20. Segni incriminanti sul collo
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Wow, grazie mille gentaglia per tutte queste letture e le stelline e i commenti! Mi riempie di gioia!
E già che ci sono, vi faccio vedere una cosa che quando ho visto mi aveva fatto ridacchiare come un'idiota.
Non riesco a non leggere gay da "gaierhof", sono un'immatura del cazzo.
Poi "emozioni dal Trentino" è il top, Bruno al 100%.
Ok, andando oltre a questa stronzata per cui mi ricordo come mai non sono simpatica, torniamo alla storia!
La mattina dopo, ovviamente, la notizia dell'incendio fu riportata al telegiornale e le regioni del settentrione chiesero al trentino come fossero le sue condizioni.
Bruno rispondeva con calma, affermando fosse totalmente sano, anche se sicuramente non tranquillo, dato che sicuramente avrebbero fatto altri gesti avventati. Era altresì vero che ci aveva pensato solo in quel momento, dato che la serata prima era stato impegnato, dopo l'evento.
Lui e il piemontese si erano baciati per un tempo indefinito, ma comunque troppo corto per i suoi gusti. Sarebbe andato avanti senza stancarsi per tutta la notte, accarezzando i fianchi altrui (costringendosi a non muovere le mani da lì) e divorandogli le labbra.
Ad un certo punto aveva anche fatto entrare in gioco i denti, mordicchiando piano il labbro inferiore altrui, scaturendogli un verso che assolutamente aveva avuto voglia di udire ancora.
E l'aveva rifatto. Ancora e ancora, fino a lasciare il castano con le labbra rosse e gonfie, mentre le proprie erano ancora abbastanza salve, nonostante gli sporadici "morsi" altrui per ricambiargli il favore.
Si erano stesi quando avevano realizzato fosse decisamente tardi e avevano dormito insieme, con il piemontese un po' rannicchiato contro di lui.
Era un coccolone con la c maiuscola.
(E lui adorava questa sua indole.)
Da sotto il tavolo, si diede un pizzicotto sulla coscia per tornare con i piedi per terra. Non poteva pensarci troppo o altrimenti sarebbe rimasto con la voglia di baciare e stringere l'altro fino a sera, diventando un impaziente di prima categoria.
<Beh, l'importante è che tu non vada nel panico totale. Se finisci per buttare all'aria la tua razionalità, addio, possiamo prepararti una bara. Non ne usciresti mai salvo da questa situazione, con tutto quello che ti ritrovo contro.> affermò nel mentre Sofia, sorseggiando il suo caffè.
<Sei di grande conforto, Sofia.> commentò Marie con sarcasmo, per poi leccare sbrigativamente via dall'indice un po' di Nutella fuggitiva.
<Però ha ragione. Bruno ha il compito morale di non perderci la testa, perché altrimenti ci perde tutto il resto.> Carlo sostenne l'emiliana.
<Questo non significa che non si possa usare un po' di tatto.> borbottò Roberto, bevendo il suo latte con Nesquik. Ebbe l'impulso di stringere la mano al biondo, seduto accanto a sé, ma il gesto non sarebbe passato inosservato, quindi affogò il suo istinto nel latte al cioccolato.
<Beh, che ne pensa il diretto interessato?> chiese Aleksander, lavando la tazza usata fuor di noia.
<Per quanto la diplomazia sia gradita, è anche vero che ogni tanto dire le cose come stanno fa bene. Hanno ragione Sofia e Carlo, se impazzisco sono fottuto.> notò Bruno, compiendo nel mentre anche da paciere.
"Ah, non sei già pazzo? Scusa, da quando questa novità?" chiese Hans, stupito.
"Ero stato così bene senza di te per tutte queste ore..." si lamentò Bruno, incupendosi sensibilmente all'esterno, senza accorgersene.
"A fare cose rivoltanti con quella bambolina malata?" domandò il secessionista, il tono chiaramente di scherno.
"Si chiama Roberto, è fantastico e sicuramente non è una bambolina malata!" ribatté il trentino.
"Se, se, malato pervertito. Ora i miei cittadini stanno iniziando a mostrare i denti e pure io. Nessuna pietà, caro mio, questa è una guerra fra me e te." lo sfidò l'altoatesino.
"Ah sì? Che guerra sia, tanto la perderai!" asserì il biondo.
Probabilmente sarebbero andati avanti con il litigio mentale, se una mano sulla spalla non l'avesse riportato nel mondo reale.
