Nelle mani del mostro - #JustWriteIt #LoveLetters

Quando ho riaperto gli occhi il mondo mi è parso diverso. Buio, vuoto, freddo. Sento ancora l'odore della polvere da sparo. E del mio sangue. E sento ancora il dolore, un dolore insopportabile. Ricordo che in quegli ultimi istanti in cui ho potuto guardare Oliver negli occhi ho sperato davvero che scegliesse me. Che mi amasse davvero, come io amavo lui. Invece lui non ha reagito, ha scelto Sara. E il proiettile che attendeva impaziente, nella pistola di Anthony Ivo, ha improvvisamente trovato la sua via: la mia testa. Non ho fiatato. Non ho potuto difendermi, in ginocchio nel fango, con le braccia legate dietro la schiena.

Pregavo silenziosamente che quel colpo non fosse destinato a me.

L'ho pregato con tutta me stessa, fino al momento dello sparo.

Ma non è servito.

Il professor Ivo mi ha premuto il grilletto senza esitare, guardandomi negli occhi, senza provare alcun rimorso. Mi ha uccisa senza pietà, considerando lecita la sua azione, come se stesse giustiziando un criminale, un assassino. Ma io non sono nulla di tutto ciò. Sono solo Shado, una ragazza che ha avuto la sfortuna di innamorarsi dell'uomo sbagliato. Avrei potuto fuggire, lasciare che se la sbrigassero da soli. Invece sono rimasta e li ho aiutati. Abbiamo trovato il Mirakuru, il famoso siero in grado di guarire qualunque cosa. E cosa ho avuto in cambio? Un proiettile nel cranio. Mi sembra piuttosto singolare come ringraziamento. Ho rischiato la mia vita per aiutare Arrow e lui mi ha fatto credere di provare qualcosa per me, quando abbiamo fatto l'amore giù al laghetto. Invece dev'essere stato frutto della mia immaginazione, tutto quanto.

Cerco di muovere la testa ma il dolore è lancinante, non riesco nemmeno a pensare di alzarmi. Rimango lì, in attesa che qualche animale mi attacchi. Se arrivasse davvero una belva feroce non potrei muovere un dito per difendermi.

Mi risveglio con il sole che mi picchia sulla ferita.

Non ho idea di quanto possa aver dormito, so solo che il dolore è rimasto uguale, martellante, assurdamente forte.

All'improvviso capisco di avere una sola possibilità: devo trovare la cassa di Mirakuru.

So che è rimasta sull'isola, Slade Wilson l'ha nascosta. Ho visto che scambiava le casse, quella contenente il Mirakuru si trova nella foresta, dentro una piccola caverna, nascosta dietro a dei cespugli.

Cerco di mettere insieme un po' di forze, cosa non facile, data la ferita alla testa, la mancanza di cibo e la disidratazione. Riesco a mettermi seduta e noto che le abbondanti e recenti piogge hanno riempito una piccola insenatura nella roccia, poco distante. Ovviamente per me raggiungerla vuol dire soffrire le pene dell'inferno. Mi trascino lentamente fino a un albero e mi appoggio ad esso, per fare leva sulle gambe e rimettermi in piedi. Il dolore alla testa aumenta e con esso anche il senso di stordimento.

Ma non posso permettermi di rimanere qui. Se lo facessi diverrei sul serio un facile bottino per i predatori. Non mi rimane che decidere: sforzarmi di raggiungere l'acqua o morire in quel posto, nel fango, dove la piccola pozza di sangue in cui la mia testa è stata riversa non si è ancora seccata. Il solo guardarla mi riempie di rabbia.

Non morirò così.

Lentamente mi metto in cammino, la distanza non è molta, ma arrivare a quelle rocce mi costringe a ricorrere a tutte le energie di cui dispongo.

Ci arrivo praticamente sfinita. Mi accascio al suolo e mi bagno le labbra. L'istinto sarebbe di bere molto, invece mi limito a piccoli sorsi, per evitare che la mia nausea peggiori. Ho bisogno di cibo. Non c'è molto attorno a me, se non delle formiche. Decido di chiudere gli occhi e di cibarmene. Tentando di non vomitare gli insetti inizio a ripulire la ferita sulla testa tamponandola con dell'acqua. So che l'idea non è delle migliori, l'acqua potrebbe essere contaminata e scatenarmi un'infezione, ma non ho scelta, sento che la ferita è coperta di fango e piccoli frammenti di sassi, non posso evitare di pulirla. In ogni caso il Mirakuru sarà in grado di guarirmi, persino nell'eventualità che mi beccassi la peggiore delle infezioni.

