2. Colazione turbolenta

"Tutta colpa tua!" lo incolpò Bruno, tenendosi appoggiato al muro, respirando lentamente, gli occhi lucidi dal dolore causato dalla fitta lancinante al petto.
"Io non sto facendo nulla. I miei cittadini ti stanno solo provando a far capire la verità dei fatti che tu vuoi negare. Vogliono l'indipendenza, concedigliela. Concedimela!"  lo spronò Hans, con enfasi.

"Se tutti facessimo come dici tu, saremmo già un po' tutti per i cazzi nostri da tempo. Si stancheranno in fretta e io potrò smettere di stare così male." ribatté il biondo.

"Però, non è mica da qualche giorno che stai peggiorando? E per quanto pensi riuscirai ad evitare alla notizia di andare sui telegiornali nazionali? Non è stato un miracolo che il tuo capo e la polizia postale abbiano creduto alla tua balla del 'destabilizzare l'Italia' e siano riusciti a cancellare le riprese dei momenti salienti dal web prima che diventassero virali?"  domandò retorico l'altoatesino, sicuramente ghignante dal tono gongolante utilizzato.

"Non mi interessa, piuttosto mi rinchiudo in camera mia, se è l'unico modo per non far vedere che sto male. Io a te non la darò mai vinta." asserì la regione con sicurezza, ora ripresosi.
Uscì dalla camera e scese giù per le scale silenzioso, passandosi una mano fra i capelli per ordinarli, ma senza successo. Le ciocche rimasero allegramente scompigliate, solo il gel poteva metterle in ordine. Si consolò con il pensiero che gli altri erano ancora mezzi assonnati e disfatti, eccezion fatta forse per uno o due soggetti.

Arrivò in cucina, accolto da un buon profumo e da un leggero brusio, causato in parte dalla televisione e in altra parte da chi stava parlando.

<C'è la marmellata ai frutti di bosco?> domandò Anna ad Aleksander.
<La stavo cercando, sono sicuro c'era fino a ieri. Dove si è cacciata, porca Mad-oh, eccola qui.> si interruppe il friulano nella bestemmia, prendendo il vasetto e chiudendo il frigorifero.

<Ben arrivato.> lo salutò come se nulla fosse Roberto, concentrato ai fornelli a versare dischi di pastella omogenei in due padelle.
<Comunque, sono un decente pagamento per il tempo di sonno perso... però una sola colazione con i pancake non basta per tutte le ore sommate perse di sonno!> affermò Giorgio, seduto a mangiare i primi pancake fatti, con chiaro gusto.

<Potresti farli una volta al mese od ogni due mesi. E se ti servisse una mano, mi propongo volontaria le prossime volte, almeno mi sveglio per bene.> suggerì la romagnola, sfregandosi un occhio.

<Oh, sarebbe una bella idea! Anche perché sembrano buoni da vedere... e da come se li sta spazzolando lui.> commentò Aleksander, indicando il veneto che gli lanciò una mezza occhiata.
<I tuoi due te li sei già ingurgitati?> chiese Marie a Rosa.

<Ovvio! Sono piccolini, io sto aspettando i restanti da gustarmi con il caffè.> rispose la ligure, mescolando il caffè nella tazzina.
<Perché accontentarsi di una tazza?> domandò con un velo di ironia Sofia, che stava per versarsi la seconda tazza di caffè della mattina.

<Regolati un po'.> la ammonì Carlo, ruotando gli occhi, mentre finalmente aveva trovato il barattolo di miele che cercava in un mobiletto basso.

<Ma il caffè mi sveglia e mi evita di essere incazzata con il mondo.> si lamentò l'emiliana, andandosi a sedere vicino alla sorella, poggiando la testa sulla sua spalla.
La romagnola le accarezzò i capelli con dolcezza e commentò: <Non più di due a colazione, ok? Altrimenti sgarri anche il resto della giornata e alla sera una camomilla non ti fa nulla.>
L'occhialuta mugugnò in assenso.

<Rosa, portami il tuo piatto così ti do i tuoi rimanenti. Chi c'era dopo?> domandò Roberto, mettendo dei pancake dorati in un piatto.
<Io!> affermò Marie, mentre la ligure si prese il proprio piatto per farsi versare i restanti pancake e porgendo alla giovane regione il suo già riempito della dolce colazione dal piemontese.

<Merci!> ringraziò la valdostana, spalmando sopra i pancake un po' di Nutella.

<Non parlarmi più in francese.> la minacciò la ligure, per poi gustarsi il terzo pancake, un sorrisetto soddisfatto sulle sue labbra.
La più piccola borbottò contrariata, calmandosi sensibilmente assaggiando la colazione.

