51. Scontro tra pavoni
♫ Maneskin - Chosen ♫
I miei genitori avevano lasciato la festa a metà del suo svolgimento, incapaci di poter presenziare fino a tarda serata. Li avevo ringraziati con un forte abbraccio, facendomi cullare dalle loro parole di incoraggiamento per il futuro.
Fu così che mi ritrovai a fare il punto della situazione. Eric e Cassidy si sparavano occhiate di fuoco dai poli opposti della stanza, mentre, gettati sul divano, c'erano Emma e Matt. Lei sembrava totalmente in balia dei modi raffinati di lui cercando di essere al centro di tutte le sue attenzioni.
«Ma che le prende?» sbottò Nathan osservando la scena. Era indispettito e infastidito.
Mentre sorseggiavo dal calice della semplice Sprite, provai a giustificare la bionda: era sotto effetto dell'alcol come la maggior parte dei ragazzi in sala, magari non si rendeva neanche conto.
Richard si tirò il colletto della camicia per prendere aria. Si mise a ridere mostrando uno strano ghigno divertito. «La tua amica è in cerca di attenzioni... lo sappiamo tutti, andiamo!» Mi voltai stranita incurvando un sopracciglio. Cosa stava insinuando?
«Voglio dire... se Matt fosse stato un altro probabilmente non ci avrebbe pensato due volte a saltarle addosso. Tu stessa mi hai raccontato della relazione avuta con Eric. È sempre stata così!» Non credevo che Richard pensasse quelle cose nei riguardi della mia migliore amica, non era mai stata una poco di buono. Aveva l'idea di essere libera di vivere le relazioni amorose come meglio voleva e lui non aveva diritto di additarla in quel modo.
«Spero che rimangerai tutto ciò che hai appena detto, altrimenti sarò costretto a mostrarti l'uscita della casa a suon di calci per il didietro.» Nathan fece un passo in avanti cercando una esplicita sfida di sguardi.
Margot s'era oscurata in volto: sospettai ci fosse qualcosa sotto, percepivo inquietudine nel come scrutava i due ragazzi. Una strana aura le aleggiava intorno da quando era tornata dalla toilette. Era guardinga. In quel momento le sue pupille si ingrandirono, intimorita più dalle parole di Richard che da quelle di Nathan. Tirò indietro quell'ultimo come se avesse paura che qualcosa di cattivo ne uscisse dallo scontro.
«Scusa amico, hai ragione. Ha ragione Amanda: è l'alcol a parlare» Richard si giustificò alzando in alto il bicchiere ormai vuoto. Udii un indistinto grugnito.
Non feci in tempo a proferir parola che il tintinnio sul vetro fece capolino alle mie orecchie. Ci voltammo sorpresi, scorgendo nella confusione un Dylan affannato e piegato in due. Dove avere preso quella stoviglia? Erano tutte in cucina.
«Nathan non credi sia ora di dare il nostro regalo alla festeggiata?» propose dopo aver tossito. Incurvò le sopracciglia sperando di metter fine a quella probabile rissa non ancora iniziata. Il mio migliore amico squadrò un'ultima volta Richard riponendo poi tutta la sua attenzione su di me. L'aria si alleggerì di colpo.
«Credo che Dylan abbia ragione: è il momento dei regali. Signori Peterson inclusi, diglielo a tua madre Becca, mi ha intimato che se non lo avessi espressamente rivelato non mi avrebbe più preparato la Red Velvet!» Mia sorella, dall'altro lato della stanza, applaudì lanciando un occhiolino di intesa.
«Sarà fatto, non temere.»
«Bene, dopo queste formalità devo avvisarti che il tuo regalo non è materiale.» Sorrisi ricordando che esattamente un paio di ore prima il cugino mi aveva risposto con le medesime identiche parole. Stranamente non mi dispiacevano.
«Sei stata assunta come nuova stagista alle "O'Brien Corp"!» urlò Dylan allargando le braccia nella mia direzione. Boccheggiai incredula.
«Cosa?» squittii voltandomi verso Nathan. «Mi prendi in giro! Lo sai che ho sempre desiderato lavorare nella tua società,» mi voltai verso Dylan «nella vostra società!» Abbracciai dapprima il giocatore di football.
«Ma come avete convinto i vostri genitori?» chiesi inspirando a pochi centimetri dal suo volto.
«Diciamo che avevi delle buone referenze...» si intromise Dylan arrossendo. Probabilmente accettare la propria "nuora" doveva essere naturale agli occhi dei signori O'Brien. Senza contare che i miei genitori erano nel settore da anni e li conoscevano personalmente, quindi c'era stato il loro zampino quasi sicuramente.
«Non so davvero come ringraziarvi! Io-Io...»
