12. Crogiolarsi nel dolore

Il giorno successivo non fu migliore di quello.
E neanche il giorno dopo ancora.
Onestamente? Dal giorno dopo iniziò un bel periodo di merda.

Roberto lo stava evitando, perennemente. E se proprio dovevano stare nella medesima stanza o relativamente vicini, era freddo e tagliava corta la conversazione.

Non lo guardava quasi mai in volto, cercava sempre una strategia per non doverlo fissare.

Faceva così schifo? Era così orribile, tutto d'un tratto?

Probabilmente sì, perché se lo osservava, lo faceva con sufficienza o fastidio. Piuttosto preferiva evitasse il suo sguardo, allora. In quei momenti in cui lo fissava in quella maniera voleva farsi piccolo, diventare della grandezza di una formica e fuggire via inosservato.

Si sentiva rifiutato su tutta la linea, come amico e come fratello. Era come diventato un suo nemico!

Non conosceva il perchè e non riusciva neanche a chiederglielo, appena provava ad intavolare una conversazione in quella direzione, il piemontese o sviava o sfuggiva totalmente alla discussione.

Neanche era degno di una spiegazione?
No, non era più degno di nulla da parte di Roberto. Era palese.
Lo feriva, cazzo se lo feriva.
Come non poteva?

Chi amava lo reputava una feccia che non era degno di stargli attorno.

Pensava che essere il suo migliore amico, ed essere denominato da lui in quel modo, fosse l'esperienza più dolorosa per il suo cuore. Oh, quanto si sbagliava! Quello che stava vivendo era un tormento per il suo cuore decisamente peggiore!

Avrebbe fatto di tutto, ora come ora, pur di tornare nella situazione di essere anche solo suo amico.
Tutto era meglio di essere niente.

Sperava di non far trasparire eccessivamente la sua afflizione, anche se era complicato. Lui amava Roberto con ogni fibra del suo essere e spesso, quando tutto gli crollava addosso e pensava ci fosse decisamente troppo da sostenere e fare, in quanto regione divisa al suo interno, si ricordava di chi amava. E di come stesse bene in sua compagnia, come il mondo apparisse decisamente più bello e colorato e vivo e... un bel posto in cui rimanere.

Il piemontese, senza saperlo, l'aveva molte e molte volte spronato a non lasciarsi andare, a non chiudere gli occhi ed ignorare dei problemi, nascondendoli sotto il tappeto o temporeggiando finché la situazione sarebbe stata pressoché ingestibile.

Con questo non intendeva dire che non avesse problemi, anzi, i problemi ce li aveva come tutti. A partire dall'omofobia (il che lo avviliva, perché era odiato dai suoi stessi cittadini in quel senso), alla mal gestione dei rifiuti, a quei cazzo di neo-nazisti o neo-fascisti che chissà perché esistevano, quando la Costituzione italiana vietava la rifondazione di partiti con quell'ideologia. A tutti quei problemi che qualsiasi regione potesse avere.

Ma quando le problematiche si affollavano e Hans era ben più "peperino" (cioè stronzo) del normale, rimanere in compagnia di Roberto o pensare ai momenti in cui stavano insieme... all'istante gli dava energie. Si sentiva importante per qualcuno e, in un certo senso, amato. Anche se era solo in amicizia.

Il castano era palesemente qualcuno con tanto amore da dare, ma che non aveva avuto molte possibilità nella sua vita di dispensare l'affetto come e quanto avrebbe voluto. Lui avrebbe accettato di buon grado quella forma di amore, se proveniente da chi amava.

Bruno non si considerava una persona che sapeva dispensare molto amore o affetto. Si era sempre percepito abbastanza povero, a riguardo. Nessuno gliel'aveva mai mostrato. E difficilmente se rappresenti un territorio puoi essere così dolce e amorevole, se vuoi vivere fino al giorno dopo.

Ma quando realizzò di aver il cuore rubato inconsciamente da Roberto, si scoprì capace di dare affetto. E di volerlo dare volentieri!
Era strano, davvero strano. Per una vita si era negato l'amore, convincendosi che certe cotte erano simpatie. Ma il sentimento che nutriva per Roberto era troppo forte rispetto questa sua autonegazione.

