68. Destino (Dylan VI) (2/2)
♫ Shawn Mendes - In My Blood ♫
E mi sentii incredibilmente stupido per essermi perso nuovamente nei pensieri di lei. Mentre tutto il mondo andava avanti, io venivo risucchiato sempre più indietro.
Avevo un peso, che per quanto potesse essere bello, mi faceva sentire così inadeguato con me stesso. Era da troppo tempo che quei sentimenti positivi non sbocciavano dentro me e avevo la costante paura che potessero scomparire da un momento all'altro. L'incertezza del non essere o essere ricambiato mi teneva a galla a fatica. Avevo l'illusione che tutto fosse ancora possibile. Non avrei ceduto alla tentazione di compiere qualche passo falso verso di lei, così fragile, così pura... e così dannatamente ostinata.
Destino ah? Era il destino che avrebbe deciso per me? No. Non lo avrei permesso.
Lasciai il boccale di birra vuoto sul bancone, saltai giù dallo sgabello e mi diressi verso il gruppetto che si era precedentemente allontanato per ballare. Li individuai tutti sulla pista, ma l'unica persona che mancava all'appello era proprio lei. Mi avvicinai a Margot per poterle domandare dove fosse Lilian, considerato che l'ultima volta l'avevo vista in sua compagnia.
Mi confidò che fosse fuori per parlare con Nathan. Quando era arrivato? E perché Margot sembrava così triste per avermelo rivelato?
Non lasciai passare neanche un secondo di più, cambiando la mia rotta verso l'uscita del locale. In quelli che furono pochi attimi, nella mia testa iniziò a raffigurarsi una singola immagine: Lilian. Più precisamente la Lilian di qualche sera prima, quella che avevo "costretto" essere succube dei miei baci sul suo collo, la ragazza su cui mi ero avventato con lo scopo di farle capire quanto fosse una bugia che lei amasse qualcun altro.
Quella che io non avevo avuto il coraggio di baciare. Avevo avuto paura dei miei stessi sentimenti ed ero scappato. Avevo avuto paura la mattina precedente e la stavo provando anche in quel momento. Avevo paura di perderla.
Avevo capito che avrei dovuto darmi una mossa se non avessi voluto perderla. Non mi importava del tempismo. Non volevo saperne nient'altro che non fossero i suoi pensieri riguardo noi due, insieme.
Mi gettai in strada senza pensarci due volte, voltandomi più volte nella disperata ricerca dei miei più cari amici. Iniziai a muovermi frenetico. Volevo Lilian, volevo trovarla, Dio se ero stato stupido ad aspettare così tanto.
Finalmente li intravidi, sul retro. Mi avvicinai provocando dei rumori sordi così che non si spaventassero. Tossii per richiamare l'attenzione, trovando quel gesto uno strano calmante. Era lì, Lilian, avrei potuto parlarle e dirle tutta la verità.
«Che succede Dylan, tutto bene?» domandò Nate venendomi incontro. Lei levò le lunghe ciglia in alto per spiarmi. Un'occhiata fuggente, niente di più. Al contrario, mio cugino, sembrava parecchio scosso. Mi si avvicinò incerto e tremante. Che avesse avuto dei problemi?
«Certo... tutto bene, vorrei parlare con Lilian, da soli. Per caso ho interrotto qualcosa?» Nathan soffermò per un attimo il suo sguardo verso di lei prima di rispondere. Scrollò le spalle, ritrovando serenità e afferrandomi un braccio in maniera amichevole.
«Tranquillo, è tutto a posto. Avevamo finito, in realtà. Perciò vi lascio soli, ti aspetto dentro, Amy.» Nathan mi superò dandomi una pacca ben assestata, mentre Lilian si scostava dalla porzione di strada illuminata dal lampione, per spostarsi verso il muro di mattoni e appoggiarcisi con il bacino. Si strinse nelle spalle a causa delle basse temperature. Si massaggiava frenetica gli avambracci lasciati semiscoperti dal giubbetto di pelle che portava. Poco dopo si strofinò le mani tra di loro portandole a coppa verso la sua bocca. Una piccola nuvola di fumo bianco fuoriuscì dalle sue labbra gonfie e illuminate per metà. Quanto avrei voluto scaldarla io.