<Tranquilli voi altri, ora con due padelle faccio in fretta.> rassicurò Roberto dopo qualche minuto, girando i pancake nelle padelle.
<Io non ho nessun problema ad aspettare un po', se sono buoni come dimostrano le facce di chi li sta mangiando.> decretò Carlo, appoggiato al piano di lavoro, vicino il piemontese.

<Una qualità che non ti si può togliere sicuramente è quella di saper cucinare i dolci.> notò Bruno, seduto al tavolo dopo essersi versato una tazza di caffè.
<Chiunque può essere bravo con un po' di pratica, suvvia.> ribatté in un mezzo borbottio Roberto, impiattando i pancake appena pronti.

<Oh, finalmente!> esclama Aleksander, prendendo i due piatti, mettendone uno al proprio posto e uno a quello di Sofia, che ringrazia in un borbottio assonnato e si rimette dritta.

Mentre in televisione inizia il telegiornale, ovviamente con la lunga lista degli ingorghi sulle varie autostrade italiane, Roberto riesce a fare i pancake per la romagnola e il lombardo, mancando quindi solo per sé e il trentino.
<Ultimo giro!> commentò l'ex sabaudo <E dopo questo, c'è da lavare.>

<Quello lo posso fare anche io, tanto ci sono anche le tazze, la moka e i piatti da pulire. Goditi i pancake finché sono caldi.> lo invitò a fare Carlo, tagliandosi un altro pezzo della dolce colazione <Sono davvero buoni, posso sinceramente dire "complimenti allo chef".> e si mangiò un altro boccone.

<Se sei sicuro tu...> ribatté a mezza voce il piemontese, girando i pancake appena spuntarono le bollicine.
<Sicurissimo.> decretò il lombardo.

Bruno si pietrificò, notando gli occhi di Roberto brillare di tenerezza e riascoltando in testa il tono quasi dolce di Carlo (almeno, rispetto i suoi standard). Serrò le mani a pugno sulle ginocchia, sotto il tavolo, cercando di non fulminare con lo sguardo il lombardo.

Cosa si era perso?
Da quando in qua Carlo Vargas, fra tutti quelli presenti in quella casa, si comportava in modo dolce con Roberto?!
Qual era il suo obiettivo?
Mera cortesia... o qualcosa di più?

Un maligno mostro verde gli sussurrò all'orecchio congetture e speculazioni anche assurde, ma incantato da quella creatura astuta il biondo vi credette all'istante. Si sentì carico di ira e sconforto insieme. Aveva già infime possibilità che il piemontese potesse ricambiare i suoi sentimenti, ora si ritrovava persino in competizione con un altro con sicuramente più possibilità di lui?!

"Si conoscono da più tempo, Carlo comunque non parla mai direttamente male di Roberto, anzi, alcune volte, è vero, gli fa anche dei mezzi complimenti a cui lui arrossisce o fa quella tenerissima faccia-. Ma allora perché Roberto mi ha detto quelle cose mentre eravamo di sopra? Che sia solo per gentilezza...? Eppure pareva così sincero..." pensò Bruno, incupendosi sempre di più in volto.

<Ecco a te.> disse Roberto, appoggiando il piatto di pancake davanti il trentino e sedendosi vicino a lui. Il biondo sbatté velocemente gli occhi per ritornare con la testa a terra e guardò il castano.

<Sicuro di stare bene?> gli chiese il castano, avvicinando leggermente il volto a quello dell'altro. Bruno resistette all'impulso di fissargli palesemente le labbra mentre l'altro proseguì: <Avevi una faccia arrabbiata e sembrava volessi incenerire il tavolo.>

<Tranquillo, solo un po' stanco. Di sicuro i tuoi pancake mi daranno l'energia necessaria per non sembrare un morto.> ironizzò il trentino, assaggiando i pancake. Un dolce sapore gli invase la lingua e, per qualche istante, l'amarezza e la gelosia sparirono.

Gli pareva quasi di percepire, come un vago retrogusto, la cura con cui erano stati fatti.
Guardando Roberto, asserì: <Oltre alle energie, mi danno anche il buon umore.>

Il piemontese lo osservò con stupore e, volgendo lo sguardo al proprio piatto, borbottò qualcosa che il suo interlocutore non comprese.
Ma Bruno vide chiaramente il piccolo sorriso che spuntò sulle labbra dell'altro, mentre gli occhi si illuminavano. Nascondendolo mentre masticava, il biondo sorrise di riflesso.

L'unico pensiero che gli attraversava la mente era la certezza che il castano teneva a lui, non sapeva in che "quantità", ma quello era secondario. A quel punto, la bestia verde dovette arretrare e staccarsi dall'ex austriaco, di nuovo invaso dal solito bruciante sentimento.

