14. Azioni prorompenti
N/A: capitolo lunghetto, giusto per avvisare.
E boh, lasciate sempre le stelline, perché aiutano la storia a farsi vedere in page, forse, pure sui profili di chi è fan di Hetalia ma non ha ancora avuto il disagio di conoscere i miei ocs.
E perché almeno se ci sono 6 voti si può pensare che oltre 1k commenti a botta siano distribuiti un po' meglio.
Angela applaudì educatamente alla fine dell'esecuzione, commentando: <È stata una stupenda esecuzione, nessun dubbio o errore.>
<Grazie, il periodico esercizio dà i suoi frutti.> rispose Bruno, raccogliendo i fogli dello spartito con una graffetta e cercandone un altro che gli interessasse nel plico di fogli tenuti insieme con lo stesso fermacarte di metallo.
<Ogni quanto ti alleni?> chiese l'umbra, seduta a gambe incrociate in fondo al letto del trentino.
Questi, trovando un'altra opera interessante, prese lo spartito, dispose i fogli sul leggio e spiegò: <Dipende anche un po' dal tempo. Cerco di fare un allenamento intensivo ogni due settimane massimo. Ma in questi giorni mi sono ritrovato a suonare varie sere di seguito, perfino. Volevo staccare la testa e suonare aiuta decisamente.>
<Strano che nessuno si sia lamentato.> notò la ragazza.
<Beh, ci tengo a tenermi allenato non solo per passione personale. Anche perché io utilizzo questo per praticare la magia, il modo in cui preferisco combattere. Quindi creo una barriera anti-suono e poi inizio a provare: io sento, ma chiunque all'esterno della stanza no.> specificò Bruno.
<Interessante. So che incanalare la magia in uno strumento o mezzo qualsiasi può essere molto utile, ma fino ad ora non sapevo di gente che usava uno strumento musicale.> ammise Angela.
<Un pifferaio magico, ma più potente.> commentò Anna, seduta contro la testiera del letto, scrivendo impegnata sul cellulare.
<Pensa al tuo poema.> gli consigliò gentilmente Domenico, seduto alla scrivania del settentrionale, scrivendo sul suo taccuino.
Il quartetto si era riunito con la scusa del loro circoletto di poesia, in cui Bruno si era aggiunto come commentatore e intrattenitore musicale dopo una pura casualità.
La verità era che tutti e tre volevano tenergli compagnia, avendo ovviamente notato quanto fosse giù di corda.
<Dai, Bruno, suona qualcos'altro di ispirante come quel brano di prima!> lo incitò Anna, cercando di trovare una rima decente.
<Beh, io scelgo tenendo in mente vi possa piacere. Questo ha un ritmo un po' più lento, ma… conciliante, suppongo. Più che altro, spero.> ammise il trentino.
<Sarà una composizione eccellente, se è nella tua raccolta. Tè?> lodò e offrì Angela, porgendogli il thermos in cui avevano messo la bevanda per tenerla in caldo.
<D'accordo.> asserì Bruno, prendendo la propria tazza appoggiata sul comodino.
L'umbra gli versò il poco tè rimasto, finendolo.
Bruno sorseggiò la bevanda, poggiandosi all'armadio e chiudendo qualche attimo gli occhi. Un po' di pace, ogni tanto, la poteva avere pure lui, no?
Le altre tre regioni nella stanza si guardarono e, con un cenno, si diedero un segnale d'intesa.
Angela chiese: <Come stai in questi giorni, Bruno?>
Il trentino aprì gli occhi e guardò la ragazza, aggrottando le sopracciglia. Voleva fargli l'interrogatorio? Dalle occhiate che si stavano lanciando gli altri due, probabilmente sì.
Finì di bere e sospirò, rimettendo la tazza sul comodino, e guardandoli.
<Cosa volete sapere?> domandò il biondo, incrociando le braccia, sulla difensiva.
