/30/ Cerca le tue ali

Abbiamo perso il tramonto. Questa frase è perentoria, ascoltane la caducità e conferiscile eternità. È scomparso, inghiottito dalla freschezza della sera, il sole non è più con noi. Come i tuoi smeraldi hanno preannunciato nella movimentata giornata appena conclusa, non ci siamo concessi un istante di lontananza e sento, pesanti ed incisivi, i segni che mi hai lasciato come unica memoria. Sono monito, avvertenza per il ragazzo che si scopre uomo per la seconda volta nella sua vita. Alla soglia del mio ventottesimo compleanno non credevo di dover riaffrontare questa rivelazione.
Mi sono dato a te che ora sospiri sonoramente abbandonato su un materasso che tiene ancora stretto a sé il calore dei nostri corpi. Pochi minuti fa ho esalato l'ultimo ansimo, l'ultimo singhiozzo, l'ultimo respiro irregolare, fra strette che mai mi son parse tanto forti. Più delle scorse occasioni, avverto la solennità dell'atto appena compiuto, del dono che ti ho fatto e di quello che ho accettato; questo contatto, questo affetto, queste mie mani che mi stringono fra la coperta che mi tengo stretta sulle spalle, mi tengono legato sulla poltrona vicino alle vetrate. Ho tirato le tende, con gli stessi palmi ruvidi che vagano sulla stoffa che mi copre, e ho permesso alle luci fredde della città di inondare la stanza. Il sole che nel pomeriggio trafiggeva il cielo con i suoi raggi era troppo luminoso, troppo invadente perché ci beassimo del suo calore ed in fondo è stato meglio ricorrere a metodi più intimi per darci conforto. Sono stanco, di nuovo, ma in maniera diversa. Quest'intorpidimento è piacevole oltremisura, afrodisiaco quasi, e doloroso come io ho sperato che si rivelasse. Mi rendo conto di appartenere a qualcosa, a questa casa, a questa città, a questa morbida seduta, al tiepido nido che le mie ali hanno cercato senza sosta. Quando non eri con me ho provato a trovare un luogo che avesse il tuo stesso sapore, che mi distanziasse, ma che al contempo mi avvicinasse a quel che hai continuato ad essere per me, per il mio cuore. Inutile dire che abbia fallito, che il solo, unico, terribile tentativo che abbia fatto per gettarti nel dimenticatoio si sia rivelato una tortura breve e disgustosa. Quella notte di un anno fa, chi può dire che mi sia passato per la testa?
Aver tenuto sconosciute membra fra le mani mi ha solo dato il voltastomaco, aver ceduto alle mie debolezze, fattesi via via più concrete con il timore di perderti totalmente, mi ha reso l'ombra da cui pensavo di star fuggendo. Chi sarà mai quel ragazzo? Che starà facendo adesso? Si ricorderà di aver tenuto compagnia ad una persona tanto disperata? Mi dispiace per lui, non per me, perché il caso non gli ha offerto un incontro più fortuito e si è ritrovato a concedersi ad un misero Hero nel mezzo di una crisi d'esistenza. Aveva i capelli castani, gli occhi azzurri, non ricordo altri particolari, conosco questo e nulla di più del ragazzo con cui ti ho tradito.
Non l'hai fatto, Kacchan. Ne abbiamo riparlato e mi hai rivolto frasi davvero gentili l'altro ieri, forse esageratamente gentili. Volevi rassicurarmi, credo, sul fatto di aver digerito la cosa e mi hai confessato di essere curioso di sapere qualcosa di più sull'accaduto. Non ho potuto fare a meno di raccontarti quel che rimembravo e perdermi in futili discorsi secondari pur di rallentare nell'esposizione dei fatti e girare attorno al punto cruciale per quanto più tempo possibile. Mi hai interrotto mentre divagavo sul come le vie fossero deserte e avessi un gran freddo e mi hai chiesto, in modo molto diretto, come sia stato farlo con qualcun altro. Ed io capii che il tuo quesito, quello vero, era tanto semplice e complicato nella sua essenza: com'è farlo con qualcuno che non si ama, né si conosce?
<È assurdo, non immagini quanto> ti ho risposto preso da una strana ansia nel voler continuare la delucidazione da te pretesa.
