95. Silenzi
♫ SLANDER - Love Is Gone (ft. Dylan Matthew) ♫
Quando misi piede nella sala conferenze notai Margaret e Andrew capeggiare al tavolo delle riunioni: sembravano entusiasti. Lo intuii considerando il loro incessante spifferarsi frasi all'orecchio e lanciando di volta in volta degli sguardi languidi verso la platea.
Emma non era rimasta in nostra compagnia, aveva preferito attendere la fine dell'incontro per potersi finalmente presentare ufficialmente ai signori Kingstone. Scelta ragionevole.
«Eccovi qui! Prego, prendete posto!» Margaret ci accolse con un enorme sorriso sul volto indicandoci le ultime sedute libere disposte in maniera abbastanza casuale. Annuii e lesta mi misi a sedere. Kobe, invece, ci aggirò tutti per portarsi accanto ai dirigenti. Si strofinò le mani appoggiandosi contro la scrivania.
«Non vi preoccupate, non vogliamo licenziarvi!» introdusse Andrew. Probabilmente voleva alleggerire la tensione e in parte ci riuscì. Mi sentivo già più rilassata, almeno il mio posto alle "O'Brien Corp." era ancora salvo.
E se non lo fosse più stato dopo la conversazione con Dylan del giorno prima?
Mi guardai attorno per individuare il brunetto. Era distante da me un paio di metri, sembrava che fosse tutto normale per lui. Studiai il suo volto solo per alcuni secondi, ma tali mi bastarono per comprendere che, forse, quel suo viso angelico e allegro era in realtà una facciata.
Dylan, come se avvertisse il mio sguardo su di lui, si voltò cogliendomi in flagrante. Il contatto visivo durò abbastanza da farmi pentire anche solo di averlo cercato. Mi retrassi di gran lena. Da lì in avanti avrei ascoltato e osservato solo i genitori di Nathan.
«Siamo forse qui per qualche colloquio extra? Sono sempre disposta a fare del lavoro se necessa-» la voce di Lisa era odiosa sin dal primo mattino. I signori Kingstone la bloccarono ancor prima che provasse a ingraziarseli.
«Assolutamente no! Non è nostra intenzione sfruttarvi! Anzi, abbiamo indetto la riunione per commentare il vostro operato di questo mese. Siete stati davvero eccezionali! Probabilmente il miglior team di tirocinanti che la nostra azienda abbia mai avuto. Siamo davvero felici di come abbiate e di come stiate lavorando. Può non sembrare, ma grazie alla vostra continua revisione dei vecchi accordi siamo riusciti a migliore le nostre vedute. Ci serviva proprio una ventata di aria fresca!» Margaret fu molto diretta e gentile nel comunicarci cosa pensasse di noi. E lo stesso valeva per Andrew. Erano davvero entusiasti, forse fin troppo.
Nell'ora successiva ci fu una discussione molto dettagliata di ogni singolo caso in cui il nostro aiuto si era rivelato prezioso. Per esempio, la strategia usata contro i magnati giapponesi della casa farmaceutica era stata valutata dopo aver ricevuto un report settimanale fornito da George. Chi avrebbe mai pensato che quel ragazzo, in realtà, fosse nato per fare affari.
I secondi si trasformarono in minuti e i miei pensieri negativi si allontanarono, almeno finché la riunione non terminò.
«Ragazzi potete andare. Però vorrei che la signorina Peterson e O'Brien rimanessero per un altro paio di minuti, se non vi è di disturbo» Andrew ci nominò quando entrambi meno ce l'aspettavamo. Non era un segreto che ci conoscessimo tutti e che per loro nutrivo un grande affetto, ma in quell'occasione non mi parve una buona idea utilizzare il mio nome e quello di Dylan nella stessa frase. Alzai lo sguardo verso il mio capo per poi spostarlo su Margaret. Iniziai a sudare freddo.
Che le mie paure sulla possibilità di perdere il posto di lavoro fossero valide?
Concitatamente provai a sorridere, mentre camminavo andando incontro al mio destino. Nell'arco di qualche secondo si erano tutti dileguati, lasciando solamente me, i signori Kingstone e Dylan, a parlare come se fossimo dei vecchi amici.
I toni altisonanti e la severità nella voce vennero meno. Ci tenevano molto a mantenere la distanza professionale quando si trattava di aver a che fare con altre persone, ma una volta da soli non c'era più bisogno di alcuna formalità.
