/36/ Stelle binarie

Il tuo corpo è una mappa di costellazioni, l'ho sempre pensato e non l'ho mai detto, quasi che questa mia infantile considerazione mi potesse far risaltare come il solito stereotipo del folle innamorato ai tuoi occhi. Mentre sto seduto sul bordo di questo pallido letto e mi reggo con le mani sul materasso ci sono persone che mi stanno rubando l'intimità della tua contemplazione. Me ne sto qui da tanti minuti e non ho distolto lo sguardo da te un solo secondo. Un senso di disagio ha preso a crescermi dentro.
Ticchettii dispersi e passi lenti, tutto sembra in procinto di fermarsi ed io prego che così sia. Se quest'asettica stanza d'ospedale si facesse immobile sarebbe come svuotata e non dovrei più stare ad ascoltare le stanche parole di Toshinori e le fiacche risposte di Aizawa. Dai loro toni traspare una flebile speranza che non voglio tu senta, perché devo essere io a guidarti fino al tramonto. La luce calda del sole primaverile inonda l'ambiente, il mio sguardo vaga concedendosi un po' di riposo e finalmente noto la calma che ha ricoperto ogni persona, ogni mobile, ogni cosa con il suo sottile velo. C'è un'infermiera che da un quarto d'ora fa avanti e indietro da me a te ed ora ti è davanti con quel suo sorriso di cortesia, ti sta facendo le stesse domande che ha fatto a me prima, ti sta spiegando le medesime procedure.
Espiro, rabbrividisco contraendo gli addominali e sarei tentato di coprirmi, ma mi blocco a metà del pensiero quando ritorno a te e vedo con quanta scioltezza stai seduto, busto spoglio e spalle tese, riccioli verdi stranamente ordinati e mento che oscilla con delicatezza su e giù. Stai annuendo, a cosa non sto neanche a chiedermelo.
In questo momento mi sento davvero fuori di me, estraniato dal mondo che ci circonda e non ha alcuna importanza interrogarmi sul come ed il perché delle cose. Siamo qui, cos'altro dovrei sapere?
E ritorno ai miei pensieri, alla mia vista che ha cercato invano di fuggire dalla tua figura. Oh, se potessi meravigliarti come me, quanta felicità proveresti! Mi basta un tuo particolare per iniziare a perdermi nuovamente e mi diverto, non sai quanto, ad assecondare il mio stesso smarrimento.
Sono quei puntini ambrati e dalle scure sfumature a distrarmi dal tranquillo caos che ci circonda e la tua pelle è una tela davvero rovinata, e per questo meravigliosa, su cui il pennello della creazione ha disseminato tocchi delicati. Si disperdono a partire dalle tue gote e discendono mischiandosi a ruvide cicatrici lungo il pendio dei tuoi muscoli; le tue lentiggini sono uno dei primi particolari che ho reso miei nel corso degli anni e ti chiederai come, ne sono certo, tu fai sempre tante domande.
Sono stati i miei modi da ragazzo mai cresciuto abbastanza, la mia avidità, la mia indifferenza, il mio egocentrismo, il mio essere melodrammatico e troppo incline ad assecondare i capricci di entrambi a renderti succube dell'uomo che adesso ti fissa come se fossi un miraggio nel mezzo di un deserto da cui stenta a credere di esser fuggito. Ma quei tuoi pois, macchie d'anima che nella luce estiva risaltano come chicchi di caffè e in inverno diventano schizzi di cioccolata calda sulla tua pelle chiara come il latte, quei soffici lembi di ristrette galassie, grumi di stelle, sono ciò che lega il nostro passato al presente che cerco di tener stretto al petto. Ricordi la nostra prima volta? Quanta insicurezza, quanta impazienza, eravamo talmente presi dall'euforia da non poter gustare appieno il momento. Eppure dicono che certe cose non le dimentichi, no, certe cose ti restano incise a vita se non sulle membra, nella mente...ho sempre trovato che questa fosse un'idea davvero idiota e non credo di aver maturato un'opinione diversa ora che sono prossimo alla soglia dei trent'anni. Non ho immagini chiare di quel giorno, è stato tanto tempo fa, né posso dire di sapere con precisione quali punti le tue dita abbiano tastato e quanta forza abbia rigettato in baci dettati dalla foga di sentirmi appagato. La verità è che certe cose sono sopravvalutate e non so quale sia il tuo punto di vista al riguardo, perciò ti chiederei di scusarmi se sto mortificando una delle tue più dolci rimembranze, tuttavia non userò parole diverse per esprimermi. Arriviamo tutti a quell'età che è transitoria, che ha un passo nella fanciullezza ed uno nella maturità e da questo