/29/ Foedus* [Deku] (18+)
Con speciale dedica ad una delle mie care lettrici, compagna di lunghe conversazioni e vaghi e profondi discorsi.
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Torniamo un attimo dal nostro riccio cari lettori, ha qualcosa da raccontare e prestate attenzione, perché credo che Katsuki tenga particolarmente a questa parte della storia (。̀ᴗ-)✧
(*= patto, alleanza, giuramento, ha un significato profondo per alcuni autori latini, come Catullo ad esempio.
L'amore è foedus ("patto"), fondato sulla pietas ("sentimento religioso") e sulla fides ("lealtà, fedeltà alla parola data)).
P.s. : vi consiglio di dare un ascolto alla canzone (◍ᴗ◍)❤.
Se guardi a sinistra, dopo l'ingresso, appena sbuchi in soggiorno, la prima cosa che si nota è un alto scaffale di legno scuro incassato nella parete. Va su fino al soffitto e non un solo ripiano lascia spazio per altri volumi che già iniziano ad essere accatastati negli angoli in traballanti pile. La tua passione per la lettura e l'odore della carta ingiallita delle vecchie edizioni non è mai stato un segreto per me, ma credo che la cosa ti sia davvero sfuggita di mano in mia assenza.
Lo ricordo, sai? Ciò che mi hai detto nella tua vecchia stanza al rientro da scuola dopo una giornata di sentimenti movimentati. Mi hai confessato che questi manoscritti sono il tuo rifugio nei momenti di sconforto e non mi stupisco, no, di vederne così tanti sparsi per il nostro appartamento. Ogni dorso di questi agglomerati di cultura, gentile tentatrice di menti, ha una consistenza diversa sotto le dita con cui li sto accarezzando. Logori angoli di stoffa, elaborate impressioni che si perdono in spirali d'argento e qui e là trovano posto anche copie più recenti, meno rovinate. Hai collezionato raffinate raccolte di opere straniere, tutte ordinate per ordine alfabetico, ma stranamente rese imperfette da svariati segnalibri, per lo più sottili pezzi di carta e post it, che spuntano fra le pagine. Alcuni riportano alle tue citazioni preferite, altri sono appunti, precisazioni, traduzioni ed in un paio di pesanti tomi sulla mitologia greca le annotazioni si infittiscono tanto da non distinguere da dove spunti ogni foglietto. Non sei solito rileggere due volte lo stesso libro, ma ritorni spesso a respirare il profumo dei tuo preferiti e a dare un'occhiata ai passi che più ti hanno colpito. All'inizio dovevo seguirti in punta di piedi per vederti compiere un così innocuo, intimo gesto, ma ora di tanto in tanto lo fai senza problemi davanti ai miei occhi e sono felice di aver conquistato questo buffo ruolo da spettatore in questa piccola parte della tua vita. Non mi intrometterei mai, non oserei interromperti in certi speciali momenti, per questo faccio finta di niente quando arrivi e sorridi nel scegliere accuratamente quale lettura riprendere fra le mani; mi basta osservarti di sottecchi, conscio di star assistendo a qualcosa di davvero unico ed irripetibile poiché nessuno, se non il sottoscritto, può vantare di averti visto preso da questa passione che tanto pare scostarsi dal tuo carattere agli occhi degli altri.
Il quinto ripiano, quello centrale, è interamente occupato dai miei fumetti e mi stupisco ogni volta che vi passo di fronte di come siano stati tenuti tutti in perfette condizioni nel corso degli anni. Vi hai prestato particolare attenzione, lo so, ma non ti ho mai ringraziato per questo, anzi, credo che per te sarebbe difficile accettare qualsiasi segno di gratitudine per una delle tante cose che hai preservato per tenermi in vita, persino in oggetti inanimati come gli innumerevoli volumi che fisso brevemente prima di salire fino alle opere teatrali. Eccolo, con il suo colore di ombrosa foresta, se ne sta fra racconti d'amore e di tormenti e collega le due cose perfettamente. Romeo e Giulietta, con il loro profondo affetto, e Amleto, con i suoi spettri nell'armadio, affiancano l'elegante copertina di Macbeth.
