10. Scoperte spiacevoli
Qualche giorno passò in completa tranquillità e solitudine nella testa di Bruno, per sua grande gioia.
Era piacevole pensare qualcosa e non sentire alcuna replica.
Immaginare e poter continuare con il proprio sogno ad occhi aperti senza dover sopportare alcuna critica.
Era un lusso che non aveva da vari decenni.
Aveva provato a pungolare Hans con tutto quello che lo infastidiva, ma nessuna reazione che manifestasse la sua presenza si palesò e questo lo rese felice.
Rispondeva sempre alle sue provocazioni ad un certo punto, era più forte di lui; ergo, il secessionista doveva essere relegato in un angolino, innocuo.
Ciò gli permetteva di concentrarsi sulla situazione nei suoi territori, in cui gli atti di vandalismo si erano acquietati.
E anche sui propri sentimenti per Roberto, il quale lo mandava come sempre in confusione. Era davvero gentile e premuroso nei suoi confronti, ancora più del solito, e la sua vicinanza lo scombussolava.
Si ritrovava l'intero corpo in fiamme quando l'altro lo toccava o sfiorava per sbaglio e l'impulso di baciarlo era quasi irresistibile quando il piemontese abbozzava il suo tenero e timido sorriso nella sua direzione.
Era tremendamente carino, non era colpa sua!
Bruno si stiracchiò sulla propria sedia da ufficio, sbadigliando ad occhi chiusi.
Successivamente si alzò soddisfatto.
Provare a mettere d'accordo i sindaci di Bolzano e Trento era stato decisamente complesso, ma per fortuna erano riusciti ad arrivare ad un accordo.
<Alcune volte è come avere a che fare con dei bambini.> commentò a bassa voce il trentino, sfregandosi un occhio <Ma alla fine della giornata l'importante è essere riusciti a tirare l'acqua al proprio mulino.>
Quando alzò le palpebre, guardò l'orario segnato dall'orologio al polso. 11:27.
<Troppo presto per mangiare, però una sorta di spuntino o aperitivo me lo posso concedere. Scommetto che in cucina c'è già qualcuno che si sta bevendo uno spritz.> decretò, andando verso la porta.
Però non vi arrivò mai alla porta.
O, almeno, non di sua volontà.
Si bloccò a metà tragitto, paralizzato sul posto da una scarica che lo percorse per la schiena, inspiegabile.
Era come un animale di notte su una strada, abbagliato dai fari di una macchina che sfrecciava a tutta corsa. E lui, come il malcapitato animale, stava per venire investito.
Si sentì trascinato indietro di colpo, tirato per una corda immaginaria avvolta all'altezza dell'ombelico, strappato da camera sua e da tutto quello che lo circondava.
Provò ad urlare dallo spavento, ma la voce era morta in gola.
Una luce bianca lo accecò e fu costretto a chiudere gli occhi.
Quando li riaprì, si ritrovò in una stanza bianca, totalmente bianca.
‹Cosa...?› si chiese il trentino, confuso e abbastanza spaventato.
Mosse qualche passo incerto per quello spazio monocromo.
Davanti a sé comparve uno schermo rettangolare, che faceva vedere una stanza.
La sua stanza.
Poi lo schermo si abbassò e vennero inquadrate delle mani.
Le sue mani.
‹Che sta succedendo?!› gridò al vuoto, tremando.
Una risata si diffuse per quella stanza bianca. Una risata fin troppo familiare e che non sentiva da qualche giorno.
<Finalmente sono libero!> esclamò Hans con la sua voce nella sua camera.
Bruno si precipitò verso quello schermo, provando a battere i pugni disperato su di esso. Però non batté sulla superficie di quello schermo, una mano venne quasi risucchiata da essa.
Percepì il battito del cuore, il suo cuore, una gioia a malapena contenuta e la sensazione dell'aprire e chiudere le mani, gesto ancora compiuto e che lui non poteva controllare.
‹Cosa hai fatto?!› urlò adirato Bruno, gli occhi lucidi dalla frustrazione.
Si sentiva in un incubo, intrappolato mentre attorno a lui succedevano fatti che non poteva controllare, rinchiuso dentro di sé senza poter agire.
"Ho invertito i nostri ruoli, tesoro!" affermò l'altoatesino, la sua voce che risuonava tutt'attorno a lui. Un peso gli si depositò nel petto, una paura fottuta.