<Ci interessa sinceramente il tuo benessere. Sei nostro amico e si vede lontano un miglio che stai male.> affermò Domenico.
Anna picchiettò il materasso accanto a sé, incoraggiandolo a sedersi lì. Bruno prima ripose il flauto, appoggiato temporaneamente sulla parte inferiore del leggio, nella sua custodia e riordinando lo spartito nella graffetta. Appuntandosi mentalmente di rimettere lo spartito con gli altri e di smontare il leggio dopo, andò finalmente a sedersi accanto la settentrionale.
<Cosa succede?> chiese la romagnola, poggiando una mano sulla sua spalla.
<È… tutta la situazione difficile. Lo sapete, lo vedete. Spero almeno di essere d'intrattenimento, nelle mie tragedie.> commentò il trentino, tenendo chiusi gli occhi.
<É una scena abbastanza triste. Sai, sei nostro amico e non è piacevole vederti stare male, fisicamente o emotivamente che sia.> ribatté Domenico.
<Si nota tanto, mh?> chiese con un minimo di sconforto Bruno.
<Difficile non vedere un cambiamento fra voi due.> rispose Angela.
Il trentino si morse il labbro inferiore, frustrato. La romagnola gli circondò le spalle con un braccio e lo tenne stretto a sé, accarezzandolo dove riusciva per la posizione della mano.
<Ed è altrettanto difficile non vedere quanto ci stai male. Ma cosa è successo? Ce lo puoi dire?> indagò Anna.
<A saperlo!> rispose il biondo, con un minimo di esasperazione.
<Vuoi dire che non avete in alcun modo litigato?> chiese Angela, alzando un sopracciglio in stupore.
<Esattamente. Ha smesso di parlarmi e basta, così, d'un tratto, senza senso! Non capisco cosa potrei aver fatto per offenderlo o-… non lo so.> spiegò Bruno.
<Quando hai iniziato a vedere un cambiamento?> domandò Domenico, sperando di arrivare alla radice del problema. Non era piacevole vedere un amico così giù di corda, specialmente uno così tendente all'introversione come il settentrionale.
<La sera del giorno che sono stato posseduto. Non so, ho supposto che Hans gli abbia detto qualche cattiveria spacciandogliela come verità, ma ogni volta che glielo chiedo sostiene non abbia detto nulla del genere. Se davvero è sincero, non saprei che pesci pigliare. Se mente, non saprei come avere la verità da lui o da Roberto.> Bruno raccontò la sua teoria, stringendo una mano a pugno dalla frustrazione.
<Io ero in soggiorno e sinceramente quell'essere non ha detto nulla di troppo specifico nei suoi confronti, se non che non era un idiota come lui pensava fosse. Non c'entravi nulla. Ma non so se prima di essere sbattuto al muro, abbia detto a Roberto qualcos'altro.> spiegò l'abruzzese.
<Personalmente, trovo quasi impossibile abbia detto qualcosa di crudele prima. D'altronde, stava fingendo di essere Bruno, non poteva mettersi ad insultarlo.> obiettò Angela.
<Quindi ha davvero deciso così, perché gli girava, di ignorarti?! Non ci credo!> esclamò Anna.
<Ed eppure è così.> sospirò il trentino.
La romagnola lo abbracciò più propriamente e gli diede un bacetto in fronte, ammonendolo: <Non é colpa tua e non pensarlo mai, ok?>
<Mh.> fu la grande risposta di Bruno.
<Se fa così, non è un vero amico. Non merita che tu soffra per questo suo distanziamento quando, punto uno, non ha motivazione logica di esistere e, punto due, non te lo vuole neppure spiegare. Taglia i rapporti, questo è il mio spassionato consiglio.> affermò Angela, seria.
<Angela, mi sembra un po' esagerato e affrettato! Sono amici da molto tempo e Roberto generalmente non è uno stronzo, per quanto ho constatato in oltre due secoli di conoscenza. Deve esserci una qualche motivazione.> notò Domenico, molto meno drastico dell'amica.
