Capitolo 4: Grandi scoperte

La sveglia suona senza sosta.

Alzo la mano sinistra e la poso sul tasto in alto per spegnerla.

Finalmente un po' di pace.

Sempre con la stessa mano accendo la luce.

Strizzo gli occhi per aprirli. Quando lo faccio cerco di abituarmi alla luce delle lampadine. Mi ci vuole un bel po', ma dopo tanto ci riesco.

Pian piano mi alzo dal letto e mi dirigo nella sala da pranzo per fare colazione.

Mi siedo a capotavola, come solito, e abbassando lo sguardo, trovo una tazza di latte schiumato con le barchette di cioccolato.

Mangio come se non ci fosse un domani e dopo ritorno in camera per vestirmi.

Vado verso l'angolino dove sono gli abiti che ho preparato ieri mattina presto. Li prendo e li porto verso il letto. Li poso, li sfascio e trovo una puzzola.

Merda, i miei vestiti saranno puzzolenti. Che schifo!

Agguanto un fazzoletto, raccolgo schifata la puzzola e la getto fuori dalla finestra.

Sospiro. Pericolo scampato.

Se mi fossi messa quei vestiti con la cimice, l'avrei potuta schiacciare e avere l'orribile odore che emana addosso.

Il primo giorno di scuola. Che figuraccia!

Non è successo. Non ci devo pensare.

Mi tolgo il pigiama per mettermi i vestiti che sono davanti a me.

Mi guardo un po' per capire se sto bene in questi abiti.

Come posso starci bene se non me li sento bene? 

Non ho tempo per cambiarmi, e poi anche se mi cambiassi d'abito, non mi piacerei lo stesso.

Li ha comprati mia madre questi vestiti e non rispettano i miei gusti. Sono pacchiani.

Sono una ragazza sobria, non mi piacciono gli abiti troppo ornati.

Detto questo, vado a prendere lo zaino, perché è ora di andare.

Prima agguanto la merenda e la metto nell'apposito scompartimento dello zaino. Successivamente lo metto sulle spalle.

Vado a salutare mia madre per andarmene, ma scopro che lei mi accompagnerà fino a scuola.

Che tristezza! Devo accettarlo.

Potrei insospettirla dicendo di voler andare da sola, perciò scendiamo le scale insieme, per poi arrivare al piano terra.

Si gira verso di me e mi dice: «Oggi non devo lavorare, per questo ti accompagno». Vorrei dirle che non è necessario, ma continua a parlare. «All'inizio avevo chiesto il giorno libero».

«Perché non me lo hai detto?»

«Avevano ribadito che non era sicuro che potessi avere il giorno libero. Per questo non te l'ho detto, non volevo darti una falsa speranza». 

«Sono contenta di questo mamma».

Si avvicina e mi accarezza la guancia sinistra.

«Vi voglio un mondo di bene» annuncia. «A Bernice, a Cecilia, ma soprattutto a te».

Io? Molte volte ho pensato che non le piacessi come figlia. Ora mi dice che sono la sua preferita. È seria?

«Bernice è brava a scrivere, Cecilia, invece, è forte a disegno. Tu sei sempre stava brava in tutte le materie importanti. Sono sempre stata fiera di te. Non mi hai mai deluso con qualche cavolata o rifiuto nel fare qualcosa di rilevante. Sei la mia gioia, Lavinia».

Mi commuovo per quello che ha detto e l'abbraccio forte forte. 

«Non è che perché lavoro non ti penso. Anzi, ti penso di più così».

È davvero sincera, lo si capisce dal modo in cui parla.

«Voglio essere più presente possibile nella tua vita, Lavinia, sempre se vuoi».

«Certo che voglio».

«Ti va se ogni domenica pomeriggio per un'ora, forse di più, ci raccontiamo quello che è successo durante la settimana e poi usciamo?»

«Assolutamente sì».

Dopo tutto questo affetto tra madre e figlia, ci incamminiamo verso la mia nuova scuola.

Mi viene l'ansia perché è un posto nuovo con regole e discipline nuove.

E se non fossi all'altezza?

«Mamma, ho paura».

Si ferma, mi fermo anch'io.

«Di che cosa hai paura tesoro mio?»

«Di non essere all'altezza della nuova scuola».

