23. "Sophia, chi?"

Marshmello & Kane Brown - One Thing Right ♫

Quel martedì mattina era iniziato con il piede sbagliato.

La sveglia non aveva suonato, i capelli non volevano saperne di essere in ordine e i miei vestiti avevano grinze ovunque.

Feci colazione rubando dal piatto di Emma i biscotti al cioccolato, correndo in facoltà con il suo maggiolino. Sarebbe andato tutto alla grande se non fosse stato che avevo incrociato ben cinque semafori rossi e due posti di blocco. Nonostante avessi spiegato agli agenti che fossi in ritardo, ciò non bastò per farmi giungere puntuale in aula. Il mio record era sparito per sempre.

Con una mano tenevo la borsa con il materiale che mi sarebbe servito per la giornata, mentre con l'altra improvvisavo una coda alta. Rinunciai all'idea di ordine sulle scale che conducevano al secondo piano, abbandonando l'elastico al polso: suo luogo d'appartenenza.

Pregai che Lynch non fosse ancora arrivato, ma l'effettiva chiusura della porta in metallo mi diede conferma che così non fosse. Dovetti fare appello a tutto il mio coraggio per entrare. Ce ne voleva, in quanto un centinaio di paia d'occhi puntati a dosso non era proprio il miglior modo per passare inosservata. Il mio imbarazzo sarebbe risaltato subito all'occhio a causa del mio incarnato pallido.

Inspirai profondamente.

«Lilian Amanda Peterson, puoi farcela» sussurrai a me stessa mentre le mie dita attanagliavano la maniglia. La porta lentamente si aprì provocando il tipico stridio e, come avevo precedentemente ipotizzato, tutta la classe si voltò nella mia direzione.

Cercai di ignorare gli sguardi dei miei compagni rivolgendo i miei solo a Lynch che, con un pennarello in mano, si era girato curioso di sapere chi fosse il ritardatario.

«Mi scusi, professore, non volevo interrompere la lezione» tergiversai schiaffeggiandomi mentalmente.

«Suvvia, prenda posto, abbiamo appena iniziato» rispose, per poi concentrare la sua attenzione alla lavagna su cui aveva iniziato a descrivere flussi e leggi varie del bilancio di un'azienda nel primo trimestre dell'anno. Buttai fuori l'aria stringendo la cartella con tutti gli appunti che avevo. Cercai con lo sguardo un posto dove potermi sedere fino a che notai un ragazzo sbracciarsi indicandomi una seduta.

Misi meglio a fuoco: era Dylan. Sorrideva come se niente fosse indicandomi di sedermi al suo fianco. Stritolai la borsa guardandolo con aria truce. Era colpa sua il mio ritardo: la sera precedente ero tornata a casa stremata a causa del fatto che mi avesse abbandonato. Percorrere le strade di Los Angeles a piedi di sera non era piacevole quanto potesse sembrare. Lo ignorai, non prima di aver notato che seduto accanto a lui non ci fosse Cassidy. Che si fosse deciso a "lasciarla"? In quel momento non m'importava.

Avanzai fisicamente verso il lato opposto della classe discendendo un paio di gradini. Il gruppo di Richard era riconoscibile per la tipica disposizione a testuggine: c'erano dei banchi vuoti tutt'attorno a loro, ma non mi sembrava il caso di accomodarmi. Al contrario, mi sedetti al primo posto libero dopo aver fatto alzare metà fila. Né Dylan, né Richard mi avrebbero avuta.

Finalmente accomodata potei sistemare i miei capelli. Ripresi l'elastico tenendolo fermo tra le labbra serrate, mentre con entrambe le mani ridussi il volume della mia chioma ribelle. Quel semplice gesto mi fece tranquillizzare. In quel frangente mi arrivò un messaggio: potevo già immaginare chi fosse il mittente.

Da Dylan:

"Perché non sei voluta venire qui? Ti avevo anche preso un posto. Devo chiederti un favore, è importante."

Bloccai lo schermo del cellulare rivoltandolo sul banco. Volevo concentrarmi sulla lezione. Per quella giornata aveva fatto abbastanza. Qualsiasi cosa avesse voluto da me, se la sarebbe scordata.

***

Impiegai più di cinque minuti per poter uscire dal centro della fila. Era quello il motivo principale per cui preferivo di gran lunga le sedute laterali. Di Cassidy non si era vista neanche l'ombra: mi preoccupai. Magari era solo in ritardo e non aveva voluto disturbare la lezione.

Appena riuscii a mettere piede fuori dall'aula fui braccata a vista da Dylan. Mi si parò davanti con uno scatto fulminio.