Sono passati tre mesi.

Ho ripreso le forze e sono guarita grazie al Mirakuru, anche se i primi istanti dopo l'iniezione mi hanno fatto rimpiangere di non essere morta. Ho sperimentato il peggior dolore mai provato in vita mia. Ho lacrimato sangue e ho sentito ogni cellula del mio corpo impazzire, sembrava che ogni parte di me si stesse preparando a deflagrare. Una sensazione terrificante.

Ma non sarà nulla in confronto a ciò che proverà Oliver Queen.

Voglio fargliela pagare.

Voglio vendicarmi.

Mi ha lasciata lì, nel fango, senza nemmeno accertarsi che fossi morta davvero.

Dimenticata sull'isola di Purgatorio, da sola. Ed ora io voglio solo pareggiare il conto in sospeso, ho in mente un piano che farà cadere il grande giustiziere Arrow nella più totale disperazione.

Il modo in cui sono arrivata a Starling City ha dell'incredibile.

Una nave ha attraccato poco distante dalla spiaggia a sud dell'isola. Non ho idea di chi fossero gli uomini che sono sbarcati e nemmeno che cosa volessero. So soltanto che mi sono nascosta nella stiva, per dieci giorni ho mangiato di notte, rischiando di farmi beccare nelle cucine. C'erano solo scatolette, però, se non altro, sono riuscita a nutrirmi. Ho rischiato di farmi scoprire in diverse occasioni, ma almeno in questo caso la fortuna è stata dalla mia parte. Ora, finalmente, mentre varco la soglia della Queen Consolidated so perfettamente cosa devo fare e come farlo.

Devo annientare le speranze di Oliver Queen, e per riuscirci devo rapire colei che più ama al mondo: Felicity Smoak.

Ho scoperto che lui è pazzo di lei.

Che farebbe qualunque cosa per proteggerla.

Sfortunatamente per la geniale biondina fidanzata di Arrow, niente potrà saziare la mia sete di vendetta. Non avrò pace fino a quando non avrò quella donna nelle mie mani e non potrò disporre della sua vita, come lui ha fatto con me. E la ucciderò, Arrow può starne certo.

Senza troppi problemi sono riuscita a procurarmi un pass. Dopotutto mio padre mi ha addestrata bene. So badare a me stessa. Cosa che non posso certo dire di Felicity, che rimane piuttosto sorpresa di trovarmi di fronte a lei.

«È impossibile che tu sia qui! Ma non eri morta?» chiede Felicity sgranando gli occhi.

«Diciamo che è ciò che tutti hanno pensato, senza nemmeno accertarsi che fosse vero.» mi avvicino a lei, lentamente.

«Oliver sarà qui da un momento all'altro. Sarà meglio che ne parli con lui, non credi?» chiede con fare nervoso.

«Veramente io sono qui per te.» ora sono di fronte a lei, a non più di venti centimetri.

«Per me? Non vedo come posso aiutarti. A meno che tu non abbia bisogno di una consulenza informatica, naturalmente. In quel caso posso fare qualcosa, anzi posso fare molto. Almeno di solito mi riesce bene.» farfuglia Felicity.

«Non mi interessa nulla di tecnologico. Diciamo che sono per un approccio un po' più diretto, privo di tramiti elettronici, oserei definirlo quasi umano. Anche se nel tuo caso il termine disumano rende meglio l'idea.» e le conficco l'ago nel braccio. Inietto una dose di sedativo in grado di renderla innocua per almeno quattro ore. Il Mirakuru mi permette di sollevarla come una piuma e di mettermela sulla spalla. Non solo. Mi consente di neutralizzare senza alcuno sforzo tutte le guardie che tentano di fermarmi. Lascio dietro di me almeno venti agenti della sicurezza stesi a terra, prima di uscire dalla Queen Consolidated con il mio bottino sonnecchiante. Poco distante ho parcheggiato un'auto che mi sono divertita a rubare in mattinata. Getto senza troppe cerimonie Felicity sul sedile posteriore e sparisco nel traffico.