<Questo non significa che non si possa cambiare. E finché la situazione rimane questa, consiglio a Bruno almeno di accantonare l'amicizia che ha con Roberto, e con ciò i sentimenti che prova per lui, per il suo bene.> ribatté l'umbra.
Bruno fissò le proprie gambe, il cuore stilettato ogni volta che compiva un battito.
Accantonare il suo amore per Roberto?
Era decisamente più facile fare una corsa fino alla Luna e ritorno.
Non sarebbe mai stato capace di togliersi quei sentimenti per il piemontese, neanche se questi l'avesse odiato. Era troppo invischiato per lasciarlo andare così facilmente.
Era molto incline all'idea di Domenico: voleva dargli ancora tempo e speranza. Ne valeva la pena, per lui. Ne sarebbe sempre valsa la pena.
<Non so se posso riuscirci… è stato il primo amico che mi sono fatto qui. Non è qualcuno di semplice da accantonare.> commentò Bruno.
<Devi provarci, almeno per il tuo bene. Non ti voglio veder soffrire così per qualcuno che si sta comportando come un bambino.> affermò Anna, accarezzandogli una spalla.
<Non è un bambino.> borbottò il trentino, fissando sempre le proprie gambe.
<E ci posso anche provare, ma questo non significa ci possa riuscire. Ho un profondo legame con lui, ci tengo, e non capisco cosa gli sia successo. Ma non voglio smettere di provarci, fino a quando non ci ho provato davvero fino in fondo.> aggiunse con serietà, guardando l'amica negli occhi.
La romagnola lo fissò per lunghi secondi, notando la serietà dell'ex austriaco.
Ci teneva davvero tanto a Roberto, tantissimo. Ergo, stava soffrendo moltissimo per il comportamento inspiegabile del piemontese.
Lei non poteva sopportare simile ingiustizia, non quando la subiva qualcuno a lei caro come il biondo, con cui condivideva certe confidenze e un bel legame, tutto sommato.
Non sarebbe rimasta con le mani in mano.
Sorrise dolcemente a Bruno e disse: <D'accordo, fa' come vuoi. È la tua vita e nessuno di noi tre ti può controllare, bensì consigliare. La decisione ultima spetta a te. Ti chiedo solo, cerca di fare il meglio per te.>
"Difficile a dirsi, quando ami qualcuno non vuoi stargli lontano. E sicuramente non puoi scordare tutto quello che provi in uno schiocco. E neppure vuoi farlo. Soffrirò e basta, è il mio destino." pensò il trentino, che però annuì.
•~-~•
Quella sera, dopo mangiato, Anna non perse tempo. Determinata e con una stizza a malapena contenuta, marciò fino alla camera da letto di una certa regione e bussò.
Questa, all'interno della stanza, impegnata a mettere in ordine la scrivania (che si era accorta essere in disordine), senza rifletterci disse: <Avanti.>
Roberto non si aspettò di certo di vedere entrare a passi pesanti la romagnola, chiudendosi dietro la porta e indicandolo.
<Ora io e te dobbiamo parlare.> asserì ella, puntandogli il dito contro.
Il piemontese si sentì in un déjà-vu. Stava rivivendo la scena del pomeriggio precedente, ma con qualcun'altra al posto di Rita?
Dio, non sapeva se sarebbe stato psicologicamente pronto.
Era certo su cosa, o per meglio dire chi, sarebbe verso l'argomento: Bruno.
Si era promesso di fare meglio, sì, ma… dopo quel sogno non ce l'aveva fatta.
Quando osservava il trentino ripensava solo al sogno e voleva scavarsi una fossa dalla vergogna.
E si sentiva più determinato a strappare i propri sentimenti dal petto, anche se proprio non ci riusciva, che frustrazione!
Era in una spinosa situazione e non ne poteva parlare con nessuno. L'unica opzione era davvero solo tenere il gioco.