«Perché quella faccia da funerale, tesoro?» Margaret mi prese sotto la sua ala protettrice per poi sorridermi calorosamente. Probabilmente il mio fingere beltà non aveva funzionato. Ero stata scoperta in meno di qualche secondo. Scossi il capo cercando di dissimulare, evitando il contatto visivo con Dylan. Non volevo creare casini, saperlo al mio fianco era già abbastanza stressante.
«Cosa c'è di così importante da trattenerci qui, zia?» sbuffò uno scocciato O'Brien. Neanche a lui piacevano quel tipo di sorprese. Iniziò a grattarsi la nuca per poi stringere le braccia al petto insoddisfatto.
La donna dai lunghi capelli rossi alzò gli occhi al cielo borbottando qualche parola sottovoce. «Sempre così impaziente, vero? Se non sapessi che tu sia figlio di mio fratello avrei sicuramente detto che fossi il mio. Andrew sei sicuro che nella nurse non abbiano scambiato Nathan con Dylan alla nascita?» Mi scappò un sorriso, cosa che sfuggì anche ad Andrew.
«Tesoro, considerando che il nostro unico genito nacque in pieno inverno e che Dylan, invece, è venuto alla luce in estate, direi che non c'è possibilità.» La donna raccolse il mento tra le dita annuendo energicamente. «Eh, già. Hai ragione. Che fortuna, allora!» Sbatté tutta sorridente un pugno nell'incavo prodotto dalla propria mano, per poi tossire e riprendere un certo contegno.
«Bando alle ciance! Volevamo chiedervi di firmare alcuni moduli per le pubbliche relazioni. Avevo lasciato questo compito a Kobe, ma non ci ha più fatto sapere nulla; perciò, abbiamo pensato di cogliere la palla al balzo. Non è nulla di cui preoccuparvi, è solamente per evitare che tutto il palazzo spettegoli alle vostre spalle, una così bella coppia non deve nascondersi!» Glielo lessi negli occhi come la notizia la rendeva felice ogni volta, in tal proporzione, invece, faceva affondare il mio orgoglio sempre più.
Mi imbarazzai, avevamo discusso da neanche ventiquattro ore sull'argomento, sembrava tutto un grosso scherzo. Scossi il capo abbandonando qualsiasi tipo di opposizione. Forse era semplicemente il destino a volere che continuassi quella farsa.
Dylan allungò una mano verso quelle della zia abbassandole. Mi permisi di scrutarlo attentamente. Non sembrava esserci neanche un briciolo di felicità nel suo sguardo. Anzi, era molto duro e oscuro in volto. Serrò la mascella, permettendo il formarsi di una sottile linea rosea al posto delle labbra.
«Ho detto qualcosa di sbagliato?» bisbigliò successivamente Margaret rivolgendosi al marito, anche Andrew sembrava non capire cosa quel gesto volesse significare.
«Assolutamente nulla, zia. Ma...» Dylan retrasse le braccia per poi voltarsi come se nulla fosse. Si massaggiò il collo e, solo dopo essersi allontanato di qualche metro, parlò dandoci le spalle. «Noi non stiamo più insieme, oramai. Mi dispiace, ma non potremo firmare quei moduli.»
Solo dopo aver pronunciato quelle parole, Dylan si voltò sorridente.
Sebbene per la prima volta da quando eravamo in quella sala era riuscito a piegare le labbra in una smorfia quasi beante, i suoi occhi mostravano tutta la tristezza racchiusa in quella frase. «Non c'è più nulla tra di noi, quindi credo bene che sia arrivato il momento di pensare ad Amanda come la grande lavoratrice che è, soprattutto senza il bisogno di alcun modulo o di nessun fidanzato!» aggiunse il moro mantenendo sempre una certa distanza. Rimasi di stucco. Stava veramente adempiendo alle sue promesse.
"Sistemerò tutto". Era proprio ciò che stava facendo. Avrebbe potuto sfruttare quella situazione a suo piacimento, sopravvenendo ai nostri precedenti accordi e forzandomi in qualcosa per cui non volevo più essere coinvolta, ma non lo fece. Si era dimostrato per l'ennesima volta la splendida persona che era.
«Oh. Io... mi dispiace, ragazzi. Non sapevo, cioè...» Margaret sembrava più sconvolta di quanto avessi mai potuto credere. Raccolse i moduli che aveva precedente preparato passandoli al marito in maniera trafilata. Andrew era ancora più in imbarazzo di lei e non sapeva cosa farsene. Era stato trascinato lì dall'amata e all'improvviso era divenuto il portatore della avvilente notizia.