<Bruno, stai bene?> chiese il piemontese, preoccupato.
Bruno alzò lo sguardo (quando l'aveva abbassato?) e fissò l'altro, notando la sua palese ansia.
<Ohi, riesci a parlare?> indagò Rosa, accigliata, con un tono leggermente meno crudele del solito.
<Sì, sì... cosa è successo?> domandò il biondo, non capendo.
<Ti sei chiuso e ti sei messo a fissare il tavolo davvero male, pareva volessi fulminarlo!> rispose Aleksander.
<Oh... strano.> commentò il trentino, lasciandosi scappare ad alta voce l'ultima parola.
<Cosa è "strano"?> lo interrogò Sofia.
L'ex germanico non vide motivo per mentire e spiegò: <È strano che non riesca a rimanere neutrale mentre parlo con Hans.>
<Cosa? Quel cretino lì non ti lascia in pace neanche durante la colazione, Dio can?> chiese retorico Giorgio.
"Non sono un cretino, stronzetto con un complesso di Dio!" ribatté Hans inviperito.
Bruno evitò di ruotare gli occhi e asserì: <Non esiste un momento della giornata in cui non c'è la possibilità che mi disturbi. E, per favore, non insultarlo troppo, che le risposte me le sorbisco io.>
<Ah... aspetta, che ha detto su di me?!> domandò il veneto, alzando le sopracciglia in stupore.
"Te lo direi in faccia, se solo potessi farmi vedere!" affermò il sud tirolese.
"Ma non lo farò accadere, muto." impose il trentino, rispondendo: <Oh, non voglio farti incazzare e neppure voglio sentire Hans fare lo stronzetto con gli altri come fa con me.>
<"Stronzetto" è il termine tecnico, vero?> sghignazzò Rosa.
<In mancanza di altri termini corti. Potessi riassumere in una parola il significato di «Du bist wie eine fliege in den arsch», lo farei volentieri.> commento Bruno.
Giorgio aggrottò un attimo le sopracciglia, poi le alzò e infine prese a ridere.
Sofia sbatté ripetutamente le palpebre per poi decretare: <Molto fine, potresti riassumerlo con "cagacazzo" ma forse è impreciso.>
<Che ha detto?> domandò Marie, che ovviamente non ci capiva un'acca di tedesco.
<Ok, ok, se non ho tradotto male qualche parola, ma dubito fortemente di no, ha detto «Sei come una mosca nel buco del culo». Che è simile al nostro «Sei un dito in culo», ma la mosca è decisamente più divertente, anche perché ronza e dà sui nervi già così.> spiegò Giorgio.
Il biondo annuì alle sue parole, finendo di bere il latte ormai tiepido.
<Propongo di introdurla in alternativa al palo o al dito in culo. Comunque sembrava stessi bestemmiando, eh.> affermò Rosa.
<Funziona così. Anche le poesie più dolci, se recitate, possono sembrare insulti e ingiurie per un orecchio poco allenato. O quando senti una storpiatura della storpiatura.> commentò il trentino.
<Che intendi?> chiese Anna.
<Beh, ecco... quando ero ancora una regione di Roderich, periodicamente dovevamo riunirci nella sua villa fuori Vienna, dove stava anche Feliciano, infatti in una di quelle visite l'ho conosciuto, ma tornando all'argomento principale... Ovviamente Roderich, tanto dolce e accomodante qual è, ci costringeva a parlare in austriaco e non nella lingua delle nazioni. Già che l'austriaco è una "variante" del tedesco standard, poi alcuni lo mischiavano con accenti e accezioni locali che rendeva molto difficile capirli. Ascoltandoli distrattamente mi sembrava di sentire qualcuno lanciare maledizioni a chiunque esistesse.> raccontò il biondo, vagamente a disagio nel rimembrare quei periodi.
<Ho ragione io ad aver trovato Austria snob e imperioso fin nelle ossa.> decretò Giorgio.
<Non solo te.> borbottò Carlo.
<Ah, è vero, ci sei stato anche te sotto il suo dominio.> ricordò il veneto.
<Pronto? E io?> domandò retorico Aleksander.
<Tu eri già incluso, ho avuto a che fare con te direttamente varie volte!> si difese l'ex repubblica marinara.
<Come quando ti ho impedito di spaccare il povero tavolo?> chiese ironico il friulano.
<È ora nella zona museo del palazzo e si può intravedere il posto dove ci sbattevo la testa.> ricordò il veneto, facendo ridere l'amico.