«Ehi, ehi, dove credi di andare?» minacciò camminando all'indietro percorrendo la mia stessa strada. Avrebbe urtato qualcuno di sicuro.

«A casa» risposi neutra.

«Ma come, ti ho scritto che... ti sono arrivati i miei messaggi?» ripropose mostrandosi preoccupato. Ovviamene solo per i suoi interessi.

«Sì, ma non ho intenzione di aiutarti» risposi abbellendo il mio viso con un sorriso infastidito. Continuai a mantenere la mia andatura costante, mentre lui sembrava non interessarsi del fatto che stesse ancora camminando all'indietro.

«Ma andiamo, Lilian, da quando sei così acida? Cioè ammetto che è una tua qualità e tante altre cose, ma generalmente tu sei una persona che aiuta il prossimo, tipo Cassidy» rifletté ad alta voce. Sì, era assolutamente vero, ero una brava persona con chi se lo meritava. Sospirai roteando gli occhi al cielo. Non avrebbe mai smesso di pensare quelle cose fastidiose su di me e il sangue mi ribolliva. Posai lo sguardo più in là, oltre la spalla di Dylan.

Strinsi la tracolla tra le mie mani fino a far diventare le nocche violacee. «Dylan...» iniziai. Dovevo pur rispondere alla sua richiesta di aiuto?

«Sì?» propose lui con un sorriso a trentadue denti convinto di avermi fatto ragionare con il suo bel discorsetto da quattro soldi.

«Colonna.» Continuai la mia corsa indisturbata.

«E che vu-»

«Ahia, cazzo, ho sbattuto la schiena» sbraitò girandosi di scatto dopo aver colpito l'elemento architettonico.

«Come vedi, ti aiuto, ma se non sai cogliere i segnali non è colpa mia» scherzai voltandomi nella sua direzione. Risi divertita: se lo meritava per le cattiverie che mi aveva appena rivolto.

Neanche due metri più avanti avvertii un rumore sordo di passi sopraggiungere alle mie spalle. La persona dietro di me era sempre più vicina.

Dylan mi superò afferrando entrambe le mie mani così che non potessi più scappare. Si inginocchiò in mezzo al corridoio attirandomi nella sua direzione. Ero china su di lui senza saperne il motivo. Sgranai gli occhi, che stava combinando? Era una trappola!

Qualcosa si mosse dentro me: la vergona. Arrossii immediatamente. Accanto a noi storne di studenti basiti ci oltrepassavano osservando la scena con stupore. Qualche ragazza sussultò emozionata. Sentii persino pronunciare un "che bella coppia" da chi forse aveva letto fin troppo romanzi rosa.

Ma che diavolo. Volevo scomparire.

Inutile furono i miei tentativi di sottrarmi e dissimulare. Sotto pressione non ero capace di reagire per tempo.

«Dylan, ci guardano tutti. Alzati, imbecille» lo supplicai a denti stretti. Provai a liberarmi dalla sua presa ancora una volta. Ero agitata, odiavo essere fissata. Lui, invece, sembrava essere a suo agio, come se fosse tutta la vita che aspettasse quel momento.

«Oh, Lilian. Mia dolce Lilian» iniziò d'un tratto. Serrai la mascella. Avrei voluto urlare, ma in quel momento il mio cervello non connetteva. L'unica cosa che la mia testa era in grado di contare era l'alto flusso di studenti che si era concentrato nelle nostre vicinanze.

Se avessi gridato che fosse tutta una messa in scena in quanti se ne sarebbero andati? Nessuno, molto probabilmente, perché la mia voce in quel momento era un filo, mentre quella di Dylan rimbombava all'interno della struttura. Era calda e morbida e io mi ripromisi di strappargli una a una le corde vocali appena saremmo stati soli.

«La prima volta che ti ho vista non avrei mai pensato che io, Dylan, mi potessi innamorare dei tuoi occhi così profondi e delle tue fossette. Sono pazzo di quest'adorabile rossore che ti provoca l'emozione per essere qui di fronte a me. È oltremodo stupendo, ma che dico... tu sei stupenda.» Era deciso. Lo avrei ammazzato, completamente annientato fino a che l'ultima particella del suo corpo non fosse scomparsa dalla faccia della terra.

