91. Lezioni da apprendere e amici
♫ Lauv & Troye Sivan - i'm so tired ♫
Picchiettavo nervosamente l'indice sulla gonna attillata fatta stirare appositamente da Emma la sera precedente. Mi aveva creato un look professionale partendo da zero. L'aveva fatto poiché sapeva quanto fosse importante la prima impressione sugli azionisti, oltre che per fare bella figura nei confronti dei dirigenti della propria azienda. L'attesa mi metteva un'agitazione inaudita addosso. Era il mio vero primo passo nel mondo dei "grandi" e, se avessi sbagliato qualcosa, sarebbe stato un grosso problema.
«Rilassati, Amy. Devi fare solo da spettatrice, non c'è in gioco la tua carriera!» Cassidy mi diede una spintonata che per poco non mi fece cadere per terra, considerato il mio precario equilibrio sui tacchi. La ragazza non era per niente nervosa, al mio contrario.
«Non so come tu faccia a mantenere questo... questo autocontrollo! Eppure tu e Dylan sarete i prossimi!» La brunetta dagli occhi azzurri sbuffò sonoramente. Acciuffò qualcosa dalla sua borsa e me la pose. Era una scatola di cioccolati.
«Sembrano così buoni! Posso prenderne uno?» Stephan e O'Brien sbucarono alle nostre spalle. A quel punto eravamo al completo. Il moro scosse il capo con disattenzione dirigendosi verso la sua scrivania per poi gettarsi fra le braccia della sua comoda poltrona. Aveva un'aria così innocente quando era assonnato. Mi sporsi in avanti per poterlo osservare ancora un po'. Mi morsi un labbro inconsciamente: indossava una camicia bianca che decisamente gli metteva in risalto molto più che un paio di...
«Terra chiama Amy! Prendi un cioccolatino! Serve per darti energia. Sembri un po' persa...» Cassidy mi rimproverò. Scossi il capo e, titubante, allungai un braccio per afferrarne uno.
«Quindi è il grande giorno? Beati voi, io sono capitato nel turno della settimana prossima.» Stephan si fece spazio tra me e Cassidy adagiandosi contro la mia scrivania. Acciuffò la scatola dalle mani della brunetta iniziando a gustare i vari gusti assortiti senza avere la benché minima idea di cosa fosse il sovraccarico di zuccheri. «Aduoro il ciuccolato» bofonchiò tra un sospiro e un mugolio di piacere.
«Con chi sei in coppia, Step?» domandai soffermandomi con lo sguardo verso l'esterno della stanza. All'orizzonte non c'era ancora l'ombra di Kobe.
«Con George. Voi mi pare siate state accoppiate a Dylan e Lisa, vero?» il biondo aveva perso qualsiasi contegno accomodandosi sul tavolo come fosse una seduta.
Cassidy annuì entusiasta, mentre il suo compagno giaceva sulla poltrona collassato senza prestare la benché minima attenzione alla conversazione. Richiamato sobbalzò e, dopo aver sbattuto energicamente le palpebre, chiuse nuovamente gli occhi per un periodo di tempo indefinito.
«Nate, che gli è successo?» domandò scioccato Stephan verso il nostro compagno che, al contrario del cugino, era pieno di energie e si accingeva a raggiungerci.
«Oh, cioccolatini al caramello, posso?» Anche lui trovò posto appoggiandosi contro la mia scrivania. Ero stata lentamente cacciata a sedere ritrovandomi senza alcun appiglio. Scossi il capo facendomene una ragione, tanto non sarei rimasta ancora a lungo in quella stanza. E, mentre Nathan blaterava, tutti i presenti non facevano altro che fissare e analizzare Dylan. Il moro aveva iniziato anche a russare: si era decisamente addormentato nel bel mezzo della mattinata.
«Abbiamo finito il caffè a casa, non abbiamo spiccioli per il distributore e se ci fossimo fermati in qualche bar avremmo fatto tardi.» Nathan risolse i nostri dubbi. Si spiegava tutto. Tranne la sua iperattività. E, quando ero pronta a richiedere la formula del suo elisir di lunga prontezza, una voce gracchiante giunse alle mie orecchie.
«Vedo che non sei ancora pronta...» Lisa fece la sua entrata scuotendo i perfetti capelli mossi dalle onde dorate e mostrando il trucco impeccabile che le dava l'aria di essere nata con il rossetto sulle labbra.
«N-No, ecco, sì. Ci sono. Arrivo tra pochissimo.» Quella ragazza mi rendeva estremamente nervosa e sapere di dover condividere con lei il mio giorno di gloria non era esattamente l'idea di sabato mattina che mi ero prefissata.
