54. Solo con te (1/2)
♫ Billie Eilish, Khalid - lovely ♫
Roteai gli occhi al cielo infastidita. Se pensava che lo avrei seguito in qualche tugurio alla cinquanta sfumature si sbagliava di grosso.
«Te lo puoi scordare!» pronunciai. A quel mio rifiuto, Dylan non cedette, agguantandomi per la vita mi costrinse a spostarmi di qualche metro. Troneggiava sulla mia figura con un sorrisino strafottente sul volto e a nulla valse il mio inveirgli contro. Si stava divertendo come un bambino.
«Andiamo, è una stanza dei giochi! Dovrebbe esserci la mia Playstation e una Console Nintendo. Però, ora che ci penso, credo l'abbiano smantellata. Prima c'era il mio nome attaccato a questa porta.» Il moro mi lasciò libera di respirare per constatare che la targhetta in metallo non fosse più presente.
«Eri un assiduo frequentatore delle Corporation?» Con due sapienti colpi riuscii a sistemare il completo che Dylan aveva sgualcito con le sue maniere rudi. Mi abbandonai contro la parete in attesa di una sua risposta. Con la schiena a contatto con il freddo muro immaginavo un piccolo Dylan scorrazzare per quegli stessi corridoi una manciata di anni prima. Una piega malinconica presero le mie labbra quando il pensiero della sua solitudine sfiorò la mia mente. Sembrava non aver avuto un'infanzia come tutti gli altri. I gesti e l'atteggiamento che tendeva a serbare nei confronti dei suoi genitori me ne davano conferma.
«Trascorrevo ogni pomeriggio fra queste mura. Era questa la mia seconda casa. Letteralmente. La domestica passava a prendermi da scuola per portarmi dai miei genitori. Avevo fatto licenziare così tante babysitter che alla fine i miei decisero che fosse meglio tenermi sotto controllo. Facevo i compiti diligentemente ed ero il piccolo principe della società che passava indisturbato per tutto il palazzo. I dipendenti delle Industries mi facevano da insegnanti e amici. Ho imparato tutto quello che era necessario sapere per entrare in una scuola di Economia direttamente sul campo quando avevo dodici anni! Per non parlare del buon gusto per le donne grazie a tutte le stagiste che mi facevano compagnia, sai non sono niente male da queste parti.» Posai una mano sul volto, non poteva averlo detto sul serio.
«Stai facendo delle allusioni?» domandai scocchiando la lingua al palato. Alzai un sopracciglio con fare inquisitorio, mentre Dylan si appoggiava alla parate con un braccio, sovrastandomi.
«Esattamente» pronunciò con enfasi che non passò inosservata. I suoi occhi impertinenti mi perquisirono con insistenza dall'alto in basso.
«Come sei prevedibile, O'Brien. E racconta un po', come mai ti sei voluto allontanare da questo mondo idilliaco?» Mi diedi lo slancio con il bacino distaccandomi dal muro e riprendendo a sollazzare per il corridoio silenzioso. Mi guardai intorno: non era di certo il posto migliore in cui far crescere un bambino.
«Lo so cosa stai facendo...» soffiò dopo essersi completamente voltato nella mia direzione. «Vuoi che io ti racconta del mio passato. Farò finta di non averlo intuito e starò al tuo gioco. Fammi pensare!»
Dylan si passò una mano tra i ciuffi ribelli stiracchiandosi e allentando la tensione. Mi aveva colta in flagrante a fissarlo. Retrassi il mio sguardo aspettando un qualche cenno da parte sua. «Mmh, non era un vero paradiso come puoi ben immaginare. Era un luogo piacevole in cui passare le mie giornate e fino al diploma sono rimasto molto più che soddisfatto. Dopo Lydia tutto ciò che volevo era rimanere da solo quindi non facevo molto caso a chi mi circondava. Avendo studiato da privatista non avevo neanche molti modi per fare nuove conoscenze. I miei non mi aiutarono in questo. Sono stato nella loro bolla perché mia madre temeva sarei potuto crollare da un momento all'altro. Quindi ho aspettato di iniziare l'università per riflettere su ciò che volessi realmente. Il risultato? Ero tremendamente solo. In compenso, però, avevo il mio sarcasmo, buoni voti, una società e un'intera stanza del palazzo di vetro dove i miei genitori credevano che sarei stato al sicuro. Sai, è persino insonorizzata: ho richiesto personalmente quella modifica dopo l'incidente. Non volevo che nessuno sentisse ciò che combinavo o cosa urlavo.»
