63. Richard

Lana del Rey - Young and Beautiful ♫

Ormai era tutto finito.

La magia che aveva incantato quei mesi si era volatilizzata portandosi dietro una realtà lastricata di bugie. Non c'era più amore, non c'era più niente a tenere il mio cuore incollato come un tempo.

Nella furia generale avevo acciuffato il borsone, utilizzato solo pochi giorni addietro, riempiendolo con un paio di cambi. Me ne sarei dovuta andare via prima che Emma facesse ritorno. Avrei dovuto trovare un posto dove soggiornare per un paio di notti, anche un hotel sarebbe stato perfetto. Tutto quello che volevo era sparire dalla circolazione.

Mentre le mie mani lavoravano veloci affinché non dimenticassi il necessario, il campanello trillò facendomi sobbalzare all'indietro. Qualcuno era fuori la porta di casa mia aspettando una mia mossa. E, con tutto quell'ammontare di rabbia e dolore avevo dimenticato che ci fosse anche lui. Il traditore, il bastardo che mi aveva illusa prendendosi gioco di me non una, ma ben due volte.

Dentro di me nasceva sapiente la voglia di radiare il suo nome da qualsiasi ricordo, ma sapevo che per farlo avrei dovuto prima affrontarlo. E così feci. In quel momento scelsi deliberatamente di parlarci faccia a faccia per chiudere la nostra storia, per sempre. E non mi sarei mostrata fragile, né impaurita. Al contrario, avrei dimostrato di essere la donna più forte e testarda che avesse mai potuto incontrare sulla faccia della terra.

Ma ancora non sapevo tutta la verità.

Con piccoli passi mi diressi verso la porta dell'appartamento avvolgendo la maniglia tra le mani tese. Una volta ruotata la manopola sapevo che non sarei potuta più tornare indietro. Misi da subito spazio tra me e quell'energumeno.

Richard sembrò sorprendersi di quel mio atteggiamento schivo e freddo. Doveva abituarcisi il prima possibile.

«Bambolina, perché mi guardi in quel modo? È per la nostra discussione di prima?» Richard aveva un sorriso smagliante sul volto, come quelli che era solito propinare da perfetto adone greco. Impilò un paio di passi nella mia direzione, ma altrettanti ne feci io attorno al divano. Non doveva avvicinarsi. Serrai le labbra costringendo il mio sguardo a far trasparire tutto il disprezzo che provavo per lui in quel momento. Non c'era spazio per i sentimenti positivi.

«Non sono la tua bambolina, Richard Whitemore. O dovrei chiamarti "W"?» proposi atona. Richard sembrò non capire quale fosse il fulcro del discorso. O forse faceva solo finta. Sbuffò infastidito.

«Okay, sei arrabbiata, ma dai Amanda, non fare la bambina... era un discorso serio!» si lamentò il vero bamboccione.

«Non mi hai capita. Non sono arrabbiata. Sto letteralmente bruciando dall'ira e vederti mi fa ribrezzo. Non sono la tua bambolina o qualsiasi altro nomignolo tu mi avessi affibiato. Non sono più niente per te. Non lo sarò mai più. Ti ho fatto venire affinché potessi guardarti negli occhi e dirti quanto tu mi faccia schifo. Sei l'essere più spregevole che io abbia mai incontrato su questa Terra. Davanti a me ho solo un recipiente biondo di bugie e falsità. Rimpiango il giorno in cui ti ho dato una seconda occasione. Se non ti sono mai piaciuta avresti potuto semplicemente continuare per la tua strada!»

Richard indurì lo sguardo. Forse gli ingranaggi del suo cervello stavano iniziando a funzionare. Non c'era modo per rimediare.

«Mmh, capisco» decretò scurendosi in volto. Schioccò la lingua al palato arricciando il naso durante quel frangente.