«Kobe mi ha chiesto di avvisarti, ma credo andrò da sola a questo punto.» Lisa mi diede le spalle facendo librare in aria la sua mano come saluto. Mi avrebbe lasciata indietro. Ero sconvolta e irritata.
«Secondo me non scherzava, ti conviene correre. È un peperino quella ragazza.» George parlò per la prima volta in quella giornata, ma fu abbastanza per poter permettere alle mie gambe di muoversi, seppur con fatica a causa dell'ansia, verso il corridoio. Afferrai la giacca e il blocco degli appunti correndo sino alla zona in comune. Intravidi le porte d'acciaio dell'elevatore chiudersi.
«Aspettatemi!» L'ascensore si fermò giusto in tempo, aprendosi a una espressione furente che spuntò sulla faccia di Lisa. Guardai nell'antro per capire chi avesse bloccato le ante e, con mia enorme sorpresa, ritrovai Kobe. «Scusatemi, vi stavo attendendo di là, non credevo ci fosse un altro punto di incontro.»
Il nostro superiore si guardò attorno perplesso. Lisciai con una mano il tessuto di raso della gonna che si era stropicciato. Era impossibile riuscire a correre in quel modo e doveva essere assolutamente illegale!
«Avevo lasciato detto di avvisarti. Credevo non fossi in struttura, o così mi è stato detto.»
«Ops, colpa mia. Credo di essermi espressa male!» L'uomo si voltò verso la bionda con fare ragguardevole.
Sorrisi tirata per tutto il periodo in ascensore. Ormai non potevo più scappare.
Seguii Kobe fino alla sala riunioni senza porre domande. All'ultimo piano si districavano un labirinto di corridoi e sale riunioni circondate da pareti di vetro. Alcune erano occupate, probabilmente per dei corsi di aggiornamento, mentre altre erano totalmente vuote.
Kobe ci fece strada e, dopo averci aperto la porta, entrammo in quella che era già una popolata stanza di azionisti. Disposti attorno a una tavolata ellissoidale c'erano una cinquantina di funzionari. Ci dirigemmo verso il lato nord della sala per non essere di disturbo. Nessuno sembrò accorgersi di noi. Tutti gli occhi erano puntati verso la punta di diamante dell'azienda.
Lo riconobbi subito, chi stava intrattenendo gli azionisti con le sue belle parole e i grafici colorati era il signor Bayles. L'avvocato capo delle "O'Brien Corp." si stava nuovamente approcciando con il pubblico utilizzando numeri e comparazioni. Sembrava così a suo agio in quell'ambiente.
«Perché il signor Bayles tratta con... con... con chi sta trattando il signor Bayles?» domandai dopo essermi accorta che quella sprovvista di informazioni sulla riunione ero proprio io. Kobe, seduto fra me e Lisa, si voltò alquanto sorpreso.
«Conosci Leslie?» Leslie. Immediatamente il mio cervello ne fu deluso. Mi sarei aspettata un nome pomposo e altisonante associato a quella figura professionale. Qualcosa come "Maximilian" sarebbe stato più che perfetto.
«Tempo addietro ha difeso Dylan in una disputa universitaria... c'entrava Richard.» Quello bastò a Kobe come risposta. Non indagò oltre.
«In pratica questi signori che vedi alla nostra sinistra sono azionari di una grossa casa farmaceutica in Giappone. Sono restii nell'investire qui a Los Angeles perché temono che le nostre leggi possano in qualche modo inficiare i lori guadagni. Leslie sta semplicemente mostrando i vantaggi di ciò a livello legale. Deve essere sempre presente un avvocato, ricorda questo. Mai trattare da solo con il cliente.» Scrissi il tutto sul blocco che avevo portato con me. Sentii in sottofondo una risata genuina. Probabilmente agli occhi di Kobe sarei potuta sembrare una ragazzina, ma avrei scritto anche intere commedie se avessero potuto aiutarmi nel processo di apprendimento.
«Mi sembra non sia abbastanza! Un 2% diminuirebbe gli introiti di un totale di quattro miliardi di dollari in tre anni. I nostri superiori non accetteranno l'accordo.» L'uomo al cospetto di Andrew Kingstone aveva tutta l'aria di essere il capo. Non sembrava essere ragionevolmente soddisfatto sui patti stipulati con l'azienda. Qualcosa non andava. Probabilmente il buon fine dell'operazione era a rischio.
