capitolo 2
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KAYDEN
Kayden scese dalla sua amata moto dopo aver parcheggiato nel vialetto della sua abitazione, nel centro di Black Angel City.
Si sentiva ancora scosso dopo quello che aveva scoperto. Era scappato quella mattina dopo aver avuto una violentissima discussione con sua madre, poi, a bordo della sua amata moto dalla quale non si separava mai, aveva fatto il giro di tutta la cittadina, arrivando fino a Londra, rendendosi poi conto che non sapeva dove andare.
Kayden osservò la facciata bianca della villetta nella quale aveva vissuto per tutta la vita e quando sua madre aprì la porta, si sentì morire.
"Ho parlato con Antonin, il tuo padre biologico, Kay. Lui... sta morendo... mi ha detto che c'è un altro ragazzo... suo figlio... E quel ragazzo è tuo fratello.."
Kayden chiuse gli occhi, ripensando alla discussione avuta con la madre quella mattina.
Quando Kay aveva chiesto spiegazioni, la donna gli aveva detto che non ne aveva idea, che la madre del ragazzo era morta di parto e che il ragazzino era stato dato in adozione.
Kayden era schifato. Come poteva dare via un figlio in quel modo? Che fine aveva fatto suo fratello? Dov'era? Come viveva? Che faccia aveva poi?
"Mamma, sto uscendo..." la porta di casa si aprì e Kayden vide suo fratello Joey con l'immancabile cappuccio sulla testa, uscire di casa tenendo entrambe le mani nelle tasche.
"Si può sapere dove stai andando?!" chiese la donna, esasperata.
"Vado da Adam, ha comprato dei giochi nuovi che vuole farmi provare... Torno per cena..." disse il ragazzino incamminandosi lungo la strada.
La famiglia di Adam viveva a pochi metri di distanza.
Kayden salutò il fratello con un cenno della mano e poi scese dalla moto. E lui che voleva andarsene di nascosto, ma come poteva se sua madre era in casa? Con un sospiro si sfilò il casco dalla testa e si ravvivò i capelli con la mano. Sua madre lo guardò addolorata.
"Kay, possiamo parlare?" disse la donna, seguendo il figlio lungo le scale che lo avrebbero portato alla zona notte.
"Non ho voglia di parlare" disse il ragazzo, chiudendosi poi in camera, girando la chiave nella serratura.
Sua madre bussò alla porta.
"Kay, ti prego, non fare così... Ti prego, parlami, non voglio che ti chiudi in te stesso, non ti fa bene..."
Kay alzò gli occhi al cielo.
Ed ecco che sua madre tentava di psicanalizzarlo! Perché non si limitava a farlo con i suoi pazienti?
Afferrò le cuffie e se le mise nelle orecchie, poi fece partire la musica al massimo, mentre recuperava da sotto il materasso le cartine e l'erba.
Quando la loro domestica impicciona andava a pulire casa, Kay doveva sempre portarsela dietro, per evitare che la donna facesse la spia con i suoi genitori. Una volta aveva trovato del lubrificante alla frutta e un dildo rosa nella camera da letto di suo fratello ed era stato Kay a parlare con la donna, dicendole che non c'era bisogno che i suoi genitori sapessero che Joey faceva sesso.
Sua madre sarebbe andata fuori di testa, come minimo.
Aprì la porta finestra e si sedette a terra, mentre piegava le gambe contro il petto e apriva il sacchettino con l'erba.
Se i suoi genitori avessero solamente sospettato una cosa del genere, sarebbe morto, di sicuro.
Suo padre era un uomo molto rigido e molto chiuso di mente.
Kay aveva per puro caso ascoltato una conversazione tra suo fratello e Adam, scoprendo che i due avevano una relazione.
Se il padre avesse mai scoperto una cosa del genere, Joey sarebbe finito di sicuro in mezzo alla strada.
Ed era la stessa sorte che sarebbe toccata a lui, molto probabilmente. Con quel pensiero, si alzò da terra stringendo il sacchettino con l'erba e le cartine e afferrò dall'armadio il suo borsone nero, ci gettò il sacchetto che teneva in mano e poi dei vestiti alla rinfusa, mentre sentiva gli occhi riempirsi di lacrime.
Com'era possibile che la sua vita fosse un tale schifo?
Non aveva mai avuto notizie del suo padre biologico, per lui era morto e Kayden viveva tranquillamente con quel pensiero. Sapere soltanto adesso che aveva anche un fratello di cui ignorava l'esistenza... era troppo.