<Qua qualcosa mi sfugge.> affermò Roberto.
<Ah, già, non lo sapete. Beh, per capire la questione: Trattato di Campoformio, Venezia ceduta da Napoleone (quel puttano) agli austriaci. Io l'ho presa un pochino-ino-ino male. E quindi sono rimasto a sbattere la testa contro il tavolo in una sala nel palazzo amministrativo per circa una settimana, andandomene solo per la notte.> raccontò Giorgio.
Rosa non si trattenne dal ridere senza freni, Marie, Anna e Roberto ridacchiarono, Aleksander sorrise al ricordo, Sofia e Bruno alzarono le sopracciglia in stupore e Carlo scosse la testa in dissenso.
<Ok, ok, impossibile!> affermò la ligure fra le risate.
<Oh no no, possibilissimo! L'ho visto con i miei occhi! E abbiamo conosciuto Austria così: con lui che sbatteva la testa sul tavolo e io che provavo a farlo ragionare.> aggiunse Aleksander.
<Mi complimento con voi, miglior modo per presentarsi a Roderich di sempre.> decretò Bruno, divertito.
La sua vita poteva anche fare schifo, ma un sorriso in quella casa riuscivano a strapparglielo.
•~-~•
La settimana successiva passò in relativa calma, con solo altre proteste pacifiche davanti il Comune di Bolzano.
Almeno, iniziavano come pacifiche. Quando il sindaco chiedeva ai poliziotti di disperdere i protestanti perché disturbavano la quiete pubblica, qualcuno scattava e tutto degenerava.
E il povero Bruno si ritrovava con mal di testa lancinanti che gli impedivano di ragionare e, alcune volte, perfino di camminare decentemente.
La maggioranza delle volte, per la felicità del suo orgoglio, accadeva quando era casualmente da solo. Una volta era capitato mentre stava camminando per il boschetto non troppo lontano da casa ed era stata un'esperienza poco piacevole.
All'improvviso, fu come essere colpito sulla nuca per venire tramortito, eppure non svenendo, rimanendo soltanto stordito. La terra ondeggiava sotto i suoi piedi e le gambe erano di gelatina. Inciampò nei suoi stessi piedi, cadde così a terra, ma parò un po' la botta mettendo le mani avanti. Per qualche minuto non riuscì ad alzarsi, la mente dilaniata e il corpo troppo debole e troppo poco collaborativo.
Quando il dolore si acquietò, tornando ad un lieve mal di testa, si mise in piedi, si tolse la terra dai vestiti e finì il suo giro, scosso ma determinato a non farlo vedere agli altri.
E no, mentre era ancora nel boschetto, quelle che gli avevano rigato le guance non erano state lacrime.
Oh, chi voleva prendere in giro.
Aveva pianto silenziosamente, stremato e frustrato. Non poteva cedere, non se lo sarebbe permesso e sicuramente non voleva perdere la ragione. Ma in alcuni momenti si chiedeva, sinceramente ponderava, se davvero ne valesse la pena. O se fosse più saggio perdere il senno e distruggersi, pur di non muoversi dalla sua decisione.
Il suo cuore interveniva sempre, ricordandogli che c'era qualcuno per cui avrebbe combattuto pure contro i mulini a vento. Roberto era al suo fianco appena possibile, pronto ad aiutarlo e confortarlo e ricordargli che non era solo.
Se non fosse stato per il piemontese, dove si sarebbe trovato in quel momento?
Beh, sicuramente non sarebbe stato in camera propria, con il piemontese seduto sopra di sé, a baciarsi con la lingua, stringendosi e sfiorando alcune parti del corpo altrui (anche se ancora non andando sotto i vestiti).
Era decisamente meglio di tutte le altre possibilità esistenti.
Si staccarono per riprendere fiato, ammirandosi l'un l'altro.
L'ex sabaudo sorrise leggermente, le carezze all'altro fra i capelli sulla nuca mai interrotte. Aveva un tocco delicato e lento, confortante. Se non fosse che l'altro lo attraeva come faceva, avrebbe potuto perfino rilassarsi.
<Con le palpebre socchiuse i tuoi occhi sembrano ancora più blu.> sussurrò Roberto, aumentando il sorriso e stringendo leggermente la presa delle gambe attorno a lui.