Non che venire a patti con il proprio amore fu semplice.

Dovette andare contro la propria omofobia interiorizzata, il proprio disgusto e disprezzo, le proprie convinzioni e tanto, tanto odio totalmente represso. Ma tutta quella pena aveva una motivazione.
Alla fine, poté riuscire ad osservare il piemontese, sentirsi il cuore scaldato nell'affetto che provava, e non sentirsi un mostro.

Ovviamente, la vita non poteva essere clemente con lui e fu proprio in quel periodo che Hans si palesò nella sua testa, costringendolo a mantenere un orribile e grande segreto. Minandogli, inoltre, quella convinzione a cui era riuscito ad approdare dopo quell'odissea interna. Ricordandogli perennemente che era solo un mostro disgustoso.

E ora temeva che pure Roberto fosse arrivato a quell'idea.

Lui, Bruno Vargas, era solo un mostro.
Qualcuno da cui stare lontano. Un soggetto che non ti avrebbe mai potuto dare quello che volevi, fuori dalla sfera lavorativa, e già lì si poteva criticare il suo operato.

Però il peggio era non capire perché.

Cosa aveva sbagliato?
Cosa era capitato quando Hans aveva preso il controllo e, una volta che lui l'aveva riacquistato, era praticamente svenuto... fra le braccia di Roberto.

Che avesse detto qualcosa in quegli istanti, in preda al delirio del dolore, che non ricordava? Era stato così destabilizzante da far decidere al piemontese di troncare la loro relazione? Buttare nel fuoco e spargere lontano le ceneri di tutto quello che avevano costruito fra loro due, insieme?

"Di sicuro non scoprirai nulla stando qua ad ubriacarti." notò Hans, interrompendo i suoi ingarbugliati pensieri.

<Non mi sto ubriacando> ribatté Bruno debolmente, abbracciato al cuscino, seduto sul proprio letto, la schiena contro la testiera. E una cassa di lattine di birra accanto a sé. In pieno pomeriggio.

"Disse quello che si stava per scolare la terza lattina di birra in dieci minuti." commentò l'altoatesino, la critica e la beffa vivide nella sua voce.

<In ogni caso, non mi vuole parlare. Che senso ha provare a chiederlo ancora una volta? Ho già tentato tante di quelle volte in questi giorni... e nulla! Evita la questione.> rimarcò il trentino, aprendosi la terza lattina.

"Da quanto va avanti la cosa? Qua dentro i giorni un po' si perdono, specialmente se provo ad andare nell'inconscio e ci vago come un cretino senza trovare nulla." chiese il secessionista, probabilmente per girare il coltello nella piaga.

<Più di una settimana. Per la precisione, 9 giorni.> rispose il biondo, bevendo un lungo sorso della bevanda alcolica.
"Hai tenuto conto anche delle ore e dei minuti?"  lo schernì il sud tirolese.

<Oh, fottiti. Torna a cercare inutilmente di prendere di nuovo il controllo del mio corpo. Almeno non devo starti a sentire.> la regione lo invitò malamente a fare come detto, sospirando frustrato.

Nove lunghi giorni in cui Roberto lo aveva ignorato.
Sembrava passata un'eternità.

"Beh, questa forse sarà la tua nuova realtà!" puntualizzò allegro Hans.
<Sei uno stronzo.> affermò Bruno, finendo poi la lattina. La schiacciò, la poggiò insieme alle altre due, allungò il braccio e prese la quarta lattina da bersi.

Almeno si scaldava un po', dato che il buco che aveva nel petto lo lasciava privo di felicità e calore in generale.

"Forse, ma sono più onesto di te sulla realtà dei fatti. Ora ti odia. Crogiolati nella tua disperazione, se proprio vuoi. Intanto, io vado avanti con i miei piani." commentò l'altoatesino.

