03. Love Me Harder
Levi ripose distrattamente le bibite nella piccola cella frigorifera posizionata sotto al bancone. Il suo turno sarebbe finito a breve, così controllò il cellulare.
Eren gli aveva scritto un messaggio, dicendo che sarebbe giunto al locale di lì a poco per trascorrere insieme la serata.
Le piccole labbra si curvarono lievemente all'insù.
Ormai erano alcuni mesi che si frequentavano: delle volte uscivano, si telefonavano, facevano dell'ottimo sesso e...
Basta.
Nessuna etichetta, nessun legame.
A volte pensava che fosse la situazione perfetta, senza quelle complicazioni che appesantiscono il rapporto e creano dissapori; altre invece si chiedeva per quanto ancora uno dei due non avrebbe sentito l'esigenza di definire ciò che li univa.
Con la mente affollata da quei pensieri andò a spostare i tavoli nella sala, spingendoli contro le pareti e ripulendoli con solerzia in modo quasi meccanico, quando sentì qualcuno toccargli la spalla.
Si voltò, ma il mezzo sorriso svanì all'istante non appena si rese conto che non era stato Eren ad aver richiamato la sua attenzione.
«Posso aiutarti?» chiese atono.
Il tizio col codino biondo, alto e dal fisico atletico, lo osservò per qualche attimo prima di sorridergli con entusiasmo.
«Ehi, mi ricordo di te! Ci siamo visti in quel locale sulla ventitreesima, sono Erd!»
Levi lo squadrò da capo a piedi, certo di non ricordare chi fosse e per nulla interessato a scoprirlo.
«Può darsi» disse indifferente, iniziando ad allontanarsi. L'altro però sembrava per nulla intenzionato a lasciar cadere il discorso e lo trattenne per un braccio.
«Dove vai? Chiacchieriamo un po'...!»
«Senti, io qui ci lavoro, non vengo a grattarmi le palle.»
«Posso aspettarti quando finisci!» affermò spavaldo, circondandogli il busto con una confidenza che nessuno gli aveva concesso.
«Ho già un impegno» sibilò tentando di liberarsi dalla sua presa.
«Oh andiamo, non fare il difficile, potremmo divertir-»
Non riuscì a terminare la frase. Un pugno lo colpì in pieno viso, facendogli perdere l'equilibrio e cadere a terra come un sacco di patate.
«Ti ha detto che ha un impegno, stronzo!» ringhiò Eren, il volto deformato dalla rabbia ed il braccio ancora a mezz'aria per aver sferrato il gancio che aveva mandato l'altro al tappeto.
Un collega di Levi corse a controllare le condizioni del giovane, ancora riverso sul pavimento e mezzo stordito, mentre il corvino, coi palmi ben aperti, spintonò il petto del castano con forza.
«Che cazzo ti è preso?!»
Eren lo guardò basito, afferrandolo poi per un polso e trascinandolo verso la porta che dava sul retro del pub.
Una volta all'aperto, lo studente si passò entrambe le mani tra i capelli, tentando di mantenere la calma. Respirò a fondo e, quando fu certo che la sua voce fosse ferma, parlò.
«Chi era quello...?»
Levi incrociò le braccia al petto, guardandolo truce.
«Non lo so, non me ne fotte e sinceramente non dovrebbe interessare neanche te.»
«Non hai visto come ti stava toccando?!» esclamò l'altro, fissandolo come se quel gesto fosse stato un vero e proprio sacrilegio.
«Sì, e stavo per mandarlo a fare in culo! Cristo Eren, potrebbe denunciarti...!» sbottò, quasi esasperato.
«Da come si comportava, mi è sembrato che si ricordasse di te molto bene...!»
«Con questo cosa vorresti insinuare...?»
Eren lo guardò per degli attimi lunghi una vita, senza proferir parola. Poi avanzò verso l'altro con passo deciso, quasi minaccioso.
Levi, di riflesso, indietreggiò finendo con le spalle al muro.
«Te lo sei scopato?»
Il corvino non distolse lo sguardo, intenzionato a non cedere. Non aveva mai dovuto dare spiegazioni a nessuno, e non voleva iniziare quella sera.
«E anche se fosse?»
La furia, riflessa negli occhi di Eren, sembrò aumentare.
«Quando? Prima o dopo aver iniziato a scopare me...?»
Non voleva rispondere, Levi: farlo avrebbe significato ammettere un sentimento che ancora non era pronto ad accettare.