«Allora, Dylan? Cosa volevi dirmi?» il tono nella sua voce era diverso da quello usato fin ora. Era più dolce. Forse, oserei dire, rassegnata dalla consapevolezza che il momento del nostro confronto non sarebbe più stato ritardato. Eravamo semplicemente noi, nessun più che potesse interromperci.
Strinsi i pugni avvicinandomi cautamente a lei. Era come un cerbiatto spaventato, non le avrei dato un pretesto per andare via.
«Volevo dirti che mi dispiace. Vorrei scusarmi per come mi sono comportato con te. È da allora che ci penso. Ripenso a come sia stato meschino da parte mia costringerti a subire le mie carezze e i miei baci. Mi dispiace anche se mi hai già detto di avermi perdonato, perché non ti ho detto tutta la verità. Quello che ho fatto io non l'ho fatto solo per Richard. Io ero lì, consapevole che ogni millimetro del mio corpo volesse essere a contatto con il tuo. Ero lì pronto ad assaporare le tue labbra e a sfiorare il tuo collo e il tuo profilo... mi dispiace perché non avrei dovuto fermarmi... io volevo dirti che da quella volta ho capito che-». I passi che avevo fatto avevano coperto tutta la distanza che c'era tra di noi. In quel momento solo le nuvole biancastre che emanavano le nostre bocche fameliche potevano dirsi distanti, per il resto ci eravamo nuovamente congiunti. Le mie mani erano arrivate sul suo volto e il mio petto era contro il suo.
I nostri respiri andavano all'unisono, avvertivo come il suo cuore non facesse che battere sempre più forte. I suoi occhi erano vivi. Finalmente stavano risplendendo per qualcosa, che sperai fosse amore... quello che io stavo provando come se fosse un fuoco in piena regola e che mi stava attraversando le viscere.
Era quello ciò che si provava quando tutte le emozioni ti entravano come un vortice? Ero un misto di sensazioni e ormoni: carico di adrenalina, di paura e di rammarico.
Lilian schiuse le sue labbra arrossate di riflesso.
Mi avvicinai a lei ancora un po'. Probabilmente in un'altra situazione avrei continuato a blaterare e a sortire frasi di ogni tipo su quanto avesse ragione che la ragione non c'entrasse niente con i propri sentimenti. In quel momento, forse, le parole più adatte sarebbe state "io ti amo", ma sapevo che non mi avrebbe creduto. Avrei voluto solamente farglielo capire e dimostrare. Avevamo davvero parlato troppo in quei mesi e forse era semplicemente il momento di agire.
Peccato che quell'esitazione sul da farsi fu la causa del dolore che ne derivò da lì a pochi istanti più tardi.
«Dylan, non ti devi scusare. Probabilmente hai pensato che fossi abbastanza stupida da cascarci, ma lo so che stai facendo tutto questo per passare del tempo. O forse vuoi farlo perché credi io abbia bisogno di un qualche tipo di consolazione per dimenticare quello che mi è successo. Ma non ha senso. Non ha senso, perciò basta!» urlò a pochi centimetri dal mio viso. Che cosa stava accadendo?
«No, Lilian, no! Hai frainteso, non mi ascolti! Io non-» mi bloccò nuovamente, scattando via dalla mia presa e dandomi le spalle. Non mi guardava neanche più mentre mi parlava. Non stava vedendo come la mia anima era andata in pezzi sotto il peso delle sue parole.
«Certo che sì! Ho capito, Dylan! Vuoi divertirti come hai sempre fatto! Pensi forse che io abbia bisogno di questo per dimenticare quel verme? Ho sempre odiato il "chiodo schiaccia chiodo" e tutto ciò che ne derivava!» Era una mia impressione o le mie possibilità si stavano sgretolando alla velocità della luce? «La festa di questa sera, l'accompagnarmi a casa, ciò che stai facendo in questi ultimi giorni non è da te! E mi fa soffrire sapere che neanche tu riesci a trattarmi normalmente! Perciò non acconsentirò mai più a qualcosa del genere. Io non voglio questo per noi...» ci indicò stizzita come se anche sono l'idea di noi due assieme potesse disgustarla.