«È davvero triste Dylan... mi dispiace.» Il moro mi riservò un sorriso spontaneo. Mi scrutò di sottecchi arricciando il naso subito dopo.
«Non devi. È grazie a quelle giornate se noi oggi siamo qui, non credi?» si grattò la nuca imbarazzato.
«Ma, se posso chiederti, cosa successe al college?» Stretta nelle mie spalle provai a fare un passo nei suoi confronti, sia fisico che mentale.
Scrollò le spalle. «Accade che come in tutte le favole il principe scopre di dover salvare la principessa rinchiusa in una torre. In questo caso sarebbe me stesso, quindi sono ed ero sia il principe che la principessa, hai capito bene.» Rise divertito quando notò la mia faccia accigliata. Poi continuò. «Ho scoperto che il mio fantastico castello era costruito su bugie. Quei pochi amici che avevo si erano avvicinati a me solo per il mio cognome e che i colleghi di lavoro dei miei genitori semplicemente mi sopportavano perché ero il figlio del capo. Ho aperto gli occhi e mi ha fatto incredibilmente male. Distaccarmi da tutto ciò è stata una decisione presa per constatare quanto il mondo fosse disposto a fare per avermi. Ma, come volevasi dimostrare, nessuno si è fatto avanti.»
«Hai voluto trasferirti a Los Angeles per trovare degli amici che ti volessero davvero? Per non sentirti più solo?» domandai a bruciapelo seguendo il suo ragionamento. Le sue pupille si allargarono per un istante scosse dalla voglia di rispondere. Alzò un angolo della bocca.
«Bingo. O almeno questo era il piano iniziale. Mio cugino sarebbe stato al mio fianco, pensai. Ma forse non ero proprio pronto mentalmente per affrontare la realtà. All'UCLA ho scoperto che il vero motivo per cui non avessi degli amici veri non era il mio cognome, ma il mio modo di agire e pensare. Negli anni sono stato talmente abituato ad allontanare tutti quelli che mi volevano bene, perché temevo potessi ferirli, che quando provavo a non sentirmi più dannatamente solo alla fine non facevo altro che circondarmi di "figure" insignificanti. Credevo avrei sopportato meglio il peso di questa vita, ma la verità è che non la voglio costruita da finzioni. Mi voglio beare di persone vere, mettendomi in gioco: essere un amico, non più il ragazzo solitario, non più quello con problemi, solo... essere Dylan. Se sono riuscito a capire tutto ciò è stato grazie a qualcuno che ha aperto i miei occhi andando oltre le apparenze, contro me stesso e il mio cuore di pietra. Avevo bisogno di un paio di batoste per capire cosa avrei voluto veramente dalla mia vita. Ed io voglio passare le giornate pensando che c'è qualcuno che sorride pensando a me, qualcuno per cui sono disposto a fare di tutto, non più in maniera egoistica. È mia intenzione rimediare agli errori passati facendo tutto ciò che è in mio potere per essere diverso, migliore, ma sempre me stesso. Lo so, ti può sembrare un discorso strampalato e senza senso, ma è quello che provo. Sono convinto tu possa capire che nei sentimenti niente è logica, ma solo pura irrazionalità che cresce rigogliosa come una pianta o qualcosa del genere. Non ricordo bene il tuo discorso, ero troppo occupato a pensare come fossi fortunato a parlare con te che sei sempre rimasta al mio fianco.» Gli occhi di Dylan si mossero convulsivamente a scrutare il mio volto. Istanti interminabili che avrebbero preceduto i suoi movimenti nella mia direzione. Ero spalle a muro e impossibilitata a scappare.
«Grazie, Lilian... io...» Quando credetti che non potesse esserci momento più perfetto, qualcosa - o meglio qualcuno - turbò il nostro equilibrio. Perché sì, avevamo un nostro equilibrio fatto di remore e delusioni, ma da altrettanti sentimenti tormentati e da pura felicità: io mi sentivo dannatamente bene. Stavamo costruendo qualcosa di insostituibile e invisibile persino a noi stessi. Dylan era un universo di emozioni, tante piccole fragilità che riempivano le ferite di una vita creando uno splendido mosaico. Ne era pieno. Positive o negative che fossero lo rendevano unicamente speciale.
«Lanny, caro! Dobbiamo parlare!»
♣♣♣♣♣
Non disperate Cursed, il capitolo non è veramente così corto!
La seconda parte è dietro l'angolo.
P.S. Lo so che siete dei licantropi famelici e che questa storia sia la vostra luna piena ♥
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