Capitolo 3: Il mio futuro?

Sono nel mondo dei sogni.

Vorrei dormire senza sogni, un sonno tranquillo e non turbolento. Ma non è così, perché sto avendo un sogno.

Inizia con me e il ragazzo della cartolibreria che ci baciamo.

Già mi piace!

Continuiamo in questo modo per un bel po'. Io e lui che ci baciamo in diversi posti: a casa sua, a casa mia, .... addirittura a scuola.

Dopo questo mi prende per mano e ci incamminiamo verso un'aula. Entriamo e ci sediamo vicini.

Parliamo, non ascoltando la lezione, cosa che non farei mai, e guarda caso il prof mi ci chiede di cosa stava parlando.

Noi, che non avevamo ascoltato un bel niente di quello che aveva detto, ci siamo guardati terrorizzati.

Entrambi abbiamo puntato gli occhi verso la lavagna per cercare di rispondere alla domanda.

Alla fine io rispondo, dopo aver visto disegnato sulla lavagna uno scoiattolo: «Degli scoiattoli, professore».

Non avrei mai voluto dirlo, perché tutti si mettono a ridere, tranne il mio ragazzo che fa una faccia confusa.

Per fortuna è un sogno.

Finisce questa lezione e tutti escono dall'aula.

Siamo nei corridoi, dove ci sono anche gli armadietti. Vado al mio armadietto, seguita dal mio ragazzo, perché il suo è accanto. Li apriamo, posando i libri che abbiamo usato e prendendo quelli che ci servono ora.

Accade nello stesso modo per le altre lezioni, fino al suono della campanella finale.

È finita la scuola, per quel giorno, così noi usciamo dall'edificio.

Lui mi bacia e io contraccambio. Mi mette le mani sui fianchi e io le braccia intorno al suo collo. Alla fine, dopo quel bellissimo momento durato pochissimo, ci stacchiamo l'uno dall'altra. Prende il casco rosa che si è portato e me lo mette sulla testa, allacciandomelo anche. 

Dopo lo indossa anche lui. Ci mettiamo sul suo motorino e iniziamo a partire.

Arriviamo a casa mia. Mi fa scendere, mi toglie il casco, poi lo fa per sé.

Li appoggia sul motorino e... mi bacia. Come prima sistema delicatamente le sue mani sui miei fianchi. Io faccio lo stesso con il suo collo.

Successivamente mi squilla il telefono. Lo prendo per vedere chi è. Mia madre. Tocco il pulsante per rispondere e appoggio il cellulare all'orecchio.

«Lavinia, arriverò tardi» annuncia. «Sul tavolo ci sono un po' di biscotti. Puoi mangiarli insieme al tuo ragazzo».

Come fa a sapere che mi ha portata a casa il mio ragazzo?

«Come fai a saperlo?» chiedo in modo calmo.

«Elementare».

Povero Sherlock Holmes, gli hanno copiato il suo detto preferito.

«Mi chiami ogni volta che ritorni a piedi. Ultimamente non mi telefoni più. Quindi deduco che ritorni con qualcuno, e guarda caso hai un ragazzo che guida il motorino».

«Ok, mamma, ti aspetteremo» pronuncio per chiudere più in fretta la chiamata.

Entriamo in casa. Ci mangiamo i biscotti, ma ne lasciamo qualcuno per mamma. Poi lui si alza dalla sedia.

«Vado a casa». Si avvicina e mi dà un bacio sulla guancia. «Ora devo andare» e se ne va.

In seguito si vedono molti "video" che se ne vanno troppo in fretta per capire di cosa trattano. Mi fanno capire però che passa il tempo e noi cresciamo insieme.

Uno in particolare noto.

Io e lui indossiamo i camici bianchi e sotto, quelli verdi da medici.

Siamo medici. Questo vuol dire che abbiamo frequentato la facoltà di medicina e siamo stati insieme tutto questo tempo.

Quanto è bello! Anche da adulto maturo, è sempre bello.

Ci guardiamo, sorridiamo e ci baciamo. Anche questo "video" se ne va. 

Ne arriva un altro in cui io e lui siamo ancora più grandi e maturi.

Siamo in un ripostiglio. A differenza della precedente, ci sono pure delle parole.

«Lo so che ti sembrerà strano». Ma di cosa sta parlando? Dopo un attimo pronuncia: «Vuoi venire a vivere da me?»

Cosa? È questo di cui parlava. È davvero strano.

Mentre piango, rispondo: «Sì, sì».

Viene verso di me, mi bacia e allo stesso tempo mi abbraccia.

Dopo questo, vedo io e lui in una casa magnifica. A due piani, molto grande rispetto alla mia. Poi noi che leggiamo un libro insieme.

Successivamente, ne arriva un altro in cui lui in quella casa sta cercando una cosa.

Da come vuole trovarla, mi fa capire che è importante.

Finalmente la trova. Una scatola. La apre e dentro c'è un anello.

Vuole chiedermi di diventare sua moglie. Oddio!

Mi mostra l'oggetto.

Capisce che lo voglio e me lo infila dolcemente all'anulare sinistro.

Ha indovinato alla perfezione la misura del mio dito, perché non è né troppo stretto né troppo largo.

Vedo di conseguenza il "video" del mio matrimonio con lui.

È una cerimonia diversa dalle tradizionali: non è in chiesa. Quindi non porterò l'abito bianco.

Dove si farà?

Non si celebrerà in chiesa, allora dove mi unirò a lui? In comune? Probabile, ma da quello che sto vedendo, sta diventando il contrario.

Non mi sto mettendo un vestito elegante, bensì un camice da medico. A differenza di quello che porto tutti i giorni, questo è stirato, tutto in ordine e sembra anche più nuovo.