‹Come è possibile?› domandò esterrefatto il trentino, guardandosi ancora intorno per la stanza vuota, anche se la mano era ancora nello schermo. Percepì il freddo del metallo della maniglia e il rumore della porta aprirsi.
"Avete fatto male i vostri calcoli. Spingendomi via dalla tua mente, quello spazio lì in cui sei tu, mi avete relegato nel tuo inconscio, senza volerlo. E sai a cosa si accede, attraverso l'inconscio?" chiese retorico il sud tirolese, sghignazzando.
‹Una via di fuga per prendere il possesso del mio corpo?! Non so, nella mia testa non ci sono mai stato in questo modo!› tirò ad indovinare, esasperato, il biondo.
"Più o meno. Non è una via di fuga, bensì un accesso diretto. Dall'inconscio, al controllo del corpo. E dato che due spiriti non possono comandare insieme, quello che c'era prima viene spodestato." illustrò l'altoatesino.
‹Cosa vuoi fare con il mio corpo? Ridammi il controllo, stronzo!› impose Bruno, allontanando la mano dallo schermo e arretrando, sperando di vedere una via d'uscita.
"Così non si ottiene nulla, caro! E secondo te ti direi davvero come riprendersi il controllo? Andiamo, ho aspettato decenni per anche solo sperare di poter sentirmi così vivo. E anche se è il tuo corpo, lo prendo felicemente in prestito, giusto il tempo necessario." commentò il secessionista, continuando a scendere le scale.
‹Cosa hai in mente di fare? Vuoi farmi sembrare impazzito davanti a tutti gli altri?› indagò il trentino.
Intanto continuava ad osservare, ma senza scovare nulla di utile in quella stupida stanza tutta stupidamente bianca e senza alcuna stupida via d'uscita!
"Andiamo, ho appena guadagnato un briciolo di libertà, non la perderei mai per così poco. Voglio avere quello che desidero, caro, quello per cui esisto. Essere indipendente." rispose con tono quasi sognante Hans.
Sembrava stesse ghignando anche solo attraverso la voce.
‹NO! L'Alto Adige non sarà mai indipendente! Io controllo quei territori, non tu!› ribatté con rabbia il biondo, frustrato e irrimediabilmente impotente.
"E invece lo sarà in fretta. Basterà prendere un treno o un aereo, ancora devo decidere come spendere i soldi della tua carta e del tuo portafoglio, andare a casa, convocando i due sindaci delle due province e dichiarerò la secessione del comune di Bolzano. Mi sembra chiaro come piano, no?" illustrò l'altoatesino.
‹No! Non andrà così! Te lo impedirò! E non potrai passare inosservato, per tutti sono una cazzo di mina vagante, non mi ignoreranno.› affermò il trentino, guadagnando un po' di speranza alle sue stesse parole.
"Appunto perchè sei una mina vagante... perché non fermare ciò? Su, non urlare più e collabora con me. Fammi diventare indipendente e qualsiasi problema finirà." gli propose il sud tirolese.
‹Fottiti. Non saranno mai tuoi territori. Ti verrò a prendere, stronzo, e mi riprenderò il mio posto!› promise il biondo.
"Io ci ho provato a darti una chance, ma sei così testardo... Almeno vedrai in modo davvero ravvicinato la firma dell'atto di secessione del Sud Tirolo. Sarà un onore, capisci?" e il secessionista rise di buon gusto.
Bruno strinse i pugni, frustrato. Guardò il muro, bianco e vuoto, alla sua destra e si sentì carico di rabbia. Non c'era nulla, assolutamente nulla, che gli desse un qualche consiglio o indicazione.
Si avvicinò con rabbia e scaraventò un pugno alla parete. Ma non sentì mai dolore, perchè la pelle trapassò quella superficie ed andò oltre.
Non solo la mano oltrepassò quel confine, perchè nel dare il colpo si era sbilanciato in avanti e anche il braccio passò.
Era diverso dallo schermo.
<Ciao.> salutò una voce che il biondo riconobbe all'istante.
Voltò la testa verso lo schermo e vide Roberto.
Il cuore batteva più velocemente, mentre lo sconforto si mescolava alla speranza.
Chissà se da fuori era possibile intuire il cambiamento.
Sperò tanto di sì.
<Ehi.> rispose freddamente Hans, tirando dritto al cestino con le chiavi sul mobiletto accanto la porta d'ingresso di casa.