<Credo che sia diverso da persona a persona - ho provato a ragionare - Immagino ci sia chi non pensa molto alla cosa e decide di buttarsi, chi continua a pensare di star sbagliando pur non sottraendosi alla tentazione, chi ancora riversa la propria frustrazione in un sesso che di sesso non ha altro se non il familiare odore. Io non ho sentito niente, o forse ho sentito tutto, sul momento credo di aver voluto confessarmi per il folle gesto che stavo compiendo, ma mi sono fatto trasportare da bisogni più fisici. Ti vorrei dire che è stato orribile, la peggiore esperienza della mia vita, invece ti rivelo quel che credo di aver compreso: gli sbagli si commettono a cuor leggero e solo dopo arriva la nausea e la voglia di rimediare o di dimenticare e seppellire memorie sporche e deleterie> provai a far luce nei meandri della mia mente tramite queste parole, tu ti eri ammutolito e per un momento mi sentii sprofondare.
<Non aveva alcun gusto, emozione, quel sesso. Una parte di me gridava il tuo nome, l'altra di continuare, e le ho zittite entrambe. Me ne sono andato nel mezzo della notte, di fretta, ansioso di lasciare quel posto e ho avuto la brillante idea di ubriacarmi definitivamente. Todoroki mi ha raccolto in uno stato pietoso e ha provato a farmi una ramanzina che, in verità, mi ero già fatto da solo. Quello stesso giorno mi sono precipitato in ospedale. Sono corso da te e ho pianto come non facevo da tanto, da completo idiota ho voluto fare la figura dell'infantile ragazzo che chiede pietà per uno dei peggiori misfatti> arrivando alla conclusione ho deglutito più volte, preso da un nervosismo incontrollabile. Mi torturai le dita intrecciandole, tirandole, sfregandole con frenesia.
<Come puoi dirmi che va bene così?!> sbottai improvvisamente di fronte alla tua scena muta, ricordando le frasi che mi rivolgesti alla mia prima ammissione di colpa. <Come puoi perdonarmi?> tentai di espormi fissandoti con sguardo abbastanza sconvolto da farti sporgere in avanti, scomodare dalla posizione rannicchiata che avevi preso all'angolo del divano. Mi raggiungesti e con apprensione raccogliesti le mia mani calmandone il fremito.
<Non ti ho mai accusato, né ho preteso delle scuse. Se bastasse questo a farmi rinnegare l'affetto che provo per te allora non sarebbe amore. Eri così perso...> mi accarezzasti una guancia che, per quanto non mostrasse lacrime da asciugare, la sentivo tremare sotto un'immaginaria pioggia fredda.
<Non mi hai tradito, non l'hai fatto, Kacchan>. E invece è stato così. Lo penso adesso, con maggior convinzione. Non importa quanto fossi stato fuori di me, per compiere un tale atto ho impiegato una certa volontà, una volontà che ora rifiuto.
Trattengo il respiro mentre questa recente memoria sfuma e lascia spazio al presente. Smetterò di ripensare con tanto astio al passato? Il pensiero che questi non voglia smettere di perseguitarmi mi agghiaccia e mi fa pentire di averti ripetuto pazze cantilene nelle scorse ore. <Ti amo, Deku, ti amo> ho continuato a gemere come se il significato di certe parole potesse imprimersi nella pelle. Sento che questi sentimenti, se non per me, per molti al mondo sono volubili ed inafferrabili e questo mi sconforta. Mi addosso una colpa che non mi appartiene del tutto e mi rendo conto che sto sottostando ad una verità che in pochi colgono: un singolo uomo può reggere il fardello dell'Amore, solitario, come una ginestra. E a volte, invece che spezzarsi, invece di rinascere, muore avvolto nella consapevolezza di non potersi liberare da una tale responsabilità. È il destino degli innamorati, mi dico, crearsi tante paranoie.
Sto rigirando qualcosa fra le dita, qualcosa di freddo e qualcosa che racchiude un potenziale calore.
Osservo il cellulare posato sul bracciolo, vibra lievemente e lo schermo si illumina per lasciar intravedere un messaggio. Kirishima, come sempre, è il primo a farsi vivo.
Mi avvicino il filtro alla bocca, la sigaretta è leggermente piegata da tanto l'ho tenuta in mano, ma non è questo sottile cilindro a farmi rilassare. L'ho sfilata dal pacchetto non appena mi sono alzato dal letto, con le tue braccia che molli si protendevano per stringermi. Ti ho coperto con il lenzuolo, ho fatto un salto in bagno e mi sono guardato compiaciuto allo specchio, felice di assistere allo spettacolo di contrastanti chiazze che avevi creato sul mio corpo. Perché tanta contentezza? Non lo so, magari il fatto di sentirmi appeso al filo di una riscoperta dipendenza mi ha riportato alla mente cosa voglia dire vivere, respirare, sentirsi male per qualcuno. Segni di denti, segni di baci, segni che coprono altri segni, il mio animo ne è rivestito, come una solida armatura, e sono così leggero, Deku, ma anche così vicino ad una nuova caduta.