Quelle parole mi colpirono dritte in mezzo al petto. Tutto ciò che di positivo avrei potuto fare in un futuro era stato oscurato dal mio "essere Dylan" e dal mio passato. Avrei voluto difendermi, dirle qualcosa, falle cambiare idea. Ma a che prezzo? Se mi avesse creduto era oramai troppo tardi... o troppo presto. Lei aveva espressamente detto che "noi" non era ciò che voleva. Lo aveva detto, cazzo, lo aveva veramente detto. Irrigidii tutti i muscoli del mio corpo. Non ero ricambiato.
Abbassai le palpebre, amareggiato e infastidito dal fatto che oramai le avessi fatto credere che fossi un mostro senza più un cuore. Inconsapevolmente l'avevo portata su un binario opposto al mio ed io non avevo più modo di farmi credere umano.
Cosa fare? Insistere? Dirle che l'amassi?
Se mi avesse creduto a quel punto sarebbe anche peggio. Mi avrebbe allontanato perché non avrebbe voluto che mi facessi illusioni. Ma io non volevo allontanarmi da lei.
Abbondonai le braccia lungo i fianchi penzoloni, cedendo alla malinconia. Abbassai il capo verso il basso inquadrando uno spicchio di muro: cemento freddo e scalfito dal tempo.
Quindi era quello ciò che si provava quando il proprio cuore non aveva trovato la sua metà? Lo avevo messo in conto già, eppure. Mi rimboccai le maniche pensando che avrei dovuto agire nel migliore dei modi, facendo solo ciò che avesse potuto giovarle, anche se sarebbe costato tutto per me. Era il prezzo da pagare per non aver capito prima che essere Dylan significava anche mettere in gioco dei sentimenti. Mi sarebbe toccavo vivere per sempre con il rimorso.
Serrai la mascella costringendomi a sorridere. Avrei finto di non essere cambiato di una virgola, se era quello ciò che lei voleva. L'avrei accontentata e resa felice rimanendo nel mio, non causandole più alcun problema.
Amore era felicità. Almeno avrei potuto osservarla ancora ridere. Le sarei stato accanto ancora per molto, ma non come avrei voluto. Sempre meglio che non averla affatto nella mia vita.
«Credo tu abbia ragione... cioè, noi? Pff. Era da molto che non andavo con qualcuna e pensavo che avremmo potuto venirci incontro. Ci ho provato, lo ammetto. Ma ho recepito il messaggio, non ti darò più alcun problema, te l'ho promesso. Non farei mai nulla che tu non volessi.» Mi avvicinai a lei portandomi alla sua destra. L'osservai desideroso di poterla averla tra le mie braccia per l'ultima volta. Scacciai quel pensiero brutalmente. Lei si irrigidì a sua volta udendo le mie parole. Era pur sempre splendida nonostante le labbra serrate e gli occhi spenti persi in chissà quale ricordo.
Avrei dovuto dimenticarla.
Lilian si voltò quel tanto per poter scorgere la mia figura. Mi ricercò, avida di informazioni sul mio stato, terminando con lo scrutare la mia guancia pallida. Fece presa su un mio braccio, arrivando ad abbracciarmi inaspettatamente dopo un piccolo slancio. Un gesto che apprezzai con tutto me stesso.
Non si limitò solo a quello, però. Lasciò che le sue umidi labbra sfiorassero il mio volto per suggellare quel nostro momento. La strinsi a me circondandole la vita e facendomi inebriare le narici dal profumo di pesca. Sapevo che non avrei mai potuto più approfittare di un momento simile. Sembrava quasi un tacito addio, perché ne aveva tutto il maledetto sapore. Avevo la fauci secche e gli occhi arrossati, chi se lo sarebbe mai immaginato che mi avrebbe scosso fin dentro le viscere. Fosse stato per me, l'avrei tenuta per sempre tra le mie braccia.
Passai le mani sul suo corpo trattenendo la carne pallida fintanto che me lo avrebbe permesso. Non desideravo niente di più.
«Ti ringrazio per tutto ciò che tu abbia mai fatto per me, ma sappiamo bene entrambi che senza amore... non può funzionare.»
Il destino non solo era beffardo... il destino aveva vinto ancora.
♣♣♣♣♣
Cari Cursed, in origine queste due parti erano di due capitoli differenti, ma perché separare qualcosa che è destinato a stare insieme? Riferimenti ai personaggi sono del tutto casuali! Io non centro niente, sono Lilian e Dylan che sono complicati!
Alla prossima, dalla vostra Red Witch,
Haineli ♥
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