> affermò il biondo, provando a pescare una bella memoria con cui addormentarsi.

<Cosa ha avuto il coraggio di dire?!> esclamò l'altro, offeso.
<Ho detto basta bisticci.> ricordò l'ex austriaco.
In quel momento il telefono squillò.

<Oh, sembra che il lavoro ti chiami.> commentò Giorgio, mentre il più giovane si mise seduto e prese il telefono. Spalancò gli occhi al leggere il nome di chi lo chiamava.
<Ohi, che c'è?> indagò il veneto, notando la sua espressione.

<Mi sta chiamando Feliciano...> rispose Bruno, accettando la chiamata e portandosi il dispositivo all'orecchio, davanti l'espressione stupita del più alto.
<Pronto?> fece il biondo, stupito.
<Ciao Bruno, meno male sei sveglio!> commentò Feliciano, con la sua solita voce squillante.

<Ciao anche a te... che c'è?> domandò la regione.
<Beh, non è ovvio? Quello che è capitato ieri è stato orribile! Avrei voluto chiamarti prima, ma pensavo l'avresti risolto da solo, sei così bravo... ma hanno provato a dare fuoco ad un edificio amministrativo e non posso più aspettare e sapere che soffri cento se non mille volte peggio di me.> decretò l'italiano del nord.

<Oh... è vero... sicuramente hai sentito pure te le conseguenze delle loro rivolte. Mi dispiace tantissimo, vorrei anche io farli smettere, ma-> cercò di scusarsi il biondo, ma venne interrotto.
Veneziano chiarì: <Ehi, io sento davvero poco perché è contenuto il problema rispetto il resto dei miei territori... per te no, è la maggioranza dei tuoi territori ad essere coinvolti.>

<Mi dispiace in ogni caso che tu vi sia finito in mezzo. E, te lo assicuro, ci fosse stato un modo per fermarli-> si dispiacque il trentino.
Ancora una volta, la nazione non lo lasciò finire e asserì: <Lo so, caro, lo so. Non li controlli tu e se anche provassi a farlo, verresti respinto, perché ci sta pensando qualcun altro ad incitarli.>

<Che intendi...?> chiese Bruno, spaventato e incerto su cosa pensare.
<Caro, non te l'ho mai detto prima perché aspettavo me ne parlassi tu, ma... so che non sei solo in testa. So che c'è un qualche seme di regione che vuole uscire e che sicuramente sta approfittando della situazione.> spiegò Feliciano.

Il trentino si sentì investito da una secchiata gelida.
"COSA?!" strillò Hans, rispecchiando il suo stato d'animo.
Lo sapeva?! Da quanto?!

<Non ti incolpo per non avermelo detto, immagino non fosse facile e avevi paura non ti avrei creduto. Ma io lo vedo, quando faccio un salto da voi. Posso, per così dire, intravedere la vostra aura, essendo voi miei territori... ed è da vario tempo che ne vedo due in te.> illustrò la nazione.

<A-ah.> riuscì solamente a commentare l'ex austriaco.
"Eh, già, sono qua da un po'... ma come cazzo funziona la cosa?!" domandò, ancora mezzo strillando, l'altoatesino.
"Secondo te io lo so?!" chiese retorico il biondo.

<Gli altri lo sanno? Hanno il diritto di saperlo, ora che il problema è scattato.> lo interrogò Veneziano.
<Lo sanno, lo sanno... non per mia volontà, perché volevo ancora nasconderlo. Per forze maggiori e inspiegabili Hans, così si fa chiamare, è riuscito ad apparire anche davanti agli altri... anche se solo in forma di spirito. E una volta ha perfino avuto il controllo del mio corpo!> raccontò Bruno.

<Oddio, la situazione è grave! Che aveva fatto?!> domandò chiaramente preoccupata la nazione.
<Nulla, è stato fermato prima che facesse danni, per fortuna. Da allora non c'è più riuscito. E gli altri mi chiedono periodicamente se Hans si fa sentire, dato che alcune volte passano giorni in cui non lo sento e altri in cui mi tormenta.> rispose il biondo.