Quattro ore dopo siamo su una piccola imbarcazione, dirette sull'isola. Felicity si sveglia, mentre io sono al timone. Non può muoversi né parlare, è legata e imbavagliata. Io sorrido, divertita. La prima parte del piano è andata come previsto, anzi, addirittura meglio delle mie aspettative. Ho gettato gli effetti personali di Felicity in un bidone nel lato nord della città, che si trova nella direzione opposta a quella del porto. Lei non ha nient'altro che gli abiti che indossa. Mi fissa terrorizzata.

«Ti starai chiedendo perché io abbia preso te, invece che Oliver, o Sara, dico bene?» lei annuisce, tremando.

«Perché colpendo te posso colpire Arrow dritto al cuore, nel modo più doloroso. E perché so che tra lui e Sara non c'è più niente da un bel pezzo.» replico soddisfatta, mentre Felicity inizia a piangere e ad agitarsi.

«È del tutto inutile che tu tenti di slegarti o di fuggire. Siamo in mare aperto, affogheresti. E non pensare di poter combattere contro di me. Mi sono iniettata il Mirakuru per guarire. E ora sono praticamente invincibile.» Felicity smette di dimenarsi, ma continua a piangere silenziosamente.

«Tranquilla, non ti ucciderò. Almeno non subito. Dopo lo farò eccome, ma prima ti lascerò il tempo di assaporare il piacere della tortura.» e scoppio in una risata liberatoria, mentre lei mi fissa come se stesse guardando il diavolo in persona.

«È incredibile come la vita possa cambiare, da un momento all'altro, non è vero? Un attimo prima sei la felice e invidiatissima fidanzata di uno dei single più sexy e ambiti di Starling City e un attimo dopo... Sei su una barca, diretta verso l'isola in cui il tuo amato è stato prigioniero per cinque lunghi anni. Davvero romantico, non trovi? Ma al contrario di lui tu non farai ritorno a casa, tesoro.» Mi volto a guardarla. Ha il viso sporco di mascara colato, gli occhi gonfi dal pianto e trema come se fossimo in mezzo ad una bufera.

«Goditi questo splendido sole caldo, Felicity, potrebbe essere l'ultima volta che lo vedi.»

Giungiamo all'isola circa due ore dopo, in silenzio assoluto. Dopotutto non vedo di cosa potrei parlare con una persona che ho appena rapito, che intendo torturare e uccidere. Afferro Felicity per i polsi legati e la costringo ad alzarsi.

«Eccoci qui, mia cara. Ti presento Lian Yu, il Purgatorio. Qui il tuo fidanzato ha sofferto pene inenarrabili e ha imparato tutto ciò che ora gli consente di essere l'eroe che tutti acclamano. In realtà è un assassino. Uno che ha fatto l'amore con una ragazza innamorata di lui e che poi l'ha abbandonata qui, senza nemmeno darle un bacio per salutarla, per rispetto al cadavere che credeva di trovarsi davanti!» grido tutto d'un fiato, poi traggo un lungo respiro, riempiendo i polmoni di quell'aria che avevo pregato di non respirare mai più. Felicity mi fissa pietrificata, in piedi di fronte a me, con gli occhi sgranati.

«È inutile che mi fissi in quel modo, dolcezza. Qui non ci sono computer a salvarti. Nessun dispositivo elettronico con cui chiedere l'aiuto del tuo fidanzato. Sei nelle mie perfide mani. E io farò di te il simbolo di tutte le persone tradite, sei la mia vendetta suprema. Ogni goccia di sangue e ogni lacrima che io ho versato li verserai anche tu, mille volte tanto! Ogni momento di terrore che ho vissuto su quest'isola, lasciata da sola a marcire come la carcassa di un animale, dovrai provarlo anche tu e credimi, cara biondina, non ti piacerà affatto!» La osservo e non riesco a negare che Oliver abbia ragione su di lei. Malgrado la mia voglia di ucciderla lì, sul momento, mettendo fine a tutti i loro sogni. Devo ammettere che Felicity è di una bellezza rara. Capisco perché Oliver sia pazzo di lei. E la cosa mi offende profondamente, perché anche se io sono infinitamente più forte di lei, anche se so combattere, so sopravvivere in condizioni disumane e so come costruire bombe o percepire la minima variazione nell'aria lei è e sarà sempre in vantaggio su di me.

