Capitolo 18: Entrambe le parti

In questo momento sono in classe ed è la quinta ora.

Noia! Non vedo l'ora che suoni.

Guardo l'orologio che è sulla parete davanti a me. Mancano tredici secondi.

Dodici... undici... dieci...

Nella mia testa conto i secondi che passano, fino a quando...

Evvai!

Mi alzo dal banco, prendo il libro di Latino ed esco dall'aula. C'è una folla tremenda, non si riesce nemmeno a vedere dov'è l'uscita.

Sono una sardina.

Aspetto che si liberi un po' il corridoio per potermene andare.

Preferivo stare in classe e dover sentire la lezione super noiosa di Latino.

Finalmente! Ora me ne posso andare. Prima però devo prendere gli altri libri dall'armadietto.

Sono arrivata, prendo dallo zaino la chiave e lo apro. Poso momentaneamente il libro di Latino per riuscire a prendere gli altri e poi lo inserirò nel mio zaino.

Ho messo tutti gli altri libri dentro la sacca e sto per farlo con quello di Latino, quando, però, arriva Luca.

«Lavinia, eccoti finalmente, ti stavo cercando ovunque».

«Lo so, Luca, lo so, ma c'era un ammassamento di persone per l'uscita che non ti dico».

«Lo so, Lavinia, ma ora vieni che ritorniamo a casa insieme».

«Andiamo per la stessa strada fino alla fontana, perché dopo bisogna percorrere vie diverse».

«Ovvio, no?»

«Be', non è ovvio».

«Fa lo stesso».

«Ok».

Chiudo lo zaino e l'armadietto e poi mi metto accanto a Luca.

«Andiamo allora».

Iniziamo a incamminarci verso le nostre case.

Siamo usciti dalla scuola, mentre altri lo stanno facendo in questo momento.

«Quanto era noiosa la lezione di Latino...» confessa.

Latino... oh no...

«Latino! Ho lasciato il libro nell'armadietto!»

«Cosa?» domanda, ma vede la mia faccia e ribadisce: «Lavinia! Sei sempre la solita!»

«Dammi cinque minuti per andarlo a riprendere, poi ritorno. Sarò qui tra cinque minuti».

«Ok, va bene, ma fai presto, lo sai che non ho molta pazienza».

«Lo so benissimo».

Corro per raggiungere in meno tempo possibile il mio armadietto.

Rientro nella scuola - la porta è ancora aperta - mi dirigo verso l'armadietto e lo apro.

Il libro di Latino è davanti a me. Lo prendo e lo sistemo nello zaino.

Ho chiuso l'armadietto e mi dirigo verso l'uscita principale, ma quando provo ad aprirla la trovo chiusa.

Ora come faccio?

Forse so come.

Ricomincio a camminare e faccio un percorso che non ho mai fatto, ma che molto probabilmente mi porterà fuori.

Qualche tempo fa ho visto i gemelli Santori uscire da un'uscita di sicurezza che potrebbe essere collegata al tragitto che sto facendo io.

Proviamoci.

Faccio tutto il tragitto che mi sembra possa portarmi fuori di qui più velocemente.

"Roma caput mundi" era un detto che si diceva, quando c'era ancora l'Impero romano e significa: "Roma, capitale del mondo".

È un po' così anche ora.

Continuo a camminare e a scegliere le strade migliori possibili.

Dovrebbero fare un itinerario della scuola, così sarebbe molto più facile. Mi andrebbe bene anche se lo facessero virtuale.

Sono quasi arrivata all'uscita, mi mancano dieci metri circa, quando vedo una cosa che mi lascia col fiato sospeso: ci sono i gemelli Santori.

Oh, no.

Stanno discutendo di qualcosa e li riesco a sentire molto bene.

Mi metto dietro una colonna per continuare a sentirli e riuscire ancora a vedere senza che loro riescano a notarmi.

«Te l'ho già detto, è difficile!» pronuncia Matteo.

«Non ti ho mai sentito dire queste cose. Sei sempre stato il migliore in questo campo, e ora mi chiedi consiglio?»

Ma di che stanno parlando?

«Lo so, Andrea, ma lei è diversa da tutte le altre, è... non so...»

«Oddio! Sentirti dire queste parole mi fa pensare che tu ti sia sciupato».

«Sciupato? Spiegati meglio».

«Intendo che prima di incontrarla non hai mai pensato queste cose».

«Lei mi rende nervoso».

«Lo so, Matteo, lo so».

