25. Fiducia

The Chainsmokers - Who Do You Love (with 5 Seconds of Summer)♫

«Che c'è, Nathan? Dovevi disturbarci proprio ora?» domandò Dylan non curante dell'espressione criptica del cugino.

«Emma ti sta cercando, Amy. Dice che non rispondi al cellulare. Invece, per te c'è Sophia che ti sta aspettando, Dylan.» Nathan era piatto. Così come le linee del segnale sul display del mio telefonino che prontamente avevo estratto dalla tasca posteriore dei jeans.

«Cosa? Come diamine ha fatto a trovarmi quella ragazza?» urlò il bruno dirigendosi verso la porta e lanciando sguardi indagatori nelle varie direzioni per essere sicuro che non fosse nei paraggi.

«Se invece di essere rinchiuso in questa stanza, leggessi i miei messaggi, sapresti che i tuoi genitori sono atterrati una mezz'oretta fa e sono dovuto andargli a prendere. Stanno bene se ti interessa, solo che Sophia era impaziente di salutarti e mi ha costretto a portarla da te» spiegò Nathan avvicinandosi a lui. Mi sentivo incredibilmente di troppo.

«Ho il cellulare in camera, potevi bussare far farmelo sapere!» Dylan si massaggiò il collo nervoso. Sembrava che la nuova presenza non fosse troppo di suo gradimento. L'aveva colto di sorpresa. Era solo una ragazza e una sua conoscente, poteva essere davvero così male?

«Stavo per farlo, ma poi è arrivata Amanda. Non mi pareva il caso che la lasciassimo qui da sola poiché non sei capace di metterti d'accordo con i tuoi stessi genitori. Che sia ben chiaro: non mi interessa cosa tu voglia, fai il bravo e vacci a parlare. Io non la sopporto più. Sono stati i venti minuti più stressanti della mia vita.» E se a dirlo era Nathan voleva significare solo che fosse la figlia del Signore oscuro.

«Sarà meglio che io vada» provai a filarmela di nascosto, ma fui bloccata dalla voce e dalla mano di Nathan attorno al mio polso.

«Tu non vai da nessuna parte, ho bisogno di parlare con te. Ricordi?» incurvò le sopracciglia in chiaro segno di disapprovazione.

«Ma Emma...» mi giustificai, avrei fatto tutto pur di evitare la sua ramanzina.

«Nessun ma, tu resti qui, quello che deve muoversi è Dylan» ribatté sicuro spostando l'attenzione da me verso il moro. Non osai emettere più alcun fiato. Conoscevo quello sguardo e non me la sarei cavata con una semplice scusa. Mi morsi l'interno guancia poiché sapevo che presto sarei andata incontro a un destino crudele.

Dylan sbuffò sonoramente, non aveva la benché minima voglia di fare un passo. Stava temporeggiando.

«Vado» pronunciò piatto dopo degli interminabili secondi di silenzio. Portandosi verso la porta, Dylan andò a scontrarsi contro la spalla del cugino. E, se da un lato poteva sembrare un gesto del tutto casuale, io sapevo bene che quella rigidità era solo il preludio di un litigio che si sarebbe presto consumato.

Mentre Dylan sorpassava l'uscio con l'aria di chi stesse per andare al patibolo, ci salutò con un'ultima breve, ma quantomai esplicativa frase. "Per la cronaca... non la sopporto neanche io."

Non feci in tempo a metabolizzare quelle parole che due occhi azzurri puntarono la mia figura, raggelandomi sul posto. La presa di Nathan si dissolse facendomi accomodare su una delle numerose poltroncine.

«Allora?» Aveva incrociato le braccia, impaziente. Nonostante la sua rigidità apparente, si percepiva nel suo sguardo come stesse ribollendo dentro: era in attesa di risposte.

«Cosa vuoi sapere?» domandai sprofondando nel sedile: volevo solo sparire.

