Capitolo 26: Un abbraccio in più
Siamo già a Roma, la giornata è volata e ora è sera inoltrata.
Abbiamo cenato e dopo siamo andati nelle nostre camere. Andrea ed Elena sono nella stessa stanza, mentre io, Matteo e Ambrogio abbiamo ognuno una camera diversa.
Mi sono messa il pigiama e adesso mi sto coricando a letto.
Questa stanza m'incute paura, perché non è mia e può esserci di tutto qua dentro.
La guardo un'ulteriore volta. La stanza 307 di un hotel a cinque stelle.
Non è la mia.
Continuo a rigirarmi nel letto, cercando di prendere sonno.
Non ci riesco.
Mi metto a sedere sul letto e afferro il cellulare. Mi dirigo su WhatsApp e clicco sull'ultima chat in cui sono stata.
Ho appena inviato un messaggio a Matteo, che è nella stanza accanto alla mia.
'Che stai facendo?'
Mi risponde quasi subito.
'Sto seduto sul letto ad annoiarmi'
È la mia stessa condizione, e dire che pensavo che Matteo mi avrebbe detto di essere riuscito a prendere sonno, di averlo disturbato e che la mia paura nei confronti della stanza era da sciocchi.
Ho leggermente sbagliato.
Vorrei messaggiare ancora un po' con Matteo, ma a quelli che gli ho mandato, non ha risposto.
Mi fa passare per una stalker! Credo che chiamino questo tipo di persone "stalker", perché gente che non si fa gli affari propri, era troppo lungo.
All'improvviso sento bussare alla porta.
Ma chi è a quest'ora?
Vado a vedere nello spioncino. È Matteo.
Mi viene il panico. Ecco perché non rispondeva ai miei messaggi. Voleva venire da me.
Gli apro la porta e me lo trovo davanti in un pigiama blu mare con delle sfumature di azzurro.
«Quindi non riesci a dormire?» enuncia, aprendo il discorso.
«Sì, ma se ti dico il motivo, non ridere».
«Ovviamente, perché dovrei?»
Quando saprà...
«Non riesco a dormire perché non sento questa stanza come mia, è diversa e non ha le stesse cose che ho nella mia».
«Non è infantile» afferma Matteo in modo comprensivo.
Non ci credo. «Dici sul serio?»
«Assolutamente sì».
Guarda la mia faccia e domanda: «Ma non sei mai andata fuori da Terni?» Ha capito la verità da solo. Annuisco. «Ora si spiega tutto».
Mi viene spontaneo porgli una domanda. «Tu, invece, perché non riesci a pigliare sonno?»
Risponde immediatamente. «Sapevo che me l'avresti chiesto. Avevo quest'immagine di te che non stavi tanto bene e stavo per venire a bussare alla tua porta, quando mi hai inviato quel messaggio che mi ha tranquillizzato, ma sono venuto a controllare ugualmente».
Quanto è carino!
«Grazie, ma non dovevi. Ora penso, visto che hai fatto la tua missione, che te ne andrai a dormire in camera tua».
Vedo che Matteo rimane di sasso e non sa cosa dire. «Io pensavo che se non riuscivi a dormire, potevo tenerti compagnia, affinché tu ci riesca».
In due in una camera singola? E dove si mette? Per terra?
«Non c'entriamo in questa camera, perché è per una sola persona e non voglio che tu debba metterti per terra a causa mia».
«Scusa se azzardo quest'ipotesi: potrei dormire con te?»
Ma che cosa non ha capito del mio discorso?
Restiamo un attimo in silenzio e ci guardiamo.
Lui intende in un altro modo. «Ma intendi insieme?» chiedo.
«Esattamente».
«Non è strano?»
«Che dorma nello stesso letto nel quale dormi anche tu?»
«Sì».
«Esistono anche persone che dormono insieme tutti i giorni e non sono innamorate tra di loro» puntualizza Matteo per convincermi.
«Va bene» gli rispondo, accettando la sua proposta.
Ci mettiamo sotto le coperte abbracciati l'uno all'altra, e devo dire che ci addormentiamo subito.
Mentre dormo, mi chiedo cosa penserà Luca, se mi vedesse in questo momento. Sono sicura che si arrabbierebbe moltissimo.
Non ci devo pensare.
***
È mattina. Lo so, perché quando ho aperto gli occhi, ho trovato il sole che cercava di entrare attraverso la finestra.
Guardo verso destra, dove ho sognato che c'era Matteo. È lì.
Allora vuol dire che è successo davvero.
Mi alzo e mi accorgo che non si è ancora destato.
Devo svegliarlo, perché deve ritornare in camera sua. Mi avvicino alla sua faccia e gli sussurro più volte: «Matty svegliati». Lui apre gli occhi e mi guarda sorpreso.
Chissà cosa pensava, prima di svegliarsi. Non lo saprò mai.
«Buongiorno» mi dice il Matteo non del tutto sveglio.
«Devi ritornare in camera tua, prima che gli altri si sveglino e ci scoprano» ribatto, "cacciandolo" dalla stanza.
«Ma mi stai buttando fuori?» enuncia, ancora mezzo disteso sul letto.
«Esattamente» pronuncio con una faccia molto seria.
«Perché?» mi domanda, come se non lo sapesse.
«Vai in camera tua» gli ordino. Si alza dal letto e va nella sua stanza.
Quando resto da sola, mi rendo conto di volere che Matteo fosse rimasto con me.
Ma che ore sono?
Consultando l'orologio, posso dire che sono le sette e quarantatré.
Devo vestirmi per andare a fare colazione e lì potrò stare con Matteo, senza dovermi preoccupare che ci scoprano.
Quando ho finito di dipingere il mio capolavoro, esco dalla stanza per dirigermi verso l'ascensore che mi porterà al piano terra, dove c'è anche la zona ristorante.
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