26. No Lies

Ruelle - This is the Hunt ♫

«Ciao, Amy! Che bello aspettarti ventidue minuti e quarantasette secondi, da sola, in un auto con il riscaldamento rotto! Ma dimmi un po', tutto bene? Perché io sto alla grande!» Il caloroso saluto di Emma aveva accompagnato tutti i primi minuti dal nostro incontro. I suoi occhi furiosi mi fecero desistere da qualsiasi mossa azzardata. Aveva una mano sul fianco, mentre con l'altra stringeva pericolosamente il manubrio in una stretta vigorosa.

«Anzi, facciamo che non voglio sentire una sola parola di ciò che hai da dirmi. E prima che tu me lo chieda, sì ti ho telefonato, e sì, Nathan mi aveva invitata a entrare quando è arrivato, ma pensavo non ci avessi messo così tanto! Okay, basta, ti scordi la mia auto per i prossimi giorni!»

«Avevo il cellulare scarico!» mi discolpai, ma la biondina mise in moto senza degnarmi di uno sguardo.

«Non accetto repliche, la prossima volta che ti servirà un passaggio chiedi a Nathan!» mi rimproverò. Ero stata letteralmente messa in punizione per un paio di minuti di ritardo. Incrociai le braccia al petto mettendo il broncio per il resto del viaggio, mentre l'aria che filtrava dal finestrino appena abbassato scompigliava i miei capelli. Le punte delle orecchie raggelarono così che fui costretta a stringermi ulteriormente nelle spalle per farmi calore.

«Scusami, puoi replicare. Avevo solo bisogno di sfogare» ammise Emma con aria colpevole, mentre cercava un parcheggio. Accennai un segno positivo con il capo, per poi uscire dall'abitacolo. La bionda non ci mise molto a raggiungermi, ma oramai il cattivo umore aveva contagiato anche me.

«Prego, puoi iniziare a illustrarmi il perché del tuo ritardo» iniziò una volta che fummo entrambe nell'appartamento. Si appollaiò sul divano dopo essersi liberata del cappotto pesante: era in cerca di pettegolezzi. Mi fece segno con la mano di sedermi accanto a lei e io non potei fare a meno di notare come lo stesso gesto era stato replicato da Sophia poco tempo prima. Roteai gli occhi al cielo avvicinandomi con grandi falcate.

«Avevo un incontro programmato con Dylan.»

«Aspetta, cosa? Ero convinta fossi andata a trovare Nathan, però, ora che ci penso lui non era nemmeno in casa quando sono arrivata. Chissà chi era quella rossa con cui l'ho visto in compagnia» pensò ad alta voce battendo l'indice e il medio sul suo labbro inferiore a intervalli regolari. «Forza, sputa il rospo: ho bisogno di distrarmi» mi incitò di gran lena.

«Dylan mi ha chiesto un favore. Ovvero quello di impersonare la sua ragazza, per un periodo relativamente breve e senza conseguenze. I suoi genitori sono in città e vorrebbe fargli credere di essere felicemente fidanzato. Stessa cosa vale per la tipa con cui hai visto Nathan, che tra l'altro è una specie di sanguisuga umana senza cuore.» Lei spalancò gli occhi sorpresa.

«Tu farai cosa? Ma se non sai fingere neanche di non sapere le cose prima di un esame, riusciresti a fingere di provare qualcosa per il signorino che cito, testuali parole, "è lunatico e senza cervello e non lo sopporto"? Ma cosa ti salta in mente? Poi con gli zii di Nathan! Ci credo che tu ti sia trattenuta! Spero che Nathan ti abbia fatto cambiare idea!» Emma sembrava confusa e arrabbiata allo stesso tempo. Scosse la testa con disapprovazione. «E poi chi sarebbe questa ragazza? Mica la sua vera fidanzata? Non è da te essere una sfascia relazioni! Però dimmi di più a riguardo...» Mi si avvicinò stringendomi una mano. Aveva le pupille dilatate. Significava solo che era arrivato il suo momento preferito, quello del gossip. Tendeva un po' a strafare nel volere informazioni. Anche se le sue intenzioni erano buone.

«Possibile che tu non l'abbia riconosciuta?» domandai ridendo. Lei che era sempre attenta a tutti i tabloid non aveva idea di chi fosse?

«Certo che non lo so, era di spalle e con un abito troppo corto... non mi dire che è la fidanzata di Nathan e ora chi lo dice a Margot?» esclamò poco dopo alzandosi in piedi e mettendosi una mano tra i capelli. Fermai il suo cammino facendola ritornare a sedere con forza.

