Chapter 6.
Le prime luci dell'alba filtrano dalla finestra leggermente aperta e io apro gli occhi pian piano, mettendo a fuoco la stanza.
Sento qualcuno tenermi stretta e mi giro verso il mio ragazzo, attenta a non svegliarlo. Sorrido dolcemente vedendo la sua aria angelica, sembra così tranquillo e privo di problemi quando dorme, vorrei vedergli quest'espressione serena anche da sveglio.
Accarezzo delicatamente il suo viso e i suoi capelli ricci leggermente schiariti sulle punte.
Lui mugugno qualcosa di incomprensibile, spalanca i suoi occhi castani e mi guarda leggermente stranito, poi si riprende e mi stringe forte a sé, lasciandomi un bacio tra i capelli.
- Buongiorno, amore mio.- sussurra con la voce ancora impastata dal sonno - Ho fatto un bellissimo sogno.-.
Gli stampo un bacio casto sulle labbra e sorrido sentendolo così tranquillo. - Giorno a te, cosa hai sognato, Artù?-.
Continua a tenermi stretta e aggancia il mio sguardo.
- Che venivi a casa mia, con un vestitino floreale e i capelli sciolti e mi ripetevi che mi amavi e che avresti fatto di tutto per starmi accanto.- i suoi occhi scrutano attenti i miei, come se stesse cercando di capire se quel sogno, in qualche modo, rappresenta la realtà.
- Ma infatti è così, è un sogno veritiero.- lascio alcuni baci sulle sue soffici labbra - Però non sognarmi mai più vestita così, non ho un gusto così cattivo nel vestirmi-.
Lui scuote la testa debolmente e scoppia a ridere, facendo ridere automaticamente anche me.
- No dai, a parte quando ti misi le calze grigie con i pantaloni neri- ride divertito, ricordando - era una roba inguardabile-.
- Sei uno stronzo.- metto su un finto broncio - Ok che sei tu l'esperto di moda qua, ma non puoi mica screditarmi così-.
Lui sorride debolmente e poi si fa serio improvvisamente. Porta la sua mano destra sul mio viso e mi accarezza dolcemente, per poi tracciarmi il contorno del naso e poi delle labbra.
- Sei bellissima, come farei se ti perdessi? Non vivrei senza il tuo essere così unica- appoggia le sue labbra sul mio collo e mi lascia alcuni baci, facendomi venire i brividi per tutta la spina dorsale.
- Arturo, dobbiamo fare colazione con Nicolò e Lella- mugugno, rapita dai suoi baci.
- Nicolò sarà sicuramente in ritardo, la mattina ci mette un botto ad alzarsi, poi dovrà sistemarsi il ciuffo, poi dovrà scegliere accuratamente il suo outfit- ride, prendendo in giro Nicolò, visto che nel nostro gruppo è quello fissato con i vestiti e lo shopping, peggio di una donna.
Scuoto debolmente la testa e lo obbligo a un contatto visivo, per poi annientare la distanza tra le nostre labbra. - Comunque, Deianira anche noi possiamo inventare di essere in ritardo per colpa tua- mi bacia ancora sulle labbra, ma io mi allontano e gli lancio un'occhiata malefica.
- Arturo Bruni, com'è che dai sempre la colpa a me?- chiedo assottigliando lo sguardo, con fare minaccioso - Ogni volta che arriviamo tardi io sono sempre il capro espiatorio-.
- Perché sei disordinata e ritardataria, è più credibile se dico che sei tu ad aver fatto tardi- si passa la mano sul ciuffo e ride, facendomi un occhiolino derisorio.
- Sei un deficiente- rido - prima o poi capiranno che menti e che io sono sempre puntuale-.
- Ma cosa dici? Credi che i ragazzi non abbiano già capito il vero motivo per cui arriviamo tardi sempre?- mi prende in giro, mentre io sento il sangue affluirmi alle alle gote dell'imbarazzo.
- Dimmi che scherzi- squittisco io, sentendo le guance diventare sempre più rosse.
Il moro scoppia a ridere e fa spallucce, mentre si tiene la pancia con le mani per colpa delle troppe risate.
- Dovresti vedere la tua faccia, piccola- inarco un sopracciglio e gli do un colpo sul braccio.
- Sei un deficiente.- mi alzo dal letto e gli lancio un'occhiata divertita - Ora mi vado a preparare, peggio per te-.
Gli mando un bacio volante ed esco dalla stanza ridendo, mentre lui mi urla, con falsa disperazione, che non doveva finire così.