Il castano avvicinò il viso al suo, chinandosi leggermente e baciandolo con trasporto, bisogno, quasi ferocia. Si appropriò delle sue labbra come se ne valesse della sua vita, come un naufrago che cerca disperatamente di raggiungere terra. Come se a quel gesto i propri polmoni si riempissero d'aria.
Levi non si oppose, cedendo ai propri istinti e ricambiando con la stessa foga ed intensità. Gli bastava un solo tocco da parte di Eren per perdere la ragione ed ogni pudore, e non importava dove si trovassero o con chi, sapeva che avrebbe sempre ceduto.
«Ti ha baciato così...?» soffiò il castano sulle sue labbra, mordendole e succhiandole con vigore. Portò una mano tra quelle ciocche corvine che tanto adorava, stringendole e costringendolo a piegare il volto di lato esponendone la gola.
«E qui?» disse, strofinando il naso nel punto in cui sapeva di poter sentire più intensamente l'odore della sua pelle, leccandone lentamente un lembo.
Tentò di resistere, di trattenersi, ma a nulla servì la mano per soffocare i propri gemiti: Levi si sciolse come neve al Sole non appena sentì Eren toccargli il cavallo dei pantaloni.
«Ha toccato anche qui...?»
Il corvino serrò le labbra, muovendosi contro il palmo dell'altro incurante del fatto che il proprio turno era di sicuro finito da un pezzo e che chiunque sarebbe potuto uscire lì fuori da un momento all'altro.
Dove un attimo prima percepiva il calore bollente di Eren, improvvisamente sentì solo il freddo della sera.
Lo studente indietreggiò, osservando quelle iridi di ghiaccio annebbiate dal desiderio. Levi lo fissava, interdetto.
«È cosi che tutto è cominciato, ricordi? Ci siamo visti, cercati, voluti... Ed ora? Cosa è cambiato per te da allora...?»
Il silenzio era pesante, carico di frasi non dette e sentimenti inespressi.
Eren socchiuse le palpebre, sospirando stanco, per poi riaprire gli occhi.
«Non voglio essere uno dei tanti Levi, non mi basta. Non più.»
Poggiò delicatamente le proprie labbra sulle sue: un tocco lieve, soffice, morbido, in netto contrasto rispetto al bacio passionale di poco prima e che spesso si erano scambiati.
Diverso.
E Levi capì che per Eren erano cambiate tante, troppe cose per poter continuare in quel modo.
Il castano uscì silenziosamente dalla porta lasciandolo lì, ad affrontare le conseguenze per aver taciuto.
🕡
Eren camminava, zaino in spalla, a passo regolare.
Erano trascorsi una decina di giorni da quando aveva visto Levi l'ultima volta. Non si erano più visti, né tantomeno parlati. Nessuna telefonata, messaggio, niente.
Gli mancava terribilmente, ma non avrebbe ceduto: aveva troppa stima di sé stesso per accettare di essere una persona di passaggio nella vita del corvino, un piacevole passatempo e nulla di più.
Nel corso degli ultimi mesi in Eren, a poco a poco, i sentimenti erano mutati: la curiosità era stata sostituita dalla consapevolezza, la passione dalla gelosia, l'affetto dall'amore. Sì, era innamorato, e se Levi non aveva intenzione di lasciarsi coinvolgere emotivamente, allora se ne sarebbe fatto una ragione. Avrebbe sofferto, ancora, ma con la certezza di aver almeno tentato.
Così aveva proseguito con la sua vita: andava a lezione, studiava, di tanto in tanto passava del tempo con Marco.
Fino a quando, quel mattino, aveva ricevuto un messaggio.
Levi.
Solo un indirizzo ed un orario.
Nient'altro.
Ed ora Eren si trovava lì, nel luogo prestabilito, che respirava a grandi boccate facendosi forza. Citofonò l'interno 844 e la serratura del portone si aprì con uno scatto metallico.
Scese le scale verso il piano interrato, dove da una porta semichiusa udì una voce maschile.
«Mi raccomando: sii sincero e non comportarti da stronzo...!»
L'uscio si aprì ed un giovane, dagli occhi chiari e capelli biondo cenere, uscì sorridente superando il ragazzo. Si guardarono per pochi istanti, prima che proseguisse risalendo i gradini, ed Eren si voltò per osservare l'interno dell'appartamento.
Levi era al centro del salotto: indossava una tuta ed una canottiera nera, scalzo, e con un asciugamano poggiato sulla testa a tamponare i capelli appena lavati.
Il cervello del castano iniziò ad elaborare parole ed immagini, giungendo alla conclusione che avesse colto il ragazzo di cui si era innamorato con un altro.