precario equilibrio spesso si inizia a traballare, si cade, si è tanto intelligenti quanto stupidi e si fanno le peggiori idiozie. L'adolescenza non è mai stato qualcosa per cui andassi matto, diciamocelo, ho dato mostra del mio peggio e del mio meglio in quel periodo relativamente breve che ci ha segnato indelebilmente. Ti ho dato rancore, poi confusione, infine ti è rimasto un fragile affetto da accudire quando sarei dovuto esserti da appoggio. Il problema è che le persone non sanno vivere il malumore, figuriamoci la sofferenza, sono capaci di gettare la spugna prematuramente e sovente sottostanno all'aspro veleno dell'incomprensione, dettata, purtroppo, non dall'inesperienza, ma dalla volontà. Non vogliamo essere di troppo, cerchiamo di farci spazio nelle vite altrui finché possiamo e se non troviamo un posto comodo tendiamo a dimenarci per uscirne fregandocene dei danni che ci lasciamo dietro. Sono stato davvero pessimo negli anni della nostra giovinezza e ho già ammesso di aver grandi responsabilità per come siamo finiti, eppure adesso so che non sarei stato capace di comportarmi diversamente perché, è banale da dire, ma non posso cambiare il corso degli eventi ed ogni azione che compiamo è il risultato di innumerevoli ed inevitabili circostanze. Non avrei potuto aver minore o maggiore rispetto per te, come tu non avresti potuto riporre la giusta fiducia nel mio tremante animo. Sono diventato più resistente, lo siamo diventati entrambi, e continuiamo a fare gli stessi errori; la differenza è che ora sappiamo affrontarli e non sai quanto ne sia sollevato.
Perciò, se ripenso all'idealizzata prima volta, riesco a figurarmi solo i sentieri dispersivi che segnano il tuo corpo ed il come riesca a seguirli ancora oggi, osservandoti con una leggerezza conquistata a fatica. Quelle vie mi hanno condotto a te tanto tempo fa e persistono nell'adempiere al loro compito ogni ora, ogni minuto, ogni secondo in cui respiro. Perché loro sono perdurate e sono sempre state con te, sono cresciute assieme ai tuoi ricci ed io ho fatto lo stesso.
Che fosse per rabbia, per nervosismo o per ignoranti pregiudizi, finivo per aver a che fare con i tuoi borbottii e quei folli ragionamenti che bisbigliavi durante le lezioni e non sai quanta pazienza abbia maturato per ritrovarmi ad amare certi tuoi tratti. Non sei più il ragazzo di un tempo, tuttavia ti riconosco come mio tassello complementare e non ho bisogno di vederti, di sentirti o di toccarti per giungere ad una tale verità: sei in me ed io sono in te, non voglio usare lunghi discorsi per confessarmi ed in fondo entrambi preferiamo essere più diretti, più sinceri, esserlo adesso per tutte le volte in cui non ci siamo riusciti.
Ti ho detto di esser andato avanti per te, almeno in parte, e di averlo fatto più per me stesso che per gli altri; nonostante tutte le mie smanie sono rimasto un'ombra fra le tante che adornano il mondo e mi chiedo se dopo oggi continuerà ad essere così.
Come se la realtà potesse mutare nel giro di ventiquattrore! Che folle illusione! Il tempo, ne siamo ben coscienti, non ci concede un tale lusso e pretende tanto da noi, talmente tanto da consumarci irreversibilmente fino a quando non ritorniamo ad essere cenere e rinascita. È il tempo a condannarci e noi lo accogliamo senza grandi ripensamenti: giungeremo al capolinea in qualche modo, perché tanto affanno? Perché sprecare lunghi pomeriggi a vagare per strade ed incroci di duro asfalto?
Era molto più semplice quando eravamo piccoli e nelle nostre menti non era maturato a dovere il concetto di affetto. Tutto era bianco e nero ed un tale criterio di distinzione era facile da applicare al nostro piccolo universo fatto di smarriti sentieri di campagna, suole sporche di fango e vanagloriosi atteggiamenti da heroes.
Siamo tornati a camminare sulla via che abbiamo perso ormai nove anni fa e l'erba è incolta, sprizza fuori dai fossi riversandosi sulla terra battuta e dando al panorama un senso di disordine e di perfezione, proprio come fanno i tuoi capelli. Mi soffermo di nuovo sulle tue verdi volute, ma l'attenzione che vi dedico è breve poiché torno presto a vagare fra le tenere macchie del tuo busto. Se me lo chiedessero saprei indicare con precisione ogni punto in cui si addensano al di sotto dei tuoi pantaloni, come scendono disperdendosi lungo le tue cosce per poi sfumare fino alle caviglie.