«So di te e di Emma. So di come la vostra storia è andata avanti per tutto il tempo in cui siamo stati insieme. Ed io che pensavo che stessi aspettando di fare il grande passo con me perché ci tenessi davvero ai miei sentimenti. A quanto pare avevi già qualcuno che ti compiaceva. Perché, allora, provare ad avere me? Ti sei divertito perché ti allettava l'idea di stare con due donne contemporaneamente o volevi prenderti una rivincita poiché ti avevo rifiutato? Mi hai preso in giro per mesi e io ho messo persino in discussione me stessa a causa tua!»

Richard passò una mano sugli occhi compiendo un mezzo giro su se stesso. Massaggiandosi le tempie aveva tutta l'aria di un bambino scoperto dopo una marachella, invece che quella di un uomo maturo che avrebbe dovuto quantomeno provare a fare ammenda. Sembrava che il mio discorso gli stesse provocando solo un gran mal di testa.

«Ciò che dici è vero. Avevo già lei e stare con entrambe era estremamente eccitante. Devo ammettere che sono sorpreso dal tuo atteggiamento» esultò con nonchalance come se stessimo affrontando un discorso di seconda categoria.

Le sue parole mi avevano impietrito e lui sembrò notarlo fin da subito. Un bieco sorrisino gli nacque sul volto, mentre sulle mie labbra moriva qualsiasi frase. Avrei giurato che come ogni fedifrago recidivo avrebbe provato a giustificarsi, persino a chiedere perdono o mentire. Però lui no. Lui non era come tutti gli altri, c'era qualcosa dietro quella maschera di tranquillità e fermezza che mi metteva i brividi.

Con tutta la naturalezza che gli apparteneva decise di accomodarsi sulla poltrona centrale. Sogghignava beato, mentre il mio corpo era tremolante e immobile. Era per caso uno scherzo per lui?

«Oh, Amanda. Cosa credevi esattamente? Perché quel faccino triste? Ti eri veramente affezionata a me? Anzi no, quello è lo sguardo della delusione. Credevi davvero che io fossi interessato a te. Sul serio?» Si allungò in avanti racchiudendo il mento tra le mani. «Allora sei più stupida di quanto pensassi» confessò indignato, mentre si abbandonava alla seduta come se fosse un ospite gradito. Acciuffò un biscotto direttamente dalla busta di cartone che non avevo avuto il tempo di riporre sullo scaffale, ingoiandone uno dopo l'altro. «Posso, vero?» si prese gioco di me. Eppure, per quanto avrei voluto urlare in quel momento, mi sentii incapace di farlo.

«Vedi, il fatto è che è stato anche fin troppo facile avvicinarmi a te. Sei una persona buona, devo ammetterlo, un po' mi è dispiaciuto tradirti e onestamente vederti così non mi piace. Non adoro particolarmente i manichini, preferisco quelle un po' più selvagge. Sarà per questo che non ho insistito con te. Tu cercavi una persona che potesse essere forte e che ti guidasse, mentre io volevo solamente vincere la scommessa che avevo fatto con me stesso. E c'ero quasi riuscito... ci è mancato davvero poco.» Il biondo schioccò le dita davanti a sé rammaricandosi per non essere riuscito a raggiungere l'obiettivo per lui più importante. Sciolse i muscoli della mascella, mentre sentivo come i suoi denti triturassero la pasta di nocciola e cioccolato.

Sbattei le palpebre spasmodicamente e, aggrappandomi al tessuto del divano, mi diedi la forza per ritornare a parlare. «Quindi lo hai fatto per questo? Mi hai usata! Di continuo! Mi hai illuso giorno dopo giorno facendoti credere una persona completamente diversa e tutto solo perché ti avevo rivelato di non essere una ragazza da una notte e via?» avevo gli occhi lucidi. Sapevo che le mie gambe non avrebbero retto ancora molto. Le ginocchia battevano le une contro le altre a un ritmo sempre più veloce. Monito recondito che fossi vicina al mio limite.

Non dovevo mostrarmi debole. Non dovevo. Me lo stavo ripetendo da troppo tempo... però, la realtà era che prima o poi sarei crollata.

