22. Scintilla d'avvertimento

N/A: e ora si inizia con il terzo foglio di Google su 6, anche questo di oltre 100 pagine; per la precisione 109.
E sono solo i capitoli dal 22 a 32.
Immaginate quanta bella roba (per me) vi aspetta!

Ricordatevi sempre di stellinare e ora vi lascio al capitolo.



La mattina dopo per fortuna tutto filò liscio come l'olio: i loro segni erano ben al sicuro sotto gli strati di trucco e anche loro due, guardandosi a prima occhiata, non si sarebbero mai detti che avevano dei succhiotti.

E Anna aveva mantenuto la parola data.
Riuscendo a convincere qualche ragazza e usando la scusa che avevano bisogno di qualche "portaborse", i due fidanzati in segreto furono trascinati a Roma in una mattinata di compere.

Prima passarono in vari negozi di vestiti per accentuare la copertura, in cui Roberto venne trascinato in giro da un'energetica e felice Marie che lo costrinse a farsi sorreggere i vestiti e a restare fuori dal camerino e dare il suo parere mentre provava degli outfit.

Bruno seguì Anna, ma la gelosia si era presentata: lanciava ogni tanto occhiate poco gentili a Marie perché gli aveva rubato il suo moroso. La romagnola ridacchiava mentre osservava il trentino esprimere abbastanza discretamente la sua gelosia, portandolo nel reparto uomini per fargli provare qualche capo d'abbigliamento.

<Perché devo provare dei vestiti? Mica siamo qua per te?> chiese il biondo.
<Non c'è nulla d'interessante, avevo già guardato online, ma questo non vuol dire non ci sia nulla di papabile per te.> affermò la romagnola.
<Ma sono a posto con i vestiti.> notò l'ex austriaco, che già aveva fatto il cambio di disposizione dei vestiti. Erano approdati a novembre, anche se a Roma le temperature erano alte rispetto a quelle nei suoi territori.

<Sì, ma qualcosa in più non fa mai male! Non dico di prendere un completino sexy, esistono i completini sexy da uomo?, ma qualcosa da sfoggiare con il tuo adorato per farlo un po' sbavare sì.> ridacchiò infine Anna, mentre l'amico diventava bordeaux.

Bruno la fermò e sibilò a bassa voce: <Non parlarne qui! E non so se esistono c-completini sexy per uomo! E-E non ho bisogno di vestiti da sfoggiare con lui!>
<Ah, ritieni di essere più affascinante senza vestiti, mh? Audace~.> ironizzò la romagnola, mentre il più basso diventava ancora più rosso, se possibile.

Il biondo non riuscì a parlare, troppo imbarazzato, rinunciando a ribattere all'amica. Era impossibile.
Alla fine se ne andarono dal reparto uomo perché non c'era nulla che stuzzicasse la curiosità di Anna, la quale si lamentò della poca scelta di vestiario per i maschi. Il trentino si trovò pienamente d'accordo.

Riuscirono infine ad entrare in un negozio di trucchi, in cui la romagnola trascinò i due fidanzati, facendo comprare loro fondotinta e correttore delle loro carnagioni, correttori colorati e qualche spugnetta.

La busta con le compere la fece portare a Roberto, cosicché adempiesse al suo ruolo di portaborse, ma una volta a casa ovviamente i suoi contenuti se li tennero il piemontese e il trentino.
<Buon divertimento stasera~> li salutò Anna, andando in camera propria a cambiarsi per mangiare.

Era quasi ora di pranzo per loro, quel giorno chi si era incaricato di cucinare era Carlo, il quale non aveva anticipato cosa ci sarebbe stato. Molto probabilmente, non voleva sentire possibili lamentele in anticipo.

<Ma-> provò a ribattere Roberto, ma ella era già andata via. Si limitò dunque a chiudere la bocca e arrossire vagamente.
<È tutta la mattina che punzecchia me, sapessi.> lo consolò Bruno, poggiandogli una mano sulla spalla.
Il castano si guardò attorno, poi intrecciò la mano del più basso con la propria e gli sorrise.
<Mi racconterai stasera, ti va?> propose il piemontese.