Bruno ricambiò il sorriso, un'ondata di felicità che lo invadeva per il complimento altrui, e affermò: <Invece tu hai un tocco davvero delicato, mi coccoli con così tanta cura che mi stupisce.>
Il piemontese girò la testa un po' di lato, borbottando: <Non è nulla di speciale, anche tu sei delicato.>
Il biondo scosse la testa e ribatté: <Decisamente non come te, brazedèl. Te sei così, delicato, sensibile, ma questo non vuol dire che non sia anche forte o deciso. Tutt'altro. Però non mi puoi negare che mi tocchi in un modo davvero leggero, quasi fossi qualcosa di fragile.>
<Ed è un male?> chiese titubante il più alto, le sopracciglia piegate all'ingiù dall'incertezza.
<Cosa? No no no! Non é assolutamente un male!> rispose il biondo, prendendogli il volto fra le mani e baciandolo dovunque poté per la faccia.
Con un pollice prese ad accarezzargli uno zigomo, l'altra mano andò ai capelli, che prese a giocare ed avvolgersi i naturali riccioli scuri sulle dita.
<Al massimo... ho paura io di non essere abbastanza delicato. Non voglio ferirti in alcun modo...> aggiunse il trentino, il pollice sullo zigomo che prese a scendere, tracciando la mascella e scendendo per il collo, sfiorandolo.
Era anche per quello che non aveva ancora provato nulla di nulla sul collo altrui.
Non voleva fare tutto troppo presto e né ferirlo. Non l'aveva mai fatto e non desiderava affatto far soffrire l'altro mentre provava a dargli solo piacere.
Il piemontese deglutì e il biondo passò con il pollice, piano, sul pomo d'Adamo, muto, ma ammirando.
Roberto non sapeva bene come reagire o che fare.
Era bloccato, ma non per questo in modo negativo: era come sotto effetto di qualche magia ipnotizzante. Essa gli impediva di allontanarsi dall'altro, perché concentrato sul tocco lento e allusivo del pollice altrui, accentuato dalle iridi blu concentrate su di lui, le pupille decisamente dilatate.
Sentiva i peli sulla nuca rizzati ed era decisamente più conscio di sé del normale.
Il trentino lo stava guardando con chiaro desiderio, la voglia era palese... eppure lo stava solo sfiorando, traendo il massimo che poteva da quel piccolo tocco. C'entrava quel discorso sull'essere delicato? Lo vedeva così fragile? O aveva solo timore, come lui, di sbagliare e rovinare tutto?
Di una cosa era certo: quello sguardo lo faceva sentire strano, ma strano bene. Questo perché era l'ex austriaco, non qualcun altro, che lo stava ammirando così. Gli faceva pensare... di essere bello, di valere, di poter essere desiderato con rispetto.
Quel pensiero gli fece battere forte il cuore nell'ansia e nelle aspettative.
E se invece non fosse stato così?
Però voleva scoprirlo, doveva sapere.
Il fidanzato gli dimostrava i suoi sentimenti ogni volta che erano insieme, ma quello sarebbe stato un modo più intimo di provarglielo. Desiderava farlo, era curioso. Voleva appurare che non solo i classici baci sulle labbra possono farti sentire amato e che non era solo una balla.
<Fallo.> lo incitò Roberto in un sussurro.
<Cosa...?> domandò il trentino, bisbigliando, risvegliato così poco dai suoi pensieri.
<Fallo. Stai fissando il mio collo con uno sguardo che lascia poco all'immaginazione. Fa' quel che desideri. Tu lo vuoi e io lo voglio.> affermò il piemontese.
Il biondo percepì il cuore schizzargli in gola e chiese: <Davvero? Non voglio farti male. Non l'ho mai fatto e->
<Se mi facessi male, te lo direi. Se non lo volessi più, ti avvertirei di smettere. Sono conscio del mio corpo, più o meno, e so che non é giusto per nessuno dei due se mi spingo oltre.> ribatté il più alto.
L'ex austriaco annuì.
<Hai campo libero, caro.> asserì il castano, inclinando la testa di lato, esponendo di più un lato del collo.
Bruno tolse il pollice da lì e la mano tornò sul volto altrui, dove lo riprese ad accarezzare. Non perse ulteriore tempo e, con il cuore a mille, prese a baciare la pelle inesplorata, partendo da appena sotto la mascella.
E fu come provare una nuova droga, più potente di quelle fino ad ora provate.
Lo baciò per tutto il collo, scendendo piano e con una sorta di riverenza, quasi glorificando l'altro mentre vogliosamente sfiorava la pelle. Arrivato all'attaccatura con le spalle, sfiorò con il naso la clavicola, lasciandoci un breve bacio prima di risalire, con più voglia di prima, se possibile.