Un senso di nostalgia mi coglie, ma non mi accingo a sfilarlo e lascio solo che mi riporti alla mente le pericolose frasi che vi sono scritte. Che ne pensi? Alla fine abbiamo ingannato il mondo? Ci siamo vestiti della maschera dal più candido aspetto per poi gettarla nel fuoco?
Forse sì, forse no, forse ogni storia ha il suo modo di scorrere e di raccontarsi e la nostra non ha bisogno di simili paragoni. Eppure mi ritrovo tanto in ogni pezzo di carta inchiostrato che ho davanti e al contempo me ne discosto, nemmeno tu sapresti spiegarmene il motivo.
Hai scritto di noi, non con carta e penna, ma come un angosciato autore, torturato e straziato, hai passato lunghe notti insonni e ti sei perso in ingarbugliati pensieri. Amo pensare questo di te: che tu abbia cercato di fuggire da me e che invece ti sia ritrovato a tornare al punto di partenza. In parte è stato così, tuttavia sei maturato tanto in questi anni e, per quanto non mi sia stato possibile accompagnarti nella crescita, mi sento orgoglioso di esserti stato d'ispirazione e di motivazione.
Profumo di caffè e di polline: la metà di aprile è ormai alle nostre spalle. La fine del mese di avvicina, ma prima ci attende ancora poco più di una settimana di riposo e non vedo l'ora di riempirti di premure per facilitarti il rientro a lavoro.
Premo i piedi nudi sul parquet, abbandono la libreria a se stessa e mi dirigo a passo felpato verso la cucina. Attraverso l'open space, passo davanti alla porta che dà sul balcone ormai spalancata data la giornata piuttosto soleggiata e ti trovo alle prese con la moka.
Sei concentrato nel riempire due tazzine e mi sbrigo anche se lo so: mi hai visto. Ti raggiungo e tiro il tessuto della tua canotta nell'abbracciarti da dietro.
<Dovresti smetterla di rubarmi le maglie, questa mattina cercavo proprio quella che indossi> ostenti un tono serio, ma in breve ti volti con un sopracciglio alzato e mi squadri attentamente con un ghigno divertito.
<Però ti stanno bene - commenti - ma è solo perché ho buon gusto> concludi.
Poso le mani sui bordi freddi e marmorei dell'isola, vicino ai tuoi fianchi, non ti scrolli comunque di dosso la spavalderia di cui ti sei momentaneamente rivestito e pari volermi prendere in giro nel farti più basso e sorridere.
Ritiri fuori la solita, ridicola questione, riguardo a quei pochi centimetri che ci separano in altezza, ma non ti assecondo nel gioco come le scorse volte ed invece che alzarmi in punta di piedi per poi ridere con te della cosa, decido di lasciarti confuso, ma non troppo, nell'abbassarmi.
I palmi scivolano sulla stoffa, si fermano al tuo bacino e già ti vedo prendere un gran respiro quando ancora non ho fatto nulla.
Il tuo sorriso è quasi scomparso, al suo posto due labbra socchiuse mi chiamano in un sussurro al quale rispondo con mute azioni. Getto fuori senza alcun preannuncio fiato caldo e risalgo accostandomi con la bocca al tessuto dei tuoi pantaloni di tuta. La tua reazione è immediata e non sprechi tempo a chiudere gli occhi che presto si riposano su di me, tornato a torreggiare con contentezza di fronte a te.
<Sono tre giorni, Kacchan> sussurro al tuo orecchio mentre mi sporgo per prendere la tazzina di caffè. Resti un attimo incantato, poi mi imiti e per due minuti ci scrutiamo con attenzione e temo che tu sia rimasto offeso da qualcosa. Finiamo di sorseggiare l'amara bevanda e spero che il fatto di non essermi mosso dalla mia posizione abbia sortito l'effetto desiderato.