Richard sbuffò. «Certo che no. Non mi interessavi più di tanto. Emma è una bomba a letto. Ti basta sapere che la prima volta che ci siamo incontrati è stata anche la prima volta che lo abbiamo fatto in assoluto, incredibile, non avrei potuto dirle di no in ogni caso. Passare da una Ferrari a un motorino non sarebbe stato conveniente, basta pensare a tutto il tempo che ho perso con te!» Si passò una mano sotto il mento, gettando sul tavolino una rimanenza di biscotto, con lo stesso disprezzo con cui aveva pronunciato quelle ultime parole. In quel momento mi ricordai delle foto di Emma nuda che avevo trovato sulla sua macchina fotografica. Altro che "servizio artistico". Magari aveva mentito anche sulla sua passione.

«Non sei così speciale come credi, bambolina...» cantilenò «Semplicemente, sapevo che colpendo te avrei anche affondato una volta per tutte quel bastardo.» Deglutii nervosa.

«Dylan?» sospirai con un filo di voce. Lui levò lo sguardò verso l'alto come se si fosse appena reso conto della mia presenza. Il suo monologo da protagonista sarebbe continuato ancora per un po'. Sorrise compiaciuto a causa della mia sagacia.

«Sai, ho perso il conto di quante volte io abbia visto quel bastardo guardare così la mia ragazza. Ogni giorno per un intero anno i suoi occhi finivano sempre per incrociare quelli di lei. E non è servito a nulla la mia caparbietà, il mio saper comandare e il mio innato carisma per spingerla ad allontanarlo. Lui me l'aveva portata via sotto il naso ed io come uno stupido glielo avevo permesso! Ma adesso, invece? Mi sono ripromesso che non sarebbe mai accaduto di nuovo e che come lui mi aveva sottratto Lydia, io gli avrei sottratto te. I suoi occhi hanno proprio la stessa espressione vomitevole quando ti fissa. Non è niente di personale, Amanda. Il mio scopo era solo quello di vendicarmi. In parte ci sono riuscito. A causa mia avete litigato più e più volte e quindi dovrei essere soddisfatto, però, non lo sono del tutto perché tu, cara Amanda, non hai fatto altro che corrergli dietro. Quindi dimmi, cosa dovrei fare, secondo te, affinché io possa essere finalmente in pari con quel bastardo? Non è bastato ciò che è accaduto alla festa e questo non è di certo abbastanza...» Stava vaneggiando... preso da un irrazionale momento di trepidante felicità si diede lo slancio portandosi al centro della sala. Contava sulla punta delle dita tutto il tempo che aveva passato a pianificare ogni dettaglio, mentre la sua lingua bagnava quelle labbra che avevo sfiorato troppe volte senza provare assolutamente nulla. Serrai i pugni sempre più disgustata e intimorita per ciò che sarebbe potuto accadere. Si stava sbagliando almeno su una faccenda: non poteva davvero credere che quello che provasse Dylan nei miei confronti fosse paragonabile all'amore per Lydia. Ciò che lo aveva portato a essere il ragazzo che era lo doveva a lei, non a me.

All'improvviso il telefono iniziò a squillare. Richard piegò la testa di lato osservando lo schermo del cellulare illuminarsi sul tavolino.

«Io penso che possa aspettare, non credi?» Mi sorrise malizioso, mentre nella stanza il rumore provocato dai bip incessanti riempiva il silenzio. Che sarebbe accaduto dopo? Dovevo prendere tempo.

«Di che festa parli?» domandai non appena la musica cessò e il terrore riprese a essere avvertito sulla mia pelle. Era uno psicopatico. Tutto ciò che diceva sembravano dei deliri di onnipotenza evocati in un nome di un torto subito troppi anni addietro.

Arricciò le labbra in avanti, indeciso sul rivelarmi o meno la questione.