«Credo che Margaret volesse rendervi noto che non c'è assolutamente alcun problema e che siete liberi di poter andare. Speriamo che passerete una bella giornata, vero, mia cara?» Andrew destò la moglie dalla catarsi. La donna batté più volte le lunghe ciglia per riprendersi. «Oh, certo, certo. Sono solamente...»
«Mamma, papà, possiamo disturbarvi?» La voce squillante e allegra di Nathan rasserenò gli animi. Ci voltammo tutti per notare al suo fianco, stretta tra le sue braccia, una raggiante Emma. Gli occhi di Margaret si illuminarono di colpo, mentre il povero Andrew iniziò a massaggiarsi le tempie. Probabilmente sarebbe stato vittima di Margaret e della sua parlantina per il resto della giornata. Fui sicura che la perdita della coppia formata da me e Dylan potesse essere di gran lunga ricompensata dalla gioia di incontrare finalmente Emma e di poterla tempestare di domande senza opposizione alcuna.
E, mentre nella sala presero posto i due veri piccioncini, io sgattaiolai via giusto in tempo per la pausa pranzo.
Raggiunsi gli elevatori per poi aspettarne uno. Strinsi i gomiti più vicini al mio busto utilizzando entrambe le mani e aggrappandomi al tessuto della camicetta. Non mi sentivo a mio agio dopo ciò che era successo e l'inquietudine non poté che aumentare.
In pochi secondi il vuoto al mio fianco venne colmato da una figura tanto imponente, quanto sfuggente.
Quando le porte dell'ascensore si aprirono tale spettro vi entrò senza fare convenevoli. Con la coda dell'occhio l'avevo da subito riconosciuto, era impossibile non farlo dopo tutto il tempo che avevamo passato insieme. Avrei potuto ricordare il suono dei passi o il candore della sua presenza ovunque. Per non parlare del suo profumo o del suo profilo, ero certa che non li avrei dimenticati così presto.
Non mi mossi subito, seguirono pochi secondi, nei quali inspirai profondamente prima di entrare in quello stesso ascensore con lui, Dylan.
Il moro allungò una mano solo quando il mio intero corpo sorpassò i sensori. Premette il pulsante che ci avrebbe condotto a piano terra. Ingoiai la saliva che mi era rimasta e aspettai. Qualcosa, qualsiasi cosa... aspettai in silenzio.
Neanche io sapevo se quella fosse la situazione più imbarazzante o forse la più sgradita della mia vita.
Come si poteva definire il silenzio di due cuore tumultuosi?
Con il senno di poi lo avrei addirittura apostrofato "doloroso".
Perché era certo. Entrambi stavamo soffrendo, ognuno a proprio modo, con diverse intensità e con differente capacità di affrontarlo. Io non ero brava a risollevarmi da quelle situazioni, ma avrei dovuto impegnarmici. Era la vita, in fondo, e avrei fatto bene a imparare.
Strinsi ancor più forte la mia stessa carne rivestita dal cotone per poi lanciare uno sguardo pieno di rammarico verso Dylan e, con mia somma sorpresa, lo colsi a far lo stesso. Poteva definirsi un primo passo verso la "liberazione delle sofferenze", ma in quell'istante il mio fronteggiare le avversità aveva avuto tutto un altro sapore.
Mi sembrava di essere intrappolata in una dimensione alternativa; ci osservavamo incessantemente e insistentemente. Ma non erano i nostri soliti sguardi, parevano filtrati da quella stessa dimensione in cui eravamo rinchiusi. Se avessi potuto fare un paragone, avrei sicuramente considerato la possibilità che di fronte a me non ci fosse il vero Dylan, ma solamente un grosso schermo capace di trasmettere la sua immagine perché nonostante sapessi di essere così vicino, sentivo una distanza siderale a separarci.
C'era il silenzio a separaci.
E, se solo avessi dato voce ai miei pensieri e a tutto il mio disappunto, avrei urlato come mai in vita mia perché non potevo credere che tutto ciò che c'era stato tra noi sarebbe finito in quel modo! Avevo una tempesta fin dentro le viscere e, se fosse venuta fuori, avrebbe probabilmente distrutto anche quel mondo. Ero arrabbiata. Furiosamente irata nei suoi confronti, per aver permesso di arrivare a ciò e di avermi fatta perdutamente innamorare di lui.
Come avrei potuto conviverci? Cosa avrei dovuto fare?