<Starò una merda a livello sentimentale, ma non vuol dire che ti lascerò diventare indipendente.> ribatté il trentino, per poi mettersi a tossire. Per la forza e il dolore al petto che aveva, sembrava che i polmoni volessero scollegarsi dai bronchi e farsi sputare fuori dal corpo.

"Beh, il tuo corpo dissentisce. Penso ne gioverebbe se semplicemente mi lasciassi andare. I tuoi sentimenti per lui non li puoi abbandonare così facilmente, no? Vuoi farti consumare anche da me, oltre che da lui?" indagò il sud tirolese, punzecchiandolo.

Il biondo percepì gli occhi pizzicare, le lacrime represse da giorni e giorni a furia di stare male su due fronti diversi e fingere che tutto andasse bene. Poggiò la lattina ancora chiusa sul comodino e, affondando la faccia nel cuscino, prese a singhiozzare il più silenziosamente possibile.

Non ce la faceva più a far finta di non essere scalfito da nulla.

Roberto intanto fissava il soffitto di camera propria, senza davvero guardarlo.

Ci stava provando a perdersi in tutti quei puntini che, con un pizzico di immaginazione, poteva vedere sul soffitto della stanza. Ma quella parete bianca non poteva decisamente distrarlo a dovere dai propri pensieri, emozioni e immagini mentali.

Non sapeva classificarli dal più al meno stronzo nei suoi confronti, tutte e tre le cose erano ugualmente dolorose, ognuna a modo proprio. Anche se probabilmente stava odiando di più i propri sentimenti.

Perché non riusciva a togliersi in fretta quell'amore che provava per Bruno?!

Non ce la faceva più a reggere quell'orribile gioco.
Era già difficile di norma non mostrarsi totalmente debole, senza alcuna maschera, di fronte al trentino quando lo vedeva.

Ogni volta che era vicino a lui, specialmente se lo guardava negli occhi, si sentiva al sicuro, protetto. E stimato, apprezzato, considerato come qualcuno pieno di valori e principi.
In compagnia altrui si poteva considerare una persona semi decente senza sentirsi totalmente e terribilmente in torto.

Per questi motivi fingere di essere incurante nei confronti altrui era davvero complicato. Per lui, il trentino era chiaro quanto un libro aperto, in quel senso. Scorgeva il suo dolore, nei suoi gesti o volto o voce.

Si appellava a tutta la sua forza di volontà per non cedere nel proprio intento e abbracciarlo e chiedergli scusa e-
Scosse violentemente la testa, arrossendo sulle guance.

Da quando era venuto a patti con i propri reali sentimenti, anche se con il successivo rifiuto e tutto il resto, la sua mente era stata decisamente molto infida.

Spesso, così, dal nulla, pensieri innocenti diventavano decisamente più movimentati. E la cosa peggiore è che il corpo reagiva positivamente a quei pensieri! Alcune scariche lo percorrevano ed era inondato da un calore eccessivo in ogni parte. Era imbarazzato da se stesso.

Gli era capitato di trovare persone attraenti fisicamente e la sua mente poteva anche vagare verso qualcos'altro... ma si era sempre bloccato. Anche con delle belle attrici sullo schermo in scene sessuali o palesemente sessualizzate.
Poteva pensare al bel corpo che quella donna aveva, ma... non aveva decisamente quell'impulso che provava nei confronti di Bruno.

Si sentiva un depravato, per colpa di ciò. Aveva certi pensieri che erano decisamente troppo per essere frutto di una mal interpretazione di quello che provava.
A riguardo, si era convinto che l'interesse romantico, di cui aveva paura ma era comunque presente, potesse rendere quel desiderio decisamente più forte. Perché aveva già un desiderio di tenersi stretto il trentino e allora il corpo voleva la sua parte.

Ora che ci faceva davvero caso e non registrava tutto a livello inconscio, capiva anche perché il suo corpo reagisse in quel modo totalmente imbarazzante. Non lo supportava, assolutamente no (non voleva amare e neanche quello!), ma non poteva neanche bendarsi gli occhi e negare l'evidenza!

Bruno era bello.