«Trattieni le belle parole per quando inizierai a lavorare. Per rendere legale il contratto c'è bisogno che tu apponga la firma sui documenti il prima possibile. E poi il posto sarà tuo, possa cascare il mondo.» Mi gettai nuovamente tra le braccia di Nathan per poi correre incontro a Dylan entusiasta.
«Dovremmo andare a Stanford, quindi?» domandai poco prima di stringerlo. Stranamente ci mise qualche attimo prima di ricambiare la presa salda e ferma. Pensai che stesse indugiando un po' troppo con la mano tesa al mio fianco.
Mi allontanai quando capii che probabilmente sarei arrossita. Mi morsi le labbra facendo un passo indietro per inquadrare il mio nuovo interlocutore: Richard.
«Qui entro in gioco io. Ti accompagnerò sino a Stanford e passeremo una notte a San Francisco poiché avrei un colloquio di lavoro.» Sbarrai gli occhi. Il punto di domanda stampato sul mio volto era più grande della gioia per il suo regalo.
Perché mai cercare lavoro a San Francisco?
«In uno studio fotografico» aggiunse impacciato, leggendo tra le righe del mio sospetto. Mi rilassai immediatamente. Presi il suo volto tra le mie mani lasciandogli un bacio casto. Udii Trevor dire "che schifo", ma poco mi importò.
«Sono fiera di te» scandii bene le parole una volta che le nostre fronti furono in contatto. I miei occhi elargivano orgoglio e brillavano per la scelta coraggiosa che stava compiendo.
Un colpo di tosse giunse alle nostre spalle. Dylan assottigliò la vista. Probabilmente stava pensando a qualche battutina pungente da fare. Richard era stufo del suo continuo mettersi in mezzo, tanto che sbuffò per l'irritazione.
«Che c'è, O'Brien? Problemi se faccio un viaggio con la mia ragazza?» grugnì mentre Dylan sembrava volesse veramente rispondere a quella domanda retorica.
«Non sarei così convinto se fossi in te» cantilenò. Richard mi cinse le spalle con un braccio come per sottolineare il fatto che io fossi sua e basta. L'aria si stava nuovamente elettrificando, mentre tutti gli occhi erano puntati sulla loro diatriba. Nathan osservò la scena decidendo di intervenire.
«È molto semplice, Richard. Non puoi presentarti lì come il ragazzo di Amanda, te lo avevamo già spiegato, quella cosa... sai...» Il biondo sbuffò snervato. Oh, forse avevo capito a cosa si stessero riferendo.
«Ma non può inventare un'altra balla? Magari che hanno rotto e basta?» propose stufo di dover dipendere da terzi nella nostra relazione.
«Potrebbe farlo, ma non cambierebbe il fatto che i nostri padri vogliono che anche Dylan torni a Stanford. A lui verrà proposto lo stesso contratto di Amanda e sinceramente non andrebbe a suo favore se si scoprisse che lei ha rimpiazzato il loro figlio con un altro proprio alla vigilia dell'assunzione.» Cosa stava dicendo?
«Esatto. Quindi, cari miei, la romanticissima vacanza a due si trasformerà in un incubo a tre. Non siete anche voi impazienti di affrontare questa disavventura, insieme?» Dylan aveva un sorriso che gli andava da orecchio a orecchio. Si inumidì le labbra, mentre si gustava la reazione poco sobria di Richard: potevo sentirlo dalla sua presa, si stava innervosendo.
«Va bene, O'Brien. Lo farò solo perché voglio il meglio per Amanda. Faremo questo viaggio insieme. Ma non credere che toccherai il volante della mia auto, sappiamo bene che non sei un gran pilota.» Il sorriso di Dylan gli morì sul volto. Era stato davvero un colpo basso.
Il moro alzò le braccia in segno di resa. Aveva subito il colpo e in qualche strano modo anche il mio cuore rimase livido. Mi discostai dalla presa di Richard un po' scocciata. Il biondo ruotò gli occhi al cielo.
«Visto che è stato tutto chiarito, io vado in bagno.» Lasciai che si allontanò senza dirgli nulla. Dylan ne approfittò per scambiare due parole con me in privato.
Lo spettacolo si era concluso e tutti sembravano aver ripreso a parlare con il proprio vicino come se nulla fosse.
«Non mi avevi assicurato che avresti fatto terminare la nostra finta storia settimane fa? Quando confesserai a tua madre che in realtà non stiamo insieme?» gli sussurrai quando fu abbastanza vicino.
«Lascerò che se ne accorga da sola quando le invierai la partecipazione del tuo matrimonio con un altro.» Era serio: i suoi occhi cupi fissavano il mio profilo con placida sicurezza. Non avrebbe mai detto a suoi genitori di noi.