Insieme ad una mia collega di lavoro, mi dirigo verso la sala dell'ospedale, dove mi unirò a lui.

C'è molta gente. Molti colleghi, alcuni amici, i genitori del mio futuro marito e perfino mia madre. Non ci sono le mie sorelle.

Mi dispiace un po' che non ci siano.

La mia collega sembra spaesata, come se non sapesse dove andare. Continuo a vederla in questo stato, ma dopo capisco il perché.

Stava attendendo il mio "quasi" marito che mi è venuto a prendere per portarmi dentro la sala in cui diventerò sua moglie. Anche lui indossa un camice da medico come me.

Avanziamo tra le persone sedute, fino ad arrivare al punto dove diventeremo coniugi.

Inizia il rito del matrimonio, arrivando fino allo scambio delle promesse e il momento in cui si devono infilare le fedi.

Inizia lui a parlare.

«Mi hai salvato» afferma. Intanto mi infila delicatamente l'anello al dito. Da cosa l'ho salvato? «Davvero, mi hai salvato. Stavo annegando e tu mi hai salvato. Sei stata e sei ancora aria pura che mi aiuta a vivere ogni singolo giorno. Non riuscirei a separarmi da te, sarebbe troppo difficile e anche brutto, e sinceramente non voglio nemmeno pensarci. Neanche la morte ci può separare».

Sono bellissime le sue parole che mi hanno davvero colpito. Ora tocca a me.

Cosa dirò?

Non riesco a pormi questa domanda che rispondo: «Anche per me è così. Tu non mi hai solamente salvata. Mi hai fatta rinascere e mi ha resa migliore di com'ero» affermo sinceramente. Mentre parlo gli infilo la fede. «Penso che oggi, il giorno del nostro matrimonio, non sia un traguardo, ma una tappa importantissima della nostra vita insieme, che è incominciata quando ci siamo incontrati per la prima volta. Lì, le nostre vite si sono incrociate e lo hanno fatto ancora e ancora. Oggi, invece, si legano e diventano più forti e unite».

Lui sorride. Lo faccio anch'io.

Dopo questo sentiamo dire: «Vi dichiaro marito e moglie. Ora può baciare la sposa».

Lui mette armoniosamente le sue mani sulle mie guance e mi bacia. Continuiamo così per un po'. Poi a un certo punto si stacca piano, come se gli dispiacesse e volesse continuare a darmi baci. In seguito si decide e si stacca definitivamente. 

Arriva un altro "video". Ci sono io nello spogliatoio, da sola, con qualcosa in mano. Ho una faccia confusa.

Successivamente mi rendo conto che sto tenendo in mano un test di gravidanza positivo.

Sono incinta!

Ora capisco perché ho fatto una faccia del genere.

Come lo dirò a mio marito?

Mi metto il test nella tasca del camice.

Vado a cercarlo e lo trovo a compilare una cartella.

Mi avvicino e gli dico: «Ciao, come sta andando la giornata?»

Non mi potevo inventare di meglio, no?

«Va bene» dice sorridendo. «Ed è migliorata, quando sei arrivata tu in questo momento, mogliettina mia».

Mi bacia, ma subito lo respingo. Lui, confuso mi chiede: «Cosa c'è che non va?»

Ma perché l'ho fatto? Ha capito subito che qualcosa non va bene.

Gli dovrò dire la verità.

Deglutendo una volta la saliva, dico: «Ti devo parlare, è urgente».

«Ok, andiamo nello spogliatoio se mi devi parlare».

Così ci dirigiamo nello stanzino. Lui chiude piano la porta per attutire il rumore. Appena ha finito mi chiede, prendendomi per mano: «Cosa c'è che non va, mia dolce compagna di vita?»

Lui mi guarda, io faccio lo stesso.

Vorrei dirgli la verità, che sono incinta, ma non ci riesco.

 Ci riprovo e le parole finalmente mi escono dalla bocca e dico in un modo che sembra reo: «Vuoi dei figli?»

Lui mi guarda perplesso, poi risponde: «Sì» asserisce. Evvai! Glielo posso dire, ma non faccio in tempo perché lui continua dicendo: «Ma non ora. Non voglio condividerti. Non sono pronto a farlo. Un giorno, se vuoi, potremo avere uno o più figli e diventare genitori».

Non vuole figli. Come faccio a dirgli che sono incinta?

Non posso negare l'evidenza.

Devo dirglielo. Devo affrontare la realtà e, se non vuole avere questo bambino, provvederemo. Ma devo dirglielo. E subito.

Quindi prendo lentamente fiato e annuncio in modo pacato, ma allo stesso tempo agitato: «Sono incinta».

Lui mi guarda. Poi mi chiede in modo molto tranquillo: «È sicuro sicuro o è solamente una supposizione?»

Prendo il test che ho nella tasca del camice e glielo mostro.

«È sicuro».

Mi fa un'altra domanda: «Lo vuoi? Questo bambino... diventare genitori... io sono dalla tua parte qualunque cosa tu scelga. È una tua decisione».

Piangendo, rispondo: «Sì, lo voglio. Tutto questo, diventare genitori insieme, crescere un bambino....»

Lui si abbassa e mi bacia la pancia dove c'è nostro figlio. Poi si rialza e mi bacia. Successivamente mi abbraccia.

Infine vedo un altro video. Siamo già genitori di due gemelli. Un maschio e una femmina.

Allora non era un bambino, ma due.

Attualmente li abbiamo in braccio. Io tengo il maschio che mi somiglia. Lui tiene la femmina che gli somiglia.

Sento una sveglia che suona. È la mia.

È ora di alzarsi e di andare a scuola, cosa che non sono propensa a fare.  

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