Come non detto: sei sempre più avventato delle mie aspettative.
Non appena poso la ceramica le tue mani mi tirano per il collo della maglia e già sei intento a perderti nel bacio che di certo non posso rifiutare. Ti assecondo abbastanza per capire di starti dando grande libertà e quando riesci a spingermi e a farmi scontrare con l'isola in uno scambio di posto improvviso ti mordo un labbro per farti capire che mi hai incuriosito a dovere e che ti potrei lasciar carta bianca.
Ci separiamo con il fiato prematuramente corto ed il tuo collo scorre troppo vicino ai miei denti mentre ti allunghi per farmi il verso.
<Sono tre giorni, Deku> e ridi, non so cosa ti spinga a movimentare il respiro in questo modo, ma ti direi di non smettere per nessun motivo. Il modo in cui ti scuoti con contegno mi lascia a gola asciutta da parole ed in completa ammirazione dello spettacolo che il tuo viso dal colorito appena arrossato offre.
Se fosse per pazzia me ne rallegrerei, perché vorrebbe dire che entrambi abbiamo capito come tentarci nella maniera più efficace.
Arretri a spalle rilassate, infili le mani nelle tasche e alzi il mento con aria più che soddisfatta dal mio silenzio. Quelle iridi rosse sono luminose, quelle iridi sono profonde, quelle iridi sono stupende e risaltano come non mai sul tuo volto diafano ed accompagnano il sorriso beffardo che mi rivolgi.
Mi guardi e, certo di aver la mia completa attenzione, riprendi la tua marcia alla cieca. Conosci a memoria la strada in cui mi vuoi condurre e non penso neanche per un istante di indugiare. Ti seguo e solo una volta varcata la soglia del corridoio la luce inizia a farsi da parte gettando lunghe ombre sui tuoi tratti. Ogni passo è un gradino che scendiamo con prontezza.
Mostri i denti una volta arrivato all'ingresso della camera, dietro alla tua figura una distesa di oscurità viene infranta da quell'unico spiraglio luminoso che una delle pesanti tende lascia trapelare. Mi tendi una mano, la prendo e mi faccio avanti, un po' trascinato da te ed un po' impaziente. Do una spinta alla porta che con un sonoro e breve boato ci sigilla in questa stanza.
<Dovevamo riposare, non credi?> domandi nel momento in cui mi accingo a stringerti contro di me.
<È stato troppo gentile da parte mia lasciarti dormire> commento e, dopo aver sospirato contro la tua pelle, ti lascio per andare a sedermi sul bordo del letto.
Mi tornano in mente i tuoi amati libri e già riesco a figurarti come perduto eroe di tenebrose storie. Deciso, ti muovi verso di me e ti adorni di uno sguardo di sfida dopo aver afferrato i lembi della canotta. Nello sfilarla e nel gettarla terra mi offri platealmente la vista del tuo scultoreo busto. Deglutiamo entrambi quando ti chini per catturarmi in un breve bacio composto esclusivamente da laceranti morsi. Sono io, comunque, a guadagnare il posto che per poco temevo volessi contenderti con me; risalgo per il breve pendio dei tuoi muscoli con tocco febbrile e, arrivato alla nuca, respiro con sollievo, seppur con pesantezza, quando ti vedo scendere e sento le tua mani posarsi sulle mie gambe, premere per farti spazio e darmi chiarezza sulle tue intenzioni.
Interrompiamo inevitabilmente il nostro contatto, le tue ginocchia producono un conciso e soffuso tonfo sul pavimento mentre ti accomodi al mio cospetto. Adesso sono davvero in alto, molto più in alto di te e trovo così appagante sapere di esser stato posto di proposito da te su quest'immaginario trono.