"Mi piace stare per i cazzi miei e anche tormentarti." commentò il secessionista.
<Hans ci sta sentendo in questo momento?> gli domandò Feliciano.
"Oh, uno che usa il mio nome!" fece allegramente il sud tirolese.

<Sì, sì. Stava anche per iniziare un bisticcio con Giorgio prima che mi chiamassi.> raccontò il trentino, alzando lo sguardo.
Il veneto non era in vista. Probabilmente si era annoiato e se ne era andato.
<Gli altri in questo momento lo possono vedere?> domandò Feliciano, il tono poco sereno.

<No, no, ma aveva chiesto di Hans e gli ho anche riportato il suo commento e... sono due micce corte.> riassunse l'ex austriaco.
<Mh-h, non mi stupisce, date le condizioni in cui vergono i tuoi territori.> sospirò la nazione.
<Non ci voglio pensare, per favore. Ho delle bende ed un dolore a mani e braccia a ricordarmelo quasi perennemente.> quasi lo supplicò Bruno.

Ci fu silenzio per qualche secondo dall'altro lato della chiamata, poi Veneziano chiese a bassa voce: <Come stai affrontando la situazione, caro?>
<Al meglio delle mie capacità, però non posso negare sia estenuante.> ammise il biondo, sprofondando nei grandi cuscini dello schienale del divano. Non aveva su filtri, era genuinamente stanco, distrutto.

<Stai affrontando tutto da solo? Lo so che gli altri sanno di Hans, ma questo non basta per dire che non sei solo. Ti conosco un po' e so come sei schivo, avere la tua fiducia e vederti per quello che sei è complicato. Però, ti prego, non chiuderti a riccio. Hai bisogno di tutto il sostegno possibile. Se non ti confidi mai con qualcuno, ad un certo punto scoppierai.> lo avvisò Veneziano, il tono basso e preoccupato.

<Faccio fatica, ma... ho qualcuno con cui posso sfogarmi. E lo faccio. A volte mi basta restare in loro compagnia, mi distraggo e torno un po' felice.> raccontò l'ex austriaco, portandosi le ginocchia al petto. Chiuse gli occhi qualche secondo, mentre riusciva a pensare solo a Roberto. Non che altri non siamo mai stati d'aiuto, ma lui era diverso.

"Basta, basta! Quando resto qui voglio vederne il meno possibile! Ora che siete fidanzatini è ben peggio di prima!" si lamentò Hans.

<Ne sono contento. Purtroppo non posso darti molti consigli, anche se ovviamente ti suggerisco di continuare a passare il tempo con questa persona e di provare a contenere i danni. Devi sperare che, non ottenendo nulla, si calmino.> commentò Feliciano.

<Sì... sto anche pensando se far fare un qualche servizio, sia in italiano che in tedesco, per deterrere i cittadini dal continuare con queste azioni e far capire loro che non sono sotto nessuna dittatura e i rischi del provare a continuare la secessione.> raccontò il trentino.

"Pft, pensi davvero che cederanno così?" lo prese in giro Hans.
"Chi stava parlando con te?" domandò retorica la regione.
<Vale un tentativo, appena è possibile. Parlane con il sindaco di Bolzano e vedi che si può fare.> lo supportò la nazione.
<Lo farò questo pomeriggio, ora sono stanco... Grazie Feli.> sussurrò Bruno.

<Si sente dalla voce, riposati. Spero che si risolva tutto al più presto, neanche io posso far molto. Ho provato a controllarli, ma non ho raggiunto molti risultati.> lo salutò Veneziano, chiudendo la chiamata.

Bruno appoggiò il telefono sul bracciolo e si stese di nuovo, raggomitolandosi e provando a sonnecchiare sul divano. L'unica soluzione ai suoi problemi, forse, era proprio un miracolo.





N/A: niente da dire su questo capitolo.
Ma per chi già sa, il prossimo è il capitolo 24~.
Finalmente mostrerò la cosa molto bella e assolutamente dolce :D!
Al prossimo aggiornamento!

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