Desideriamo sempre fuggire e sento il peso di questa vita che ci è stata imposta scavare nei ricordi, permeare le preziose gocce di linfa che scorrono nelle nostre vene. Poiché di queste oscure materie si compone l'uomo, che è il singolo ed è la moltitudine, cruda essenza di un universo alla deriva.
Accosto l'accendino al viso, accendo la sigaretta, prendo la prima boccata di amara e speziata aria e butto fuori con prepotenza il fiato spesso e pallido nella fioca luce. Non c'è alcuna finestra aperta, quest'odore impregnerà i tessuti che ci coprono, i nostri capelli scombinati e persino la pelle in attesa di una doccia che sono certo condivideremo all'alba. Va bene così, proprio come hai detto tu.
Allontano il filtro, poso il gomito sul bracciolo destro e tengo saldamente l'accendino con la mano sinistra, lo riaccendo ed il breve scatto metallico si diffonde per l'ambiente. Mi chino, controllo l'ora e, anche se con qualche minuto di ritardo, soffio sulla fiamma annullandone il contenuto calore che emanava e nascondendo nuovamente i miei tratti nella penombra.
<Tanti auguri a me> sospiro rigettandomi all'indietro, contro lo schienale.
Un rumoroso fruscio mi giunge alle orecchie, mi volto stupito di vederti sveglio e non profondamente addormentato come mi ero convinto che fossi. Ti osservo allungarti alla mia ricerca fra le lenzuola, per poi prorompere con uno strano ringhio quando capisci di non avermi accanto. Sbuffo silenziosamente e trattengo una risata prendendo un secondo tiro. Soffio con lentezza verso di te, a due o tre metri di distanza, e attendo che l'odore ti raggiunga. È il mio, sono certo che tu lo sappia riconoscere.
Mi pare di cogliere un veloce movimento, tanto veloce che non mi capacito di come il tuo collo si sia contratto e girato verso di me. Mi individui subito, con il mio sorriso a salutarti, e vedo i tuoi occhi baluginare in un fulmineo bagliore immerso nell'ombra. Non posso restarvi indifferente e spero di riuscire a ricambiare l'intensa scarica che susciti assottigliando lo sguardo e fissandoti assorto e determinato con le mie iridi che di un rosso più vivace non potrebbero essere.
Tiri un gran sospiro e come mi sono immaginato ti sbrighi a tirarti su, prenderti qualche secondo seduto sul bordo del letto e alzarti infilando i pantaloni del pigiama.
Peccato, penso, vorrei vedere i tuoi muscoli delineati vicino alle vetrate e non solo il tuo busto, no, vorrei vedere tutto, come se ti esponessi per la prima volta alla mia vista. Ti sfreghi la nuca muovendo qualche passo nella mia direzione, non sbadigli, ma la tua sonnolenza è palpabile.
<Come fai a dormire così poco?> chiedi accostandoti alla fredda parete di vetro.
<Abitudine>.
<Insonnia, vorrai dire> mi correggi, io mi limito ad annuire e a non contraddirti. Non ricordo l'ultima, lunga, ristoratrice dormita che ho fatto; sembrano passati anni da quando il mio riposo è stato disturbato e mai più calmato.
Sì, sono crollato avvinghiato a te nelle notti precedenti, ma è questo il vero ristoro?
<Non hai freddo?> alzo finalmente lo sguardo sulla tua figura e mi perdo fra le ciocche dalle morbide volute che ricadono sulla tua fronte.
<Un po'> ammetto certo che tu abbia notato la pelle d'oca sulle mie gambe nude ed il modo in cui sto raggomitolato nella coperta.
Non ti fai avanti per dirmi di tornare a riposare con te, né per offrirti di darmi un po' di calore, semplicemente resti zitto, in ascolto della musica dei nostri corpi. Un solo, piccolo strofinio di tessuto ti fa trasalire e stringere nelle spalle. Sono io che mi agito sulla poltrona, che mi rigiro per riuscire ad afferrare la giacca che sta appesa allo schienale. Frugo in una delle tasche, poi mi rimetto comodo.
