Capitolo 16: Pomeriggio amichevole
Oggi è primo novembre, la giornata di tutti i Santi, anche nota come Ognissanti, ma per me è solo un giorno in cui non vado a scuola.
Nei giorni in cui non devo subire gli insulti di ogni genere, anche i più idioti, leggo libri.
Non faccio i compiti durante le vacanze, perché me le voglio godere senza pensare alla scuola, per questo li eseguo prima.
In questo momento sto leggendo un libro che mi sta letteralmente trasportando in un altro pianeta.
Molte persone non mi conoscono veramente, non hanno capito chi sono, nonostante anni e anni da quando mi hanno incontrata per la prima volta. Solo poche hanno incontrato la vera me, sanno chi è e ci hanno fatto confidenza, anche quelle persone sono le uniche a cui voglio bene veramente.
Alle medie, quando c'era la pausa pranzo mi portavo il libro, trovavo un luogo poco affollato, come l'aula di arte, mi sistemavo e leggevo.
Ora è leggermente diverso, vorrei poterlo leggere a scuola, ma non c'è un momento adatto, quindi alcune volte vado un po' in giro, mi fermo e apro il libro.
Sto leggendo una parte del libro molto particolare, ma il cellulare suona.
«Si attacca!» dico arrabbiata, mentre riprendo dall'inizio della parte. Quando arrivo al punto di prima, il telefono suona di nuovo. «E che daglie!» impreco contro il cellulare. «Va'... va'...» dico al mio telefono con gesto maleducato.
Sto per zittirlo, quando mi chiama una persona. È Luca. Pigio sul tasto verde per rispondere.
«Pronto, Luca?»
«Oh, Mia, mi stavo per preoccupare perché non rispondevi».
«Tranquillo non sono morta. Cosa volevi dirmi?»
«Stavi facendo qualcosa? Ti ho disturbato?»
«No, non mi hai disturbato Luca».
«In realtà, caro Luca, volevo leggere quel bel colpo di scena. Sono triste e arrabbiata. Triste per il fatto che non ho ancora letto quel pezzo del libro. Arrabbiata lo sono nei tuoi confronti, poiché non mi hai permesso di farlo.»
«Sono felice di questo. Ti va di uscire oggi?» mi propone lui.
«Uscire? Come ai vecchi tempi?»
«Sì, Mia. Come ai vecchi tempi».
«Dove ci incontriamo?»
«Alla fontana?»
«Sì, va bene».
«Ti va bene tra un quarto d'ora?»
«Credo che tra un quarto d'ora io sarò ancora a prepararmi. Tra un'ora?»
«Un'ora? Manco fossi una sposa che deve unirsi in matrimonio. Non dirmi che sei pigiama...»
«No, poco poco».
«Sei sempre la solita, Lavinia!» dice con un tono che mi fa capire che è arrabbiato.
«È la prima volta che ti sento che pronunci il mio vero nome, Luca».
«Va bene, aspetto, ma sbrigati. Sai che non sono molto paziente».
Luca aggancia, quindi spengo il telefono e vado in camera per prepararmi a uscire.
Ecco!
Vedo la fontana in lontananza farsi sempre più grande. Sul marciapiede, invece, osservo la figura alta e ben proporzionata di Luca. Punto gli occhi sui suoi capelli, biondi e perennemente corti.
Sta attendendo qualcuno ed è un po' arrabbiato. Sta aspettando me.
Continuo a camminare per raggiungerlo e quando mi vede lancia un'occhiata, come a dire: «Finalmente, ce ne hai messo di tempo!»
Salgo sul marciapiede su cui lui sta in questo momento.
«Lo so che sei arrabbiato, ma ora sono qui, quindi vuoi discutere con me o ci facciamo un giro?»
«Andiamo».
Iniziamo a camminare vicini sul marciapiede.
«Perché volevi vedermi?» chiedo con molta curiosità.
«Come ai vecchi tempi, ti devo dire delle novità e non mi piace farlo per telefono».
«Ok. Di quali novità parliamo?»
«La prima cosa che ti volevo dire era che da lunedì sarò nella tua classe».
«Oh, è magnifico! Saremo compagni di classe».
«Sì, è magnifico» dice sorridendo.
Sorrido anch'io per la bella notizia che mi ha dato.
«Non credo che mi hai fatto venire qui solo per dirmi questo, giusto?»
«Hai indovinato, Mia».
«Dimmi».
«Ti ricordi quando mi hai detto tre giorni fa di Matteo Santori?»
«Non me lo scordo di sicuro» ribatto decisa.
«Ok. Quando sono ritornato a casa, dopo aver parlato con te, ho chiesto a mia nonna di lui».
«E che cosa ti ha risposto?»
«Mia nonna non lo conosce, ma si ricorda del cognome Santori-»
«E allora?» dico, senza farlo riuscire a continuare.
«Calmati, non sono cose brutte, almeno spero».
Non mi rincuora molto questa risposta.
«Cosa ha detto Augusta?»
«Nonna ha detto che suo fratello, non so se ti ricordi di lui, si chiamava Ugo, ha sposato Aurora Paciulli che è la nonna di Matteo Santori. Ugo, in effetti, è il mio prozio».
«Quindi, fammi capire, tu sei imparentato con Matteo?» Sembra mi abbia dato uno schiaffo in faccia.
Gli stringo la mia mano sul suo polso e lo trascino nella mia libreria preferita. Entriamo, diciamo "Buongiorno" e ci catapultiamo nei libri.
Dopo circa un'ora usciamo dalla libreria, senza aver comprato nulla.
«Ti sei reso conto che abbiamo fatto shopping?» dico, scherzando.
«Non abbiamo fatto shopping, perché non abbiamo comprato niente».
«Fare shopping non significa solo comprare, ma anche andare in giro per i negozi».
«Se lo dici tu».
Dopo andiamo in altri negozi, senza comprare niente. In seguito mi porta in un bar.
«Sono sicuro che vuoi prendere qualcosa». Come ha fatto a capirlo? «Mi ricordo che quando uscivamo, tu volevi venire qui». Se lo ricorda? Non pensavo che gli fosse rimasto impresso. «Una cioccolata calda con molta panna. Ho indovinato?»
«Sì. Come lo sai?»
«I tuoi gusti non sono cambiati, quindi li conosco già. Ora vado a ordinare. Tu prendi un tavolo, ok?»
Trovo un tavolo adatto e mi ci siedo. Mi tolgo la borsetta e il cappotto, e li metto su una sedia, appartenente al tavolo.
Passa un minuto prima che Luca ritorni col suo cappuccino e la mia cioccolata calda.
«Eccola qui» dice, posandomela davanti a me.
Mentre gustiamo le nostre bevande, parliamo.
Sto pensando a una cosa malsana.
E se non volessi più avere Matteo, ma Luca? No, non posso, perché è il mio migliore amico ed è parente, anche se lontano, di Matteo. Nessuno mi potrebbe biasimare, poiché io e Matteo non stiamo insieme e lui non sembra averne intenzione. Luca, invece, mi è accanto, lo è sempre stato, fin da quando eravamo piccoli. Che faccio?
Mentre penso a cosa fare, continuo a parlare con Luca, pur non sapendo di cosa.
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