Il trentino annuì energeticamente, la giornata decisamente più radiosa, nonostante un vago mal di testa che aveva da tutta la mattina. Si sporse velocemente e rubò un bacio a stampo al fidanzato. Sussurrò: <Ci vediamo a pranzo.> ed entrò in camera, ma prima ammirando lo sguardo perso e il rossore sul volto altrui.

•~-~•

Si scoprì che Carlo per pranzo, sorpresa delle sorprese, aveva fatto il risotto allo zafferano. Al biondo piaceva il risotto, specialmente se con quella spezia. Il lombardo già li aveva avvertiti che ovviamente alla sera ci sarebbe stato il passato di verdure, dato che per fare il brodo si rifiutava categoricamente di usare quelli già pronti e odiava sprecare il cibo.

Le lamentele erano state soppresse con la promessa di altro risotto il pranzo del giorno dopo e della buona polenta la cena.
La promessa di quel piatto a base di mais aveva un potere sui suoi "fratelli" del nord, che si calmarono subito. Beh, non che a lui dispiacesse la polenta, specialmente se con un contorno.
Stavano discutendo del più e del meno, in quel momento Anna stava raccontando della sua mattinata.

<Come vi siete fatti trascinare?> chiese Rosa.
<Beh, Anna sa come convincere qualcuno.> rispose vago Roberto, continuando a gustarsi il suo risotto.
<Con "convincere" intendi "coercere", vero?> domandò retorico Giorgio.

<Ehi!> fece fintamente offesa la romagnola.
Il piemontese saggiamente rimase zitto e fece spallucce.
<Ecco! Coercizione! Omertà!> esclamò teatralmente scioccato Aleksander, indicando l'ex sabaudo.
<Oh, Anna, sei l'ultima da cui mi sarei aspettata simili atteggiamenti.> commentò Carlo con sarcasmo.

<Davvero sono l'ultima?> chiese la romagnola, divertita, guardando per la stanza.
<Sì.> asserì il lombardo.
<Anche dopo Marie?> lo interrogò Anna, alzando le sopracciglia in sorpresa.
<Corretto.> rispose Carlo.

<Ma-!> si interruppe la romagnola, non sapendo bene che dire.
<Non so come prendere la cosa. Sarebbe un insulto o un complimento?> chiese Marie, confusa.
<Mah, dipende se ti piace pensare di essere coercitivo.> ammise Rosa.

<Prima di finire in territori pericolosi, cioè provare a stilare una lista dal più al meno coercitivo o coercitiva in questa stanza, possiamo parlare di altro?> propose pacato Roberto.
<Che c'è~? Paura di essere messo penultimo~?> lo pungolò la ligure.

<Assolutamente no. Semplicemente, non voglio vedere te e Giorgio litigare per chi è il primo della lista mentre Carlo fa da pomo della discordia e vi sospinge a continuare la diatriba. E sinceramente, non vedo nulla di lodevole nell'essere coercitivo.> rispose tranquillo il piemontese.

<Andiamo, mi togli tutto il divertimento.> recitò Carlo, poggiando con cura una mano sul proprio petto.
<Per rimpiazzare lo spettacolo che volevi creare, basta dirti che questo risotto è molto buono? Lo dico onestamente.> affermò l'ex sabaudo.

<Non è la stessa cosa, ma è sicuramente soddisfacente sentirsi apprezzati per il proprio lavoro. Grazie.> rispose il lombardo.

"Grazie? Grazie?! Tu non dici mai grazie con onestà! Oh, ma a Roberto lo dici, eh?!" pensò Bruno, improvvisamente geloso. Nonostante fossero insieme, ogni tanto Carlo gli pareva così ambiguo. Era totalmente idiota da pensare, lo sapeva, in ogni caso il suo caro brazedèl amava solo lui. Eppure il pensiero rimaneva lì, tornando a galla spesso.