Roberto era attraversato da mille brividi, tremante per le sensazioni nuove che lo stavano avvolgendo. Ogni piccolo bacio era una breve scarica per tutto il corpo, animandolo e portandolo a volere di più, altri baci, per sentirsi così vivo. Tenne il collo teso, le labbra serrate e gli occhi chiusi, cercando di non rendersi ridicolo come solo lui poteva fare. Era conscio di essere decisamente sensibile in vari punti del corpo, per un motivo o per l'altro, ma, misericordia!, mai avrebbe pensato che dei semplici baci avrebbero avuto questo effetto.
Mentre era totalmente perso nella piacevole sensazione, percepì la pelle venire tirata, morsa e leccata. Spalancò gli occhi, le budella contorte in qualche nodo marinaresco complicato, una scarica potente che gli attraversò l'intera schiena. Il fiato gli si bloccò leggermente in gola. Dopo qualche attimo di nulla, il gesto venne ripetuto, in un luogo vicino al primo.
Strinse le gambe attorno il fidanzato, aumentando la presa che aveva fra i capelli e sulla maglietta dell'altro, il fiato ancora mozzato in gola e il corpo scosso.
Il trentino si staccò, spaventato e colpevole, e chiese: <Scusa, non te l'ho chiesto. Non vuoi?>
Il piemontese scosse la testa velocemente, rispondendo fra balbettii: <Lo voglio, lo voglio davvero...! Ero solo preso di sorpresa e... sono molto sensibile sul collo, tutto qui.>.
Prendendo un bel respiro, richiuse gli occhi e mostrò bene il collo ora adornato da due segni leggeri.
<Mi è piaciuto, davvero... mi vergogno solo un po' a mostrare le mie reazioni, quindi principalmente ti stringerò e basta. Se non vorrò qualcosa, te lo dirò. Tu vai tranquillo.> aggiunse, il tono dolce.
Bruno fu rassicurato da quelle parole.
Gli lasciò un bacetto sulla guancia, sussurrando: <Ti amo> e tornò sul collo, mordicchiando e succhiando la pelle con voglia. Adorava già "giocare" con il collo altrui in quel modo, assaporando com'era piacevole percepire quella pelle sotto le sue labbra e la sua lingua e fra i suoi denti, lasciandola più arrossata di prima, quasi ponesse una firma. Continuò con i suoi curati succhiotti fino alla clavicola, dove ritenne fosse più saggio provare ad essere un po' più "deciso", data la zona.
Roberto, quando percepì la pelle sulla clavicola venir morsa e tirata di più che negli altri punti, non riuscì a trattenere una reazione e gemette brevemente.
Arrossì subito dopo al proprio gesto, totalmente imbarazzato.
Al trentino il cuore saltò un battito a registrare quel verso, alzando il volto e osservandolo.
Il piemontese sviò il suo sguardo e sussurrò: <S-Scusa, i-io->
<A me non ha dato fastidio, anzi. Vorrei risentirlo.> affermò il biondo, interrompendo l'altro. Il tono era serio, spinto dalle pulsazioni. Un piccolo brivido l'aveva percorso quando il fidanzato aveva gemuto e nel contempo era stato invaso da una sorta di orgoglio e fierezza.
Gli stava dando piacere. Lui. Lui e nessun altro.
<Davvero...?> domandò Roberto, ancora rosso sulle guance.
Bruno annuì, dimostrando il suo punto abbassando il volto e dando un morso leggermente più forte dove già aveva lasciato dei piccoli succhiotti prima. Fu ripagato da un altro verso strozzato dal più alto, il quale gli scaturì delle sensazioni decisamente piacevoli.
<Sì.> rispose comunque il biondo, senza allontanarsi dal collo altrui.
<A-Allora voglio p-provarci a-a-anche io, d-dopo...> disse risoluto, nonostante i balbettii, il piemontese.
<Non ti devi sforzare.> notò il trentino.
<Voglio provare a darti quello che tu stai dando a me.> asserì il castano.
<Come desideri, brazedèl. Però ora pensa solo a rilassarti e a goderti il momento.> gli consigliò più che impose il più giovane, attaccandosi al collo altrui con le proprie labbra, con più grinta di prima.