Si coprì il volto all'istante.
Ecco, l'aveva ammesso.
Ma era la verità! Sarebbe stato stupido ed ingiusto nei suoi confronti definirlo "brutto".

Prima di tutto, aveva un bel viso sotto vari aspetti.
La mascella era definitiva, dandogli un'aria rigorosa e tagliente, caratteristica che lo interessava. Fin dall'apparenza, pareva risaltare la sua serietà e precisione.

Aveva un bel naso, non troppo grande né troppo piccolo e teneramente all'insù, dandogli almeno così un'aria un po' più dolce (almeno nella sua testa, non capiva neanche lui come ragionasse).

Gli occhi avevano una forma un po' allungata ma con l'estremità esterna un po' più in alto rispetto quella interna, donandogli uno sguardo molto ammaliante: era diretto, profondo e sembrava osservarti attentamente, ma senza crudeltà.

Però la parte migliore era il loro colore.
Non erano azzurri, erano blu. Non parevano quell'azzurro ghiaccio un po' raggelante, che ti faceva pensare di essere alla presenza di un re (o regina, nel caso in una donna) delle nevi. Era un azzurro molto scuro, tendente al blu, pieno di sfumature in cui le varie gradazioni di azzurro e blu si mescolavano. Lo si vedeva bene in quelle poche foto che aveva di loro due insieme. 

(E si perdeva volentieri in quel blu che ricordava il cielo alla sera.)

Passando avanti, adorava anche i suoi capelli, lisci e di un biondo caldo. Gli piacevano anche quando aveva addosso il gel, ma senza di esso, c'erano quelle piccole ciocche tutte dritte che non stavano in mezzo al resto della massa e che gli conferivano un aspetto meno rigoroso, più casalingo e intimo. Quando osservava la sua espressione ferita, avrebbe solo voluto accarezzargli piano i capelli e scusarsi per tutti gli errori commessi.

(Ma non poteva amarlo.)

Anche se pure il suo corpo era decisamente da tenere. Si allenava con regolarità e i frutti si vedevano (o, almeno, li vedeva bene in spiaggia quando rimanevano in costume).
Davvero, davvero bello.

Quindi non era totalmente colpa sua se il suo cervello vagava per quella certa sfera. Almeno questa era la sua scusa.
Era ovviamente tutta colpa della sua mente e dei suoi ormoni.

<Perché non potete andare tutti via e lasciarmi in pace?! Voglio tornare amico di Bruno!> si lamentò il piemontese, rotolandosi di qua e di là nel letto.
"Impazzirò se questi sentimenti non se ne andranno presto. É dura evitarlo. E avere a che fare con la mia testa rincitrullita." pensò.

Si rannicchiò su un fianco e chiuse gli occhi, respirando lentamente.
Più ci pensava, più si sentiva una persona pessima.
Bruno non stava bene, era impegnato ad evitare di crollare fisicamente per via delle azioni dei secessionisti ed impedire ad un pazzoide che viveva nella sua testa di impossessarsi del suo corpo e creare scompiglio.

E lui, come suo amico, che faceva?
Si allontanava e lo snobbava, perché si era innamorato di lui e non poteva permettersi di avere tali sentimenti in mezzo ai piedi.

Wow, detta così appariva una persona molto più egoista e di merda di quanto già non pensasse. E molto più senza speranze, aggiunse mentalmente.

Sbatté ripetutamente la testa contro il cuscino, la parola "stupido" detta per ogni volta che colpiva il morbido oggetto con la fronte. Non si faceva male e nel mentre ripeteva il concetto in modo chiaro; doppia vittoria.

Smise solo quando prese a fargli male il collo a furia di muoverlo così violentemente avanti e indietro, per affondare di nuovo la testa nel cuscino.

In un angolino della testa, desiderò di abbracciare il trentino.
Era decisamente più confortante di quell'ammasso morbido, ma inerte.

Avrebbe potuto inoltre giocare con i suoi morbidi capelli, se avesse avuto il trentino abbracciato a sé. Inoltre il suo profumo gli piaceva molto di più di quello abbastanza blando del cuscino. O forse il suo cuscino profumava come lui e per questo non lo percepiva, perché siamo abituati al nostro odore.