«Non sta con nessuno di loro. È un'amica d'infanzia di entrambi, ma più nello specifico è la donna con la quale gli O'Brien vorrebbero che Dylan si fidanzasse per costruire un'alleanza finanziaria. Secondo Dylan, però, il vero motivo per cui la famiglia sollecita questa unione è per la sua felicità visto che, a suo dire, non ha mai avuto storie importanti. La madre ha paura che rimanga solo e quindi desidera che lui trovi l'amore. E non sarebbe neanche del tutto sbagliato, se non fosse che quella ragazzina viziata è una vipera e che non si può imporre a nessuno un matrimonio.» Emma annuì consapevole, incitandomi a continuare. «Il mio ruolo sarebbe quello di impersonare la fidanzatina del piccolo rampollo. In questo modo i suoi genitori lo lascerebbero in pace credendolo felice e innamorato.» Mi morì il riso sul volto riconoscendo di prendere parte a una truffa in piena regola. Ero ancora in tempo per fare un passo indietro. Forse i signori O'Brien sapevano cosa fosse meglio per il figlio. Scossi il capo. Non sarebbe mai stato bene con quella.

«Perché mai una ragazza qualunque dovreb-». Si interruppe illuminata da una rivelazione. «Oh mio Dio, è Sophia Mormont, vero? L'ho vista solo di sfuggita eppure quel rosso era il colore che aveva avuto più voti nel suo ultimo sondaggio online. Deve essere lei!» saltellò isterica sul divano.

«Sì, proprio lei in carne e brillantini. Ho anche avuto la possibilità di parlarci per un po', per questo non ho potuto raggiungerti subito.»

«L'hai conosciuta? Mio dio, Amanda, sai la fortuna che hai avuto?» come se quella informazione avesse dovuto farmi sentire meglio. «Va bene, sei perdonata. Ignora ciò che ho detto prima, è tutto sistemato: è stato un piacere aspettarti. Dimmi un po', cosa indossava? Dior, Chanel, Gucci, Versace, YSL?» mi tempestò di domande subito dopo.

«Gucci, mi pare» risposi dopo un'attenta riflessione. Il punto, però, non era quello.

«Lo sapevo che Gucci era il brand dell'anno. Devo assolutamente condividere l'informazione con Margot e le altre. La mia missione sarà farle ingelosire perché la mia coinquilina ha avuto un colloquio privato con Sophia!» si alzò dal divano, ma nuovamente la bloccai.

«Prima di andare posso ricordati che io non sono così entusiasta della sua conoscenza?» cercai di farmi notare da lei che sembrava essere in preda all'isteria.

«Come? Cosa vuoi dire? Ti ha detto che ti vesti come una poveraccia? Perché in quel caso avrebbe ragione» commentò Emma trafiggendo l'ultimo pezzo della mia autostima con la sua lingua tagliente.

«Non è questo, anzi, non ha commentato il mio vestiario, ma è una vipera. Ha occhi solo per Dylan ed è insopportabile, dovevi vedere come si atteggiava!» risposi infastidita.

«Mmh, ma era insopportabile perché si atteggiava o perché aveva occhi solo che per Dylan?» ripropose con aria maliziosa. Arrossii per poi acciuffare il primo cuscino dal divano e tirarglielo appresso.

«Ma come ti viene in mente! È lei che è una strega» farfugliai incrociando le braccia al petto e non dandole più retta. La bionda scrollò le spalle prima di avvicinarsi nuovamente.

«Sarà... comunque, ora che ho compreso la storia nella sua interezza direi che hai la mia approvazione per questa farsa, cosa che penso Nathan non ti abbia dato, o per lo meno non subito.» Mi rigirai fissando la mia amica negli occhi.

«Davvero? Credevo mi avresti fatto una ramanzina su quanto fosse poco etico e su come avrei sofferto. Emma, is that you?» mi misi ritta con la schiena e inarcai un sopracciglio.

«Magari questa esperienza può aiutarti nel rapporto con i ragazzi in generale. Ti appoggerò, a patto che tu rimanga attenta. Il resto te lo avrà già detto Nathan» pronunciò le frasi accompagnate da gesti delle mani. Sorrisi. «Ora fammi andare che devo avvisare Margot dello scoop. Sophia Mormont è a Los Angeles!» strillò saltellando verso la sua camera da letto.

Mi sdraiai sul divano completamente arresa dalla sua straripante energia.

Già, Sophia Mormont era proprio lì.

***

«Ho saputo la grande notizia!» urlò Cassidy quando mi vide sull'uscio dell'aula di Lynch. All'inizio non capii a cosa facesse riferimento. Mi sforzai di ricordare se fosse il suo compleanno o qualche altro avvenimento importante. Non poteva essere, festeggiava a luglio.