"Oh, per quanto sia anche ilare vederti in preda alla tua irrazionalità, come un pupazzetto vittima di sé, ti consiglierei di prestare attenzione ad altro~" canticchiò Hans.
Il trentino si bloccò, la forchetta a mezz'aria. Mangiò il boccone in fretta, la gelosia sparita.

"Cosa intendi? Cosa sta succedendo?!" indagò il biondo.
"Sorpresina~, ma secondo me avrai un po' caldo." rivelò criptico l'altoatesino.
L'ex austriaco si spaventò, ma provò a scacciare il pensiero bevendo un sorso d'acqua.
Forse voleva solo spaventarlo psicologicamente... sì, era così!

Qualche istante dopo urlò dal dolore, il braccio sinistro invaso da mille aghi bollenti. La mano dell'altro braccio lasciò cadere all'istante la forchetta, stringendosi al petto il braccio dolorante. Sentiva le lacrime agli angoli degli occhi premere per uscire, il bruciore che si stava presentando anche alla giuntura con la spalla.

<Ora che minchia succede?!> quasi urlò Rosa, il tono iracondo, ma sinceramente frustrata. Che cosa aveva fatto di male l'altro per meritarsi tali problemi?!

Non riusciva ad articolare alcuna parola. Strizzò gli occhi chiusi, mandò indietro la schiena (quasi rischiando di ribaltarsi) e si rannicchiò su se stesso, il bruciore che aumentava di intensità. Lo sentiva, lo sentiva! Si stava diffondendo alla spalla e anche l'altra mano cominciava a scottare.

<Cosa sta accadendo alla sua pelle?!> domandò Marie sconvolta, nel mentre alzatasi, indicando il trentino.
Bruno si costrinse ad aprire gli occhi e con orrore fissò la pelle delle proprie mani lacerata in più punti, di un rosso vivo o scuro, come se qualcuno avesse sfregato fino a raggiungere gli strati sotto.

Richiuse gli occhi, desiderando solo sparire, calde lacrime che gli rigavano il volto. Un altro urlo gli uscì dalle labbra, risultato di una fitta di fuoco che gli percorse il braccio più "sano".
Sedie furono spostate e una porta fu sbattuta aperta, ma il trentino non capiva più niente con chiarezza.
Udì chiaramente una voce decretare con freddezza: <Sono ustioni. Stanno dando fuoco a qualcosa.>

La rabbia lo invase.

"HANS! HANS! DAMMI UNA CAZZO DI SPIEGAZIONE!" strillò mentalmente il biondo.
"Caro, non c'è bisogno di urlare ai quattro venti. Ma quanto vorrei poter vedere le loro facce!" rispose all'istante il sud tirolese.
Bruno per un istante non capì, poi percepì la gola bruciare per lo sforzo. Aveva davvero urlato.

<Ti odio...> sibilò, questa volta conscio di dirlo anche nella realtà.
"Io ti avevo avvertito di accettare le mie richieste, più di una volta. Ora ne pagherai le conseguenze." asserì il secessionista.
Il trentino sentì il bruciore acquietarsi nel braccio destro, quello sinistro ancora dolorante, anche se sembrava più distante.

"Non esisterai. Mai." ribatté, non sapendo se l'aveva detto ad alta voce.
"Qualcosa mi dice che quello che non esisterà sarai tu." notò l'altoatesino.
Il dolore divenne più ovattato e le energie lo abbandonarono, stremato dal mal di testa del mattino, sovrastato da quell'esperienza orribile.

E il nero delle palpebre divenne ancora più pece.

•~-~•

Un rumore simile ad uno scatto in lontananza. Dei passi leggeri che man mano si avvicinavano. Una mano fra i suoi capelli. Delle dita che gli sfioravano la guancia. Un paio di labbra poggiate velocemente sulla sua fronte.

Si sforzò di aprire gli occhi, nel mentre un gemito di dolore proruppe roco dalla sua gola. Alla sua destra qualcosa si affossò e una mano gli accarezzò una guancia. Finalmente sollevò le palpebre e la luce lo accecò, costringendolo a richiudere gli occhi. No, no, non voleva tornare nel buio dell'inconscio.