«Una di molti anni fa» rispose lui scrollando le spalle. Un brivido percorse la mia schiena. C'era solo una festa rivelante ai fini della storia.

«Quella in cui è morta Lydia» sussurrai. Richard sembrò sorpreso per essere riuscita a indovinare.

«Vedo che sai molto più di quanto pensassi!» Sorrise compiaciuto, avvicinandosi. Mi raggelai sotto il suo sguardo languido.

«Cosa gli hai fatto, alla festa?» domandai spaventata e allo stesso tempo incapace di pensare ad altro. Era chiaro che per me non sarebbe finita troppo bene, almeno avrei potuto ricavare quante più informazioni possibili. Cosa non mi aveva ancora confessato?

«Oh, Amanda. Basta con queste domande.» Sorrise allungando un paio di passi, mentre indietreggiavo intimorita. Nella mia mente avevo appena trovato la risposta al più grande dei misteri.

Era chiaro come il sole, forse lo era sempre stato. La verità era proprio lì davanti ai miei occhi ed io non ero stata capace di unire i puntini prima di quel momento. Le parole di Stephan mi ritornarono alla mente veloci come un boomerang: ero certa mi avesse confessato un misfatto, ma avevo creduto fosse solo uno screzio adolescenziale come una scaramuccia, ma se fosse stato qualcosa di più grosso? Di più pericoloso? "Aveva portato a delle conseguenze disastrose" mi aveva riferito.

«Sei stato tu la causa della morte di Lydia... cosa hai fatto? Hai tagliato i freni alla macchina di Dylan? Hai convinto qualcuno a tagliargli la strada? Sei stato tu! Per questo non ti dai pace... incolpi Dylan di ciò che tu hai fatto in realtà! Sei tu l'assassino! Sei tu che hai ammazzato la tua ragazza pur di non vederla nelle braccia di un altro e hai ucciso anche Dylan così!» gridai tenendomi la testa fra le mani e respirando affannosamente. Richard spalancò gli occhi incredulo, facendo sì che la rabbia che covava nel suo cuore potesse impadronirsi anche dei suoi gesti e delle sue parole. Sembrava totalmente un'altra persona.

«Doveva morire lui quella sera! Doveva morire solo lui!» urlò affannato. Le vene sul suo collo pompavano più sangue del necessario, mentre nelle sue iridi potevo osservare il mio riflesso. «Sarebbe stato tutto perfetto grazie alle chetamine che mi ero procurato! Dissociazione dalla realtà e sonnolenza! Era semplice, un po' di polvere bianca nel suo bicchiere e via se ne sarebbe andato come un angioletto precipitando in un dirupo o venendo investito. Invece no. A morire è stata Lydia! È stata lei perché quel bastardo l'ha portata via da me anche quella notte! Cosa ci ha guadagnato a sfidarmi? Guardalo! È l'ombra di se stesso ancora oggi!» Richard mi attanagliò le braccia con le sue dita robuste costringendomi a un contatto decisamente non voluto. Non potevo scappare o fuggirgli. Ero in trappola.

A pochi centimetri dal mio viso iniziò a ridere nervosamente come se fosse una barzelletta dal finale imprevisto. Quel ragazzo era un sociopatico.

«Lo hai drogato... e io lo dirò alla polizia, finirai in galera e Dylan saprà la verità così sarà lui stesso a riprendersi tutti gli anni che gli hai rubato. Pagherai per tutto ciò che hai fatto» pronunciai quelle parole con cura. Doveva sapere che non c'era più speranza per lui. Che era finita.

«Oh, ma tu non lo farai!» annunciò continuando a ridere. Non riuscivo a capire perché si stesse comportando in quel modo e mi faceva estremamente paura.