Ricambio ogni tuo celato messaggio e so che vuoi che attenda qualsiasi cosa tu mi stia per offrire. Non hai alcun bisogno di farti stretto, sono pronto a seguire i tuoi movimenti e non esito a rilassarmi puntando i palmi sul materasso e abbandonando per quanto possibile le cosce contro la linea del bordo oltre il quale le coperte si gettano verso terra. Ti accingi ad arrampicarti per la via che ti ho aperto e questa è l'ultima volta in cui posso vedere i tuoi occhi limpidi e privi di quella lucida patina di lussureggiante voglia.
Sei meraviglioso, ma so che verranno momenti in cui la tua bellezza sarà più coinvolgente e, soprattutto, più coraggiosa nel mostrarsi.
Riprendi ciò che io ho interrotto: avverto distintamente la tua bocca far pressione sulla tuta e non giri intorno, punti sicuro sul rigonfiamento che in poco diviene evidente. Espiro e cerco di facilitarti quando inizi a sfilare i miei vestiti non mancando di fare accrescere a dovere la tensione nei miei muscoli. Lascio cadere la maglia sul letto nell'esatto istante in cui le tue dita risalgono timide sui miei fianchi e cali ad assaporare il frutto proibito, in questo caso, dalla stanchezza degli ultimi giorni e questo dio solo sa quanto cazzo ha fatto maturare aspettative che adesso vengono rivelate.
Mi circondi, mi accogli con morbidezza e non attendi altro se non che io mi pronunci su questa tua iniziativa.
<Di più, Kacchan> non è una richiesta gentile, tutt'altro, viene scandita chiaramente e non te lo fai ripetere. Le mie parole si perdono nell'ambiente e tu vi ubbidisci scorrendo quasi fino alla base. Il calore si irradia velocemente e posso dire di essermi destato del tutto come tuo malefico tentatore.
Afferro saldamente la tua chioma e ti accompagno nel velocizzare il modo in cui stai scivolando sulla mia lunghezza e soffermando sui punti che sai essere più vulnerabili. Getto il capo all'indietro con un sorriso che non ha nulla a che fare con il misero piacere, ma con la fame che sei intenzionato ad alimentare e di cui già pregusti la fatica che impiegherai per soddisfarla.
Ti dedico un gemito roco e stringo la stoffa su cui poso. Voglio che la mia voce ti raggiunga, ma non come cerchi di ottenere, non ti farò questo favore e per quanto tu ti sforzi e mi dia dimostrazione della tua dedita bravura, pur portandomi quasi al limite, riesco ad illuderti con bassi mugolii di non esser compiaciuto quanto avresti voluto. Nel tuo impegno sei pura perdizione, mi oppongo al desiderio di calare gli occhi sulla tua figura e forse sbaglio, poiché il buio a cui mi rivolgo amplifica solamente ogni sensazione.
Riacquisto lucidità nell'istante in cui riprendi fiato e ne approfitto per interrompere l'ascesa verso cui per poco non mi conduci.Ti scosto, tu segui le mie dita che piano tirano la tua chioma e come avevo preannunciato i tuoi rubini ora sono velati da una così stupenda emozione quale è il desiderio.
