06. Paint your Life!
«Ma come diamine lo tieni quel rullo?!»
«Con le mani, come vuoi che lo tenga!»
«Devi verniciare il soffitto, non passare l'aratro!»
«Oh, mi scusi Mister Imbianchino...!»
Se appena cinque anni prima gli avessero detto che si sarebbe accasato, Levi avrebbe riso in faccia al povero stolto alzandogli tanto di dito medio. Invece, contro ogni pronostico, aveva incontrato - ed approcciato - nel più improbabile dei modi l'amore della sua vita che, per inciso, in quel momento stava mettendo a dura prova la sua pazienza.
Sbuffò, enormemente frustrato.
Eren, in cima allo scaletto, imbrattava - perché quello non era assolutamente verniciare - il soffitto del salotto. Indossava una ridicola salopette bianca da lavoro calata fino ai fianchi per il gran caldo, con la fronte sudata, il viso e le braccia cosparse di gocce di vernice fresca. Il castano era concentratissimo nel proprio compito, sopracciglia aggrottate e lingua in fuori, mentre il maggiore scuoteva la testa sconsolato.
«Così resteranno le strisce!»
«Preferivi i pois?!»
«Scendi, faccio io!»
«Neanche per sogno!»
Levi si avvicinò maggiormente al ragazzo, che si ostinava a non degnarlo di un'occhiata.
«Ho detto scendi!»
«Cristo Lee, quanto rom-» calò un silenzio agghiacciante, quando finalmente abbassò lo sguardo sul corvino.
Levi lo fissava a metà tra l'incredulo ed il furibondo, mentre percepiva distintamente alcune gocce di vernice scorrergli lungo il viso, schizzate dal rullo nel momento in cui Eren lo aveva agitato in maniera forsennata forse per dar maggior enfasi al concetto che voleva esprimere. Concetto che, inutile dire, era meglio non venisse esplicato. Non in quel momento.
«I-io... N-non...»
L'ormai ex-studente quasi saltò giù dallo scaletto, estraendo da uno dei tasconi un pezzo di stoffa non proprio candido, tentando di ripulire il viso dell'amato con gesti veloci ma delicati.
Quando tolse il fazzoletto, non riuscì a fare a meno di ridere: non solo la vernice non era venuta via, ma si era distesa ed ora Levi sembrava un pellerossa pronto alla battaglia.
«Aspetta, prendo l'acqua ragia.»
«Sei impazzito?! Puzza da morire! E se avessi una reazione allergica?»
Eren sorrise imbevendo della sostanza il panno che aveva tra le mani, dandogli le spalle.
«Sei il solito esagerato...!»
Quando si voltò, intenzionato a rimediare a quel disastro, qualcosa di liquido lo colpì in pieno.
Levi osservò soddisfatto la propria opera d'arte, pennello alla mano imbevuto in uno dei tantissimi secchielli colorati - perchè, a detta di Eren, dovevano avere l'imbarazzo della scelta.
«Il rosa ti dona» sogghignò il maggiore.
L'espressione di shock del ragazzo fu velocemente sostituita da un ghigno.
«Ah, è così che la metti...?» sussurrò pericolosamente.
Il corvino deglutì: aveva giocato col fuoco e, molto probabilmente, presto ne sarebbe rimasto scottato. L'altro raccolse un pennello da terra, impregnandone le setole di un acceso giallo canarino.
«Non oserai...»
«Vuoi scommettere...?»
«No, Eren, NON-»
Troppo tardi. La t-shirt, finora immacolata, si macchiò irrimediabilmente: sembrava che un povero Titti gli fosse letteralmente esploso addosso! Quando da una ciocca scura vide colare una goccia colorata, capì che anche per i capelli ormai non c'era più nulla da fare. Levi strinse con forza il pennello nel palmo della mano.
«Se è guerra che vuoi, guerra avrai...!»
Iniziò un furioso scontro a colpi di vernice, la quale imbrattò completamente le mura e i due fidanzati che, ridendo come due idioti, usavano i pennelli quasi fossero spade sporcandosi a vicenda.
«En garde!»
«Non parlare francese con me, brutto saputello!» rise Eren, spennellandolo sul collo.
«Oh, non posso esprimermi in francese ma posso parlare sporco...?» lo rimbeccò giocosamente l'altro, mentre la pelle del castano, sotto i mille colori che la ricoprivano, arrossiva violentemente.