«Hai sempre cercato di aiutarmi anche quando ero il primo a voler essere lasciato solo. Ma tu non lo hai fatto: mi sei stata vicino e non hai mai abbandonato l'idea che io potessi essere migliore. Tu che hai colto il buono del mio animo e mi hai insegnato ad amare ancora una volta. Per questo e mille altri motivi voglio chiederti di essere la mia fidanzata, ufficialmente. Coroniamo il nostro sogno d'amore. Ti prego, non dirmi di no e accetta questa mia proposta venuta dal cuore» concluse il suo discorso. Le orecchie mi sanguinarono, non perché non fosse una dichiarazione bellissima, ma perché fosse completamente falsa. Il mio respiro era diventato più superficiale. Sarei andata in iperventilazione. Era completamente impazzito.

Lui si alzò abbracciandomi subito dopo, nella sua mente contorta era un modo per aiutarmi a vincere l'imbarazzo. «Ci stanno guardando tutti. Dì qualcosa, Lil» mi sussurrò all'orecchio. Sapevo che tutta quella sceneggiata era finalizzata solo al fine di farmi acconsentire a qualsiasi sua proposta. Il suo tocco sulla mia pelle fu strano in quel momento, ero tesa come non mai, eppure mi aiutò a ritrovare la calma.

Abbassai le palpebre buttando fuori tutta l'aria cumulata.

«Va bene. Accetto» acconsentii levando lentamente gli occhi verso i suoi.

La prima cosa che avvertii furono due braccia forti che si aggrappavano alle mie stringendomi in una morsa e disegnando i confini del mio corpo. Le labbra di Dylan si posarono impertinenti sulla mia guancia al limitare di una delle due commessure labiali. Il ragazzo stava indugiando più del dovuto, beandosi del mio profumo, inspirando direttamente sulla pelle.

Stavo bruciando.

E quando le sue pupille s'incastrano nelle mie avvertii che fosse sinceramente felice. E io con lui.

Poi arrivarono alle mie orecchie gli scrosci degli applausi. Seguiti da piogge di "congratulazioni". Per i successivi dieci minuti fui costretta a stringere mani a sconosciuti che mi auguravano una vita lunga e felice con il mio "dolce" e "bellissimo" fidanzato. Tra gli sguardi generali notai come in lontananza anche Richard ci avesse notati con un cipiglio sul volto. Come se i guai non fossero già abbastanza. Distolsi lo sguardo tornando alle matricole. Quanto poteva essere lontano dalla realtà?

Quando il corridoio fu finalmente sgombro, afferrai Dylan per le spalle trascinandolo fuori sulle scale antincendio. Avremmo avuto modo di parlare senza essere disturbati.

«Cosa diamine pensavi di fare?» sbraitai puntandogli un dito contro il petto. Lui non si scompose minimamente, anzi, sorrise come se stesse parlando con una ragazzina qualunque.

«Ti ho fatto una proposta che non potevi rifiutare» recitò testualmente riprendendo le parole del padrino e citando il messaggio della sera precedente. Mi stava prendendo per i fondelli?

Spalancai la bocca incredula. Era stato tutto pianificato solo per il suo divertimento. «Cosa vuoi? Hai la mia attenzione, parla prima che cambi idea» indagai di rimando incrociando le braccia sotto il seno. Almeno l'avrebbe fatta finita.

«Hai già acconsentito, perciò ho ottenuto esattamente ciò che volevo» rispose lanciandomi con un occhiolino prima di scendere il primo piolo delle scale in metallo. Lo afferrai per il cappuccio della felpa interrompendo il suo dileguarsi.

Sbuffai incredula. «Ma sono modi?» si lamentò risistemandosi l'indumento.

«In che senso ho già acconsentito? Ho solo preso parte alla tua farsa. Volevi farmela pagare per qualcosa mettendomi in imbarazzo?» argomentai scandendo bene le parole e facendo un passo in avanti per impedirgli di dileguarsi senza spiegazioni.

«Volevo chiederti di essere la mia ragazza e hai detto di sì» fece spallucce non curante del mio disagio.

«Cosa?» sbarrai gli occhi. Ma era fuori di testa? «Ma per una relazione e per una proposta del genere ci vuole del tempo! Oddio, no, tu sei pazzo. Ci vuole un sano e approfondito conoscimento. Tu poi... sei tu, diamine! Io non ti sopporto e tu non mi sopporti!» blaterai sconnessa. Mi appoggiai alla ringhiera riprendendo fiato. Dylan si preoccupò di sorreggermi, incredibilmente.

«Calmati, Lilian, respira. Non sei veramente la mia ragazza. Ma devi interpretarla» aggiunse scrutandomi con flemma. Ero sempre più confusa. Mi sedetti prima di perdere l'equilibrio. Dylan si mise al mio fianco.

«Okay, spiega, per favore. Non potevi iniziare da questo? Perché deve essere tutto così difficile con te?» lo pregai esausta.