Lo vedevo. Riuscivo a percepirlo. Lui lo sapeva quanta rabbia provassi. Ne era a conoscenza e sembrava stargli bene. I suoi occhi nocciola me ne davano conferma, si era arreso alla mia ira. Avrebbe accettato tutto quello. Il suo sguardo diveniva ogni secondo sempre più languido, pareva che non fosse neanche più presente lì. La sua figura perse di forza e lentamente anche i muscoli posturali diminuirono in tensione facendo cadere il suo volto nella mera consapevolezza di avermi deluso.
Perché alla fine dopo tutte le parole, i grandi gesti e i pianti che avevo elargito in quelle ventiquattrore, l'unica cosa che mi era rimasta era la delusione per non aver provato a fare di più. Non ero stata ingannata, né tanto meno avevo fatto qualcosa contro la mia volontà... ma ero delusa dal fatto di aver capito, forse troppo tardi, di non essere abbastanza per lui.
Stavo rincorrendo una bella favola un'altra volta.
Le ante dell'ascensore si aprirono, ma nessuno dei due parve interessato nel distogliere la vista dall'altro nell'immediato.
Che fosse stata una favola composta di sguardi indagatori e di contatti tra i nostri "io" più profondi lo avevo sempre saputo; le nostre anime si erano più volte sfiorate, ma solo in quel momento mi resi conto di come parte della nostra storia poteva essere definita una sequenza di silenzi senza fine.
E così, come tutto era iniziato, quel pomeriggio terminò. Il ragazzo che per la prima volta avevo incontrato sulla spiaggia di Los Angeles con gli occhi offuscati da ricordi passati e il cuore racchiuso in catene d'odio, si fece avanti, lentamente. La sua figura crebbe sempre più sotto il mio severo cipiglio. Mesi prima quello stesso ragazzo, dopo avermi notata inquadrarlo, preferì fugare i miei occhi. Preferì lasciare che i silenzi riempissero il vuoto.
Dylan incurante di tutto ciò che avessi potuto fargli, o dirgli, mi sovrastò con il suo corpo e mi strinse a sé.
Definii quel gesto come l'ultimo atto, la storia di Lilian e Dylan stava volgendo al termine. Il nostro finale e non seppi come reagire.
Non mossi un muscolo. Non ricambiai neanche il gesto, nonostante parte della mia rabbia scivolò via. Stava provando a fare ammenda, ma non era così semplice. Nulla lo era mai stato. Lui non era affatto una persona semplice. Neanche lontanamente.
E, quando chiusi gli occhi per evitare di dover ancora scontrare i suoi due fari luminosi, la sua presa si alleviò. Strinsi i pugni aspettando cautamente prima di rialzare nuovamente le palpebre. Avrei voluto ricordare Dylan per ciò che mi aveva trasmesso con quell'ultimo tocco piuttosto che per il vederlo andare via.
Una volta riacquisita la vista non ci fu molto da scrutare. Il moro si era dissipato nell'ombra lasciandomi dietro con ancor meno rabbia di prima, ma forse con più consapevolezza. Non c'era molto da capire, in realtà. Era semplicemente il nostro modo di comunicare, di esserci.
Alzai dolcemente un angolo della bocca. Era il momento di voltare pagina e di fare tabula rasa. Creare una nuova storia, ma con elementi a me più congeniali... e forse, un giorno, Dylan ne avrebbe fatto ancora parte. Perché dovetti ammetterlo, forse non saremmo mai veramente riusciti ad allontanarci. Forse avremmo imparato a convivere con i nostri ricordi e con il nostro bisogno costante di comunicare.
Probabilmente avremmo trovato un compromesso in futuro, che non avrebbe recato danno a nessuno dei due, ma da cui avremmo potuto trarre beneficio.
Fino ad allora non mi rimaneva altro che andare avanti, aspettare e soprattutto non dimenticare.
Non avrei più dimenticato quel silenzio. Perché, in ogni storia che debba essere chiamata tale, i silenzi non sono mai troppi, poiché troppi sono i sentimenti che non hanno voce.
♣♣♣♣♣
Cari Cursed, non lasciatevi sfuggire il significato dietro alle semplici parole della protagonista! Penso che ognuno di noi debba sempre trarre un insegnamento da ogni occasione. Crescere. Diventare migliore. Capire quando bisogna essere felice senza aver bisogno di altro.
E' un capitolo fatto di silenzi, è vero, ma è anche un capitolo che ha tanto, ma tanto amore. Può non sembrare, ma lo si coglie dai piccoli gesti.
Un bacio, dalla vostra Red Witch,
Haineli ♥
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