«Lo sarai sicuramente senza problemi» mi rassicura mia madre. «Sei brava, non ti manca niente per essere la migliore».

Mi commuove.

Devo interrompere questo bellissimo momento.

«Credo sia ora di andare mamma».

«Hai ragione, bisogna andare» afferma.

Mi prende a braccetto e ricominciamo a camminare, continuando a parlare di argomenti vari, come la scuola, i libri, ....

Ad un certo punto, però, la conversazione prende argomenti molto delicati.

«Lavinia, tesoro mio, ti vedo spaesata. C'è un ragazzo a cui pensi?»

Un ragazzo? Come abbiamo fatto ad arrivare a questo punto?

Devo pensare. Devo pensare a come sviare la conversazione. Sarà difficile, ma ci devo provare, perché se non ci riesco, dovrò raccontarle tutto. Proprio tutto. Il fatto che ho un ragazzo davvero carino nella testa. Il fatto che mi piace, anche se non lo conosco per niente. E dovrei continuare fino alla fine, senza tralasciare nessun dettaglio, perché se ne accorgerebbe subito. Quindi rispondo, cercando di fare una faccia adeguata.

«No, certo che no». Spero mi creda. «Non penso a nessun ragazzo, per due motivi: il primo è perché sono tutti traditori analfabeti, il secondo è che non mi interessano, mi piace di più la medicina».

Diciamo che quello che ho detto in parte lo penso. Solo in parte. 

Credo di essere riuscita a convincerla.

«Allora.... se non pensi ai ragazzi, pensi alle ragazze».

Alle ragazze? Come può pensare una cosa del genere?

«No, mamma, non m'interessano neanche le ragazze» dico pacatamente. «Pensami più come innamorata della medicina e non delle persone, indifferentemente dal loro sesso».

Dopo quella conversazione imbarazzante, parliamo di argomenti leggeri.

In seguito arriviamo a scuola, la mia nuova scuola.

Vedo le mie amiche, Maria ed Elena che mi salutano.

Mamma mi dice: «Io vado a casa, ci vediamo dopo».

«Posso tornare a piedi?»

«Va bene».

Mi abbraccia e dopo se ne va.

Vado dalle mie amiche e ci mettiamo a parlare di quello che abbiamo fatto durante le vacanze.

All'improvviso Elena tira fuori una notizia stravolgente.

«Lo sapete ragazze, mi sono fidanzata».

Io e Maria ci guardiamo stupite e sorprese della notizia. Poi ci giriamo verso Elena ed esclamiamo all'unisono: «Che meraviglia!» Dopo ci scambiamo un'altra occhiata ed interessate chiediamo: «Con chi?»

Lei si gira dietro, guardando un po' qua e là. 

Alla fine ci indica velocemente un ragazzo, alto e muscoloso, con i capelli corti, mossi e color ebano. I suoi occhi sono color ambra, facendolo sembrare una luce. Noto le sue labbra, di una morbidezza sublime...

Aspetta, il fidanzato di Elena è lo stesso ragazzo di cui mi sono innamorata io. Quindi non potrò averlo, è già di qualcun altro. Ma un particolare mi attira che prima non avevo notato: sta parlando con un ragazzo identico a lui. Quasi identico.

Le labbra del secondo – quello che Elena non ha indicato – sono più carnose e ha anche le guance più scavate rispetto all'altro. Il primo, il ragazzo di Elena, ha meno muscoli, però sono alti uguale e se non ci si fa molta attenzione, si fa confusione.

Credo siano gemelli.

Il ragazzo di Elena non è lo stesso che ho incontrato io in cartolibreria.

Per sicurezza, però, chiedo a Elena: «Elena, ieri il tuo ragazzo è stato con te tutto il tempo?»

«Solamente la mattina, perché dopo doveva andare con il fratello e il padre a Perugia».

Ha detto il sostantivo "fratello", pertanto avevo ragione.

«Sono gemelli?» chiedo, anche se ne sono sicura. «Il tuo ragazzo e quello che ha di fronte?»

«Sì, Lavinia, sono gemelli» dice sorridendo. «Ti dico anche che il fratello del mio ragazzo è single».

Single! È single. Come fa un ragazzo così bello a essere single?

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