Perché lei è la donna che Oliver ama disperatamente.

Mentre per lui io sono un mosto.

Ma lui mi ha spezzato il cuore, è giusto che io voglia vendicarmi. Ed è quello che ho intenzione di fare. Dopo ciò che ho passato a causa sua mi pare il minimo. Voglio presentargli il conto più salato che abbia mai dovuto pagare. Mi avvicino a Felicity e le strappo il nastro adesivo con cui le ho chiuso la bocca.

«Respira, finché ancora puoi.»

«È ingiusto quello che stai facendo! Io non c'entro niente con ciò che è accaduto tra te e Oliver!»

«Sei prevedibile, sai? Nel modo in cui parli e pensi» ringhio.

«Voglio tornare a casa, ti prego!»

«Levatelo dalla testa. Tu non lascerai mai più quest'isola. Non da viva almeno.» La strattono, costringendola a camminare. Voglio raggiungere l'aereo dove ci rifugiavamo con Oliver e Slade, prima che sia notte.

«Non puoi uccidermi! Sono certa che Oliver riuscirà a trovarti e sarà lui ad uccidere te quando saprà ciò che hai in mente di farmi!»

«Ma davvero? Allora staremo qui ad aspettarlo, d'accordo? Così potrò uccidervi entrambi! E adesso muoviti, se non vuoi finire sbranata!»

Arriviamo all'aereo dopo un paio d'ore di cammino, data la lentezza estenuante di Felicity. I suoi piedi sono tutti coperti graffi. Ha dovuto sfilarsi le scarpe, i tacchi non sono molto indicati nella foresta. Accendo un piccolo fuoco riparato, inizia a fare freddo.

«Per favore ripensaci... Non puoi uccidermi, io non ti ho fatto niente...» mi supplica Felicity ricominciando a piangere. Mi dirigo dentro l'aereo, alla ricerca di qualcosa da bruciare e ritrovo la lettera. L'unica dannata lettera che Oliver mi aveva scritto, di nascosto, nel caso in cui l'avessero ucciso e non fosse riuscito a dirmi ciò che provava per me. L'afferro con rabbia e l'appallottolo nel palmo della mia mano talmente forte da conficcarmi le unghie nella carne. Poi all'improvviso mi viene un'idea. Permetterò a Felicity di scrivere ad Oliver. Lui non potrà mai sapere da dove lei gli scrive, e io lo guarderò soffrire, mentre aspetta invano colei che non farà mai più ritorno a Starling City, tra le braccia del suo amato giustiziere dal cuore spezzato. Mi avvicino al fuoco e scaglio la lettera accartocciata tra le fiamme. Con quel gesto intendo cancellare per sempre il mio amore per Oliver, trasformandolo in odio e insaziabile sete di vendetta.

«Ora ascoltami bene: potrai scrivere ad Oliver. Ma non potrai far alcun riferimento nascosto a dove ti trovi o finirai molto male, sono stata chiara? Niente linguaggio in codice o ti strappo la lingua e ti lascio morire dissanguata!» lei annuisce velocemente con la testa.

«Ma prima di lasciarti alla tua romantica missiva farò in modo che tu abbia qualcosa da raccontargli; non vorrei che dato l'inaspettato cambio di residenza ti trovassi improvvisamente a corto di idee.» La costringo ad alzarsi e lego le sue braccia in alto, attaccate ad un tronco. Poi afferro una fune e inizio a colpirla sulla schiena, frustandola. Felicity grida di dolore sotto i miei colpi, continui, feroci. Non riesco a fermarmi, fino a quando non la vedo perdere i sensi. La slego dall'albero e la porto nell'aereo, buttandola sul giaciglio sul quale riposava Oliver. L'assicuro alla branda con un'altra corda. Il suo vestito è tutto strappato e coperto di sangue, ma non riesco a provare alcuna pietà per lei, è come se la mia umanità si fosse spenta. Oliver ha fatto in modo che il mio lato umano venisse ucciso da quel colpo di pistola, e nulla al mondo potrà mai più riportarlo in vita.

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