<De- non ti permetto di aggiungere inutili richiami, una singola sillaba strozzata basta a farmi ricadere nel ruolo che con cura mi hai costruito; ti porto a me, ti sbilanci, sei obbligato a sederti sulle mie gambe e mi premuro che a entrambi sia offerta l'occasione di avvertire l'eccitazione che l'uno suscita nell'altro. Un fremito ti percorre e voglio che tu lo senta fino alla punta dei capelli, che ne venga divorato e che comprenda di non aver niente che possa distrarti e allontanarti dalla mia presa che ti costringe in un contatto violento di labbra che ormai si confondono. In poco divieni molle fra le mie braccia, non una sola resistenza mi si oppone quando allontano le tue dita dalle mie spalle e subito le lasci cadere, pronte ad essere raccolte e strette con forza dietro alla tua schiena sulla quale mi diverto a tracciare un sentiero di pizzichi e carezze fino in fondo, oltre il tessuto dei pantaloni che scosto per puntare l'indice all'inizio di quella morbida discesa che con tremore nel cuore non desideri fermare. E posso dettare il ritmo del tuo respiro mentre il tuo corpo ribolle dall'interno ed i miei denti percorrono la tua mascella, sfiorano le vene del collo che da quel muscolo palpitante poco più in basso ricevono con veemenza sangue e vibrano dolcemente sotto alle mie attenzioni. Conosco bene il punto su cui soffermarmi e combino saggiamente la tortura del piacere a quella del dolore: circondo la giuntura fra spalla e collo con umide e pungenti blandizie, appare così naturale il perfetto movimento con cui ti tendi per facilitarmi l'opera e non ti rendi proprio conto del veloce gesto con cui mi porto le dita fra le labbra per poi tornare a dove poco fa stavo indugiando per superare il limite attorno a cui mi stavo aggirando.
Percorro ogni piccolo tratto con fretta e rallento improvvisamente nella violazione per cui sai provare tali concentrati brividi.
<Mh!> strattoni la prigione dei tuoi polsi, ma resti sorprendentemente rilassato, non ti smuovi persino quando ti tormento via via sempre più e a malapena ottengo un pesante ansimo al terzo dito che si fa strada in te.
Ingoi aria nel sentire la mia bocca andare a circondare i tuoi bottoni rosati e turgidi, ho una rivelazione: ci siamo entrambi presi in giro, l'unica pecca è che tu, a differenza mia, ti sei tradito con quel tremore incontenibile che mi fa restare maggiormente estasiato ogni secondo che passo a gustare il tuo dolce sapore.
Poi sento la frizione dei nostri corpi tendersi, bloccarsi quando ti stringi nelle spalle, le rilassi velocemente e si abbandonano come il tuo capo, che si lascia cadere; divieni fonte di un'unica, concisa melodia. Le tue ali si protendono verso il pavimento, pronte ad esser macchiate indelebilmente e private del loro bianco candore.
È il tuo modo di allietarmi, posso dire che ti sei spinto ben oltre il limite con il riverbero del tuo gemito che si propaga assordante attorno a noi. Non lo confesseresti, ma so che ami mostrarti in questo quadro di distorto e carnale affetto poiché senti di esser vittima e carnefice, di essere una pedina vitale sulla scacchiera. È forse questo il controllo per cui ti disperi? Ti infastidisce il fatto di aver dovuto cedermi gran parte del potere che da solo hai detenuto per troppo tempo?
La tua voce è delicata, profonda e poi sospirata.
Sì, il prezzo da pagare per avermi trascinato in questo averno è molto più alto di ciò che immagini.
Il tuo odore diviene pungente, concentrato di sensualità e di contraddittori sapori. Hai un gusto zuccherino, che muta in forte, intenso e sferzante sentore di piccante. Ovunque la mia lingua osi sfiorarti sei ormai avvolto da un calore incontenibile.
So che potrei concederti minor tortura, eppure non accenno a voler cedere all'impazienza tanto son perso nell'ascoltare l'assaggio di passione che mi porgi. Hai rinunciato al tuo falso pudore, quel bugiardo manto è scivolato sulle tue piume tingendole di nera voluttà e rosso profumo di carne. Adesso posso udirti, in ogni variazione di tono, per poco vengo illuso dalla tremante convinzione che i tuoi ansimi siano abbastanza consistenti da saziarmi.
<Ti prego> spalanco le palpebre al tuo sussurro ed immagino di proibirti la concreta realizzazione della tua supplica. Se non ti dessi nulla più di questo, dimmi, continueresti ad implorare?
Una dopo l'altra, le mie dita si sfilano ed i miei denti smettono di percorrerti.