Il trentino sorrise trionfante, notando il volto del piemontese corrucciarsi nella perplessità e appoggiare una mano sulla sua spalla (era ancora sua, anche se il controllo non era nelle sue mani).
Bruno si girò di nuovo verso il muro. Forse era il suo biglietto di fuga e la sua chance di potersi riprendere il controllo.
Prendendo un bel respiro, si sporse in avanti e oltrepassò quella parete con anche il resto del corpo.
Si ritrovò immerso in un posto senza confini, buio.
Mosse i primi passi incerti.
E allora la sentì.
Un'attrazione che lo spingeva ad andare in una specifica direzione. Prese a correre verso quella sensazione, pregando di stare facendo la scelta giusta.
Intanto, all'esterno, Roberto si insospettì a quel freddo saluto che non era da Bruno.
Inoltre, c'era qualcosa che anche a primo sguardo l'aveva lasciato abbastanza perplesso rispetto il migliore amico.
Perciò fu istintivo fermarlo con una mano poggiata sulla sua spalla.
Percepì i fasci del deltoide altrui irrigidirsi e aspettò qualche secondo prima di girarsi, il che era strano. Solitamente reagiva a molla: appena lo sfiorava, si voltava nella sua direzione.
Il gesto era reciproco.
<Sì?> chiese atonale il trentino, fissandolo dritto nelle iridi con sicurezza e insolenza, lo sguardo assottigliato.
Altra cosa strana.
Di norma, quando lo guardava negli occhi, aveva un'espressione calma se non perfino dolce.
E la pupilla non era ridotta a quella fessura quasi da gatto che dimostrava in quel momento.
Inoltre...
<Da quando hai gli occhi così chiari, Bruno? Non può essere la luce, sei in penombra.> chiese il piemontese, perplesso.
<Cosa?> fece confuso, ma più che altro stizzito, il trentino.
Ulteriore cosa strana.
Mai gli aveva visto quell'espressione addosso e rivolta nei suoi confronti.
<Quello che ho detto. Mi sei sembrato un po' freddo e volevo chiederti se stessi bene, ma ora che ti guardo hai proprio gli occhi più chiari del normale. Sono più blu, normalmente, piuttosto che azzurro così chiaro.> commentò il castano, scrutandolo con attenzione e provando ad avvicinare il volto a quello altrui per esaminarlo meglio.
Anche se il cuore gli batteva abbastanza forte perchè stava restringendo i loro spazi vitali.
Eppure finì subito perché il biondo fece un grande passo indietro, guardandolo in un miscuglio fra stupore e disgusto.
Cosa strana n° non-si-sa.
La sua espressione perplessa si fece più accentuata, scrutando il più basso con più attenzione.
<Scusa, sono un po' stanco e vado sulla difensiva.> affermò il trentino.
La voce era così inverosimilmente vuota di quel miscuglio di emozioni che animavano le sue conversazioni con l'altro.
E più fissava quegli occhi, più era certo di averli visti, ma non erano i soliti occhi del migliore amico.
Ma per scoprire cosa ci fosse di sbagliato, avrebbe dovuto fare il suo gioco, mostrarsi tranquillo, se non innocuo.
A proprio agio, era facile commettere errori.
Roberto si armò del suo sorriso di cortesia migliore ed inclinò la testa di lato, segno di sottomissione e debolezza scoperta.
Inoltre portò le mani dietro la schiena, intrecciandole, mostrandosi affabile e tranquillo.
Era ancora abile a recitare la parte del bravo e gentile consigliere, specialmente attorno a chi con cui non era in intimità.
E quella persona, poteva metterci la mano sul fuoco, non era il suo Bruno Vargas.
<Oh, scusami se ti ho dato fastidio.> rispose il piemontese, recitando alla perfezione la parte del dispiaciuto.
<Nessun problema.> tagliò corto il biondo, tutto il corpo teso al cestino di vinili in cui prese a frugare.
<Devi uscire?> domandò il castano, il tono curioso ma in maniera moderata, come in un quesito di cortesia.
<Sì.> asserì brevemente il "trentino", afferrando le chiavi dello scooter, il più alto le riconobbe all'istante.
<Che devi fare? Non ti occupi tu della spesa.> notò l'ex sabaudo, il tono innocente, appoggiandosi al muro accanto al più basso e scrutandolo attentamente.