Sua madre continuò a bussare alla porta, ma Kayden non la ascoltò, continuando ad infilare le sue cose nel borsone. Si voltò verso il letto e la sua attenzione cadde sulla foto incorniciata che vedeva lui e suo fratello Joey abbracciati davanti ad un albero di Natale quando erano bambini.
Kayden si avvicinò e la strinse tra le mani, prima di metterla nel borsone.
Lasciare Joey da solo in quella casa lo faceva stare malissimo, se c'era una persona che Kay adorava era proprio Joey.
Kay chiuse il borsone, afferrò le chiavi della moto e con le cuffie ancora addosso aprì la porta.
"Che stai facendo? Dove stai andando?!" chiese sua madre impanicata.
"Vado a dormire da un amico.." disse atono Kay mentre scendeva le scale.
Sua madre era dietro di lui che stava dicendo qualcosa, ma Kay non riusciva a sentirla per via della musica nelle orecchie. Quando raggiunse la porta di casa e l'aprì, sua madre lo strattonò per un braccio, ma Kay si divincolò, senza guardarsi indietro.
Salì a bordo della sua moto dopo essersi infilato il casco e poi partì, non sapendo bene dove.
Dopo mezz'ora che vagava, si fermò davanti ai giardinetti pubblici e osservò la caffetteria di Queen's Deli che si trovava davanti. Kayden cercò di trattenere le lacrime mentre afferrava il cellulare e cercava un posto dove stare per la notte.
Mentre cercava un albergo, si imbattè nel sito di una associazione che ospitava ragazzi omosessuali che venivano cacciati dalla famiglia.
Kay si morse il labbro, pensieroso. La sua famiglia non lo aveva cacciato, sua madre lo aveva già chiamato dieci volte e mandato altrettanti messaggi che Kay non aveva letto, però aveva davvero bisogno di aiuto ed era anche lui gay.
Dopo qualche secondo di incertezza, selezionò l'indirizzo sull' applicazione del navigatore e lo fece partire, seguendo le indicazioni della voce femminile.
Ci vollero pochissimi minuti, non distava molto dal centro della cittadina e il palazzo che ospitava l'associazione era ben curato, sul davanti il cancello di ingresso era già decorato con le luci natalizie.
Il pensiero di passare il Natale lontano da Joey lo fece scoppiare in lacrime e abbassò la testa mentre trovava un parcheggio per la sua moto. Scese, si sfilò il casco e fissò la porta, poi stringendo la tracolla della sua borsa, prese un respiro profondo ed entrò dal cancelletto in ferro battuto. Dopo aver fatto i primi tre scalini, Kayden prese un respiro profondo e suonò al campanello.
Aveva il cuore che batteva furioso.
E se non avessero avuto posto per lui? Si chiese preoccupato.
La porta si aprì e una giovane ragazza dalla pelle scura e treccine colorate aprì la porta.
"Posso avere un posto per questa notte? Non so dove andare..." disse Kay, sentendo le guance avvampare per l'imbarazzo.
"Ma certo, vieni, accomodati, io sono Fiona..." disse la donna prima di voltarsi e chiamare un uomo di nome Harry.
Kay si portò una mano sulla guancia, sentendola bagnata. Odiava piangere, aveva smesso di piangere da anni, che diavolo gli stava succedendo? Si chiese stupito.
Sollevò lo sguardo sull'uomo che si stava avvicinando, moro, occhiali e barba dello stesso colore dei capelli. Aveva un sorriso amichevole e gli tese la mano.
"Ciao, io sono Harry, sono a capo di questa associazione, come ti chiami?" disse l'uomo.
Kay tenne lo sguardo basso, in imbarazzo, stritolando la tracolla del borsone che teneva sulla spalla.
E ora?
"Posso avere un letto? Solo per questa notte, per favore?" chiese con voce tremante.
Ti prego, dimmi di si... Pensò, mentre sollevava appena lo sguardo e fissava l'uomo, per poi abbassare lo sguardo.
Perché non aveva affittato una stanza in un albergo?!
"Assolutamente si. Fiona si occuperà di te... Come ti chiami?" ritentò l'uomo, ma Kay non rispose, troppo imbarazzato.
Harry fece un cenno con la testa a Fiona che li superò e fece cenno con la mano a Kay di seguirla.
Mentre superavano l'ingresso, Kay sollevò lo sguardo per un momento ed incrociò quello azzurro di un giovane dai capelli rossi che lo stava fissando in silenzio.