«Innanzitutto il perché dovevi incontrare mio cugino. Poi vorrei anche capire come mai ogni volta che vi lascio soli vi becco sempre... così!» E io che pensavo che sarebbe stato difficile riassumere il tutto.

«Nathan, basta! È tuo cugino, non un ragazzo qualunque, non c'è bisogno di essere iperprotettivo!» gli feci notare mantenendo lo sguardo basso. Non sapevo neanche io il perché. Accadeva.

«Proprio perché è mio cugino!» iniziò alterato. Mosse qualche passo in avanti fino a sedersi al mio fianco. Ridimensionò il tono di voce per poi addolcire il suo volto mettendomi più a mio agio. «Lo conosco, Amy. E non è un bene il fatto che tu ti faccia influenzare dai suoi giochetti. Onestamente, per quanto sia la mia famiglia, non mi piace che voi due passiate troppo tempo insieme. Posso accettare che siate amici, non sono nessuno per impedirvelo, ma a me pare siate decisamente oltre questo punto. Voglio solo proteggerti e credimi se dico che Dylan non è il ragazzo che fa per te. Non so cosa tu provi nei suoi confronti, ma non voglio che tu soffra.» Lo fermai subito scattando come una molla.

«Non provo niente per Dylan! Stavamo giocando. Tutto qui, un gioco innocente con delle regole un po' strane, è vero, ma alla fine lo abbiamo terminato con un pareggio» risposi alludendo a ciò che era accaduto. Mi morsi l'interno guancia ancora una volta: era stato molto più intenso di quanto mi sarei mai aspettata.

«E scommetto che essere a un centimetro di distanza e mangiarvi con gli occhi fosse tutto parte di questo "gioco", vero?» mi interrogò dubbioso piegando lateralmente la testa. Non mi credeva.

«No, assolutamente! Dovevamo raggiungere il centro della sala per vincere, ma il fatto è che non c'era altro spazio e quindi dovevamo starci in due e allora...» provai a descrivere al meglio le circostanze, ma sapevo che a un orecchio esterno poteva sembrare strano.

«Farò finta di crederci...» propose assottigliando la vista in attesa di una mia risposta.

«Giuro che è così!» posai una mano sul cuore.

«Mi devi ancora dire il perché, però, della tua visita! Alla fine cosa avete ottenuto? Non dirmi che sei venuta per giocare? Non perché non ti voglia qui, sei la benvenuta lo sai, ma non vorrei che...»

«Lo so, lo so, sei solo protettivo come un fratello maggiore. Ti ringrazio, ma non c'è niente per cui tu ti debba preoccupare. Dylan mi ha chiesto un favore» continuai afferrando le sue braccia e guardandolo negli occhi.

«Che genere di favore? Non poteva chiedere a me?» risi per la domanda e per la successiva risposta che gli avrei dato. «Cosa c'è di divertente? Vedi che sono super affidabile, dovresti saperlo bene» aggiunse Nathan con una punta di orgoglio ferito.

«Certo lo so, ma non penso che convinceresti i suoi genitori fingendoti il suo ragazzo» ammisi allentando la presa su di lui tra un risolino e un altro. L'idea di Dylan e Nathan mano nella mano affiorò nella mente.

«Aspetta tu cosa? Devi fingerti la sua ragazza? Perché?» domandò a raffica non capendo più quale fosse lo scopo del cugino.

«Perché a quanto pare tua zia vorrebbe che lui sposasse Sophia o che almeno ci fosse un fidanzamento. A Dylan, come puoi ben immaginare, non interessa e quindi vuole sfruttare il nostro legame per dimostrare a sua madre quanto lui sia felice con un'altra. Dice che così facendo si troverà libero da qualsiasi obbligo.»

«E quello che ho visto quindi cosa era? La prova per un bacio? Non penserai che io stia fermo a guardare, mentre tu prendi parte a questa sceneggiata con i miei zii?» si alzò di scatto.