Vide la mano stringersi in un breve spasmo attorno il portachiavi, la mascella contrarsi e i piedi puntavano alla porta.
Nervosismo e desiderio di fuga.
"Oh, non andrai lontano così in fretta." pensò Roberto.
<Non è che devo fare qualcosa di urgente. Voglio solo uscire per un giro in scooter.> "Bruno" ritornò sulle sue parole.
<Ah, una passeggiata! Non c'era bisogno di fare il misterioso a riguardo.> scherzò il piemontese.
Subito dopo chiese: <Vuoi andare al solito boschetto in scooter?>
<Sì, un po' di verde non fa mai male, rilassa i nervi.> illustrò il biondo, fissandolo con serietà, ma sbilanciando il peso del corpo su una gamba, inclinando il bacino.
<Immagino, dopo aver discusso con il sindaco di Trento dei danni fatti dai secessionisti avrai un diavolo per capello.> commentò l'ex sabaudo.
Il volto dell'altro parve illuminarsi a quel commento e, annuendo energicamente, asserì: <Assolutamente sì, insopportabile!>
Roberto trionfò internamente.
Fregato.
Velocemente assalì il biondo, prendendogli il polso della mano in cui teneva le chiavi, bloccandoglielo dietro la schiena, mentre afferrò l'altro braccio, tenendolo teso all'indietro.
Lo spinse contro il muro più vicino e lo intrappolò lì, fra la parete e se stesso.
Personalmente non era un ostacolo invalicabile, ma con le braccia inutilizzabili era più ostico da levare.
<Che cazzo stai facendo?!> quasi strillò la figura, la voce ora palesemente diversa da quella di Bruno.
Prima era solo un'impressione, ma ottenerne la conferma fu un ulteriore punto a suo favore.
Le regioni in cucina si affacciarono, prese di sorpresa dal tonfo e dalle urla, come quelle in soggiorno che si voltarono verso loro due.
<Che minchia ti è preso? Perché hai assalito Bruno?!> domandò Rosa, totalmente confusa.
<Vorrei capire anch'io.> commentò il "trentino", la voce chiaramente con un'inflessione diversa da quella corretta.
<Perché non è Bruno.> dichiarò Roberto, deciso.
<A me sembra proprio lui.> ribatté Franco.
<Per aspetto. Non so cosa hai fatto, ma ora esigo delle spiegazioni, Hans.> impose il piemontese, guardando la nuca del biondo e aumentando vagamente la presa su un braccio.
<D-di cosa stai parlando?> balbettò "Bruno", recitando alla perfezione la parte del perfetto spaventato e confuso.
<Sei un idiota se hai pensato di potermi ingannare con una recita così scarsa. Prima di tutto, hai avuto tanti piccoli comportamenti e atteggiamenti insoliti da parte di Bruno, oltre a quegli occhi troppo chiari. Punto secondo, hai detto che saresti andato al boschetto qua vicino con lo scooter. A quanto pare non sei mai stato molto attento durante tutte le passeggiate di Bruno, perché non si può raggiungere quel luogo con un qualsivoglia mezzo da questa parte, é difficoltoso già a piedi e per questo lui lo adora, perché è un posto indisturbato. Ma, dato che servono tre macro-prove per muovere un'accusa, ecco la mia terza: oggi non aveva una riunione con il sindaco di Trento. Ma sia con il sindaco di Trento, sia con quello di Bolzano riguardo i danni da riparare, la sicurezza territoriale e lo smaltimento rifiuti. E Bruno ha troppa stima e rispetto dei suoi sindaci, specialmente quello di Trento, per insultarlo o screditarlo.> illustrò Roberto.
Il silenzio calò per il piano.
L'ex sabaudo sentì il cuore pompare forte nelle orecchie dall'ansia, l'assenza di reazione era la situazione peggiore in cui ritrovarsi.
E se davvero avesse sbagliato tutto? E se solo fosse stato paranoico? E se-
Forse qualcuno stava per fare un commento riguardo il suo starci a posto con la testa o meno, che una risata crescente si diffuse per la stanza.
La risata proveniva dalla regione premuta contro il muro.
Sghignazzava di gusto, incurante del dolore che sicuramente gli provocava la posizione delle braccia o della sua posizione.
<Ora capisco un po' di più perché stai simpatico a Bruno; non sei un totale idiota, al contrario. Hai ragione, mi hai scoperto. Sono Hans.> confessò il biondo.