«Quella è un'altra cosa!»
«Ah sì? Perché ti eccita?»
«Come se non piacesse anche a te...!» ribattè il ragazzo.
«Oh, ma quello che piace a me è farti eccitare...»
Levi depose la propria arma sul pavimento, sollevando le mani in segno di resa. Con passi lenti e cauti si avvicinò al proprio fidanzato che, diffidente, stringeva bene il pennello che colava vernice rossa, sporcando ulteriormente la superficie.
Il corvino gli sfiorò il braccio con la punta delle dita, tracciando una scia verde sulla pelle scura dell'altro.
«Mi piace vedere la luce nei tuoi occhi ogni volta che ti accarezzo, immaginando che le mie mani ti tocchino ovunque...»
Il braccio di Eren ancora armato si abbassò lentamente, come ipnotizzato dal suono che fuoriusciva dalle sue labbra, accorciando ulteriormente la distanza tra i loro corpi. Gli cinse i fianchi, mentre le dita dell'altro risalivano lungo il suo collo, dandogli i brividi.
«O quando mi mordo il labbro e vorresti essere tu a farlo, a succhiarlo in quel modo vorace che mi fa impazzire...»
Il maggiore si alzò in punta di piedi, sussurrandogli all'orecchio.
«O quando ti supplico di prendermi e scoparmi su ogni superficie disponibile, gridando "Sì, ancora, fottimi, di più"...»
Il tempo dei giochi era finito: la vera battaglia aveva inizio.
Il pennello cadde a terra ma nessuno dei due ci fece molto caso, troppo impegnati a divorarsi a vicenda. Le loro bocche, fameliche, si cercavano senza sosta mentre le loro mani, macchiate di ogni colore possibile, si muovevano in fretta rimuovendo i vestiti che avevano addosso.
Il loro respiro era pesante, irregolare, mentre Eren mordeva e succhiava il labbro di Levi che nel frattempo lo liberava della salopette annodata in vita.
«Cazzo, Lee, me lo fai diventare duro col solo suono della tua voce...!» ansimò il castano leccandogli un orecchio.
«Pensa se invece lo prendessi in bocca... Mhm!» mugolò l'altro quando il ragazzo lo morse sul collo, succhiando un lembo di pelle intrappolato tra i denti.
«Oh ti prego, Lee...! Succhiamelo!»
«Solo se dopo mi fai tinteggiare il soffitto.»
Eren, in risposta, quasi ringhiò mentre gli sfilava la t-shirt da dosso.
«Puoi anche dipingere La Gioconda per quel che mi frega!»
E Levi, ottenuto ciò che voleva, si inginocchiò dinanzi al fidanzato rimasto solo in biancheria intima, calandola e scoprendo la sua erezione che svettò turgida e pulsante. Aveva le mani completamente ricoperte di vernice e non voleva di certo irritare quella parte così sensibile del corpo dell'altro. Le portò quindi dietro la schiena e sollevò lo sguardo: un gesto di sottomissione che contrastava col luccichio predatore dei suoi occhi.
Strofinò il naso sotto la virilità di Eren, sfiorandone le sacche morbide, per poi strusciare la guancia contro la sua asta dura, come un gatto che fa le fusa. Iniziò a leccarne ogni vena e sporgenza, sentendolo sospirare sonoramente mentre gli afferrava i capelli corvini con decisione.
«Oh Cristo! Sì, Lee, ancora! Ahhh...!»
Levi, dopo aver succhiato via dalla punta i primi umori, lo inglobò completamente.
«SÌ, AHH! Prendilo tutto, bravo, così... Mhm!»
Appiattì la lingua, facendolo scivolare più in profondità e toccare le pareti della gola. Si impedì di tossire continuando a muovere la testa avanti e indietro, accogliendo in quell'antro caldo e umido il pene del suo fidanzato. Eren infilò le dita tra le ciocche scure, stringendole e tirandole, vittima delle attenzioni dell'altro. Sentiva quel muscolo morbido e bagnato compiere innumerevoli giri intorno la propria virilità, accarezzandone ogni volta un punto diverso, delicato e sensibile, facendogli vedere le stelle.
Levi era estasi pura: passione carnale, lussuria, eppure allo stesso tempo sentimento e amore. Anni passati a toccarsi, conoscersi, viversi e si sentiva sempre come agli inizi, dove ogni momento era una novità ed ogni esperienza completamente nuova.