«Non ci daremo nessun bacio, stai tranquillo. Ci siamo promessi di essere noi stessi e questo include bisticciare e non sopportarci come al solito, per rendere il tutto più vero» aveva molto senso una volta detto ad alta voce. Nathan iniziò a fare avanti e indietro per la stanza tenendosi il mento tra le dita.

«Se ben ricordo sei anche quella che non finge di essere una ragazza impegnata per truffare delle persone!» esclamò alzando un braccio e continuando a camminare.

«Ma è totalmente diverso!» risposi con tono alterato. «Sto aiutando un amico in difficoltà che non vuole vivere in un mondo in cui siano gli altri a decidere per lui. E tu dovresti saperlo più di chiunque altro che io sono quel tipo di persona che aiuta chi vuole bene purché siano felici e mi pare proprio che Dylan ne abbia bisogno. Lo hai detto tu stesso, lo conosci. Eppure non ti sei reso conto del vuoto che porta dentro? Io penso che tu ne sia a conoscenza ed è per questo che eri entusiasta di farcelo conoscere e di farlo integrare con il gruppo. Eppure, ora vuoi che io gli volti le spalle perché hai paura che potrebbe baciarmi? Seriamente?» mi sfogai scattando in avanti e puntandogli un dito contro.

Nathan serrò i pugni. Sospirò profondamente scuotendo il capo. Sapeva di dovermi dare una spiegazione ben più articolata se avesse voluto farmi desistere. «Ti conosco da troppo tempo e non voglio vederti mai più come... come l'ultima volta» soffiò a denti stretti.

Abbassai quel dito rilassando le spalle. Contrassi le labbra prima di rispondere supplichevole. «Allora fidati di me. Non è giusto che siano gli altri a controllare la vita di Dylan, ma neanche che sia tu a decidere per me... non credi?» chiesi con un filo di voce voltando lo sguardo quel tanto per osservare Nathan con la coda dell'occhio.

«Hai ragione» rispose. In quel momento non c'era altro che dovevamo dirci. Eppure, quando varcai la porta della stanza gli sentii pronunciare una delle più belle dichiarazioni di affetto che avessi mai potuto ricevere: "Sarò per sempre la tua spalla su cui piangere, non dimenticare mai che anche tu sei la mia famiglia".

E lui sarebbe stata per sempre la mia.

Scesi le scale che portavano al piano terra con flemma. Avevo gli occhi lucidi dimenticandomi di tutto il resto. Fino a quando non inquadrai, seduti scompostamente su uno dei due divani, Dylan e una ragazza dai capelli fulvi.

La rossa era stretta a lui in un abbraccio molto intimo: gli accarezzava il braccio, mentre con le lunghe dita gli sfiorava il torace analizzando la mercanzia.

Dylan cercava di retrarsi evidentemente imbarazzato, infastidito e costernato da quel contatto non voluto.

Appena mi vide, però, le sue iridi si illuminarono di gioia.

Quella doveva essere sicuramente Sophia.

«Lilian!» era un grido disperato. Mi venne incontro pur di liberarsi dalla presa di quella sconosciuta. Dylan sorrideva: uno di quei sorrisi veri, pieni di speranza. «Finalmente sei qui, tesoro» mi apostrofò allungando una mano verso di me. «Vieni, voglio presentarti una cara amica di famiglia». La afferrai e nel secondo in cui le nostre mani si intrecciarono mi ammutolii godendomi quello strano contatto. Ero incredibilmente tesa.

La ragazza che si presentava dinanzi sembrava appena uscita da uno di quei servizi fotografici che facevano giornalmente a Hollywood. Aveva due occhi scuri e brillanti che un po' per la forma mi ricordavano quelli di Cassidy. Indossava un vestitino molto corto e degli stivali con un tacco vertiginoso. Pensai che non fosse il massimo della comodità per viaggiare in aereo. Un paio di occhiali da sole Gucci tenevano fermi i suoi lunghi boccoli color rame ai lati del volto. Le labbra voluminose e rosse facevano intuire che si era appena rifatta il make-up, troppo perfetto per essere ancora in quelle condizioni, così come le manicure fresca.