<Eh?!> domandò esterrefatto Maurizio.
<Già! Relegandomi, pensando di fare la scelta giusta, mi avete solo aiutato. Sono riuscito a raggiungere il posto di controllo e ho sottratto il posto di Bruno. Ora é lui il relegato nella testa ed io quello fuori. Poverino, non ha idea di come invertire la situazione di nuovo!> spiegò Hans, ridendo ancora una volta con crudele gusto.
<Ora sono io quello in controllo e non potete fermarmi. Se mi ferite, ferirete lui. É comunque il suo corpo, il suo spirito ancora lo percepisce. Inoltre, rappresenta ancora i suoi territori e sapete tutti quanto sono messi male ora.> illustrò l'altoatesino, ghignante e con un tono trionfante.
Un terrore enorme invase il piemontese.
Bruno era in pericolo ed era imprigionato e non poteva fare nulla! Soffriva ed era spaesato e lui non sapeva come agire!
La presa sull'altro diminuì, a tal punto che l'imprigionato si svincolò e si girò a guardare il castano.
<Sarai anche sveglio, Roberto, ma io ho in pugno Bruno.> concluse il secessionista, un ghigno vistoso in volto.
[N/A: e dato che è perfetta per questo momento, ecco qua un disegnino venuto un po' male ma pazienza:
Spero vi piaccia :3 ]
Nel mentre Bruno correva nella distesa nera, che però non era morta e spoglia come la stanza bianca. Brulicava di una qualche vita nascosta nel nero pece, regnando in quei territori.
Percepiva tutto ciò a pelle, ad istinto; qualcosa gli diceva fosse così.
E quel medesimo qualcosa lo stava spronando a continuareverso quella direzione cui era attrato nella sua corsa.
La stanchezza non era un problema e neppure il fiatone.
Essendo lì uno spirito, non aveva tutte le limitazioni fisiche possedute di regola? Comodo.
Si ripeteva che non poteva essere ancora così distante dalla sua meta, qualunque fosse, anche se sperava rappresentasse la sua salvezza.
Era nelle mani di Roberto e degli altri, affinché non lasciassero agire Hans indisturbato e intuissero qualcosa non andasse.
Aveva un po' timore di sapere cosa stesse accadendo nel mondo là fuori, mentre lui si affrettava nella direzione di quello che non era solo più un infinito spazio nero.
No, qualcosa stava mutando.
Uno spacco di luce illuminava una porzione del terreno e dell'aria, divenendo un nero meno scuro e senza vita, a differenza di ciò acquietato nell'oscurità.
Dopo qualche altro istante di corsa, intravide all'orizzonte la fonte della luce giallo tenue. Con rinnovata speranza nel cuore, perseguì quel lume, giungendo di fronte... ad una porta?
Si fermò un attimo nella corsa, gemendo dal dolore. Perché ora gli facevano male le spalle e le braccia?
‹Cosa ha fatto il bastardo qua attorno?!› borbottò fra i denti il trentino, provando ad aprire la porta nonostante la scarica di dolore che non voleva abbandonarlo.
Chiusa. Dannatamente chiusa. Ma era così attirato verso quello che c'era dentro. Doveva esserci qualcosa di davvero utile.
‹Vaffanculo!› urlò la regione, prendendo un po' di rincorsa e fiondandosi contro la porta, per sfondarla.
Un dolore maggiore si propagò per la spalla usata da ariete, ma non si arrese.
Altra rincorsa, altra carica.
Nulla.
Ripeté l'azione nella disperazione qualche altra volta, fino a sentire i cardini divellarsi.
‹Eddai!› urlò Bruno, prendendo una carica più poderosa e buttandosi con tutto il peso contro la porta.
Questa si ruppe e cadde con sopra la regione stessa, che si ritrovò immerso in una stanza traboccante di luce gialla che per qualche istante lo accecò.
Il trentino si abituò alla luce in fretta e intravide una figura davanti a sé, confusa, ma i peli sulla pelle si erano rizzati e la rabbia traboccava da ogni poro. Quello era sicuramente Hans.
‹Vieni qua, stronzo!› gridò la regione, alzandosi e scagliandosi contro quella ombra quasi fluttuante. Lo prese per il collo e provò a strozzarlo, tirandolo nel mentre indietro.