«Perché credi ti stia dicendo tutto questo? Pensi che sia uno stupido che si incastra da solo? Oh, bambolina, sappi solo che se io vado affondo tu verrai giù con me. Dylan non è stato l'unico che io abbia drogato nella mia vita. In realtà, è stato solo il primo. Vederlo in quello stato e le conseguenze che sono derivate hanno solo scatenato in me la voglia di farlo con altre persone. Non hai la minima idea di quante volte io abbia drogato te, invece. A dire la verità in mia compagnia sei stata drogata quasi tutto il tempo, il bello è che ho anche le prove! Ti ricordi il test in cui sei svenuta in classe? Sai, alcol e pillole non vanno proprio d'accordo. È stato magnifico vederti sprofondare quella notte e la mattina successiva.» Si leccò un labbro come se davanti gli occhi avesse una preda indifesa.

«Sei un maniaco! Lasciami, cazzo. Come hai potuto? Perché? Oddio!» Mi strattonai dalla sua presa così da avere un po' più di spazio per respirare. Richard schioccò la lingua al palato. Arretrò di qualche passo compiaciuto nell'avermi spezzata ancora una volta. Provai a scappare correndo verso la porta, ma il biondo mi intercettò richiudendola sotto il suo peso. Si stava solo divertendo a vedermi in difficoltà.

«Fossi in te non lo farei. Non sto scherzando quando dico che ho le prove. Ho mantenuto un paio di bicchieri con il tuo DNA su di essi. Per non considerare che molti dei tuoi averi potrebbero essere stati contaminati da quella polverina magica. Chissà in che posti ho nascosto alcune pillole! Se la polizia dovesse scoprire qualcosa a mio riguardo io credo non ci metterebbe molto a incriminarti per uso di sostanze stupefacenti. Come sappiamo potrebbe non valere una condanna da scontare in prigione, ma sarebbe abbastanza per farti sospendere da qualsiasi università. Per non parlare del fatto che non verresti mai assunta in nessuna azienda del campo azionario! Sai, ho controllato, richiedono espressamente che i propri dipendenti non utilizzino droghe o che ne siano affini. E tu, mia cara, ne hai fatto uso! Certo, qualcuno potrebbe anche credere alla tua storia, ma andiamo io e un'altra mezza dozzina di ragazzi ti abbiamo vista svenire il giorno di un importante test universitario. Passeresti per sempre per la ragazza che per alleviare lo stress si sia fatta una bella sniffata cadendo quasi in overdose! A quel punto la tua reputazione sarebbe rovinata e non importerebbe più a nessuno quale sia la verità. Niente lieto fine. Tutta la tua vita sarebbe rovinata e tu saresti etichettata per sempre come una tossico-dipendente. È questo ciò che vuoi?»

Mi si formò un groppo in gola. Quello che mi stava dicendo è che avrebbe mentito pur di far nascere un dubbio e macchiare per sempre la mia carriera. Sarebbe stata la sua parola contro la mia, con l'unica differenza che lui aveva fabbricato prove false che aveva piazzato chissà quando. Mi aveva incastrata ed io non sapevo cosa poter fare per uscire da quella situazione.

«Cosa vuoi da me?» domandai mogia perdendo la luce negli occhi. Ero la sua bambolina, un oggetto nelle sue mani e avrebbe potuto fare di me tutto ciò che voleva.

«Quello che devi fare è semplicemente tenerti per te questo piccolo innocuo segreto. Vedilo come un regalo di addio, sono certo che distruggerà te avere Dylan così vicino e non potergli raccontare la verità. Sarà magnifico vederlo cedere e tutto questo perché sei una persona buona che non vorrà spezzargli il cuore.» Richard mi fece un occhiolino allungando una mano fino a far scattare la serratura della porta d'ingresso, fino ad aprirla.

«Amanda! Amanda! Tutto bene?» Dalla tromba delle scale udii Nathan richiamarmi a gran voce. Mi voltai di scatto nella sua direzione, mentre gli occhi mi si riempivano di lacrime.

«Uff, l'amico del cuore sempre pronto a intervenire. Era così snervante averlo intorno. Ricorda quello che ci siamo detti bambolina e nessuno si farà male. Potrai continuare a vivere la tua vita... ed io la mia.» Sorrise nuovamente nell'esatto momento in cui Nathan si accorse della presenza del biondo in casa.