E poi Bruno lo faceva sempre ridere.
"E tu lo tratti con una merda" commentò mentalmente.
<Tanto ha anche gli altri, sarò io che esagero. Non gli mancherò di sicuro.> borbottò, cercando di distogliere certi pensieri.

Mentre continuava a crogiolarsi nella sua disperazione, la porta venne spalancata, sbattendo contro il muro con violenza.
Roberto scattò a sedere sul letto, il cuore a mille, per ammirare all'ingresso di camera sua una sarda totalmente incazzata.

Ella richiuse la porta, girando una volta la chiave già nella toppa, e avanzò minacciosa verso il letto.
<Roberto Amedeo Vargas!> lo richiamò Rita, ogni passo pesante sul pavimento in parquet.

La cosa più spaventosa, però, era l'utilizzo del suo secondo nome. Non lo usava pressoché mai, le uniche volte che glielo aveva sentito dire, fuori dall'ufficialità fra i Savoia, erano situazioni in cui era molto seria e determinata. E il più delle volte anche incazzata.

Il piemontese deglutì rumorosamente dall'ansia per quello che gli poteva star per accadere.

L'antica regione arrivò ai piedi del suo letto e lo indicò con una certa foga, dichiarando: <Ora, tu ed io> e si indicò il petto <stiamo qua> e indicò verso il basso, riferendosi in generale alla stanza <e mi dici che ti sta succedendo.>

Il tono non ammetteva obiezioni e lo sguardo era dardeggiante. Il povero ex sabaudo non avrebbe mai potuto dire di no in quelle condizioni alla bella e pericolosa sarda.

<Dire cosa? Sto bene.> ribatté debolmente Roberto.
<Io le fette di prosciutto sugli occhi non le ho, quindi sto vedendo palesemente quello che stai facendo. Non fare il finto tonto con me, ti conosco.> gli ricordò Rita, il tono duro.

Il piemontese abbassò lo sguardo alle coperte, stringendo ancora il cuscino che teneva fra le braccia. Era inutile negarlo con ella ed era conscio che prima o poi avrebbe avuto quella chiacchierata.

Sperava fosse più in là o che lui stesso fosse più avanti con il sradicarsi quei sentimenti dal petto, non in una situazione in cui più li negava, più il desiderio di stare con l'altro diventava più forte.

Il silenzio si impadronì della stanza.

La sarda sospirò piano e si andò a sedere sul letto accanto all'amico, mettendogli un braccio attorno alle spalle e facendogli appoggiare la testa sulla propria spalla.
L'ex sabaudo la lasciò fare senza proteste, chiudendo gli occhi. Presto sentì una mano accarezzargli con delicatezza i capelli e si sentì al sicuro, un pochino. Erano tornati ai tempi in cui erano sposati e si supportavano e ascoltavano a vicenda.

<Mi dispiace di urlarti contro, Savo, ma pensavo che un approccio più d'urto potesse essere utile. Chissà dove ho lasciato quella piccola noticina che mi ricordava che stavo per fare un interrogatorio ad uno propenso ad aprirsi come un'ostrica.> si scusò la sarda, cercando di farlo sorridere.

L'interessato sorrise leggermente e ribatté: <Sei preoccupata per me, lo sei sempre quando mi vedi diverso dal solito. E sì, sono diverso dal solito. È così palese?>
<Diciamo che il problema risplende d'immenso, ma nessuno dice nulla perché non sono affari nostri.> rispose Rita.

<Spero almeno di essere d'intrattenimento.> ironizzò il piemontese.
<Dipende dal sadismo o distaccamento di ognuno. A me dispiace e basta. Hai sempre un musino o un altro che non mi piacciono!> si lamentò la sarda.