Il maggiore lo liberò da quella dolce tortura, strofinando il volto contro la carne bagnata e guardandolo negli occhi.
«Allora? Ti piace come lo succhio?»
«Non sai quanto...!»
Lo aiutò a rialzarsi, baciandolo con fervore e liberandolo degli ultimi indumenti, muovendosi a piedi nudi lungo la stanza. Urtarono contro alcune latte di vernice, il cui contenuto si sparse sul pavimento formando grosse chiazze di colore. Scivolarono, ridendo come due sciocchi dopo aver appurato che nessuno dei due si fosse fatto male e che avevano entrambi tentato di raggiungere un letto inesistente - il mobilio sarebbe arrivato di lì a dieci giorni.
Rimasero quindi distesi, rotolandosi in quel tripudio variopinto fino a giungere su una delle tante lenzuola bianche che avevano sparso in giro nel caso fossero servite. Le loro bocche non si separavano neanche il tempo necessario per respirare: era inutile, superfluo rispetto al bisogno che avevano di toccarsi ed assaggiarsi.
Levi, seduto sul suo grembo, gli accarezzava le spalle stendendo il colore su quella pelle liscia ed abbronzata, muovendosi contro l'erezione dell'altro: il fatto che non si fossero separati neanche un attimo da quell'abbraccio aveva impedito loro di sporcare di vernice le rispettive intimità, dure ed erette.
Facendo leva sulle ginocchia, il corvino si mosse, posizionandosi in modo tale da farlo affondare dentro di sé: un gesto secco, fluido, liberatorio come il sonoro sospiro di godimento che sfuggì ad entrambi. Pose i palmi ben aperti sul suo petto scolpito, lasciando le proprie impronte sul suo corpo oltre che nella sua anima, dettando il ritmo di quell'atto carnale.
«Baise-moi...! Encore!»
Eren non parlava il francese, ma quegli ordini erano un mantra che non si sarebbe mai stancato di ascoltare, ma soprattutto di eseguire.
Con un colpo di reni rovesciò la situazione, Levi sotto di lui che gli graffiava le spalle e la schiena, lasciando solchi scarlatti insieme a scie di vernice fresca.
«Ah! Eren...!»
Il ragazzo aumentò la velocità con cui lo possedeva, facendo schioccare il bacino contro le natiche del fidanzato che arricciava le dita dei piedi ad ogni colpo subito. Era una tortura sublime, erotica al punto da far desiderare che l'orgasmo non sopraggiungesse mai.
«Je t'en prie...! Eren!»
Raggiunsero il culmine, esausti e sfiniti, crollando sul telo una volta immacolato.
«Congratulazioni, Lee: abbiamo inaugurato casa...!» ridacchiò il castano e Levi sorrise, senza fiato e troppo stanco anche solo per pensare di rimproverarlo.
In fondo non c'era nulla di male nel fare l'amore...
🕗
Farlan e Isabel, ospiti per la cena, ammiravano il lavoro di ristrutturazione fatto dagli amici, sorseggiando un aperitivo.
Ciascuna stanza aveva un tema diverso: ognuna piena di vita ed energia eppure con un tocco elegante, il giusto connubio tra i caratteri diametralmente opposti dei due ragazzi.
In salotto vi erano appese alcune gigantografie di tramonti - il momento della giornata preferito da Levi - ma un quadro in particolare attirò l'attenzione del biondo.
Una tela bianca e sottile dal motivo astratto, pregna di mille colori e sovrapposizioni. Era senza dubbio inusuale.
«Ehi Levi, ci credi che questo sembra proprio il tuo culo?»
Isabel rise a crepapelle, mentre Eren e Levi si irrigidivano sul posto.
«Certo che ne hai di fantasia...!» borbottò il corvino spingendo i due invitati in cucina.
«Sarà, ma io ci vedo le tue chiappe lì sopra!» disse ancora, andando a prendere il cestino del pane.
Il castano guardò il compagno, tentando di mantenere una parvenza di serietà ma fallendo miseramente. Baciò la bocca del fidanzato che sorrideva a sua volta, stringendolo tra le braccia e osservando la prova artistica del loro amore, immortalata per sempre in quel bizzarro affresco composto unicamente dalle tinte vibranti della loro unione. In basso, la loro firma.
Ereri ❤
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