«Sarebbe necessario un bonus di un miliardo di dollari per sopperire alle mancanze iniziali e avere dei tagli sul contratto che vadano a ricoprire le spese. La nostra collaborazione potrebbe pertanto giungere ad un accordo al massimo di due anni in queste condizioni.» Andrew si passò una mano sul volto prima di indicare a Bayles di tornare ad accomodarsi al tavolo con loro. Le carte tirate fuori dal team della casa farmaceutica parevano non convincere totalmente i Kingstone.
«Se accettassero questo accordo perderebbero le agevolazioni sui contratti di media durata. Sarebbe un fallimento per noi.» Kobe tradusse gli sguardi preoccupati dei nostri superiori. Alla fine, giunse l'agognata risposta.
«Propongo una tabula rasa. È un po' azzardato, ma penso possa fare a caso vostro.» Margaret sorrise verso il rappresentante dei nipponici una volta che il marito annunciò il rifiuto di quella proposta. Fece segno a un suo assistente, il quale adagiò sul tavolo un blocco di fogli freschi di stampa, per poter essere assegnati a tutti i presenti in sala. Non si sentiva alcun suono al di fuori del crepitio della carta. Eravamo tutti con il fiato sospeso per conoscere l'esisto di quella partita a scacchi. Ogni mossa poteva essere la decisiva.
«Cosa dovrebbe significare? Di certo le perdite non possono essere rimpiazzate da buone parole e promesse!» Quando finalmente mi ritrovai tra le mani ciò a cui Margaret e quell'azionario facevano riferimento, mi posi la stessa domanda.
«Vi stiamo proponendo un investimento a lungo termine. Nessuna proroga, ma un nuovo contratto che verrà costruito da zero e che fa affidamento sui fondi internazionali garantiti alle imprese che hanno meno di un decennio di attività. Come potete notare dal livello del grafico tre a piè di pagina, entro i prossimi tre anni l'aumento sulle tasse comporterà a una perdita del 0.54% netto sul profitto di ogni fine trimestre.» A quel punto Andrew prese parola. «Ma ciò non accadrebbe se andassimo oltre quel periodo. Un accordo di sette anni. Non chiediamo di più. Tutto ciò che verrà speso inizialmente servirà solo per l'avvio dell'economia. Ci siamo permessi di fare un paio di conti e come potrete notare alla fine del settenario avreste un aumento di ben 6.12 punti percentuali rispetto all'iniziale bilancio. Uno in più rispetto a qualsiasi altra azienda che, come ben sapete, possono offrire solo fino al 5%. Credo sia un compromesso più che accettabile.» Il signor Kingstone sembrava avere la situazione in pugno. Era nel suo habitat naturale. Aveva lavorato a una strategia prevedendo le richieste del suo investitore e aveva fatto sembrare la sua proposta come la più allentante. E in effetti lo era per davvero. Il guadagno sarebbe andato non solo alla compagnia nipponica, ma le stesse "O'Brien Corp." avrebbero avuto agevolazioni da quel contratto. Era un affare in tutti i sensi.
«In cambio, cosa dovrebbe venir meno dalla nostra parte?» la contro domanda sembrava lecita. Niente si scambiava col niente. Andrew alzò un sopracciglio come se non si aspettasse altro.
«Inserti pubblicitari sui vostri prodotti e rinuncia a qualsiasi variazione di contratto, con la possibilità di acquisizione della società nel caso di violazione degli accordi. Un'assicurazione sull'investimento mi pare lecita.» Quella mossa era decisamente azzardata.
Gli uomini alla nostra sinistra si scambiarono occhiate lungimiranti di intesa. Solo quando scorsi un sorriso sul viso del loro capo mi rilassai nelle spalle.
«È assolutamente lecito. Aspetteremo una copia dell'accordo per visionarla e farla leggere dal nostro team di legali al completo. Riceverete presto nostre notizie.» Che nel gergo commerciale significava solo una cosa: scacco matto al re e vittoria assoluta della partita. Era fatta.
Dopo essersi scambiati i saluti necessari, uno dopo l'altro gli uomini in nero con l'accento dell'est asiatico uscirono dalla sala, che immediatamente si svuotò nella sua interezza se non fosse stato per la nostra presenza, quella dei coniugi Kingstone e del loro entourage. Bayles, invece, si era congedato quasi iracondo. La sua proposta su grafici era stata bocciata, ancora una volta.
«Allora, ragazze, come vi è parso tutto ciò?» Margaret ci introdusse alla conversazione con un semplice sorriso. Era sempre solare ed era una gioia averla come guida.
«È stato assurdo! Per un momento ho creduto seriamente che sarebbe saltato tutto! È stato elettrizzante!» ammisi stralunata. Andrew si fece avanti per poter lasciare un bacio sulla fronte della moglie.