Non appena mi notò, avvertii i suoi occhi puntare la mia figura. Alzò un angolo della bocca e, con fare molto teatrale, ondeggiò verso di noi. Spostò gran parte della sua chioma laccata oltre la spalla con un semplice, ma quanto efficace, gesto della mano che rimase a mezz'aria. L'olezzo di acqua profumata ci inondò le narici di conseguenza. Assottigliò la vista prima di sorridere falsamente.

Un brivido percorse la mia schiena.

«Lei è Sophia. E come ti avevo accennato pocanzi, lei è Lilian, la mia ragazza.» Sorrisi un po' imbarazzata per la situazione. La mia semplice felpa mi faceva sembrare una senza tetto. Quell'incontro era stato tanto improvvisato, quanto sbagliato.

«Piacere di conoscerti, Dylan mi ha parlato molto di te» mentii allungando una mano per poter stringere la sua.

«Certo, è ovvio che lo abbia fatto. Io, invece, ho saputo di te solo qualche minuto fa. Non ero neanche tanto sicura esistessi davvero. Sai, a lui piace fare questi scherzetti. Vero, Lanny?» Retrassi la mano con fare imbarazzato. Sophia mi aveva del tutto ignorata. Al contrario, non aveva perso tempo nel puntare l'indice perfettamente smaltato contro gli zigomi di Dylan e segnarli. Mi morsi la lingua per evitare di dire cattiverie aspettando che "Lanny" facesse la sua parte.

«Non ho mai fatto nulla del genere!» rispose lui infastidito stringendo le dita che erano ancora intrecciate alle sue. Si avvicinò ulteriormente liberandosi una volta per tutte del fastidioso tocco di Sophia. Osservai in le nostre mani, arrossendo. Mi sentivo insignificante, eppure, quel gesto era la dimostrazione di come Dylan volesse dirmi che lui c'era e che non doveva importarmi ciò che Sophia stesse dicendo.

«Lanny, che sciocchino che sei!» esclamò sfiorandogli i pettorali fino a stringersi a lui dalla parte opposta. Avvertii l'agitazione e il fastidio che Sophia provava nella voce. Più Dylan si allontanava, più lei voleva appiccicarsi come una cozza.

Una finta fidanzata come avrebbe dovuto reagire? Parlare o lasciar correre? Probabilmente nella realtà le avrei sonoramente schiaffeggiato il volto, ma una voce argentina alle mie spalle interruppe il flusso dei miei pensieri.

«Sophia!» la richiamò Nathan con un sorriso smagliante scendendo la rampa di scale come se non avesse aspettato altro per tutta la serata.

«Nathaniel! Cosa c'è ancora?» domandò scostandosi dal mio finto fidanzato in maniera molto irritata, ma mantenendo la grazia di una modella di Playboy.

«Noto che hai conosciuto la mia migliore amica, nonché la ragazza di Dylan, Amanda.» Lei sorrise. Io in cuor mio mi rallegrai. Nathan si fidava di me.

«Ah, sì. Giusto, ma non ti chiamavi Luisa, cara?» mi domandò lei con finto buonismo protendendo le labbra in avanti.

«In realtà, il mio nome completo è Lilian Amanda, ma Dyl preferisce Lilian, dice che è più dolce» risposi continuando a mantenere un sorriso di circostanza. Se voleva giocarsela con i nomignoli le avrei dato filo da torcere. La presa di Dylan si intensificò.

«Quindi ora ti fai chiamare "Dyl"? Va bene così. "Lanny" è solo nostro, in fondo» rettificò al ragazzo sempre più esasperato dal comportamento di lei.

«Al contrario di Lanny, però, Dyl mi piace veramente. E poi lei può chiamarmi come vuole, perché lei è la mia ragazza.» Mi morsi un labbro. Ero per caso diventata orgogliosa di Dylan? O meglio, di Lanny? Probabilmente avrei sfruttato quell'informazione a mio piacimento in seguito.