Doveva farcela.
<Di cosa?> chiese candidamente Roberto.
<Oh, non fare il finto tonto. Lo sai benissimo. Perché stai evitando Bruno?> indagò Anna, avvicinandosi a lui e poggiando una mano, sicura, sulla scrivania altrui, vicino a dove questi stava mettendo in ordine.
<Non lo sto evitando.> persistette il piemontese, la voce ferma e sicura.
Attorno a gente con cui non aveva eccessiva confidenza, ancora era abile a tenere su una maschera e recitare quel che volesse. Meno male, non era totalmente vulnerabile.
(Anche se, a pensarci bene, la sua vulnerabilità attorno Bruno mai l’aveva spaventato; al più stupito e confuso. Solo ora lo terrorizzava.)
<Vallo a raccontare ad un cretino, ma non a me. Lo vedo. Lo hanno visto tutti in casa, è palese!> affermò la romagnola, indicando vagamente con la mano la porta.
<Se fosse palese, credo avrei sicuramente sentito qualche commento, come è capitato un’altra infinità di volte quando due di noi bisticciano.> notò Roberto, con tono convinto, anche se neppure lui credeva assolutamente nelle proprie parole.
<I commenti li facciamo tutti, ma in testa, perchè questo non è un semplice battibecco fra due di noi che sempre si comportano così, in un tira e molla, e quindi viene naturale scherzare. Questo è un litigio fra due persone che sono molto affiatate e poco bellicose. E mai, in oltre un secolo che vi ho visto amici, vi ho visto litigare.> ribatté Anna, seria e determinata.
L’ex sabaudo non ebbe, all’istante, una risposta pronta.
Era assolutamente vero.
Erano sempre stati amici, non avevano mai avuto occasione di litigio, neanche in momenti più critici per il Paese. Riuscivano, in qualche modo, a trovare un punto d’incontro in modo pacifico, anche quando le loro idee divergevano.
Ed eccome se divergevano, alcune volte.
La coppia idealista-realista e pessimista non era delle migliori. Ma, in qualche modo, venivano sempre ad un accordo.
Un po’ del suo idealismo riusciva ad insinuarsi nel pessimismo del biondo e viceversa. L’aveva sempre trovata una fortuna.
Erano sempre stati molto uniti e con un’intesa straordinaria.
Forse già vari decenni prima lui provava un germoglio di quell’orribile sentimento chiamato amore, il quale lo aveva legato indissolubilmente a Bruno?
Non sapeva più che pensare, non conosceva come definire il legame che anche prima della sua realizzazione lo collegava al trentino.
Ma una cosa era palese: era stato sempre profondo e sincero, anche agli occhi degli altri in casa.
Davvero, si sarebbe dovuti essere ciechi, sordi e idioti per non vederlo e non accorgersi del suo cambiamento radicale.
<Chi tace acconsente.> ricordò Anna, il tono fermo, le braccia incrociate.
<C’è un motivo.> ammise Roberto. Ma non sarebbe andato oltre, non con lei. Non lo conosceva, non avrebbe mai potuto comprendere come Rita ci riusciva.
(Anche se pure con lei aveva mentito, almeno in parte… ma cos’altro avrebbe dovuto fare? Ammettere di avere quel tipo di sentimenti nei confronti di un loro fratello?!)
<Ah sì? Quale, dato che Bruno non ha la più pallida idea del perchè, tutto d’un tratto, hai deciso di ignorarlo e farlo stare male. E farti stare male. Perchè non sono scema, si nota che non ti piace farlo. Eppure lo fai!> illustrò la romagnola.
Il piemontese si morse l’interno guancia, lanciandosi maledizioni per essersi mostrato vulnerabile.
Però in quei momenti era attorno al trentino, che faceva soffrire, ferendosi a sua volta.
Tutto per via dei sentimenti errati che avevano messo radice nel suo petto e mente.