<Non chiamarlo musino... mi fai sentire un bambino.> borbottò il settentrionale.
L'isolana rise e affermò: <Ogni tanto un po' un bambino lo sembri, senza cattiveria, eh!, e sei piccolo rispetto a me.>

<Chiunque è piccolo rispetto a te. Sei vecchia.> ribatté l'ex sabaudo.
<Va bene, se io sono vecchia tu sei un pipìu.> decretò Rita.
<Mi hai appena definito neonato, vero?> chiese Roberto, tracciando con un dito cerchi sulla propria coscia.

<Bambino, bebè... un qualcuno in quella fascia d'età, insomma. Piccolino sei! Hai solo 3000 anni!> lo prese bonariamente in giro ella.
Il piemontese si espresse nella sua migliore faccia da poker, che però crollò subito sotto le proprie risate.

<Eh già, un bambino di 3000 anni... è perché mangio tanti dolci e per come mi imbroncio, vero?> domandò l'ex sabaudo, mezzo allegro.

<Sì, pipìu. E ora vorresti dire a questa vecchia qua cosa c'è che non va? Sei perennemente in ansia o triste. E stai palesemente evitando Bruno in qualsiasi maniera possibile.> la sarda decise di andare finalmente al sodo.

Roberto strinse il cuscino con forza, mordendosi l'interno guancia più e più volte.
Non poteva dirglielo. Per quanto buona e gentile che ella era... il trentino era loro fratello.
Doveva essere sbagliato.

Eppure... perché era così semplice? Perché il suo cervello non smetteva di fargli ammirare l'altro? Perché il suo cuore non troncava il desiderio di tenerlo a sé?

<Lo so, sembrerà la risposta paraculo, ma è così... è complicato da spiegare.> sospirò il piemontese.

<Provaci. Scomponi il problema in pezzi più piccoli e parti dall'inizio. Tutto è iniziato il giorno dopo che Bruno è stato posseduto da quell'aspirante regione nella sua testa. O almeno, io ho iniziato a vedere qualcosa. Al massimo hai iniziato subito dopo l'avvenimento.> propose l'isolana.

Il settentrionale decise di dire una mezza verità: <Sai, ecco... il tipo di sentimento che ho provato per i Savoia e Francia?>
<Certo. Quante volte ti ho visto sfruttato, specialmente dai regnanti, per quel tuo sentimento di devozione.> notò Rita a mezza voce.

<Ecco, già... penso di provare un simile sentimento per Bruno e... ne ho il terrore puro. Non voglio essere usato di nuovo, anche senza accorgermene. Io non voglio-> e la voce dell'ex sabaudo si ruppe, quei soliti orribili ricordi che gli tornavano in mente.

Sprofondò il volto nel cuscino, cercando di trattenere singhiozzi e lacrime. Aveva represso quegli avvenimenti per vario tempo, aveva pensato fossero normali e giusti e che lui fosse sbagliato per reagire in quel modo. C'era voluta la sarda e la sua magica casualità di essere al momento giusto nel posto giusto per farglielo realizzare. E neanche subito, perché lui si ostinava a rifiutare quella verità così palese!

<Ehi, ehi, shhhhh, Savo, shhhhhh...> sussurrò la sarda, stringendolo meglio in un abbraccio confortante. Lo accarezzò sulla schiena, stringendolo a sé, la testa di lui contro il proprio petto. Lo confortò in silenzio, coccolandolo come farebbe una madre e una sorella maggiore.

Dopo vari minuti Roberto riuscì a calmarsi abbastanza da rialzare la testa dal seno della sorella e riappoggiare la testa contro la spalla di ella.
<Quando l'ho capito, mentre ho avuto una paura enorme per la sua salute... mi sono spaventato a morte.> bisbigliò il settentrionale.

<Tesoro, posso immaginare tu non voglia avere a che fare con quel genere di sentimenti per come certa feccia ti ha trattato in passato. Ma non vuol dire che al mondo siano tutti così. Non ne sono una prova anche io?> chiese l'isolana.

Il piemontese e la guardò in volto, seriamente.
Per quanto volesse bene a Rita, era sempre stato diverso (in bene) il legame con lei, rispetto a coloro che l'avevano ferito. All'inizio lo fu anche con Bruno. Ma il suo cuore aveva deciso altro e il sentimento era tramutato, avvicinandosi per vari aspetti a quel legame che si era proibito di creare ancora.