All'improvviso, le gambe quasi gli cedettero e da attorno il collo le mani andarono alle spalle, usando l'altro come sostegno, "respirando" affannosamente.
La figura si girò ed ebbe la conferma: l'altoatesino gli sorrideva divertito.
‹Crepa!› strillò Bruno, nonostante fosse debole e stanco tutto d'improvviso.
Ma la rabbia era più forte di tutto il resto. Tornò con le mani al suo collo e lo tirò verso di sè, per poi spingerlo dietro di sé e trascinandosi verso la fonte della luce gialla, attirato come una mosca dal miele.
Dietro di sé sentì una risata crudele, prima di venire risucchiato da quel lume e sentirsi catapultato in avanti.
Come sballottato di qua e di là, prima di poter capire dove fosse finito, le gambe gli cedettero.
Il dolore alle ginocchia e il tonfo furono indicatori di essere caduto per terra, la testa gli girava e pulsava da matti, il respiro era bloccato.
Si sentiva senza ossigeno, bloccato in un luogo vuoto, privo d'aria.
Eppure, nonostante l'assenza di aria, riuscì a trovare il modo di tossire, il petto compresso e con i polmoni che parevano pronti a lacerarsi.
[N/A: grazie covid per avermi permesso di sperimentare roba così orribile da essere perfetta per momenti del genere <3 ]
Prima di accorgersene, quasi tutto il corpo fu pervaso da scariche di freddo, appoggiato contro una superficie piatta.
Le orecchie, oltre a recepire il proprio tossire, registrarono anche delle urla e dei comandi, ma tutto era così confuso e sovrapposto che nella sua testa veniva tradotto in un unico messaggio: cacofonia.
Provò ad aprire gli occhi e a calmare la raffica di tosse, ma senza successo. La gola era in fiamme e qualsiasi forza gli era stata risucchiata.
Sentì il corpo girato e sollevato per la parte superiore, almeno leggermente, e una mano molto più calda del suo volto gli sfiorò la guancia, per iniziare a picchiettare contro di essa.
Si sforzò di aprire gli occhi, nonostante la tosse e l'emicrania che lo spronavano a tenere le palpebre calate, e mise a fuoco un volto spaventato, che lo fissava con il terrore negli occhi e lo continuava a richiamare.
<Bruno, Bruno, mi senti? Parla, per favore. Dio, sembri un blocco di ghiaccio! Bruno!> lo richiamava Roberto, la voce tremolante e le iridi castane relegate al bordo più esterno, il resto occupato dalle pupille dilatate.
Il trentino per qualche istante smise di tossire, perso ad osservare il castano.
Sembrava quasi un angelo, l'unico elemento importante e a fuoco nei suoi occhi. La mano che lo picchiettata sulla guancia divenne decisamente più piacevole, ma un'altra raffica di tosse lo scosse con violenza.
<R-Ro-Roberto-> riuscì a dire Bruno in un attimo di tregua dalla tosse, anche se il mal di testa e i tremori per il corpo non diminuivano.
Ammirò il volto altrui animarsi di un fugace sollievo, per tornare immediatamente preoccupato.
<Oh, Bruno! Sei ancora cosciente! Mi senti, vero?> domandò il piemontese, smettendo di picchiettarlo sulla guancia.
Spostò la mano alla fronte, portandogli indietro i capelli cascanti in avanti con una delicatezza che fece accelerare i battiti del trentino.
L'incanto finì perché il petto era dilaniato dalla tosse.
Dal dolore provò a sollevare il busto e a piegarsi in due, ma le forze inesistenti che aveva glielo impedivano.
<Bruno! Bruno!> Roberto riprese a chiamarlo, agitato, di nuovo picchiettandolo sulla guancia.
Bruno volle strapparsi i polmoni dal petto pur di non soffrire in quel modo.
L'aria non entrava in circolo e il mal di testa gli fece chiudere gli occhi. Si sentiva morire. Pensò che farlo fra le braccia di chi amava non sarebbe stato così tanto male.
Una mano estranea si posò sulla sua fronte. Un'ondata di calore lo avvolse. Era stanco, incredibilmente stanco. Si lasciò sopraffare dall'incoscienza, sperando di godere di un sonno tranquillo.
Presto il suo corpo si rilassò, fermo, dormiente, davanti gli occhi dei fratelli.
<Ha funzionato, per qualche ora dovrebbe dormire sereno.> asserì Rita, togliendo la mano dalla fronte del trentino.