<Puoi venire qui?> domando con un'ansia salita tutta d'un tratto.
Alzando un sopracciglio mi accontenti e ti accovacci di fronte a me, in modo da potermi guardare dal basso e prenderti tempo per percorrere i miei tratti.
Separi le labbra, <Sei bellissimo> posso vedere le tue pupille allargarsi ed annegare quel verde intenso che tanto mi ammaglia che vi fa da contorno.
Non sono più destabilizzato da queste tue uscite, ma non credere che vi sia indifferente e anche se rispondo con un "Certo che lo sono" anziché con un "grazie, anche tu lo sei" tu persisti nel rivolgermi un'attenzione rapita, estasiata da quel che hai di fronte.
<Posso?> non attendi risposta ed afferri la mia sigaretta portandotela alle labbra gonfie e sottili, ancora invitanti nonostante ne abbia consumato ogni angolo. Un brivido mi percorre e ti ammiro finire quel che resta del tabacco per poi premerlo nel posacenere che ho posizionato per terra, vicino alle gambe della poltrona.
<Non ti dà fastidio che fumi anch'io?>
<No, non direi, sei affascinante quando lo fai e poi né io né te facciamo andare un'intera confezione di sigarette in tre giorni come quell'idiota di Eijiro. Finché si tratta di questi momenti di relax post-coito mi sta bene> parlo senza filtri e ti porgo con sincerità i miei pensieri. Penso anche che dovrò dare una regolata a quella chioma tinta e ritinta non appena avrò occasione di vederla.
È uno stupido stereotipo quello della sigaretta after sex, lo sappiamo entrambi, ma è innegabile che sia un gran piacere concedersi qualche distrazione dopo l'incessante movimento  a cui ci siamo dedicati.
Ridacchi e ti addolcisci nel porgermi le labbra a cui non manco di andare in contro. Mi fa impazzire il come ci sentiamo trasportati l'uno verso l'altro.
<Ah> mi permetto di rivolgerti un sussulto schiudendomi sotto alla pressione che imponi e tu ne sei tanto soddisfatto da circondarmi la nuca e approfondire il contatto. Sei buono, meglio di qualsiasi manicaretto preparato con cura da quella pazza rossa di Naomi, buono come solo tu sai essere. Credo che uno di questi giorni passerò dal pub in cui la tua amica lavora, le chiederò di darmi la miglior torta alle mele che abbia preparato e tornerò a casa con quella succulenta sorpresa fra le mani. Non sarà più un disperato tentativo di distrarti e di darti qualche contento, sarà una premura, una di quelle che non sono riuscito a darti prima.
Non voglio separarmi da te, dalla tua lingua che mi esplora, non voglio liberare il fiato che a stento riesco ad incanalare nei polmoni, eppure lo devo fare.
Mi scosto e ti vedo sbilanciarti per inseguirmi, azzannare la mia carne che pulsa al ritmo del battito accelerato.
Abbasso le palpebre colto da una voglia matta di tentarti e lasciarti a bocca asciutta.
<Fermo> sei piuttosto contrariato dalla mia richiesta, ma mi assecondi allungandoti per rubarmi un bacio casto, ma lento, prima di tornare in equilibrio arretrando.
Stringo i pugni, sono teso e poi stranamente calmo.
<Dammi la mano, quella destra> e tu non esiti, mi porgi il dorso che io mi affretto a girare, esponendo il palmo molto meno ruvido rispetto al mio, segnato dall'usura del mio quirk. Così delicato e così forte, che paradisiache sensazioni possono donare i tuoi tocchi.
Un giorno saremo di nuovo in balia della vita che ci ha separati, sono impaziente, troppo impaziente al cospetto di una tanto confortante prospettiva.
Vi poso sopra le mie dita strette, le rilasso e lascio che quel che ho raccolto dal fondo della tasca si depositi sulle pieghe della tua pelle. Non faccio in tempo a rivelarlo al tuo sguardo che già hai intuito di che si tratti.
<Indossalo, oggi, domani, dopo domani, fallo sempre> ti sussurro facendo scivolare i miei polpastrelli sui tuoi. Un tintinnio metallico ci distrae.
Ho afferrato uno dei due anelli di raffinata fattura e l'ho allontanato dal suo compagno per farlo discendere sul tuo anulare e depositarsi attorno al tuo dito quasi si trattasse di un qualche artificio, maledizione di indissolubile legame che impongo su di te questa notte, con una disperazione ed un senso di completezza che mai sarà eguagliabile.