<Tu sei un'eccezione, sì... ma è diverso. Tu sei sempre stata diversa. Per un po' anche Bruno lo è stato. Poi, è semplicemente mutato tutto e... me ne sono reso conto solo una settimana fa circa. Mi sono spaventato e odiato, perché non me ne ero accorto prima. Io avevo già un modo di fare... pericoloso, ecco.> spiegò un po' titubante l'ex sabaudo.

<Cosa hai fatto?> chiese l'antica regione.

<Gli avevo permesso tanto senza accorgermene. Gli ho mostrato parti di me che non mostro alla luce del sole. Mi sono confidato. In sua compagnia mi sembra sempre complicato mantenere la mia facciata.> rispose il settentrionale.

Rita allora lesse fra le righe e giunse ad una conclusione, ma non disse nulla a riguardo. Poteva sbagliarsi, c'era sempre l'opzione, anche se qualcosa le diceva che aveva fatto centro.
<E lui come ha reagito per tutto questo tempo?> indagò ella.

Roberto non dovette rifletterci per troppo tempo prima di rispondere onestamente: <Si è confidato a sua volta. Mi ha mostrato parti di sé che non molti vedono. Quando siamo insieme, mi pare più sciolto in qualche aspetto. Si complimenta con me e mi trova stimabile, anche se non capisco come.>

<E tu lo stimi?> domandò l'isolana, la sua teoria che si espandeva. Doveva trattenersi per non sorridere come una che sa ben più di quanto dice.
<Sì. Lo stimo. Come non potrei? Si è sempre mostrato gentile nei miei confronti. E ha tante qualità, alcune che non lascia far vedere a tutti.> affermò senza pensarci il piemontese.

<E allora di cosa hai paura? In tutto questo tempo non ti ha mai ferito, perché iniziarlo a fare ora che tu hai realizzato come stanno le cose, quando già da tanto stanno così e niente è andato storto?> chiese la sarda, sorridendo gentile.

Il settentrionale non riuscì a trovare una risposta efficace. Aveva ragione lei. Lo amava da tanto tempo e solo allora lo aveva realizzato. Se mai era parso ambiguo in presenza di Bruno e con lui stava bene... perché continuava in quel modo?

Il trentino non l'avrebbe mai ferito.
Era stato un po' stupido a pensarlo, in effetti.

Però, realizzò dove fosse il problema: ora lui ne era conscio. Avrebbe dovuto convivere con quel sentimento, che sarebbe rimasto per forza di modi segreto. Non sapeva quanto avrebbe potuto mantenerlo senza mostrare segni di cedimento. Era molto più semplice quando pensava fosse amicizia. Poteva fingere, d'altro canto! E forse, prima o poi, quella bugia sarebbe diventata verità.

E comunque Bruno non meritava di soffrire per colpa sua. Pensava almeno di essere nel giusto, ferirlo ma per una causa maggiore. Ora gli sembrava di essere stato solo un coglione.

Davanti il suo prolungato silenzio, la sorella chiese: <Ti andrai a scusare e cercherai di far tornare tutto come prima?>

Roberto la osservò ed annuì.
<Ma... non ora. Non ho il coraggio. Né un discorso decente che mi eviterà di farmi odiare.> ribatté il ragazzo.

<Lo farai al più presto?> indagò Rita, guardandolo attentamente.
<Ci proverò. Finché non gli parlerò, cercherò di mostrarmi un minimo meglio di come ho fatto ora.> decretò il piemontese.

<Bene. Ora, vuoi rimanere appallottolato o preferisci venire in soggiorno con me e altri a guardare un po' di TV?> propose la sarda.
<Va bene, d'altronde quando mai le televisioni hanno fatto male?> accettò il settentrionale, scendendo dal letto, risoluto e con un nuovo piano in testa.



N/A: un applauso a Rita che se non fosse per lei Roberto non si sarebbe mai smosso dalla sua posizione.

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