Capitolo 40: La rivelazione
Sono in macchina insieme a mia madre che in questo momento sta guidando.
Guardo l'orologio dell'auto. È l’una e nove.
Sta per suonare la prima campanella, quella per chi prende il pullman.
Io sono uscita due ore prima del previsto per prepararmi all'appuntamento insieme a Matteo.
Non vedo l'ora!
Devo dire che tremo come una foglia, non riesco proprio a stare ferma.
Siamo arrivate!
Apro la portiera della macchina e scendo.
Sentiamo la confusione che i miei coetanei fanno per la gioia di potersene andare via da questo inferno.
«Ciao, figlia mia» pronuncia, commuovendosi. «Vedi di ricordare questo giorno, perché sarà uno dei più importanti della tua vita».
«Non riesco ancora a credere che tra meno di un'ora avrò un fidanzato».
«Tranquilla, ci farai l'abitudine».
«Io vado, mamma».
«Fatti portare a casa, perchè voglio che me lo presenti come si deve».
«Va bene».
Chiudo la portiera dell'auto di mia madre e mi dirigo verso la porta d'ingresso della mia scuola.
Non faccio in tempo a entrare, che vengo travolta dalla folla di studenti, i quali cercano di uscire il più velocemente possibile per potersene andare prima.
Dando dei calci e pugni - sinceramente non m'importa della loro incolumità -, sono in grado di entrare dentro.
Osservo l'atrio: è diverso dalle altre volte.
Forse lo hanno modificato durante le vacanze natalizie e non me ne sono accorta ogni volta che ci sono passata.
Mi ricordavo che le pareti erano bianche con molte scrostature dell'intonaco, ora, invece, sono dipinte di alcuni colori pastello, piacevoli da guardare, non sono un pugno su un occhio. Rammento, inoltre, che gli armadietti erano tutti con scritte schifose e non si riuscivano ad aprire, adesso sembra tutta un'altra cosa. Anche le porte delle aule sono state migliorate, perché prima erano scassate e mal funzionanti, cosa che attualmente non si può più dire.
Avanzando per i corridoi e le rampe di scale che mi mancano per arrivare all'aula della squadra di matematica, dove bacerò per la prima volta Matteo, vedo che altri alunni fanno a botte per uscire prima da questa scuola e tornarsene a casa.
Che stupidi! Guarda che anche senza cazzotti riuscirete a uscire da questa scuola, serve solo un po' di pazienza, cosa che voi non avete.
Pensando a questi idioti, non mi sono accorta che sono praticamente arrivata a destinazione, sono nel piano giusto e sto per raggiungere la stanza designata all'appuntamento.
Non vedo l'ora! Non vedo l'ora che Matteo mi dica che mi ama e mi baci sulle labbra.
Incedo sulla strada che mi rimane da percorrere per entrare nella stanza in cui diventerò la sua ragazza.
Ho raggiunto l'ambiente previsto e vedo che la porta è aperta.
Matteo mi sta aspettando? Oddio che emozioni!
In questo momento intorno a me aleggiano un mare di emozioni, circa il momento che sto per vivere e che non dimenticherò mai.
Sono arrivata davanti alla porta, quando osservo uno spettacolo che proprio non mi piace.
Matteo e Ginevra si stanno baciando, lei gli tiene braccia sul collo - cosa che avrei voluto fare io, se ne avessi avuta l'occasione -, mentre lui le tiene le mani sulle spalle, come per stringerla a sé.
E la stanza è davvero pertinente al loro pomiciare attivo. È ornata ovunque da vasi con dentro bouquet di rose, sul tavolo - vicino quei due stronzi - sono cosparsi dei petali di rose, formanti un cuore, riempito anche all'interno.
L'avrei adorata quest'ambientazione, se fosse stata per me, ma ora, visto che non lo è, la odio.
Vorrei entrare nella stanza e urlare contro di loro, ma non sarebbe da signorina, quindi mi attengo a fare loro una foto.
Mentre la scatto, mi viene da piangere.
Appena ho finito, corro via in lacrime, cercando di cancellare tutto dalla memoria.
Missione fallita.
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