Con forza di volontà, si costrinse a riaprire gli occhi e abituarsi all'ambiente. Sbatté le palpebre e finalmente delineò un soffitto. Girò la testa leggermente e osservò Roberto seduto accanto a sé, che continuava le carezze.
Il castano lo scrutò attentamente e chiese a mezza voce: <Sei ben sveglio? Capisci dove sei e chi sono io?>

<Sì, ovvio, sei Roberto... in quella che sembra camera mia.> rispose in un sussurro Bruno, stupendosi di quanto la sua voce fosse bassa.
Ma il fidanzato lo capì e annuì prontamente.

<Ci hai fatto prendere uno spavento... e hai pure richiamato l'attenzione di quelli in soggiorno che si stavano guardando la tv. Almeno ora sei conscio.> commentò il piemontese, sporgendosi e dandogli un bacetto sulla fronte.

Bruno volle alzare le braccia e stringere la maglietta dell'altro, per costringerlo a chinarsi e baciarlo sulle labbra. Purtroppo era troppo debole e poté solo pensarlo, mentre l'altro tornava nella posizione di prima.

Provò a chiudere le mani a pugno e a muovere lentamente le braccia, ma si sentì un tutt'uno con il dolore, stringendo gli occhi e sibilando l'aria fra i denti.
<Ehi, devi stare a riposo!> ordinò il castano, poggiandogli una mano sulla spalla per tenerlo steso.
<Voglio solo mettermi seduto.> protestò debolmente il trentino, spossato.

Roberto lo guardò con pietà. Sospirò e scese a patti: <Aspetta ancora qualche minuto e poi provo a metterti seduto.>
<Ok...> concordò il biondo, tenendo voltata la testa verso il fidanzato.
<Cosa... è successo?> chiese dopo pochi secondi di silenzio.

Il piemontese fissò le coperte e strinse a pugno la mano tolta dalla sua spalla, mordendosi il labbro inferiore, gli occhi lucidi ma il volto contratto nella rabbia.
<Quei secessionisti, quei bastardi, hanno appiccato fuoco al comune di Bolzano. Per fortuna i pompieri sono intervenuti tempestivamente, ma... il palazzo è stato danneggiato. E tu ne mostri i segni.> raccontò con rabbia e dispiacere insieme.

<Segni...?> domandò il biondo.
Il castano alzò leggermente le coperte ed indicò le sue braccia.
Il più giovane realizzò di essere a petto nudo e con delle bende avvolte attorno entrambe le mani, un braccio e una parte del petto.

<Segni di ustioni, sono lì sotto. Carlo è stato il primo a capirlo, quando stavi per svenire dal dolore o eri già svenuto. In teoria si possono nascondere tranquillamente con la nostra magia, se non guariscono da sole.> spiegò l'ex sabaudo, gli occhi ancora lucidi e privi della rabbia di prima.

<Brazedèl... perché piangi?> chiese Bruno.
<Non sto piangendo.> rispose all'istante Roberto, un po' troppo in fretta.
<Sei sul punto di farlo. Perché?> lo interrogò.

Il più alto abbassò la testa e rispose: <Non è giusto. Niente è giusto. Non ti meriti nulla di quello che ti è accaduto. Non è giusto che tu soffra, quando non hai fatto niente. Non è giusto che possa esserci la possibilità che quei segni rimangano per sempre per colpa di alcuni stronzi! Non ti meriti di stare così, tu dovresti avere soltanto il meglio!>

All'inizio il tono era quasi un sussurro tremolante, ma in fretta la voce si alzò nella rabbia e frustrazione, minacciata di rompersi per via dei singhiozzi a malapena trattenuti.
<Roberto...> sussurrò il biondo. Dio, quanto voleva solo abbracciare il fidanzato e mai più lasciarlo andare, dimenticandosi del mondo.
<Non è colpa mia, ma neppure colpa tua.> aggiunse subito dopo.