*
Entriamo nel bar e vediamo immediatamente Nicolò e Lella che stanno discutendo animatamente su qualcosa. Io e Arturo ci lanciamo uno sguardo stranito e ci avviciniamo a loro con calma.
Si voltano entrambi verso di noi, appena arriviamo al tavolo, così li salutiamo. Io lancio uno sguardo interrogativo alla mia migliore amica, ma lei scuote la testa minimizzando il tutto.
- Avete già ordinato?- chiede Arturo ai due, che per tutta risposta scuotono la testa in segno di negazione.
- Che avete, regà?- chiedo io, capendo che c'è qualcosa che non va. Sono entrambi talmente nervosi che la tensione è palpabile.
- Nulla- sbotta Nicolò, forse un po' troppo nervoso. Così inarco un sopracciglio indignata dal suo tono acido.
- Non sono d'accordo con questa tua scelta, Nico!- mi giro verso Lella sentendola parlare - Lo sai. E non prendertela con lei, calmati un po'-.
La cameriera fa per venire a prendere le ordinazioni ma con un gesto veloce le faccio capire di ripassare tra poco. In questo momento voglio capire cosa sta succedendo tra questi due, non è normale vederli così e non è nemmeno normale che Nicolò mi abbia risposto in questo modo, visto che io e lui abbiamo un rapporto molto dolce, è come se fosse mio fratello maggiore.
- O mi dite che succede, o io e Arturo andiamo via e ve la vedete tra voi, senza rompimenti- spiego io, consapevole che così li farò parlare.
- Riguarda voi, quindi noi non c'entriamo nulla- risponde Nicolò, lanciando un'occhiata inceneritrice alla mia amica che stava per parlare.
- Noi?- chiedo io con il cuore in gola e l'ansia che mi invade in un attimo - Perché noi?-.
Arturo stringe più forte la mia coscia e io gli lancio un'occhiata interrogativa, ma lui fa di tutto per evitare il mio sguardo.
- Non mi sembra il caso di discuterne qua.- ribatte Arturo, guardando i nostri amici - Devo dirglielo dopo colazione-.
Mi mordo nervosamente il labbro inferiore e obbligo il mio ragazzo a un contatto visivo. - Dirmi cosa?- chiedo con calma apparente - Smettila di parlare come se non ci fossi-.
- Dopo, Deianira- ribatte lui - dopo ne parliamo-.
- Ora.- sbotto - Se Nicolò e Lella stavano discutendo è un motivo grave, voglio sapere cosa sta succedendo-.
- Arturo ha deciso di non andare in un centro di recupero, ed io mi sono arrabbiata perché pensavo che lo dovessi sapere subito, mentre loro volevano aspettare.- sbotta Lella, mentre i due ragazzi la richiamano con tono di rimprovero, come se fosse una bambina che ha appena commesso una monelleria.
Tolgo di scatto la mano di Arturo dal mio corpo e lui assume la sua solita espressione ferita e triste.
- Posso spiegarti- inizia lui, cercando di guadagnare tempo. Avanti, lo conosco come le mie tasche. Conosco tutte le sue abitudini.
- Dimmi, forza- lo incalzo a spiegare tutto.
- Io non voglio farmi aiutare, piccola- cerca di afferrarmi le mani, ma mi tiro indietro - non ne ho bisogno, so che posso smettere da solo-.
Scuoto la testa freneticamente, mentre cerco di non piangere.
- Ieri mi hai detto che avresti fatto di tutto per me, cosa è cambiato oggi? Poi perché ne hai parlato prima con Nico che con me?- sono sconvolta, non si stufa proprio mai di mentirmi?
- Vedi perché non te l'ho detto?- chiede con fare retorico - Perché te la prendi subito!-.
Ah ora la colpa è mia? Ogni volta che litighiamo fa ricadere sempre la colpa su di me! Ogni Santa volta. È inutile che iontenti di aggiustare il nostro rapporto, lui fa di tutto per distruggere le mie intenzioni.
- Basta, Arturo. Quella era l'ultima possibilità per risolvere!- mi alzo dal tavolo afferrando lo zainetto - Dimenticami, non farti vedere più. Non ne posso più di tutto questo-.
Una lacrima solitaria solca il mio viso e corro via dal locale, sotto lo sguardo sbalordito e stranito dei presenti.
Ora sì che è finita per sempre. D'ora in poi penserò solo a me.
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