Mordicchiò e succhiò con più vigore la pelle già intaccata, lasciando vistosi segni rosso scuro, passando più e più volte anche nei medesimi punti, per sovra stimolare il fidanzato il massimo possibile in quella zona.
Era ripagato per ogni suo succhiotto da un sospiro o un breve gemito di piacere dell'ex sabaudo, che lo stava tenendo stretto a sé come se ne andasse della sua vita, mentre lasciava il collo alla mercé altrui.
Ad un certo punto a Bruno quel lato non gli bastò più e si spostò dall'altra parte del collo con la volontà del piemontese, che inclinò la testa nella direzione opposta, esponendogli la pelle ancora perfettamente intonsa. Il trentino si avventò all'istante sul nuovo spazio ottenuto, partendo in medias res con i succhiotti più decisi.
Roberto gemette dal piacere al primo succhiotto, sussurrando a denti stretti: <Mi stai facendo impazzire.>
<Fra non troppo ricambierai il favore~> gli assicurò il biondo, continuando con i suoi succhiotti, udendo i deliziosi versi del fidanzato. Se avesse potuto, l'avrebbe pregato di muovere di più il bacino contro il suo, per creare più frizione fra i loro corpi. Ma era troppo presto per qualcosa del genere (e non era certo avrebbe avuto il totale controllo di sé).
Si staccò dopo un tempo indefinito, ammirando il volto rosso del più alto, gli occhi socchiusi dal piacere e la bocca leggermente aperta, il collo riempito di segni. Però il piemontese abbassò la testa, gli occhi aperti e intenti a scrutare il fidanzato e chiese a bassa voce: <Posso...?> decisamente timido.
Il trentino inclinò la testa da un lato e, accarezzando i capelli altrui, sussurrò: <Tutto tuo, brazedèl~>
Il castano si avvicinò al collo del più giovane e prese a lasciargli delicati baci per tutto il collo, provando a mordicchiare sperimentalmente la pelle a metà strada al ritorno.
Bruno sorrise ad occhi chiusi, arricciandosi una ciocca castana già riccioluta sul proprio dito, godendosi il piacere che lo attraversava ad ogni succhiotto. Solo il suo piemontese poteva essere così delicato in momenti del genere.
In fretta si ritrovò a sospirare dal piacere per un motivo futile o per l'altro, totalmente preso dalle reazioni nel suo corpo.
Ci mise perfino un po' a realizzare di avere inclinato la testa dall'altro lato, ad un certo punto!
Il castano gli faceva perdere la sensazione del tempo, dello spazio, del perché e del come. Importava solo il chi, loro due, che si amavano in un angolo sperduto dell'universo.
Ma a tutto c'era una fine.
Roberto si staccò dal suo collo e sussurrò: <Mi piacerebbe continuare, ma mi manca baciarti davvero.>
Bruno fu qualche attimo stordito dalla perdita, poi registrò le parole dette dall'altro, prese il volto dell'altro fra le mani e dichiarò: <Possiamo subito rimediare.>
Si baciarono in modo approfondito, le loro lingue che si toccavano continuamente, i loro denti che ogni tanto entravano in gioco, mordendosi un labbro l'un l'altro, con quello che subiva il gesto che ansimava a bassa voce.
Si staccarono solo quando l'aria divenne troppo pesante fra loro due, osservandosi.
Il piemontese fece cadere l'occhio sul collo del più giovane, notando i segni d'un rosso più o meno intenso che adornavano quasi tutto il collo altrui. Una realizzazione lo colpì come un fulmine a ciel sereno.
<E-Ehi...> lo richiamò, la voce tremolante.
<Cosa c'è, brazedèl?> chiese il biondo, preoccupato dal tono altrui.
<Come nasconderemo i segni?> lo interrogò il castano.
La verità colpì anche il trentino con violenza, facendogli spalancare gli occhi nello spavento, realmente realizzando come aveva messo nei casini entrambi. Specialmente l'ex sabaudo, dannazione! Aveva delle chiazze che sfioravano il violaceo, era impossibile che nel giro di una sola notte sarebbero spariti totalmente.
<Non lo so...> ammise l'ex austriaco, colpevole.
Porca puttana, in che merda di casino che erano.
N/A: due coglioni!
Vanno d'accordo per un motivo, in fondo.
Come risolveranno la cosa?
Faranno finta di niente sperando nessuno dica alcunché?
Chiederanno aiuto a Dio?
Proveranno le strategie più stupide al mondo per nascondere i segni?
Lo scoprirete al prossimo aggiornamento!
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