<Ma non posso fare nulla... e dannazione, non dovrei farti preoccupare per me!> sospirò frustrato il piemontese.
<Io mi preoccuperei per te anche se tutto fosse ok e son certo sia uguale al viceversa. E tu fai tanto, ma non lo sai. Mi stai sempre vicino e mi dai il tuo amore e il tuo supporto. Per me questo vale tantissimo.> affermò il trentino.

<Ma è il minimo, è normale, siamo morosi!> ribatté Roberto, sentendosi inutile.
<Il termine moroso non ti obbliga legalmente a nulla, punto primo. Punto secondo, per me vale tantissimo perché sei tu e tutto quello che mi dai è assolutamente genuino.> spiegò Bruno.
Il castano abbassò lo sguardo, le labbra incurvate in un'espressione poco sicura.

<Ehi... non sai quante volte, da amici, mi hai impedito di fare qualche cazzata senza saperlo. Mi stavi vicino e rendevi le mie giornate più belle. Nessuno ti obbligava allora e nessuno lo fa ora che siamo morosi. Scegli liberamente e mi permetti di sopportare questa situazione. Fai e non lo sai.> aggiunse il biondo, totalmente onesto.

Il piemontese lo guardò dritto negli occhi, il volto indecifrabile. Il più giovane registrò solo quando era già accaduto che l'altro si era chinato su di lui, gli aveva preso il volto fra le mani e l'aveva baciato sulle labbra.

Il trentino chiuse gli occhi e si lasciò andare, dischiudendo le labbra ed usando la lingua, desiderando mostrare nel bacio, nonostante le poche forze, quanto l'altro fosse importante per lui.
Si staccarono quando mancò l'aria.
Si fissarono per lunghi istanti.

Roberto sorrise leggermente. Bruno ricambiò.
<Ti amo.> dissero all'unisono, stupendosi, ridacchiando.
Il castano poggiò la fronte su quella dell'altro, andando naso a naso, ma attento a non schiacciare in alcun modo il ferito, gli occhi lucidi ma non per le lacrime. Era palesemente felice ed era il miglior sguardo da vedergli addosso, nell'opinione del trentino.

<Sei stupendo con quel piccolo sorriso sulle labbra.> sussurrò il piemontese, rubandogli un bacio a stampo, vagamente rosso sulle guance.
<Io potrei rimanere tutto il giorno ad osservare il tuo volto così felice.> asserì il biondo.
<Indovina chi mi rende così felice.> lo sfidò allegro il più alto.

Bruno non si curò di rispondergli verbalmente. Lo baciò ripetutamente sulle labbra, a malapena trattenendo un sorriso. E nonostante si sentisse uno straccio buttato a terra, era davvero felice.
Solo dopo una mezz'ora passata a coccolarsi si staccarono e Roberto lo fece mettere seduto, facendogli indossare la maglietta, attento a non sciogliere le bende.

<Comunque dovete smetterla di togliermi le maglie per un motivo o per l'altro.> borbottò il il trentino, fingendosi infastidito.
<Ehi, neanche a me piace che gli altri ti vedano senza maglietta se tu non vuoi. E mi mette in imbarazzo perché ho paura di fare qualcosa senza il tuo consenso.> borbottò il castano, ma lui era serio.

<Se sei tu, non ti devi preoccupare. Se sono svenuto non hai alcuna colpa e so che sei rispettoso.> affermò il biondo. Ripensò alle parole dell'altro e realizzò qualcosa. Spalancò gli occhi per poi incurvare la labbra in un piccolo sorriso divertito e stupito insieme. Interrogò: <Per caso qualcuno qua è geloso?>

Roberto distolse lo sguardo, torturandosi il labbro inferiore con i denti. Con un broncio quasi infantile rispose a mezza voce: <S-sì... ma non prenderla come una gelosia esagerata! Non è assolutamente così! Mi dà solo un po' fastidio che altri possano vederti in quel modo, quando... non ne hanno il diritto! Io sono il tuo moroso, non loro!>

Bruno trattenne a malapena una risata, ma non poté evitare di sorridere.
<Non ti faccio neanche la domanda, sicuramente non sei mai geloso. Non ne avresti ragione...> borbottò a bassa voce l'ex sabaudo.