Quanto si odiava.
Non desiderava altro che abbracciare e stringere Bruno, supplicando il suo perdono per l’enorme cazzata commessa. Pregava nella misericordia del biondo.
<Io…> Roberto si bloccò, vietandosi di dire altro, anche se i sensi di colpa lo stavano attanagliando nella pancia.
<Tu? Tu potresti avere la decenza di parlargli e di dirgli cosa ha sbagliato! Cosa mai ha fatto per offenderti e che tu ti rifiuti di dirgli. Ti perdonerebbe seduta stante, vedendo quanto ci sta male per te, anche se non dovrebbe!> gli rimproverò Anna.
Il piemontese spalancò leggermente gli occhi.
Quanto stava soffrendo Bruno, senza che lo sapesse? Dio, sicuramente quello stronzo che gli viveva in testa non lo aiutava a stare meglio.
Era avvezzo all’essere attaccato anche dentro la propria testa. Ma, nel suo caso, era una battaglia contro se stesso. Il trentino combatteva contro un’altra entità che voleva solo distruggerlo.
E lui stava aiutando nel processo di far crollare, almeno emotivamente, il biondo.
Dov’era il suo trofeo per peggior amico e persona esistente nell'universo?
Anche le parole di Rita gli tornarono in mente.
Non poteva più evitarlo, lo stava distruggendo e si stava ferendo da solo.
Come aveva iniziato quell’idiozia, ci avrebbe dato pure un taglio.
Chissene fotte dell’imbarazzo o della vergogna, Bruno era troppo importante per perderlo per via dei propri stupidi sentimenti. Gli avrebbe dato una spiegazione simile a quella di Rita, che era una mezza verità.
Poi, avrebbe fatto tutto quello nelle sue mani per poter riacquistare la benevolenza di Bruno.
E poi l’avrebbe abbracciato, desiderando di non lasciarlo mai andare, osservando il suo bel volto e infine bacia-NO!
Non poteva pensare simili sciocchezze. (Anche se era davvero troppo semplice.)
<Lui… non c’entra direttamente. La colpa è solo mia. Non è qualcosa di cui mi piace parlare, quindi, se devo dare spiegazioni, non sarà con te ma con lui.> affermò Roberto, la voce abbastanza atonale.
Aveva deciso, quella sera sarebbe andato da Bruno a parlargli. Non poteva più temporeggiare.
<Sarà meglio per te che sia il più presto possibile.> notò Anna, palesemente a mo’ di minaccia.
Girò sui tacchi ed andò verso la porta.
Bruno, che era fuori dalla porta di Roberto e aveva sentito il breve discorso, si allontanò velocemente e si rifugiò nel bagno lì vicino, per fortuna vuoto in quel momento.
Era andato verso la camera del piemontese per affrontarlo, perchè non ce la faceva più di stare in quel doloroso limbo, eppure era incappato nell’inizio della conversazione fra lui e la romagnola.
Le loro porte erano decisamente troppo sottili per evitare che si sentisse una conversazione fatta troppo vicino alla suddetta porta. Non si era neanche dovuto sforzare per origliare.
Ebbe l’impulso di lanciare qualche insulto al cielo.
Perché Anna era dovuta intervenire?
Era certo lo facesse con ottime intenzioni, ma non era affare suo.
Il problema era fra lui e Roberto, la romagnola si era intromessa.
“Ora sicuramente mi odierà, penserà che l’abbia mandata io perchè non lo voglio vedere.” pensò Bruno, sospirando piano, appoggiandosi al muro del bagno con la fronte.
La sua relazione con Roberto si era incrinata maggiormente.
“Beh, almeno ora hai la certezza che non c’entro io. Ha detto che ha fatto tutto da sé, quindi io sono innocente!” canticchiò allegramente Hans, avendo ascoltato anche lui la conversazione.