Kay abbassò lo sguardo, pensieroso, mentre Fiona gli diceva gli orari della cena, della colazione e gli mostrava il bagno. Stava dicendo qualcosa sull'aiutare tutti insieme in associazione e Kay stava per alzare gli occhi al cielo. Lui non sapeva nemmeno rifarsi il letto, visto che per tutta la vita glielo aveva fatto la domestica.
La giovane gli indicò il suo letto e poi lo lasciò da solo. Kay storse la bocca notando che in quella camera non sarebbe stato da solo, ma non importava, aveva vitto e alloggio gratis. Ovviamente non avrebbe potuto mettersi a fumare o uscire durante la notte sul tetto, come faceva sempre a casa quando la notte non riusciva a chiudere occhio per i troppi pensieri che lo tenevano sveglio.
Con un sospiro, si sedette sul letto, sospirando per le molle del materasso. Si alzò e afferrò dalla tasca del cappotto che indossava il pacchetto di sigarette insieme al suo accendino verde con lo gnomo, glielo aveva regalato Joey anni prima per il suo compleanno.
La differenza tra i due fratelli era che a Joey piaceva circondarsi di cose costose, a Kay invece non gli importava molto dei soldi, si accontentava anche di accendini da pochi centesimi, bastava il pensiero.
Il suo sguardo cadde sulla sua immagine riflessa allo specchio e sussultò alla vista.
La sua frangia era tutta spettinata e se la sistemò alla bell'e meglio con le mani, tenendole sopra per appiattirla.
Da quando se l'era fatta la odiava. Era tentato di tagliarsela via una volta per tutte.
Poi la sua attenzione cadde sulle guance sporche di nero. Si passò le maniche della maglia nera che indossava e se le poi sospirò, voltandosi.
Raggiunse il balcone e si appoggiò alla balaustra, osservando il parco sotto di lui. Aprì il pacchetto di sigarette e se ne portò una alle labbra, mentre cercava di accenderla, chiudendo le mani per ripararsi dal vento.
Mentre litigava con la fiamma dell'accendino che non aveva intenzione di accendersi, con la coda dell'occhio notò il rosso che aveva notato vicino all'ingresso uscire sul balcone e per mezzo secondo si chiese se in quel posto si potesse fumare. Restò rigido qualche secondo, dando le spalle al ragazzo che era appena entrato mentre finalmente riusciva ad accendere la sigaretta.
Aveva notato l'occhiata che il rosso gli aveva lanciato appena arrivato e si era sentito da subito a disagio, mentre riponeva l'accendino nel pacchetto ormai quasi vuoto.
Il giovane si era avvicinato al parapetto del balcone stendendo la gamba destra dietro di lui, mentre lanciava occhiate al pacchetto di sigarette che il moro teneva in una mano.
Ecco, adesso mi dirà che in questo posto è vietato fumare, pensò triste Kay.
"Scusa, me ne passi una?" chiese invece il rosso, stupendolo.
Il moro, che teneva la sigaretta tra le labbra, tese il pacchetto al rosso che l'afferrò e ne prese una, accendendola al primo tentativo.
Kay strinse le labbra, indignato.
Il rosso stava fissando il suo accendino prima di rimetterlo dentro al pacchetto che gli consegnò, poi si portò la sigaretta alle labbra e guardò i giardinetti che si trovavano al di sotto, osservando bambini che giocavano sugli scivoli e alcuni ragazzi più grandi seduti sulle panchine poco distante che chiacchieravano tra di loro.
Kay fissò con la coda dell'occhio il rosso che non disse nulla, lasciando Kay confuso. Perchè era uscito, allora?
I due non si dissero una parola, finendo le rispettive sigarette. A quel punto Kay fece dietrofront per rientrare e cercare di capire come funzionassero li le cose.
"Non mi sembri uno scappato di casa" disse all'improvviso il rosso e Kay si bloccò, le spalle rigide.
Lentamente si voltò per fissare il rosso. Come aveva fatto a capirlo? Si chiese preoccupato.
Strinse le labbra e decise di usare lo stesso atteggiamento che era solito usare quando non aveva voglia di parlare.
"Pensa quello che vuoi..." disse uscendo dalla stanza, mentre il pensiero che quel rosso potesse scoprire la verità sul suo conto lo spaventava.
Doveva inventarsi qualcosa in fretta se voleva restare lì dentro.
Note: capitolo a sorpresa per ringraziarvi per l'affetto che mi avete dimostrato ❤️❤️😍😍 ~Galaxy~
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