«Quale, Cass?» domandai, mentre mi trascinava per la porta che avevo appena varcato.

«Ma come? Sophia! Margot mi ha detto, che Emma le ha riferito, del tuo incontro con lei a casa di Nathan! Quindi sono amici? Non ti sembra incredibile? Una persona famosa, chissà potremmo andare a dei mega party e conoscere altra gente ancora! Le probabilità che accadesse una cosa del genere erano infinitesimali!» Cassidy stava guardando da tutt'altra parte sbattendo freneticamente le palpebre. Strinse a sé lo zaino sospirando trasognante.

«In realtà, non è che io abbia tutta questa voglia di farci amicizia» ammisi a bassa voce, anche se lei non mi prestava più molta attenzione: era intenta a inquadrare qualcosa alle mie spalle e nel farlo corrugò il viso in una smorfia innaturale che le faceva perdere parte della sua bellezza. Sembrava inferocita.

Mi avvicinai per poterle accarezzare una guancia con il dorso della mano. «Tutto bene, Cass?» domandai preoccupata.

«Starò meglio tra poco.» Indossò il suo miglior sorriso prima di sorpassarmi con passi lunghi, ma veloci.

Mi voltai per capire cosa volesse fare. E fu così che notai Dylan intento in una conversazione con un ragazzo del corso, mentre una minuta Cassidy gli andava incontro con fare bellicoso.

«Oh, mamma!» sussurrai. Scattai immediatamente nella loro direzione quando mi resi conto della bomba che stava per essere sganciata.

Era già troppo tardi. Il suono scoccante del palmo della mano di lei, sulla guancia di Dylan, si diffuse per tutto il corridoio. Ciò che ne conseguì fu lo sguardo stranito del moro che si toccò il volto per capacitarsi dell'avvenimento.

«Questo è per avermi mollata senza una spiegazione, brutto stronzo!» aggiunse Cassidy scandendo bene le parole. Girò sui propri tacchi ritornando in aula senza che a Dylan fosse concessa alcuna replica. «Non ne voglio parlare» mi sussurrò prima di scomparire tra la folla di studenti increduli.

Nonostante fossi totalmente contraria alla violenza, non riuscii mio malgrado a trovare una giustificazione valida. Il ragazzo al fianco di Dylan si era dileguato per lo spavento: mai mettersi tra una donna e la sua ira.

Dylan digrignò i denti piegando il capo, mentre con la mano cercava di disegnare i contorni dell'arrossamento che sarebbe comparso da lì a poco sulla sua pelle. Tese i muscoli del collo e della braccia per ritrovare un po' di calma. Mi avrebbe terrorizzato se non lo avessi conosciuto. Mi avvicinai cauta. Nessun altro lo avrebbe fatto.

«Sai di essertelo meritato, vero?» inarcai un sopracciglio notando il segno. Con la punta delle dita sfiorai la cute lesa. Una bella cinquina era comparsa dal nulla.

Abbassò le palpebre espirando colpevole. «Purtroppo sì» rispose secco.

«E io che credevo mi avresti risposto di farmi i fatti miei come al solito. Mi state stupendo un po' tutti» scherzai meravigliata dal suo comportamento facendo un passo indietro. Nulla di grave: era stato uno schiaffo esemplare, ma niente di più. Dylan sarebbe sopravvissuto.

«È il mio giorno buono, Peterson, non mi istigare» mi provocò mentre si strofinava gli occhi con il pollice e l'indice. «A proposito di brutte notizie, prima che me ne dimentichi, Sophia mi ha invitato a una cena di famiglia domani.»

Ci incamminammo vero l'aula, io facevo strada mentre lui mi seguiva a ruota. «Divertiti, allora» ero stizzita solo per aver sentito quel nome.

«No, non hai capito.» Rise di me, prima di afferrare un mio arto così da farmi voltare nella sua direzione. «Noi abbiamo una cena domani, siamo stati invitati e non possiamo rifiutare: è la nostra occasione, ci saranno i miei genitori.» Sbiancai di colpo. Il suo dito puntava entrambi facendo annullare di fatto qualsiasi incomprensione.

«Sarà molto imbarazzante» ammisi. La sua presa si sciolse, ma lui rimase lì a troneggiare sulla mia figura con l'aria di chi avesse qualcos'altro da aggiungere. Ma quell'esitazione durò pochi attimi.

«Decisamente. Ma ci penseremo domani.» Sbatté le palpebre prima di superarmi, lasciandomi lì abbandonata a me stessa.

E, tra tutte le cose che avrebbero potuto saltarmi in testa, c'era un pensiero che mi stava assillando... cosa avrei dovuto indossare?

Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top