«È tutto merito del mio CEO di fiducia. È riuscita a trovare la risposta perfetta ai nostri problemi. Io ho solo fatto da portavoce. Spero che vi serva tutto ciò. Ricordate di andare sempre incontro alle esigenze dei vostri clienti, ma senza dimenticare che avete una società da mandare avanti.» Ci ragguardò il signor Kingstone. Era la nostra lezione per quella giornata. Probabilmente anche la più importante.
Abbandonammo la sala per dirigerci al piano inferiore. In teoria avevo terminato con successo la mia prima visione sul campo e, stando alle parole di Margaret, ero completamente libera.
«Non potrei partecipare a una seconda seduta proprio dopo pranzo? Sono disponibile a visionare nuovi casi senza problemi, anche per tutta la settimana se servisse a metter su una buona parola...» Lisa era ripartita alla carica. Mi chiesi come non si potesse stancare mai di mettersi in mostra. Ne sarebbe mai stata soddisfatta? Scossi il capo per diniego e chiusi gli occhi. Non volevo mettere bocca in discorsi che non mi appartenevano, seppur fossi in completo disaccordo.
«Purtroppo non si può, Lisa. Andrew e Margaret vogliono dare a tutti voi le stesse possibilità. Il di più dovreste guadagnarvelo. I prossimi saranno...» Kobe frizionò le dita sulla carta al di sopra della cartellina di plastica porta oggetti, probabilmente aveva il programma della giornata. «... Dylan e Cassidy. Peccato, si perderanno la pausa pranzo. Voi sarete più fortunate a riguardo.» Il moro ci sorrise lietamente e, quando le ante dell'ascensore si aprirono, si fece da parte per permetterci di passare. Era un galantuomo.
Lisa sembrò non apprezzare quei metodi fin troppo raffinati e ugualitari. Aveva sempre vissuto basandosi su un sistema piramidale, dove lei era la punta della stessa, servita e riverita, ed essere considerata alla pari di altre persone non le faceva piacere. Ci superò entrambi con sdegno. Non riuscii a trattenere un risolino a causa del temperamento fin troppo scoppiettante della bionda.
Per certi versi rimpiangevo Sophia.
«Wow, ma è sempre così prepotente?» mi domandò Kobe distaccandosi per un attimo dal suo ruolo di tutor.
«Credo abbia sviluppato il suo atteggiamento passivo aggressivo negli anni. Ha una dote naturale per la repulsione umana» confessai pensando solamente agli eventi dell'ultima settimana. Era una maestra del voltare la frittata, era certo. Alzai il volto incrociando gli occhi neri di Kobe solo qualche istante. Lui sembrò recepire il messaggio, non tanto velato, che sarebbe stato meglio non aver a che fare con quel genere di persone. Deglutii quando mi resi conto che quel semplice sguardo poteva essere frainteso in qualche modo. Mi discostai iniziando a incamminarmi verso la sala dove avevo lasciato il cappotto e la borsa.
«Senti, Amanda...» Mi voltai mostrando un finto sorriso sul volto. Sperai con tutta me stessa che non stesse per dirmi qualcosa per cui io non avevo risposta, come era successo l'ultima volta.
«Amy!» una mano calda e rassicurante si posò all'altezza della mia vita. Un brivido partì dalla mia schiena e, come al seguito di un colpo di frusta, mi girai verso il mio nuovo interlocutore. Rimasi molto sorpresa quando ritrovai gli occhi più singolari del mondo proprio di fronte ai miei. Eric, notando il mio stupore, si aprì a un sorriso molto lascivo. Scoccò un'occhiata verso Kobe, per poi allungare la mano libera verso di lui.
«Piacere, sono Eric, tu devi essere il supervisore di Amy, Cassidy e dei ragazzi.» Kobe sbatté le palpebre un paio di volte prima di rispondere al saluto come se nulla fosse. Sembrava imbarazzato.
«Sì, sono proprio io in carne e ossa. Kortis Bensor, piacere, ma tutti mi chiamano Kobe. Tu devi essere il ragazzo di Amanda, suppongo.» Che cosa stava accadendo esattamente? L'aria perché si era rarefatta di colpo? Ma in tutto questo... cosa diavolo aveva detto? Ragazza?
Eric lasciò la presa dal mio fianco per poi ridere di gusto. Io avevo ancora il viso paralizzato dal finto sorriso che stavo propinando per non sembrare scortese.