<Ora tocca a te> mi immobilizzi con gli occhi, prigioniero di un'emozione inesprimibile. Sono riuscito a lasciarti senza parole, ma anche se volessi cercare di elaborare un discorso non credo che potrebbe esprimere appieno il subbuglio che ti sta sconvolgendo dall'interno. Lo so, non parlare, non c'è bisogno che tu ti esprima per dirmi che sono un inguaribile romantico per te, per te solamente e che presto le mie guance si tingeranno di un imbarazzo che può essere tuo esclusivo premio.
Sai? Credo che le persone si bacino dopo cose così sdolcinate e non disdegnerei una tua simile reazione.
Ti fai coraggio, chissà perché, per avvolgere il mio polso e tirarmi a te nel sigillare la promessa che stiamo pronunciando nel silenzio. L'argento freddo lambisce anche il mio dito e posso riprendere a respirare o forse no, che ne dici?
Il mio petto di alza e si abbassa convulsamente, è panico? E cosa se non panico? Mi dilania, con paura e risolutezza, questa sensazione mi sta per divorare.
Ingoio a vuoto e tremo sotto i tuoi occhi che non riescono più a riportarmi a galla. Sto discendendo negli abissi per l'ultima volta, non è così?
Condanno l'impermanenza dei sentimenti pur sapendo che quelli che mi stanno sconvolgendo non sono stati i benvenuti per lungo tempo, ora li sto accogliendo a braccia aperte. Tienili stretti, altrimenti porteranno nuovi tormenti in me.
Sono impreparato quando ti fai avanti per riprendere a mordere il mio respiro irregolare, gelo e avvampo mentre mi sollevo un poco per rispondere al tuo bacio che mi spinge indietro. Le gambe della poltrona strisciano sibilando sul pavimento, la coperta che mi riparava è scivolata via, svestendomi di una barriera che credevo più resistente e giungi oltre il confine, quel maledetto limite attorno al quale ti aggiravi inquieto e che speravo distruggessi. Rivelami, te ne prego.
Scorri sui miei fianchi, calchi il tuo passaggio sui glutei, circondi con sicurezza le mie cosce e le mura cedono, si infrangono quando mi sollevi e mi appresto a stringermi attorno al tuo bacino e alle tue spalle.
Sono spaventato, ma posso scacciare l'agonizzante terrore di cui sono stato schiavo, ti prometto che lo farò poco a poco, con ogni bacio in cui mi farai perdere e resterò spoglio, disadorno di illusioni nell'ammirare ciò che possiamo condividere.
L'Amore è banale, scontato a volte, ma non per questo non possiamo accrescerlo, renderlo unico e vorrei che chiunque fosse in grado di afferrarne le redini come noi abbiamo fatto, ma anche di lasciarsi trasportare da esso e non rinunciare ad un singolo strazio, stimolo o piacere.
Precipito sul letto con te, prendiamo, come due bambini, a rotolarci, ad ingarbugliarci nel lenzuolo e a strattonare e ad intenerire la presa sull'altro. Ridiamo nel ritrovarci vicino al bordo, nel rischiare di capitombolare giù e ci teniamo a vicenda per non sporgerci troppo.
<Allora buon compleanno, Kacchan>.
Tu dovresti essere più cauto, non credi? Non mostrarmi quell'aria compiaciuta e sprizzante di gioia, i muscoli del viso mi dolgono già abbastanza a causa del sorriso che non riesco a trattenere.
Poi, dal nulla, una domanda prende forma e per poco non scoppio in una fragorosa risata.
Deku, come si organizza un matrimonio? Io non ne ho idea. Credi che dovremmo chiedere consiglio a mia madre? Che dio ce ne scampi, sono certo che andrei in contro ad una crisi nervosa dopo neanche un'ora passata a discuterne con lei. E se venissi con me? Manterrei la calma?
Mi getto una mano sul viso e sospiro. È tornata, mi dico rallegrandomene, la spensieratezza che da tanto inseguivo.
<Quando?> il tuo tono è a dir poco euforico, sembri un adolescente a cui hanno appena detto che incontrerà il suo Hero preferito. Pare che la notizia sia fresca, che poco più di un mese fa io non ti abbia chiesto di sposarmi e che ti abbia fatto la fatidica domanda giusto alcuni minuti fa.