«Soprattutto perché mi avresti lasciato per quello. Non gli darò mai la soddisfazione di vantarsi che tu sia la sua ragazza. Non nel mio mondo.» Non seppi come controbattere. Tra i due ragazzi non c'era nient'altro che rivalità, non riuscivano a metterla da parte neanche per il mio bene.
Lasciai così che quel discorso cadesse nel dimenticatoio. Mi misi a osservare i nostri amici chiedendo se ci fosse qualcuno interdetto quanto me. Tutti, però, sembravano non essersi accorti di nulla, tranne la figura che scorsi dietro la spalla di Dylan: Becca.
«Te lo avevo detto» mimò con le labbra. A quel punto non potei fare a meno che allontanarmi definitivamente da Dylan. Stava facendo insinuazioni sulla base del nulla cosmico. Era ovvio che il signorino intraprendesse quel viaggio non per me, ma solo per infastidire a Richard!
«C'è la torta!» urlò Josh trasportando un grosso vassoio dalla cucina verso il tavolino in legno posto tra i divani. Mi allontanai dalla calca di persone che si era formata per poter stare in disparte a pensare. Mi era passata totalmente la fame e fu così che notai Stephan solitario.
«Niente torta?» tentai. Sembrava piuttosto contrariato.
«I dolci non mi piacciono molto, preferisco bere» mi confidò alzando in alto il bicchiere. Era brillo anche lui. Perché tutti avevano l'abitudine di ubriacarsi?
«Non sei con Richard?» mi domandò subito dopo. Sembrò scrutare la folla per cercarlo.
«Ha fatto delle affermazioni poco carine, non mi andava di stargli accanto, sinceramente. È in bagno quindi non saprei, preferisco la tua compagnia, se non ti dispiace.» Lui rise.
«Oh, sì immagino. Lui è così, molto... mmh... pungente e permaloso, ecco sì. Certamente non gli ha fatto piacere che tu abbia abbracciato Dylan.» Iniziò a ridere come se avesse appena detto la cosa più divertente del mondo.
«Che c'è di sbagliato?» domandai iniziando a smaniare a mia volta. Avevo agito troppo impulsivamente. Era ovvio che non gli avrebbe fatto piacere. Forse le parole di scherno, cattive e lapidarie, erano state scaturite a causa del mio gesto efferato. In ogni caso, però, avrebbe potuto parlarmene.
«L'ultima volta che la ragazza di Richard è stata così vicina a Dylan, lui fece qualcosa di moooolto brutto. E poi è andata moooolto male, sai-» Stephan stava delirando. Mi fece un cenno con il capo consigliandomi di avvicinarmi a lui, come se stesse per rivelarmi il più oscuro dei segreti. Mise un passo avanti inciampando rovinosamente nei suoi stessi piedi. Ci fu un tonfo, seguito a ruota da una risata sprezzante.
«Mi sono fatto male!» urlò divertito riverso a terra. Era parecchio ecclettico come soggetto, non c'era che dire. Matt e Josh, che erano lì vicino, si fecero avanti per aiutarlo. Il biondino si riprese in un batti baleno. Guardava estasiato tutt'intorno, sorridendo come un ebete. Feci schioccare le dita davanti al suo volto per poter avere la sua attenzione. Spalancò le palpebre sorpreso.
«Stephan, cosa stavi dicendo? Su Richard e Dylan?» La presa salda di Josh e Matt sembrava più una distrazione che un aiuto, in quel momento. Il biondino mi rivolse un sorriso vago.
«Credo di essere ubriaco!» constatò coprendosi gli occhi con una mano. Mi arresi. Era inutile avere una conversazione in quelle condizioni. Mi morsi un labbro con rimorso.
Consigliai ai due miei amici di farlo stendere sul divano. Decisi di lasciar perdere le sue parole deliranti per il resto della serata. Potevano significare tutto, quanto essere indice di niente.
Qualcosa, però, nella mia mente si impose di evitare che le sue ultime parole venissero dimenticate: quello scorcio di conversazione aveva più valore di quanto avessi mai potuto credere.
♣♣♣♣♣
Cari Cursed, volevo solo ricordarvi di essere felici.
Io cerco di farlo dandovi un pezzo di me tramite questa storia, ma so che è solo una piccola goccia in un mare di malessere.
I tempi sono quelli che sono e il nostro animo non è meno importate e non va trascurato.
Anche se potrà sembrarvi difficile, sappiate che i più bei fiori crescono nelle avversità. Perciò continuate a essere imprevedibili, siate capaci di donare tutto di voi stessi in qualsiasi condizione sfavorevole e soprattutto... Siate sempre unici!
Baci e Incantesimi, dalla vostra Red Witch, Haineli ♥
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