«Va bene, quanto sei permaloso. Dovresti rilassarti, sai?» lo redarguì dandoci le spalle e ancheggiando verso il sofà. Dopo aver trovato la perfetta angolazione si mise in attesa. Non sapevo di cosa.

«Direi che è proprio tempo che io vada» confidai a Dylan con voce sottile. Non mi sentivo a mio agio e volevo farglielo intendere. «Emma mi aspetta fuori» aggiunsi puntando nei suoi occhi. Lessi un tacito ringraziamento. Lasciai la presa quando mi salutò.

«A domani, Lil» mi rispose congedandosi con un delicato bacio sulla fronte. Abbassai le palpebre beandomi delle sue calde labbra sulla pelle. Non era la prima volta che accadeva, ma all'epoca aveva tutto un altro significato. Sentii Nathan tossire.

Sophia era intenta a scrutare scrupolosamente la sua manicure, ma ero sicura che in realtà non ci aveva levato per un attimo gli occhi di dosso.

«È stato un piacere conoscerti, Sophia» salutai educatamente. Facendo qualche passo in mezzo al salone afferrai la borsa che avevo precedentemente adagiato su una sedia.

«Oh sì, mi fa piacere.» Approfittò dei tempi morti per sistemarsi sul divano, facendo cenno a Dylan di sedersi al suo fianco battendo una mano sul cuscino avorio.

Afferrai la maniglia del portone, ponderando se scomparire o meno nel silenzio più totale. Quando notai come Dylan avesse assecondato i desideri di quella sirena mangiauomini, decisi di togliermi qualche sassolino dalla scarpa prima di dileguarmi.

«E comunque, Dyl, non è per niente brutta come mi avevi detto! Sophia, credimi, il ritratto che mi avevo fatto di te era di una trentenne trasandata al limite dell'obesità, ma se non fosse per quelle rughe appena visibili intorno agli occhi non lo direbbe nessuno!» Lei si irrigidì prima di scattare in piedi in cerca di qualcosa nel beauty case che aveva con sé.

«Ma io non ho trent'anni! Appena venti!» urlò acciuffando uno specchietto portatile e controllando le fantomatiche rughe. I due ragazzi risero sotto i baffi cercando di non farsi scoprire.

«Ops, avrò capito male. Colpa mia. Non dar peso a quello che dice Lanny, lo sai che è solito scherzare.» Lei richiuse con uno scatto fulmineo lo specchietto voltandosi nella mia direzione con uno dei sorrisi più finti che avessi mai visto espletare in vita mia. «Certamente. È stato un piacere, Luisa» sputò acida con la sua voce tagliente. Avevo attirato la sua attenzione e ne rimasi entusiasta. Avrebbe avuto pane per i suoi denti, se era ciò che desiderava.

«Lilian» la corresse Dylan deciso. Improvvisamente apprezzai il modo in cui pronunciava il mio primo nome. "Lilian" era solo nostro.

«Fa lo stesso!» sbraitò Sophia agitata correndo con la sua pochette su per le scale. «Vado a rifarmi il trucco!» annunciò ormai ben lontana da tutti quanti.

«Sei stata fantastica» mimò Dylan alzando entrambi i pollici da dietro la testata del divano.

«Ho imparato dal migliore, Lanny caro» aggiunsi spostando la chioma ribelle dietro la mia spalla con un rapido gesto della mano.

Una volta riversata in strada mi affrettai a individuare il maggiolino rosso fiammante di Emma.

Come avevo potuto ipotizzare, la donna al volante era spazientita e irritata.

Mi aspettava, quindi, il secondo discorsetto della giornata.

♣♣♣♣♣

Bel peperino la nostra Sophia, non credete, cari Cursed? E non avete ancora letto niente.

Alla prossima, dalla vostra Red Witch

Haineli ♥

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