<Deku> il mio è un sussurro talmente basso che non giunge fino alle tue orecchie e ad occhi esterni ho appena mosso labbra mimando un richiamo privo di senso. Non so perché, ma la mia volontà di chiamarti si discosta tanto dalle mie azioni e sopprimo il mio desiderio quando lo scatto di una maniglia si mischia agli innumerevoli, sottili rumori che ci circondano.
Entrambi blocchiamo il respiro e lo rilasciamo con forza mentre un modesto completo blu scuro fa capolino dalla porta e per un attimo il vociferare del corridoio dell'ospedale muove qualche passo nella stanza per poi arretrare velocemente quando la serratura scatta dietro alle spalle di una ragazza visibilmente agitata.
<Eri> mi precedi nel chiamarla e come se il tuo saluto fosse sufficiente mi limito a sorriderle anche se so che il suo sguardo mi dedica solo un'occhiata prima di focalizzarsi su di te.
Non indugi, le tue braccia si muovono prima dei tuoi pensieri ed in una manciata di secondi ti sei spinto giù dal letto. Ho trattenuto ancora aria nei polmoni nel vederti contrarre i muscoli e mi sono rassegnato all'essere ormai un semplice spettatore delle tue azioni. Oggi il protagonista sei tu, non c'è dubbio.
Eccovi, uomo e ragazza, amorevole legame diviso dallo spazio e dal tempo, adesso potete sigillare il vostro ricongiungimento davanti alla mia espressione sognante con un abbraccio che quasi invidio. I tuoi sono così calorosi che se non fosse per la chioma argentata dell'ormai giovane donna mi ritroverei a ribollire di gelosia. A lei è concesso di starti vicino e non sta a me dare il permesso, in fin dei conti sei stato tu a porre una barriera fra te stesso ed il mondo e sono pochi gli eletti che hanno avuto la fortuna di riaccostarsi al tuo splendido viso dopo il tuo risveglio.
Le mani di Eri si fanno strada timidamente sulla tua pelle, premono sulle scapole e so che vorrebbe stringere di più, ma si trattiene per proibire al vostro contatto di prolungarsi più del dovuto poiché cos'è un singolo abbraccio di fronte a nove anni di lontananza? Meritereste molto di più, come noi d'altronde.
Non hai rivolto tanto affetto nemmeno a Toshinori quando siamo arrivati, ma nel voltarmi verso i nostri ex-professori noto come i loro occhi siano rapiti tanto quanto me dalla scena e non vi è offesa sui loro volti. Sanno quanto tu tenga a quella tua prima vittoria e sconfitta, bambina di ricordi tanto intricati, e mostrano rispetto nel riprendere i loro discorsi lasciandovi alcuni minuti.
Io invece vi fisso e non ne posso fare a meno. Il nostro ultimo incontro mi torna in mente come un uragano e le sue dolci e melanconiche frasi si susseguono nel filo dei miei pensieri.
<Non so se sarebbe potuto cambiare qualcosa, ma sareste potuti essere voi la mia casa> sono state parole avventate forse, ma davvero confortanti e vorrei che le avessi udite anche tu perché, anche se te le ho riferite, non sortiranno mai lo stesso effetto se non pronunciate dalle sottili labbra di Eri.
Vi separare con un sospiro e gli angoli della bocca tirati dall'enorme sorriso che vi si è stampato in viso.
<Quasi non sei cambiato> ti dice allungando una mano per spostare una ciocca dalla fronte, studiandoti brevemente. Muove un passo in avanti e, pur bisbigliando, la sua frase arriva chiara e diretta fino a me.
<Il tuo quasi marito ti sta divorando con lo sguardo>. Mi sento pizzicare sulla nuca e sulle guance quando vi girate verso di me, vi dedicate ad una risata che contribuisce solo a schernirmi maggiormente e tu decidi di dare il colpo di grazia.
<Lo so, ha un'espressione troppo divertente>. E con questo mi fai affondare completamente.
<Tsk> chino il capo celandomi per quanto possibile dietro ai miei ciuffi dorati e spero che il rossore passi in fretta.
<Come stai?> ti sento chiedere e per un attimo credo che tu ti stia rivolgendo a me, che tu abbia notato le nocche bianche che stringono il bordo del materasso ed il ritmo nervoso con cui faccio dondolare una gamba.
Ma forse sei troppo preso da Eri ed infine è proprio lei a risponderti.
<Agitata, ma sono felice di potervi rivedere assieme> mentre parla si avvicina ai letti, tu la segui a ruota e rialzo la testa una volta che hai preso posto di fronte a me.
Mi guardi, ti guardo, respiriamo assieme davanti a tutte queste persone.