«Che ci fa lui, qui?» digrignò Nathan stringendomi a sé dalle spalle. Il suo sguardo era furioso e sapevo che al primo cenno da parte di Richard sarebbe scattato per potergli infliggere dolore. Strinsi una sua mano nella mia pregandolo con lo sguardo di calmarsi.

«Credo sia arrivato il momento di andare. È stato un piacere parlare con te, oserei dire che sia stato illuminante. Kingstone: ci si vede in giro.» Richard salutò con un gesto della mano superando la soglia dell'appartamento fino a dileguarsi. I miei occhi, però, avevano la sua figura ancora ben impressa. Quel suo modo di parlare, di guardarmi, non sarei riuscita a levarmelo dalla testa.

Il cuore ritornò a battere nuovamente. Avevo avuto talmente tanta paura che facevo fatica ad ammetterlo. Mi rannicchiai tra le braccia di Nathan iniziando a singhiozzare convulsa. Ero stremata e afflitta come mai prima d'ora. Se lui non fosse arrivato, chissà a cosa sarei potuta andare incontro. Ringraziai chiunque fosse lassù per non avermi lasciato sola.

Le sue mani morbide mi sfioravano i capelli, mentre con le braccia tentava di tenermi stretta a sé. Mi lasciai cullare dal suono della sua voce e dai gesti di conforto. Passarono una decina di minuti prima che riuscissi a smettere di piangere.

«Va un po' meglio, ora?» soffiò al mio orecchio. Accennai una risposta positiva trattenendo tra le dita il cappuccio della sua felpa. Sapeva di bucato appena fatto, forse si era vestito solo qualche minuto prima.

«Come facevi a sapere che-che avevo bisogno di te?» domandai grata poggiando la mia fronte sul suo petto, per evitare di mirarlo negli occhi. Potevo avvertire i battiti del suo cuore rimbombare nella gabbia toracica: erano leggermente accelerati.

«Margot mi ha informato di tutto. Mi dispiace di non essermene ricordato, avrei potuto dirti la verità questa mattina e avremmo affrontato Emma e Richard, insieme. Ho subito ipotizzato quanto potessi essere distrutta, così mi sono adoperato per venire a prenderti ovunque tu fossi. Ti ho chiamata poco fa, ma non hai risposto... probabilmente stavi parlando con quel tizio e non te ne sei resa conto. Ho sperato che fossi rimasta a casa come mi aveva suggerito Margot: per fortuna aveva ragione. Sarei dovuto giungere prima!»

Annuii mogia.

«Va tutto bene, Amy. Non ti meritano. Non si meritano la tua dolcezza e neanche il tuo buon cuore. Non sei sola. Ci sono io con te e non ti tradirei mai. Da Emma questo non me lo sarei mai aspettato.» Nathan sembrava amareggiato tanto quanto me.

«Vieni a stare da me qualche giorno. Anzi, che dico, se vuoi persino un mese o due. Tutto il tempo che ti serve per riprenderti, sono la tua famiglia e tu sei la mia.» Ero ancora stretta tra le sue braccia, ma percepivo le iridi limpide di Nathan riempirsi di amore. Quella tonalità di azzurro era il cielo sopra i miei pensieri e il mare dove navigavano le mie sicurezze. Lui era Nathan ed io sarei stata per sempre la bambina che lui aveva protetto in tutti quegli anni a spada tratta. E lo avrebbe sempre fatto.

Quella era l'unica favola a cui avrei sempre creduto e niente avrebbe potuto farmi pensare il contrario.

«Non ti lascio sola.» Sorrisi per la prima volta in quel pomeriggio accettando la sua offerta. Nathan ricambiò con un casto bacio sulla fronte, dove ciuffi ribelli alloggiavano disordinati.

Mi lasciai cullare tra le sue braccia fino a che ebbi memoria.

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