Fece per andarsene, con l'amaro in bocca, quando sentì una mano trattenerlo per un braccio e trascinarlo in casa. La porta si richiuse con un tonfo secco e si trovò schiacciato contro la superficie dura e fredda, con Levi che stringeva convulsamente la stoffa della sua t-shirt nascondendovi il volto.
«Aspetta, non andartene...»
«Perché? Per subire ancora il tuo silenzio? O per sentirti dire che non conosci neanche il tizio che è appena uscito da casa tua?»
Il corvino sospirò, lasciando la presa sugli abiti di Eren ed indietreggiando di qualche passo. Sembrò raccogliere coraggio, prima di parlare.
«È il mio coinquilino. Si chiama Farlan, ed è fidanzato con una mia amica.»
Il castano lo osservò per qualche istante: il ragazzo dalle iridi di ghiaccio evitava il suo sguardo, quasi avesse timore di leggervi incredulità ed un probabile rifiuto. La sua espressione era corrucciata, testarda, come se pronunciare quelle parole gli fosse costato un enorme sforzo. E forse era davvero così.
«Va bene, ti credo.»
Levi lo scrutò da sotto le lunghe ciglia, dirigendosi poi verso il divano e facendogli cenno di accomodarsi accanto a lui. Si chinò in avanti, poggiando gli avambracci sulle ginocchia e tormentandosi le mani, il volto parzialmente nascosto dall'asciugamano.
Schioccò la lingua, indispettito, iniziando poi a parlare.
«Non sono uno a cui piace dare spiegazioni, per cui stammi bene a sentire perché odio ripetermi: non conosco il coglione della volta scorsa e quindi no, non me lo sono scopato.»
Restarono in silenzio, immobili.
«Non mi sono visto con nessun altro, dopo di te...» aggiunse quasi in un sussurro, e ad Eren sembrò di poter tornare a respirare ancora dopo giorni di agonia.
Allungò una mano verso il suo viso costringendolo a voltarsi nella propria direzione, ed il rossore che ne imporporava le gote era la prova schiacciante che quanto avesse affermato fosse vero.
«Perché...?»
«Vaffanculo Eren, non tirare troppo la corda!» sbottò il corvino, liberandosi dalla sua presa con un gesto di stizza.
«Voglio sentirtelo dire.»
«Mi piaci, contento?! Ed ora che hai soddisfatto il tuo ego del caz-»
Non riuscì a terminare la frase.
Le labbra di Eren erano sulle sue, implorandogli di schiuderle ed abbandonarsi a lui, e non impiegò che un solo istante per accontentarlo.
Finirono distesi sul divano, uno sopra l'altro, privandosi velocemente dei vestiti e toccandosi con urgenza, necessità, come se quel contatto fosse di importanza vitale.
Non riuscivano a parlare, neanche a respirare, tanta era la foga con cui le loro bocche si cercavano ed assaggiavano, nutrendosi l'una dell'altra.
Le loro mani inseguivano ogni curva, piega e sporgenza dei rispettivi corpi, tentando di capire se durante quella lontananza ne avessero dimenticato qualche particolare. La sensazione bruciante sotto le dita a contatto con la pelle del proprio amante, però, era rimasta immutata.
Ansimavano, accaldati, in preda ad una frenesia mai provata prima di allora: quella di unirsi, legarsi, appartenersi.
«Vuoi fare sesso...?» chiese Levi tra un bacio e l'altro, le mani saldamente ancorate tra le ciocche color cioccolato dello studente sfacciato che occupava i suoi pensieri giorno e notte.
«No, Levi. Voglio fare l'amore» mormorò il ragazzo in risposta.
Il corvino avrebbe dovuto avere paura delle implicazioni che quella frase comportava, ma la verità era che entrambi avevano smesso di fare sesso già da un pezzo. Dovevano solo ammetterlo ad alta voce.
«Sì, Eren. Facciamo l'amore...» sussurrò al suo orecchio, rosso in viso.
Il giovane allora lo baciò con trasporto, tentando di comunicargli la forza del sentimento travolgente che provava nei suoi confronti e Levi non poté far altro che ricambiare in egual modo.
Non aveva più senso negare, fuggire.
Riuscirono a liberarsi anche dell'intimo, sfregando le proprie intimità che, ben erette, quasi dolevano. Eren afferrò entrambe con una mano, pompandole con forza all'unisono, beandosi del calore che il corpo di Levi sotto di lui irradiava e del profumo paradisiaco che la sua pelle sprigionava. Strofinava il naso ovunque e senza sosta: capelli, viso, collo, non ne aveva mai abbastanza.