Ma qualcosa dovette andare storto.

<<E ora passiamo alle notizie del giorno.>> asserì la telegiornalista.
<Alla buon'ora, vorrei sapere se oggi mi devo incazzare o meno, eh.> commentò Giorgio, per poi papparsi l'ultimo pezzetto della colazione.

<Se non sei stato male, non vedo che cosa potrebbe essere accaduto.> notò Sofia.
<Per fortuna che ancora non ricevo il mal di testa per tutte le cazzate che emana il mio capo!> ribatté il veneto, ricevendo un cenno in assenso dall'emiliana.

<<Da oltre una settimana si stanno svolgendo proteste in tutto l'Alto Adige per chiedere la secessione e l'indipendenza dall'Italia e riannettersi al territorio austriaco.>> iniziò la conduttrice, attirando l'attenzione delle regioni a tavola, eccezion fatta per Bruno, che si congelò.

Come cazzo era potuto accadere?

"Caro il mio Bruno, le bugie hanno le gambe corte." commentò nella sua mente Hans con un tono fintamente dolce, malamente celando il suo divertimento.

<<Riceviamo solo ora notizia della loro esistenza, oltre che della loro violenza e travolgenza, grazie a vari video pubblicati sui social e fatti circolare da membri delle proteste e da astanti. Tali video risulterebbero essere sfuggiti al controllo della polizia postale, che cancellava qualsiasi post o video a riguardo, come viene affermato e dimostrato in uno dei più famosi video circolati ieri notte. Eccolo qua.>> illustrò la signora, per poi venire rimpiazzata sullo schermo dal suddetto video.

Il biondo si sentì avvampare dalla vergogna, mentre l'uomo nel rudimentale video spiegava chiaramente la situazione e le contromisure prese dall'organo statale. Nonostante l'accento fosse molto forte, le parole arrivarono forti e chiare nella cucina delle regioni italiane.

Il trentino tenne la vista fissa sul tavolo, anche se ciò non eliminava gli sguardi delle altre regioni, brucianti come ferro bollente sulla sua pelle, mentre il servizio continuava.

<<Durante questa settimana sono state svolte varie proteste in cui i partecipanti hanno reagito con violenza ai vari tentativi della polizia di disperderli e alcuni si sono spinti a danneggiare proprietà e negozi di residenti nella provincia di Trento, come è accaduto due giorni fa in varie località della Val di Sole e in zone di confine fra le due province autonome.>> illustrò la telegiornalista, mentre sullo schermo in piccolo accanto a lei venivano mostrate immagini di case e negozi vandalizzati con scritte (in tedesco o dialetto) e parti distrutte.

Spinto da qualche istinto masochista, Bruno si era costretto ad alzare il volto e osservare il notiziario, ancora ignorando gli sguardi degli altri, mentre le sue guance erano ancora incendiate dalla vergogna e da un miscuglio fra rabbia e frustrazione.

La donna fece una faccia sorpresa, aguzzando la vista per concentrarsi e premendosi due dita contro l'orecchio, giusto per qualche breve istante. Il suo volto tornò neutrale, quasi imperturbabile, e aggiunse: <<É appena arrivata la notizia che proprio questa mattina, neanche un'ora fa, sono state commesse altre opere di vandalismo in Val di Fiemme, territorio quasi totalmente appartenente alla provincia di Trento, in cui sono state rovinate strade, oltre che edifici. Le foto sono state subito pubblicate e circolate, appena i cittadini si sono resi conto che le notizie non venivano più bloccate.>>

Accanto la giornalista apparvero ancora altre immagini dei nuovi vandalismi, mentre nello stomaco di Bruno si posò un pesante macigno. Ecco qual era la specifica causa della tosse di quella mattina; la sua bugia era stata smascherata. Temeva il confronto, che arrivò all'istante.

<<E ora passiamo a->> iniziò la giornalista, ma in quella stanza non si seppe mai la notizia successiva perché Giorgio prontamente abbassò il volume della televisione.

<Quattro parole: che cazzo sta succedendo?!> esclamò Rosa, l'espressione genuinamente scioccata.
<Mi aggrego, che casino si è creato?!> chiese retorico Aleksander.

<Credo che qua qualcuno ci debba delle spiegazioni, dato che questo qualcuno ha provato a nascondere le prove di un avvenimento di una certa rilevanza anche a livello nazionale, nella mia opinione.> asserì Carlo con gelida calma, guardando Bruno con durezza.