«Sì, te lo devo. Decisamente. Versione breve della storia: ieri ho scoperto che gli azionari di cui parlava Lynch non sono altro che i miei genitori. Non sarebbe un problema se non fosse che mia madre mi aveva accennato che semmai fossero giunti in città avrebbero portato con loro una stagista che adorano, ma che io non sopporto.»

«E cosa ha a che fare questo con me?» chiesi non riuscendo ancora a capire il motivo di tutto quel trambusto.

«Loro vorrebbero che io mi fidanzassi con Sophia. Perché vedi non è solo una nostra dipendente, ma è anche la prossima in linea di successione a ereditare il patrimonio di famiglia. Loro vorrebbero un matrimonio combinato. Che cosa antiquata, non trovi?!» rispose sbuffando.

«Sophia, chi?» chiesi cercando di collegare tutte le informazioni.

«Mormont. La catena di Hotel super lussuosi.» Dylan appoggiò le mani sulle grate aggettando la testa all'indietro.

«Ah» riuscii solo a pronunciare. Era un'azienda multi miliardaria. Certo che sarebbe stato un bell'affare per gli O'Brien.

«Ma io non voglio sposarla. È più fuori di testa di te! E non in senso buono. Pensa solo alla sua immagine, alle scarpe, alle borse e io non sono fatto per i rapporti duraturi. Almeno in tua compagnia mi diverto» si lamentò. Scese qualche gradino riacquisendo l'aria da bravo ragazzo. Si rimise in ginocchio afferrando solo la mia mano sinistra. Se avessi voluto avrei potuto schiaffeggiarlo in qualsiasi momento, trovando la sua proposta fuori luogo e molesta.

«Ti prego, fingi di essere la mia ragazza per questo breve periodo. Ieri sera ho chiamato mia madre poiché temevo che si presentassero con Sophia e i miei sospetti si sono rilevati fondati. Ho bisogno di te.» Batté più volte le palpebre. Sembrava un altro Dylan, una versione più dolce, fragile e comprensibile.

Retrassi la mano imbarazzata. «Ti converrebbe chiedere a Cassidy, lei sicuramente sarà più sincera di me per i sentimenti che prova e non dovrebbe fingere.» Levai lo sguardo per mirare le fronde degli alberi che ci circondavano.

«L'ho lasciata ieri, perché avevi ragione. Non avevo alcun interesse nei suoi confronti ed era inutile continuare una farsa e farla soffrire. Per questo, ti prego, sei la mia unica speranza: sei la sola che può farlo perché mi detesti e posso essere totalmente sincero nei tuoi riguardi. Vedi sono persino due volte che mi inginocchio, non lo avevo mai fatto per nessuna!» Si fece più vicino afferrando il mio viso tra le dita per costringermi a mirarlo dritto negli occhi. Il ragazzo perseverava.

Capii in quel momento che l'assenza di Cassidy fosse dovuta al mal di amore. Appoggiai la mia fronte contro quella di Dylan abbassando le palpebre. Il moro non si spostò di un centimetro.

«Va bene» soffiai un po' troppo vicina alle sue labbra, arresa alle parole che mi avevano addolcito.

Tutto ciò che lessi sul suo volto negli istanti successivi fu sollievo e genuina felicità. D'istinto mi lasciò un altro bacio sulla guancia come quello di poco prima. Sorrisi meccanicamente per il gesto inaspettato.

«Grazie, sei la miglior svitata del mondo. Farò tutto ciò che vuoi, qualsiasi cosa!» Si allontanò da me facendomi avvertire il freddo autunnale.

Qualsiasi cosa aveva detto?

«Portami a guardare le stelle» lo canzonai, dubitando delle sue parole. Mi allungò una mano che afferrai senza pensarci due volte, aiutandomi a rialzarmi e avvicinandomi a sé.

«Affare fatto» acconsentì trepidante.

Premetti le labbra tra di loro distogliendo lo sguardo e discendendo un paio di gradini. Le nostre mani si erano lasciate a mezz'aria con naturalezza.

«Domani passo da te. Se devo fingere di essere la tua ragazza, ho bisogno di sapere qualcosa sulla tua vita» lo informai mettendo un piede d'avanti l'altro, mentre Dylan rimaneva a inizio rampa fissandomi sorpreso.

«Ti aspetterò» scandì risoluto.

E io pensai che, forse, quella giornata era terminata proprio con il piede giusto.

♣♣♣♣♣

Che dire cari Cursed, questo è stato il capitolo più divertente da scrivere e non ce la facevo a non pubblicarlo! Vorrei tanto sapere cosa ne pensiate! 

Alla prossima , dalla vostra Red Witch, Haineli

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