«No, non sono il suo ragazzo... sono più una sorta di fratello maggiore, se così possiamo dire. Purtroppo non ha mai voluto intraprendere una storia d'amore con me nonostante le mie avance.» Eric si avvicinò a Kobe ponendo una mano davanti alle labbra così che non potessi udire o carpire ciò che gli avrebbe detto. Divenni rossa potendo solo immaginare quali terribili eventi avrebbe riportato alla luce e reso pubblici. Scossi il capo sconvolta aspettando il responso che non tardò ad arrivare: il mio supervisore spalancò gli occhi per poi tossire imbarazzato. Ecco. Lo sapevo.
«Eric! Che ci fai qui?» sibilai a denti stretti. Non che non mi facesse piacere vederlo, ma non mi sembrava il caso di discutere. Mi avvicinai per strattonargli un lembo della camicia e fargli fare un paio di passi indietro. L'imbarazzo era più che visibile sul mio volto.
Eric non perse il sorriso, ma anzi sembrò ravvivarsi ulteriormente. Kobe interruppe quel momento tossendo.
«Bene, io credo sia il momento di andare. È stato un piacere ehm... Eric. Buona giornata Amanda, parleremo un'altra volta.» Kobe si congedò molto velocemente fino a entrare nel suo ufficio. Solo a quel punto mi mostrai rabbiosa. Mi caricai schiaffeggiandogli un braccio.
«Ma che ti salta in mente? Sono a lavoro, non alla sagra di paese!» Lo rimproverai. «Cosa gli hai detto e perché sei qui? Cerchi Cassidy?» continuai.
Mi guadagnai un'ulteriore risata e la sua più totale strafottenza. Richiamò l'ascensore. «Sono venuto a vedere se qualcuno di voi voleva mangiare un hamburger in compagnia. Purtroppo Cassy è occupata, come anche Dylan. Nathan ha detto che ha già ordinato alette di pollo dal cinese e Stephan non mangia cibi di cui non conosce provenienza certa, quindi manchi solo tu. Ti va di venire a pranzo con me e i ragazzi?»
La sua proposta mi colse totalmente alla sprovvista. Cosa dovevo fare? Non mi aveva rivelato neanche il motivo per il quale si era comportato in quel modo.
Il suono di un campanello mi fece ritornare alla realtà. Eric si sporse dalle ante dell'ascensore quel tanto per bloccarne il richiamo. Mi guardò mostrando i suoi occhioni e con tutta l'intenzione di mettermi in soggezione. Era un ragazzo affascinante e non aveva vergogna nell'esserlo, anzi gli piaceva fin troppo mettersi in mostra.
«Va bene. Sarò dei vostri» ammisi la sconfitta soppesando quelle parole amare. Non mi piaceva essere manipolata in quel modo e Eric sapeva bene di avere certe capacità. Alla fine dei conti ero più che contenta di passare del tempo con i miei amici e riempire uno stomaco che non vedeva cibo dal giorno precedente.
«Bene, ci vediamo di sotto! A dopo, Lilian.» Le ante dell'ascensore si richiusero a una velocità maggiore di quanto avessi immaginato tant'è che non potei replicare con nessun tipo di battuta arguta. Non mi chiamava con quel nome da tempi immemori, risultando stridulo e pretenzioso. Lo aveva fatto di proposito, era ben chiaro, come anche l'occhiolino finale che mi aveva rifilato il secondo prima di scomparire dietro l'acciaio.
Ed io sorrisi. Perché nonostante il tempo o tutte le vicissitudini che avevamo passato, quel ragazzo non era cambiato di una virgola nei miei confronti. Era sempre il figo dal sorriso perfettamente irriverente e la lingua tagliente; era sempre l'analizzatore e il protettore delle donzelle in pericolo; era sempre pronto per nuove sfide, sicuro di sé e, soprattutto, sarebbe sempre stato uno dei miei più cari amici.
♣♣♣♣♣
Amy, come ben sappiamo, è una ragazza che ha paura del futuro. Combatte per la ricerca del suo posto nel mondo perché ammettiamolo... la vita è molto più che arcobaleni e poesie, perciò mi sembrava giusto dare spazio anche alla sua, di vita e speranze.
Mi scuso per tutti i termini tecnici usati impropriamente, non studio né giurisprudenza, né economia o affini, tutto ciò che so l'ho appreso dalle serie tv! Quindi se non avete capito niente non preoccupatevi... Non sapevo neanche io cosa stessi scrivendo.
Posso dire in mia discolpa che ce l'ho messa tutta per renderlo credibile.
A presto, dalla vostra Red Witch,
Haineli ♥
P.S.(Piccola Suspense): volete sapere cosa avranno da dire gli amici maschietti in merito? Beh, dovrete solo aspettare il prossimo capitolo.
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