Il sorriso del biondo mutò in uno più imbarazzato e ribatté a mezza voce: <Beh, ti devo andare contro, sono geloso. E ho tutte le ragioni del mondo per essere un po' geloso di te, sei stupendo!>
Il piemontese lo fissò sorpreso e balbettò: <S-Sei geloso?! C-Come?>

<Sei fantastico e non voglio qualcuno ti rubi.> affermò il trentino.
<Chi mi dovrebbe rubare? E mica mi farei rubare!> si difese il castano, confuso.
L'ex austriaco borbottò in modo molto confuso un nome, ma ovviamente il più alto non capì e chiese: <Potresti ripetere? Non ho capito.>

Bruno prese un bel respiro e ripeté, a voce chiara: <Carlo.>
Roberto alzò le sopracciglia in shock, ripetutamente sbattendo le palpebre. Infine fissò il fidanzato e chiese, incredulo: <Davvero? Carlo?>

<Sì!> ammise il biondo <E prima che dici che non ha senso, fammi spiegare! Lui con te è decisamente più gentile che con tanti altri. Si complimenta con te con una certa frequenza e quello che dici per lui ha peso... e ti dice pure grazie senza una traccia di sarcasmo e molte più volte che agli altri!>

<Credo che tu sia un po' paranoico... e lo dice un filofobico.> decretò il piemontese.
<Per me è così, quindi non mi fido di lui, non su quel piano. Chissà cosa passa per la sua testa!> si difese il biondo.

Il castano fece spallucce, evitando di fare un'espressione un po' triste. Era stupido, lo sapeva, era egoista, ne era conscio, ma... il fidanzato non si era neppure premurato di chiedergli, anche solo distrattamente, come stesse andando con la sua filofobia.

Aveva già rimosso che per lui, nonostante volesse un'infinità di bene al biondo, era difficile rimanere in una relazione? Si era già scordato che lui aveva paura di essere usato e ferito perché l'eccessivo affetto l'aveva portato a quello? Aveva dimenticato quanto lui avesse paura dell'amore perché si sentiva debole e vulnerabile?

All'improvviso la stanza divenne piccola e le sensazioni ovattate. Roberto si alzò, andò verso la porta e, neanche conscio se l'altro avesse posto la domanda, inventò una scusa su due piedi: <Scusami, ma meglio evitare di passare troppo tempo insieme durante la giornata, no? Inoltre ho del lavoro da finire e avevo promesso a Carlo di aiutarlo con la cena, almeno ad apparecchiare, e ovviamente non me ne posso andare dopo su due piedi. Dirò agli altri che sei sveglio, a dopo!>

E uscì, lasciando Bruno perplesso.
Il piemontese strizzò gli occhi, le mani che sudavano e una voce che gli ripeteva in testa come fosse solo un oggettino con cui trastullarsi e ignorare il resto del mondo.

<No...! Lui non è così.> sussurrò, entrando in camera propria. Fissò la finestra chiusa che, attraverso la magia, gli permetteva di vedere la maggior parte di Torino da una buona visuale. Si avvicinò e premette la mano alla finestra, concentrandosi. L'immagine scivolò via e venne rimpiazzata da una visuale del Palazzo Reale.

Gli occhi divennero tremendamente lucidi e la vista si offuscò.
Nonostante i pianti, nonostante dovesse odiarli, nonostante gli abusi subiti... ancora ci teneva. Ancora pensava a loro con affetto, senza troppo sforzo.

Ebbe paura che la storia si ripetesse e che Bruno lo abbandonasse. Non si sarebbe mai potuto riprendere. E sicuramente, mai l'avrebbe potuto dimenticare.
Singhiozzò contro la finestra, nascosto da tutti fuorché da sé.

N/A: Roberto va a braccetto con le sue insicurezze, quindi sì... paure nonsense a tutto spiano!

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