<Maremma cane, quel porco di Dio ha deciso di accanirsi contro di lui o cosa?> commentò Francesca, rinunciando a cercare notizie su Internet.
Tanto al TG ne avrebbero parlato.
<Prima quel pazzo gli ruba il corpo, chissà come deve essere, poi appena ne torna in controllo praticamente rischia di morire a terra...> elencó Mario.
<Chissà anche dove voleva andare con il corpo di Bruno.> notò Sofia.
<Di sicuro non a fare una passeggiata o un giro con lo scooter.> rispose con acidità Rosa.
<Roberto, ci sei?> gli chiese la sarda, poggiando una mano sulla sua spalla.
Il piemontese alzò lo sguardo dal volto dormiente del trentino verso quello della regione più anziana.
<S-sì... mi sono spaventato, ovviamente. Prima c'era Hans a farsi beffe di noi, poi dice quella sorta di minaccia, torna Bruno al controllo del proprio corpo che però pare collassare su se stesso e ora è incosciente.> riassunse il castano, trattenendo la disperazione.
Il cuore gli batteva così forte e nella testa aveva un casino con cui avrebbe avuto a che fare dopo.
Ora l'importante era solo il trentino.
Non gli interessava del parere degli altri, se sarebbe sembrato debole o stupido o altro.
Gli importava del biondo e di nessun altro. Niente aveva importanza, se non il suo benessere.
Perciò proseguì ad accarezzare con le nocche la guancia del biondo, con cura e calma, a confortarlo.
Quando Bruno era crollato in ginocchio e poi totalmente a terra, fra tosse e palesi tremori, il suo cuore aveva perso qualche battito e tutto aveva perso la sua importanza.
Nella sua testa e nella sua realtà aveva preso ad esistere solo Bruno.
Bruno e nessun altro.
Quando questi aveva balbettato il suo nome, per un attimo fu invaso da un'enorme gioia. Lo riconosceva, sapeva fosse lui e da come l'osservava pareva pure sollevato di vederlo.
Dio, non sapeva da quanto non si era sentito invaso a tal modo da un panico così puro.
Era totalmente diverso dallo stupore per la scoperta delle ribellioni, dal senso di colpa per averlo ferito poco dopo, dallo shock per la rivelazione di Hans, dall'ansia per il suo svenimento.
Era stato terrorizzato dalla possibilità che Bruno morisse, parsa così prossima alla certezza.
Mai quel sentimento l'aveva scosso così nel profondo, né quelle poche volte che aveva avuto davvero paura di morire, né quando aveva temuto simil sorte per gli altri a cui teneva.
E in quel momento il desiderio di rimanere accanto al trentino e assicurarsi fosse in salute era anche più forte di molte altre volontà avute nella vita.
Anche di quella di avere i Savoia ancora come regnanti dopo la Seconda Guerra Mondiale.
Perché questo desiderio così forte?
Osservò Bruno assopito, proseguendo le timide carezze sulla sua guancia. Il volto pallido stava riprendendo un po' di colore e non era più algido come il ghiaccio. Ne fu rincuorato.
Non vedeva l'ora si svegliasse. Voleva stringerlo, abbracciarlo, confortarlo, farlo rilassare e, se possibile, anche sorridere.
Il mondo in qualche modo si riempiva di una bellezza unica con un suo sorriso.
Era un'emozione totalmente diversa da quella provata con tutti gli altri fratelli e sorelle, anche Rita.
Era... più profondo.
Intimo. Forte. Speciale.
E allora realizzò.
Qualcosa che gli fece congelare il sangue nelle vene e smettere al cuore di battere per qualche istante.
La terra sotto i suoi piedi prese ad ondeggiare, mentre tutto diventava vicino, troppo vicino, e non riusciva più a respirare.
Lui non teneva al trentino come ad un amico o ad un migliore amico, no.
Che cretino, aveva avuto bisogno di molto tempo per realizzarlo.
Lui amava Bruno.
E non ci poteva essere constatazione peggiore.
N/A: Hans ha provato a fare danni, ma è stato fermato in tempo, yeeeee.
E finalmente Roberto si è svegliato dal sonno eterno e ha capito che cosa gli frulla in testa, yeeeee.
Peccato che si è svegliato diversamente da come pensavate, meno yeeeee.
Giuro che qualcosa avrà senso il prossimo capitolo, con calma.
Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top