“Questo mi manda ancora di più in confusione, sai? Perchè allontanarmi se non è colpa mia?” domandò Bruno, confuso, massaggiandosi le tempie.
“Boh, cazzo ne so? Io te lo dico da decenni che è scemo e dovresti solo smettere di avere quella tua perversione.” rispose Hans.
“Sei tanto supportivo, davvero. Le tue parole mi commuovono sempre.” commentò il trentino, ruotando gli occhi.
“Ehi, basta immaginare di volermi strozzare, eh! Non è una bella scena!” si lamentò l’altoatesino.
<Ah, davvero? Per me è una scena stupenda. Ottimo calmante senza bisogno di alcuna sostanza.> ribatté il biondo a bassa voce, sorridendo un po’ furbescamente.
“Cattivo.” disse solamente Hans. probabilmente pure incrociando le braccia.
<Fatti tuoi. Ora vediamo se possiamo tornare in camera. Addio a possibilità di parlare con Roberto. Mi ignorerà ancora di più, se possibile!> notò Bruno, sospirando.
Aprì leggermente la porta e vide via libera.
Sgattaoiolò fuori e tornò in camera propria, chiudendosi dentro la stanza con un sospiro di sollievo.
Però non poteva andare avanti così, doveva-
Qualsiasi pensiero avesse in mente fu offuscato dall’emicrania che lo prese tutto d’un tratto.
Altro che martelletti contro le tempie, aveva un martello pneumatico per lato della testa, accesi entrambi alla massima potenza.
Gemette dal dolore e barcollò fino al letto, stendendosi su di esso.
Urla, grida, insulti e la sensazione di avere la testa spaccarsi in due si mescolavano dentro la sua mente.
Si raggomitolò, mordendosi il labbro inferiore con molta forza, pur di evitare di urlare.
Non voleva far preoccupare nessun altro, sarebbe passato, avrebbe solo dovuto aspettare…
Finalmente, il dolore terminò e potè prendere una boccata d’aria sentendosi vivo e non un ammasso dolorante.
<Porca puttana…> espirò, prendendo grandi boccate d’aria. Poggiò una mano sulla fronte, chiudendo gli occhi, cercando di calmarsi.
Non ne poteva più.
“Chissà cosa starà mai stato~” ridacchiò Hans.
<Ti odio.> asserì Bruno con tutta l’onestà che aveva in corpo.
“Non è totalmente colpa mia! Semplicemente speravo lo facessero al più presto possibile! É da tutto il pomeriggio che sento che fanno i preparativi!” si difese l'altoatesino.
Il mal di testa tornò con forza, vagamente meno di prima, ma comunque decisamente molto fastidioso.
Il trentino prese il cuscino da sotto la testa e via affondò la faccia, urlando silenziosamente contro di esso, le mani strette a pugno.
Voleva spaccarsi la testa, tagliarla o staccarla dal corpo, tutto pur di non sentire quel dolore insopportabile.
Ci sarebbe morto per via dei suoi cittadini, in un modo o nell'altro, ne era certo.
“Allora perché non me li cedi? Così non sentirai più dolore.” proposte il secessionista.
<Finché li sento, vuol dire che sono miei. E non mi importa se li senti anche tu, formalmente tu non esisti.> ribatté a denti stretti il trentino, faccia ancora contro il cuscino.
Si girò a pancia in giù con questi, tenendovi affondata la faccia.
Tanto dubitava sarebbe soffocato con così poco.
“Non sarà così ancora per molto~” canticchiò il sud tirolese.
"Che intendi?" chiese Bruno.
“Hai idea di cosa stanno facendo ora i miei cittadini?” domandò Hans.
"Illuminami." lo esortò la regione.
“Per quanto ho capito dai loro desideri, stanno protestando affinché il sindaco non possa più ignorarli. Quello lì non avrà altra scelta che ascoltarli. Sapremo meglio i dettagli e i risultati questa sera con il telegiornale, non credi?” illustrò il sud tirolese.
