37. Lola

♫ Axel Thesleff - Bad Karma ♫

La mattina seguente riuscii a svegliarmi in tempo per la colazione. Era la prima volta da quando ero atterrata nel vecchio continente.

Tastai le calde coperte attorno a me, ammassate a lato. Di Emma non vi era traccia: mi aveva abbandonata. Ero certa si fosse alzata piena di energie alla scoperta della capitale.

Raccolsi le forze per vestirmi e trascinarmi nella camera adiacente. Avevo bisogno di un cambio e di fare una doccia. Bussai in corrispondenza della stanza con il numero 169, ma nessuno rispose.

Quando avvertii il suono di una porta aprirsi, mi accorsi che non fosse la mia. Alle mie spalle una splendida ragazza uscì dalla 168. L'osservai incerta: aveva un aria così famigliare, leggiadra e perfetta nel mini abito turchese.

«Bon jour» mi salutò con un certo imbarazzo. Risposi in maniera goffa a quel saluto inaspettato, mentre lei si allontanava. Scossi il capo notando che stanza dalla quale era uscita era rimasta aperta. Decisi di evitare di intromettermi.

Ritornai a bussare con veemenza contro il legno della mia camera d'albergo. Volevo avere accesso ai miei effetti personali immediatamente. Matt fece scattare la serratura con flemma. I suoi lineamenti erano in penombra e aveva le palpebre ancora abbassate.

«Che ci fai ancora qui? Vi credevo in giro per la città!» domandai ridendo, mentre qualcuno sopraggiungeva alle mie spalle.

«Buongiorno ragazzi» ci salutò con voce roca, Dylan. Gli feci un cenno del capo del tutto disinteressata. Come pretendeva che fossi di buono umore? Lui, invece, sembrava aver ritrovato l'allegria persa. Chissà per quale motivo.

Ci misi forse più del dovuto a collegare i due eventi di cui ero stata testimone. E, quando me ne resi conto, del moro non c'era più traccia.

La porta della 168 era stata chiusa.

«Matt, mi ripeti per favore quale è il numero della tua camera? Quella che dovresti condividere con Dylan?» domandai superandolo e scansandolo. Sul pavimento in parquet vi erano ammassati cartoni oleosi e bottiglie di birra vuote. Lui, Eric e Cassidy avevano fatto festa fino a tardi: i due piccioncini stavano ancora dormendo. Rimpadronirmi della mia stanza sarebbe stata un'ardua impresa.

«Questa di fronte...» Sbadigliò alzando in alto le braccia. «La 1-6-8. Ti ha scocciato che siamo rimasti qui a dormire?»

«No... per nulla!» mentii esasperata. Acciuffai i primi abiti a portata di mano approfittando della calma apparente per chiudendomi in bagno. Avrei fatto bene a chiedere un cambio di lenzuola alla reception.

Appoggiai la fronte contro la porta di compensato.

Era Lola.

E io ne ero parecchio infastidita.

***

Terminati i preparativi mi riversai in stanza nel tentativo di schiodare almeno uno dei ragazzi dal mio letto, ma Cassidy non volle sapere nulla della colazione. Eric rimase con lei per ovvie ragioni, mentre l'unico che mi avrebbe fatto compagnia sarebbe stato Matt.

«Tutto bene ieri con i film... e con Eric?» indagai sulla via per il ristorante. Matt scrollò le spalle.

«È un bel tipo, Eric. Però, devo ammettere che ho l'impressione di non piacergli. Mi guardava in cagnesco.»

Annuii sconfidata. «E non hai ancora visto niente» sibilai a denti stretti davanti gli ascensori constatando che sarebbe andata sempre peggio.

***

A mezzanotte Nathan avrebbe compiuto gli anni. Ventidue. Per il grande evento avevamo deciso di uscire per locali scoprendo la città notturna.

Due taxi giunsero a prelevarci. Per un caso fortuito, diceva Dylan, avevamo ottenuto informazioni su una discoteca in centro molto frequentata e apprezzata dagli stessi Parigini.

Le Poison.

Il veleno era quello che doveva essere stato iniettato dal vampiro Lola nelle vene del collo di Dylan.

«Quindi come ti sei fatto questo "livido"?» indagò Emma inarcando un sopracciglio e osservando dall'alto la chiazza violacea.

«Sbattendo contro... contro qualcosa» farfugliò lui dopo essersi alzato il colletto della camicia così da coprire la prova del delitto.

«Mmh, e dimmi, queste tue conoscenze di Parigi sono per caso brune, con gli occhi da cerbiatta e le gambe snelle? E ovviamente potrebbero creare lividi violacei sul collo se ci sbattono contro con le labbra?» Emma era stata spietata. La guardai stupita. Le avrei dato un dieci e lode per le tecniche di stalking, di arguzia e, ovviamente, nel mettere alle strette qualsiasi ragazzo.