Ah, ora ho capito. Stanno parlando di una ragazza. Ora si fa tutto più chiaro.

«Lavinia mi piace tantissimo, ma ogni volta che prendo coraggio per dirglielo, lei sembra... evasiva».

Io? Io piaccio a Matteo? Non ci posso credere.

«Cosa ti dico ogni giorno?» domanda Andrea.

«Glielo devo dire prima che qualcun altro lo faccia» proferisce, come me quando a forza di ripetermi una cosa, me la posso dire da sola.

«Quante volte è finita tra le tue braccia?»

«Conti anche il fatto che mi ha abbracciato?»

«Assolutamente sì, Matteo».

«Allora sono...» enuncia, mentre conta sulle dita delle mani «la prima volta è stata quando le ho raccontato di Emma, la seconda nel momento in cui mi è caduta addosso e l'ultima è stata stamattina a ricreazione».

«Ma... ti sono piaciuti?»

«Li ho adorati».

Gli è piaciuto che gli sono finita addosso. Benissimo.

«Allora diglielo, non aspettare niente».

«È solo che...»

«È solo che, niente» pronuncia marcando "niente". «Te lo devo dire, sennò non capisci».

«Non capisco cosa, fratello?»

«Sai, Alessandro De Luca?»

«Ovviamente sì. Poi ho scoperto che è nostro parente, anche se lontano».

«Lo sapevo già. Nostro nonno, Ugo, è il prozio di De Luca».

Matteo annuisce.

Andrea si avvicina a Matteo e io per riuscirli a sentire, devo sforzarmi molto.

«Ascoltami, te lo dico da fratello: De Luca ha delle mire su Lavinia, quindi devi sbrigarti a dirle quello che provi, o non potrai più averla».

«Sì, lo farò, ma credo dopo le vacanze, perché non voglio darle questo "peso" da sopportare durante il periodo di Natale».

Mi butto dolcemente al muro per cercare di riprendermi.

Che mi venga un colpo!

«Lo sai che mamma ci sta aspettando?» sento pronunciare da Andrea.

«Sì, dovremmo andare» ribatte Matteo.

Mi calmo e mi sporgo a guardare. Si stanno mettendo gli occhiali per andarsene.

«Allora andiamo» enuncia Andrea.

Si incamminano verso l'uscita, escono, ma li continuo a osservare finché non li riesco più a vedere.

Devo ritornare da Luca. Di sicuro lo troverò arrabbiato.

Inizio a incamminarmi verso l'uscita - la stessa che hanno attraversato i Santori - per ritrovare Luca.

Ci vuole poco a trovarlo, perché quella persona lì è così tanto arrabbiata che quando mi vede sembra sul punto di esplodere, ma si contiene.

«Sei arrivata finalmente!» sbotta lui.

«Lascia perdere cos'è successo, mentre tu eri qui».

«La "seconda guerra mondiale"?»

«Assolutamente no».

«Allora spiegamelo, così posso capire».

Gli racconto tutto nei minimi dettagli e alla fine lui si mette a ridere.

«Motivo?» chiedo io.

«Mi stai chiedendo la ragione per cui rido?» pronuncia, ridendo ancora.

«Esattamente».

«E me lo chiedi pure... mi hai raccontato la storia più assurda che possa esserci, te lo assicuro».

«No che non lo è».

«E allora quale storia sarebbe più assurda?»

«Se ti avessi raccontato una storia in cui si diceva che andavo sulla Luna. Quella è una storia assurda».

«No, la storia di te che vai sulla Luna, è un racconto che non potrà mai accadere, a eccezione...»

«Di cosa?»

«A eccezione che tu non entri nella NASA».

«Pensi che io non possa entrare nella NASA?»

«No, non sto dicendo questo, ma mi avevi sempre detto che volevi fare il medico, quindi...» Si ferma degli attimi. «Ti ho sempre pensato in questo modo».

«Ah, allora va bene».

«Ce ne andiamo a casa ora?»

«Ok».

Iniziamo a percorrere la distanza tra noi e le nostre case - molto vicini l'uno all'altra.

Dopo essere arrivati alla fontana, Luca dice: «Ciao Mia».

Poi mi bacia sulla guancia.

«Ciao, Luca» lo saluto.

Prendo per la strada che mi porterà a casa.

Sto riflettendo su quello che è accaduto oggi, entrambi mi hanno "rivelato" il loro amore verso di me.

Nel frattempo sono arrivata a casa.

Chissà che succederà.

Entro in casa.

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