<Come se il sindaco di Bolzano potesse fare come cazzo gli pare. É comunque in collaborazione con quello di Trento, nonostante la provincia autonoma. E non vuol dire che sarà ufficializzato dall'Italia!> protestò il biondo a gran voce, la quale fu smorzata dal cuscino.
“Forse basterà per rendermi reale, non credi? Basta il sentore e uno straccio di ufficializzazione da qualche parte! Alcune volte, neppure quello.” ribatté l'altoatesino.
Bruno non poté non accordare mentalmente con lui.
Porca puttana.
<Vedremo stasera.> decretò.
•~-~•
Bruno ebbe l'impulso di scattare in piedi, ma si costrinse a finire la cena, mentre le regioni con lui in cucina lo guardavano perplesse.
Come dare loro torto?
Il telegiornale aveva appena confermato ciò detto da Hans al pomeriggio.
I cittadini di Bolzano si erano radunati nella piazza dove c'era la sede delle istituzioni comunali e avevano protestato, chiedendo l'indipendenza dai vicini trentini e dal resto degli italiani.
Il sindaco, premuto per dare un qualsiasi responso, aveva detto che prima ne avrebbe dovuto discutere con il sindaco di Trento. Da quest'ultimo, non c'erano ancora risposte, tutto era lasciato al destino del giorno dopo.
E Bruno non poteva lasciarsi sopraffare da un futuro totalmente incerto come era il quale in cui si trovava.
Inoltre, neanche quella sera Roberto era a cenare con loro.
Ciò significava che con lui il piemontese proprio non voleva avere a che fare, restio per via di Anna o proprio perché lui lo disgustava in chissà quale maniera.
Era orribile da ammettere, specialmente quando Hans glielo aveva rimarcato per i successivi cinque minuti, fino a che non era iniziato quel fatale servizio al tg nazionale.
Infine, non sopportava più gli sguardi dei fratelli. Si sentiva in trappola e perennemente giudicato, oltre che il luogo d'origine di una bomba pronta a scoppiare da un giorno all'altro.
Finita la cena, schizzò in camera e, chiusa la porta, andò verso il letto e si chinò.
Estrasse uno zainetto di modeste dimensioni, ma non per questo inutile. Anzi, con un po' di cura poteva stipare molto più di quanto si poteva pensare a prima occhiata.
“Ohi, che fai?” domandò Hans, vagamente confuso.
"Non hai letto i pensieri negli scorsi giorni e anche ora?" chiese a sua volta Bruno.
“Non è che lo faccio sempre eh, ogni tanto li ignoro.” borbottò l'altoatesino.
"Beh, ascolta bene perché lo ripeto solo una volta: 'fanculo tutto, parto per Bolzano. Non posso rimanere qua a Roma con le mani in mano. Inoltre, non ce la faccio a sopportare tutti che mi guardano e mi vedono come un fottuto pericolo. E… E non posso sopportare che Roberto mi eviti così, totalmente a cazzo. Stare lontano da qua mi farà bene e almeno sarò utile. Impedirò al sindaco di Bolzano di fare una stronzata." rispose Bruno.
"Davvero?" chiese esterrefatto l'altoatesino.
"Sì, partiremo la notte fonda quando tutti dormono. Prenderò lo scooter e andrò fino all'aeroporto, comprerò il primo biglietto per Bolzano della linea più economica e voleremo fino a lì. Prima riempio questo zaino con l'indispensabile e poi scrivo un piccolo appunto di spiegazioni. Almeno sanno dove andare a recuperare lo scooter." illustrò il trentino.
“Tutto di nascosto… mi piace~!” trillò l'altoatesino.
<A me no, ma non ho molta scelta.> borbottò il biondo, iniziando a riempire lo zaino con ciò che gli serviva.
N/A: Bruno fuggitivo, Roberto che ha bisogno anche della spinta di un'incazzata Anna, situazione di emme...
Tutto perfetto.
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