Dylan sbuffò. «Ma co-cosa ti salta in mente... non è un succhiotto!» rispose infastidito.

«Si chiama Lola» gli feci il verso.

Emma mi osservò incurvando le labbra in un sorriso.

«Ma che brava! Rivelale anche cosa faccio a casa quando sono da solo già che ci stai» sbraitò il moro.

Mi infervorii. «Non credo sarebbe interessata a sapere che passi tutto il tuo tempo chiuso in una stanza insonorizzata a pensare!» sputai velenosa. Era sul punto di rispondere quando la voce di Matt interruppe il nostro ennesimo battibecco. Il taxi si era fermato.

Mi strinsi nel cappotto. L'aria era pungente nonostante avessi optato per dei pantaloni e un bel maglione avvolgente.

Raggiunsi Nathan per sopperire al malcontento che si era creato. «Nate cosa ti aspetti per il nuovo anno?» domandai sospingendolo verso l'ingresso del locale. Non c'era molto fila, per nostra fortuna. Bastò pronunciare il nome di Lola per farci passare.

«Credo che lo trascorrerò come lo scorso, ma con nuovi amici. Lo sai che non mi piace fare progetti a lungo termine, preferisco pensare al presente e a quello che ho.» Mi strinsi a lui.

«Hai perfettamente ragione. Quindi come regalo anticipato ti posso offrire un paio di cocktail per pensare solo al momento?» Il moro scosse il capo divertito asserendo che fosse di suo gradimento.

«Perfetto!»

«L'offerta vale anche per noi?» Eric spuntò dietro le spalle di Cassidy, la quale sembrava più imbarazzata che mai. Era rossa in volto e non solo a causa del freddo.

«Certo che sì» urlai verso il biondo.

Il veleno il cui nome del locale faceva riferimento era l'alcol. L'odore pungente che penetrava fin dentro le narici era inconfondibile.

«Siamo sicuri che sia adatto per festeggiare un compleanno? A me pare uno strip club» commentò Margot dopo aver notato diverse piste in cui le ragazze si dilettavano in svariati balletti. Quando una delle tante lanciò la gonna verso la folla fu chiaro a tutti il motivo.

«È decisamente uno strip club.»

«La tua conoscenza, Lola, credo si sia appena tolta la maglietta» Emma informò solerte Dylan.

«Come fai a dir-» Sugli short di una delle ragazze vi era incollata a caratteri cubitali una scritta luminescente. "LOLA" recitava. «Sì, è lei. Non male, però...» I ragazzi seguirono i movimenti della ballerina con il capo. Battei le mani davanti ai loro occhi per riconquistare l'attenzione.

«Andate pure avanti. Ci vediamo tra poco al tavolo con le ordinazioni» pronunciai facendomi strada verso il bancone. Scossi il capo interdetta. Se nessun'altro era contrario al rimanere lì chi ero io per oppormi? Mentre ero in attesa di essere ascoltata dal barman, mi resi conto che tutto sommato il locale non era così male: ciò che importava era la compagnia delle persone care.

Quando scattò la mezzanotte ci fu uno scroscio di applausi e urla da parte di tutti i presenti. Avevo udito il dj parlare in francese per comunicare qualcosa, ma non credevo che fosse il via affinché si cantasse "tanti auguri" nella lingua romanza. Lola si era precipitata nella nostra direzione con una torta tra le mani e ben ventidue candeline accese.

Di sicuro tutto ciò era stata opera di Dylan, con l'unico scopo quello di imbarazzare il cugino.

Tra le risate e i fiumi di alcol la serata passò in un battibaleno. Sapevo di essermi divertita, ma l'indomani non ricordavo quasi nulla di ciò che era accaduto.

Quando mi svegliai attorniata dalle lenzuola turchesi mi domandai come avessi fatto a ritornare in albergo. Presa dall'euforia del momento iniziai a ridere di gran lena: per la prima volta in vita mia mi ero ubriaca pesantemente. E probabilmente non sarebbe stata neanche l'ultima.

Da lì a tra giorni era previsto il nostro ritorno in patria, i quali passarono veloci in attesa dell'ultima grande sfilata finale.

Avevo approfittato della quiete e della sobrietà per visitare la città. Dai rioni ai teatri, dai canali del Senna all'arco di trionfo, senza dimenticare lo shopping sulla Champs-Elysées.

Ero persino salita in cima alla torre Eiffel, immortalando quei momenti in scatti che sarebbero stati per sempre prove inconfutabili di un viaggio meraviglioso. Avrei conservato quei ricordi gelosamente.

La vista da lassù era inimmaginabile.

Quasi quanto l'incommensurabile felicità che avrei provato ogni qualvolta sarei stata in compagnia della mia seconda famiglia.

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