Questa felicità, per favore, non togliertela mai, tienitela addosso come i vestiti che mi rubi e che sei restio a cedermi quando ne ho bisogno.
Hai trovato il punto di partenza perfetto, ti ringrazio mentalmente.
<Non lo so, quando?> ti rigiro il quesito facendo fatica a trovare una risposta. Fosse per me lo farei seduta stante, mi infilerei uno dei completi e ti trascinerei a firmare i documenti in municipio. Purtroppo il giro da fare è un po' più complesso, vero?
Respiriamo assieme, mi scopro il viso e ci fissiamo mentre le nostre menti vagano lungo calendari immaginari.
<Il 14 luglio> me ne esco non riuscendo a pensare ad altre date.
<Ma è il mio compleanno, non voglio festeggiarlo assieme all'anniversario> sembri leggermente imbronciato, offeso che io non abbia tirato fuori un'idea migliore.
<Allora decidi tu - sono troppo smielato nel sussurrarlo, ma non mi importa - che sia tra un mese o più non fa differenza, in fondo sarai con me in ogni caso>.
Ti strofini contro di me cercando uno spazio per accoccolarti, inebriandoti del mio profumo e non posso fare e meno di ammorbidirmi inverosimilmente. Deciderai il giorno, ma non adesso. Stiamo così, smettiamo di conversare a questa tarda ora, unghia la mia schiena abbracciandomi, dammi una spinta per precipitare nel sonno.
Stringo i tuoi ricci, con prepotenza quasi, permettendo ad un formicolio di spandersi per ogni dove.
<Sei davvero tu, Kacchan?> dovrei sentirmi preso in giro? E sia, ma non pretendere che mi indispettisca, tutt'altro, voglio continuare a stupirti. Per questo cerco alla ceca la tua mano, la porto su, ad interporsi fra i nostri corpi, accostata alla mia. Falangi che si esplorano piano, ci tastiamo assorti in un gesto istintivo e naturale.
<Ti piace?> oso chiedere, sicuro che tu stia pensando a come quei due cerchi luccicanti risaltino sulla nostra carnagione.
Non ti pronunci sulla cosa, temo che tu ti stia inerpicando per pensieri dolcemente ingarbugliati. Il mio indice sfiora il tuo palmo quando il tuo tocco sale e si fa strada verso il mio collo, dove raccoglie il sottile filo prezioso che lo adorna. Tiri il ciondolo, giusto per poterlo osservare meglio, lo ispezioni attentamente, inarchi le sopracciglia e le rilassi provocando un moto di confusione in me.
<Questa - inizi con voce sommessa - è la prima promessa che ci siamo fatti> e premi il ciondolo con la tua iniziale sul mio petto, lo fai con estrema cura, ma io sento comunque il tuo intento di imprimermi addosso un fantasioso marchio che segni la tua appartenenza. Socchiudo le labbra colto alla sprovvista: ti sei reso inafferrabile di nuovo. Lo fai con quel tuo cipiglio, con il fremito nel modulare il tono, con la tua assurda abilità nel trovar nuovi modi per sconvolgermi.
<Questa è la seconda> continui sporgendoti per posare un soffice bacio sulla fonte del mio fiato al momento trattenuto, simbolo di un sentimento imperituro.
<Questa la terza> finisci guidando le nostre dita ad afferrarsi le une con le altre, accarezzando i giuramenti gemelli che ci siamo scambiati, anche se non in maniera ufficiale.
Riporti le tue giade su di me che sono rimasto esterrefatto e gioisci del respiro che mi hai sottratto.
<Non voglio che cerchi sicurezza in esse, trovala in me>.

* prende un gran respiro *

PERCHÉ NON HO UN MIO IZUKU PERSONALE?

* colpo di tosse *
* sì ricompone *

Ragazzi/e, sono estremamente provata dopo la stesura degli ultimi capitoli. Inutile dilungarmi e dire che anche la scuola e la disperazione per l'imminente e terribile maturità abbiano contribuito alla stanchezza delle scorse settimane che ancora mi trascino dietro e temo che non mi abbandonerà presto.
Ma parliamo della storia, che è meglio.
Mi sono immersa in questa nuova avventura con un progetto che è mutato nel tempo e devo dire di essermi stupita per come le cose siano andate. Che io mi sia lasciata trasportare dalla scrittura ha giovato ai due protagonisti, almeno mi piace pensarlo.
Per curiosità, che vi aspettate nei prossimi aggiornamenti?

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