«A-ah, Ere-n...! S-sto per-»
Levi raggiunse l'apice, schizzando il proprio liquido sul ventre, scosso dagli spasmi.
Con le iridi liquide dal piacere osservò Eren, chino su di lui, leccare avidamente quel latte bianco e denso.
Il castano, che ancora non aveva raggiunto l'orgasmo, lo afferrò per i fianchi sollevandolo in modo tale da avere il sedere del ragazzo che amava in bella vista. L'altro emise un verso sorpreso, ancora leggermente intontito, sentendo Eren cingergli il bacino con le braccia e affondare il viso tra le sue natiche.
Lo studente si dedicò alla porzione di pelle appena al di sotto dei testicoli, risalendo fino alle piccole sacche e succhiandole con delicatezza, per poi accogliere nella propria bocca il membro ormai rilassato del compagno. Lo ripulì con dovizia, stuzzicandolo in modo tale da indurirlo nuovamente.
Levi, nel frattempo, era perso in un mondo fatto di piacere e calore: nonostante la scomodità della posizione in cui si trovava - spalle sul divano e gambe all'aria - l'unica cosa a cui riusciva a pensare era la lingua di Eren e le magie che stava compiendo, cavalcando gli strascichi del recente orgasmo. Quando sentì quel muscolo umido dedicarsi alla propria apertura, un gemito osceno sfuggì dalle proprie labbra. Riusciva a percepirne ogni movimento, mentre lo assaporava e preparava.
Conscio del fatto che non avrebbe resistito ancora a lungo prima di impazzire, il corvino leccò il palmo della propria mano, con la quale afferrò il membro di Eren. Lo strinse tra le dita facendolo gemere in risposta, e sentì il riverbero di quel suono celestiale nel basso ventre, lì dove il suo viso affondava nel proprio corpo. Iniziò a masturbarlo, dedicandosi prima a tutta la lunghezza e poi alla punta che, umida di umori, lo aiutò a lubrificarlo insieme alla propria saliva.
«L-Levi, fe-fermati...!» lo implorò.
Il ragazzo dalle iridi di ghiaccio, col mento schiacciato sul proprio petto a causa della postura, quasi ringhiò in risposta.
«Sta zitto e fottimi...!»
Eren non indugiò oltre. Allineò la propria erezione allo stretto anello di muscoli che lo avrebbe accolto, penetrandolo lentamente. Mentre, di millimetro in millimetro, entrava nel corpo di Levi, i due mantennero il contatto visivo per non perdere nemmeno un particolare dell'espressione dell'altro: il respiro che si spezzava, la bocca che si apriva in muta sorpresa, gli occhi che si spalancavano. Il pube del castano toccò le natiche del ragazzo, riempiendolo completamente. Non era mai arrivato così in fondo come in quel momento.
Si osservarono per qualche istante ancora, abbracciando quella consapevolezza, poi fu il delirio.
Eren iniziò a penetrarlo con forza, insistenza, di più, ancora, ed il suono dei loro bacini che schioccavano l'uno contro l'altro, accompagnato dai loro gemiti, risuonò nell'ambiente.
Tanto era il piacere che Levi sentiva, mentre la sua prostata veniva stimolata con esasperante costanza, da avere le lacrime agli occhi. Portò le mani a coppa sul volto di quel giovane che plasmava il suo corpo a proprio piacimento e dava nuova forma ai suoi sentimenti, baciandolo con trasporto.
«Più forte...! Amami più forte!» mugolò, ed Eren si piegò al suo volere.
Raggiunsero l'orgasmo insieme, perdendosi in quella sensazione dove la percezione del proprio corpo si annulla. Dove è impossibile distinguere di chi sia la gamba o il braccio, ma si diventa un essere unico e completo.
Levi accarezzò pigramente la nuca del castano che, col fiato corto, tentava di non gravare troppo su di lui col suo peso.
«Allora...» ansimò. «Tu ci credi ai colpi di fulmine...?» chiese il corvino, ricordando la prima "vera" conversazione che avevano avuto il giorno in cui si erano conosciuti.
«Sì... Sì, ci credo. E tu...?» disse Eren, sollevandosi su un gomito quel tanto che bastava per guardarlo in viso.
Il sorriso che Levi gli rivolse fermò il suo cuore che, se possibile, riprese a pompare ancor più velocemente di prima.
«È così che mi sono innamorato di te.»
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