Mi sbagliavo poco fa, in verità tu hai ben visto la tensione propagarsi sul mio animo, ma solo adesso vi dedichi attenzione.
Cosa riguardo a te? Cos'è quell'espressione impassibile? È incredibile che proprio tu sia tanto calmo ed io invece abbia abbastanza brividi in corpo per entrambi. Affondo le unghie nella stoffa prima di sbilanciarmi e posare la fronte sul tuo petto.
<Ci siamo, Kacchan> mi sussurri accarezzandomi e d'un tratto l'aria mi sembra meno pesante.
<Sì> dico respingendo con forza la tentazione di mordermi la lingua.
D'un tratto succede di tutto attorno a noi: piedi pestano il pavimento, la porta si apre e si chiude, lo stridio di una sedia rimbomba nella stanza, Aizawa e Toshinori ci salutano da lontano, il vecchio ex-number One ti rivolge parole di incoraggiamento che accogli con un sorriso che non posso vedere, ma che percepisco. In questo trambusto sono rimasto immobile contro di te, non ho voluto nessun conforto esterno e vorrei dirtelo: mi basti tu, con i tuoi soffici tocchi che nascondono perfettamente la salda presa con cui mi consumi.
<Bene -la voce di Eri è l'unica cosa che mi risveglia e mi obbligo a separarmi da te che piano abbandoni la stretta che era affondata fra le mie ciocche- ora dobbiamo parlare>.
Mi accorgo con sollievo che siamo rimasti solo noi ed un piacevole brusio giunge dal corridoio. Ti accomodi nuovamente sul letto ed Eri fa lo stesso sulla sedia che ha preso e posizionato fra di noi.
Si stringe le ginocchia, prova a rilassarsi; noi, come lei, sappiamo che il discorso da affrontare sarà complicato.
D'un tratto Eri deglutisce a vuoto, sia io che te la osserviamo con confusione allungare le braccia e afferrarci le mani. Quando decide di rivolgerci un'occhiata satura di apprensione per poco non sussulto, piuttosto decido di ricambiare il suo gesto premendo con il pollice sulle sue dita.
<Prima ho bisogno di chiedervelo: ne siete sicuri?>
Quanta banalità in una sola domanda, eppure mi coglie impreparato come non mai, impreparato come di fronte al maltempo che ci ha colti mentre discendevamo dai pendii della montagna. Giù, per sentieri umidi, siamo corsi sfuggendo alla pioggia e ridevamo. Ricordi? È stato poche ore fa, ma già mi sembra lontano intere settimane dal punto in cui siamo. Ci siamo precipitati a fondo valle con il fiatone e ci siamo sfilati gli scarponi infangati correndo sull'asfalto del parcheggio per poi precipitarci in macchina. Abbiamo riempito i polmoni d'aria trattenendo una risata che in pochi minuti ha riempito il ristretto spazio, i sedili erano scivolosi sotto al tessuto bagnato dei k-way, i nostri visi rossi per la corsa, il vento all'esterno si stava alzando e portava con sé l'odore del temporale. Quando siamo arrivati in città non stava ancora piovendo, le nuvole grigie ce le eravamo lasciate alle spalle e anche se al momento il tramonto ci investe con i suoi bagliori in un azzurro limpido, sappiamo che si stanno avvicinando. Questa notte diluvierà e sarà stupendo.
Collideremo, luci distanti che si avvicinano e non riescono a dividersi e moriremo, sì, per tornare ad essere un tutt'uno nel buio dell'universo.
Separo le labbra per far fuoriuscire una qualsiasi risposta, tuttavia resto a corto di pensieri e le parole defluiscono dalla mia gola come un torrente, vengono portate via e di loro resta solo un vago ricordo. Cosa dovrei dire? Il cielo non sta ancora piangendo, voglio rispettare il suo silenzio.

Nuovo capitolo, nuova situazione da spiegare. Come ho preannunciato la storia si fa complicata, nel prossimo aggiornamento sarà possibile avere dei chiarimenti e per ora trattengo il fiato come Katsuki.
Siamo ormai a fine anno scolastico e, difficile crederci, questi due ragazzi mi hanno accompagnato per più di due anni nel mio percorso. È triste, ma giusto che la loro storia si concluda con una parte della mia.
Fra meno di due settimane sarò diplomata, forse mi trasferirò per l'università o forse verrò bocciata, mi dispererò e sì, dovrei smettere di pensare al peggio. Nonostante le insicurezze, auguro buona fortuna a me stessa e a chiunque debba sostenere esami e non solo, anche a chi sta affrontando la semplice conclusione di un ciclo di nove mesi davvero stressanti.
(◍ᴗ◍)❤

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