<Quindi non era uno smottamento il motivo della tua tosse di prima.> notò Marie con tono accusatorio.
<Perché hai voluto tenere tutto nascosto...?> domandò a mezza voce Roberto, fissando il biondo con sguardo preoccupato.

Aleksander sbatté una mano sul tavolo con violenza, silenziando con successo gli altri.
<Zitti! Se lo tempestate così di sicuro non parlerà mai!> affermò Sofia, colei che aveva chiesto al friulano di compiere il gesto.

Anna si alzò dal proprio posto e, forte dell'intimità che la legava al biondo, si avvicinò a lui e gli prese con delicatezza le mani nelle proprie. Le mani della romagnola erano calde e confortanti e il suo sguardo non era accusatorio.

<Ti vogliamo solo aiutare e ci ha ferito saperlo dal telegiornale. Ci sei di mezzo te; la tua salute fisica e pure quella mentale.> asserì la ragazza a mezza voce, accarezzandogli con il pollice il dorso della mano, inginocchiandosi per poterlo vedere in volto.

Bruno si lasciò confortare da quella carezza, ma non alzò il volto da chino quale era e tentò di evitare lo sguardo dell'altra. Però si decise a parlare, quasi farfugliando: <Pensavo di risolvere tutto da me, non è la prima volta che chiedono l'indipendenza, neanche la prima volta che lo fanno così violentemente, ma mi sono spaventato.>

<Di cosa hai avuto paura?> domandò Anna, senza spostarsi dalla scomoda posizione.

A quel quesito il trentino non rispose. Come poteva spiegarsi, quando il suo terrore era ricondotto a qualcuno di cui gli altri non potevano e non dovevano essere a conoscenza?
L'avrebbero dato per pazzo.

<Bruno, per favore. Non chiuderti.> lo supplicò la romagnola.
Lo stridio di una sedia risuonò per la stanza e la voce di Roberto propose con tono freddo: <Anna, siediti pure al mio posto, sarà scomodo stare inginocchiata.>

<Oh, grazie.> rispose un po' colta di sorpresa la romagnola, tirandosi la sedia vicino e sedendosi su di essa, senza mai rompere definitivamente il contatto con le mani del biondo.

<Di nulla, andremo avanti per le lunghe. Ha nascosto tutto questo per una settimana, vuoi che si metta a parlare ora? Mentirà a cuore leggero, lo sa fare così bene.> sussurrò il piemontese con disprezzo. A quel tono il trentino non resistette all'impulso di alzare la testa, solo per osservare Roberto con una faccia contratta in un'algida amarezza, mentre si appoggiava al tavolo vicino a Carlo.

Qualcosa dentro di Bruno fu stretto in una morsa straziante prima di venire distrutto in microscopici pezzi. Gli occhi presero a pizzicare, la gamba sinistra tremava, lo stomaco si ripiegava su se stesso, le mani si chiusero a pugno e una sensazione di oppressione lo circondò. Sopraffatto dalle proprie emozioni, un solo pensiero gli attraversò la mente: 'Fuggi'.

Scostò le mani da quelle della romagnola, improvvisamente brucianti come mille fuochi. Scattò in piedi, facendo rovesciare la sedia sulla quale era seduto con un gran fracasso.

<Ohi, dacci una risposta!> esclamò Giorgio, quasi in avvertimento, a metà fra l'arrabbiato e il confuso.
<C'è un altro attacco?> domandò Rosa, aggrottando le sopracciglia.

Il trentino prese a respirare in modo affannato e tremolante; si sentiva sul punto di crollare definitivamente.

<Parla.> lo esortò Anna, alzandosi, e provando a ristabilire un contatto fisico con il biondo. Questi arretrò di qualche passo su gambe incerte, per poi dare ascolto al suo istinto, girandosi e correndo via, lontano dalla cucina, su per le scale fino in camera propria.

Una volta arrivato, chiuse con violenza la porta a chiave e si buttò sul letto, raggomitolandosi sotto le coperte e singhiozzando disperato. Aveva perso tutto, ora era solo una mina pericolosa e un gran bugiardo, qualcuno di cui non potersi fidare perché minacciava tutta l'Italia, se le idee e il modus operandi si fossero diffusi in altre regioni.

E Roberto ora lo odiava, non aveva più valore per lui, era solo un bugiardo.

"Hai ancora qualcosa a tenerti attaccato a questa nazione, Bruno caro?" domandò Hans, sussurrando con falsa dolcezza.




N/A: punto 1, qualcuno faccia un corso sulla gestione della gelosia a Bruno, perché per essere geloso di Carlo ci vuole di abilità!
Ah, l'amore, cosa non fa fare!

Punto 2... e niente. È una mia storia. Datemi tempo 3 secondi e fracasso tutto quello che esiste.

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