<Ti prego, Deku> estasiato, ti sorrido contemplando il rossore sulle tue gote ed il modo in cui tremi. Le tue membra sono improvvisamente prive di peso, appari come una bolla di sapone colta in quell'attimo in cui la superficie d'acqua che racchiude un respiro subisce quel rapido processo di dissoluzione che la trasforma in un nebbioso velo, rompendo l'equilibrio quasi magico per cui annaspavi. Il tuo è un mistico, arcano e poetico sortilegio autoinflitto e non potrei essere più rapito dalla visione che mi offri.
Sottostiamo alla concretezza della materia per allontanarci dai tormenti che devono star fuori dal nostro rifugio, che non devono oltrepassare le mura dietro cui ci stiamo nascondendo, ci sarà sempre tempo per certe odiose distrazioni. Siamo in questo scambio di tocchi, siamo nell'attimo che fugge e che scompare, siamo e soccombiamo alla metamorfosi che solo il nostro Amore può vedere. Il mondo deve addormentarsi per permetterci di smarrirci in noi stessi. Deve, mi dico con una sfumatura insopprimibile di rabbia.
Sei stato lontano troppo a lungo. Non negli ultimi giorni o mesi, ma da quando ne ho memoria e so che hai compreso tardi quanto il mio animo si sia intrecciato al tuo che, smanioso di un utopistico ideale di libertà, si protendeva verso il cielo per una via di fuga.
Non hai voluto accettare, no, di esser diventato debitore non solo verso me, ma anche verso l'ingenuo ragazzo che sei stato. Vuoi pagare adesso per i tuoi peccati? Cosa potrebbe impedirtelo?
Sii terrorizzato all'idea di un mio rifiuto, cala sul palmo della mia mano e lascia che la presa si chiuda.
Le nostre intimità sono vicine, sono immobile dimostrazione di quanto la corporeità possa essere corrotta da quel patto che sovente l'uomo si diverte a stipulare, colto dall'imperizia e dalla stupidità dell'inesplorata tentazione, con la sinistra ed appena nata libidine. Quanto spreco di giovani energie, eppur ricordo che quella parte di esistenza è stata un'avventura gradita per quanto non compresa fino in fondo. E se il nostro contratto fosse più recente, consumato dalle vive fiamme della vita, maturato dopo peripezie indicibili? Quali condizioni sono state scritte con indelebile inchiostro sulla pergamena?
Quelle lettere ardono e mai cesseranno di farlo, giacché l'egoismo delle nostre azioni è un pozzo privo di fondo e rischiarato da una flebile luce: la devozione.
Il desiderio della bellezza, vital monito di aspirazioni, è al di là del tangibile. Il sacrificio richiesto è il sottomettersi ad agonia e sudore ed il più alto debito che contraiamo è la vita per la vita stessa, costo ultimo per un valore assoluto. E in un mortale inganno, la tua vita è mia e la mia vita è tua, l'appartenenza che pervade mente e cuore in spirito e fisico è felice persecutore di anime infrante e a stento ricomposte. Perduto, inabissato in questa complicità, puoi esporre la tua resa.
Calo sul materasso e tu storci la testa contrariato, tiri fra i denti il labbro inferiore, tieni ancora le braccia incrociate dietro la schiena come se non ti avessi liberato.
<Ah, non vuoi continuare?> rido sottovoce stringendoti le cosce e salendo fino all'elastico dei pantaloni, le mie dita si ricongiungono sul fiocco che tiro e disfo attorcigliando i cordini della tuta attorno all'indice.
<Sì> annuisci piano e con decisione.
<Voglio continuare> aggiungi e mi sottrai la stoffa dalle mani, in uno scatto repentino ti liberi degli ultimi indumenti. Arretro sui gomiti fino alla testata del letto mentre prendi ad avvicinarti a gattoni e risali sul fittizio podio che ti sei costruito per riuscire a raggiungermi.
Sono bastati pochi momenti condivisi e non a farti crollare ed amo, amo, amo essere cosciente di questo tuo cambiamento. Conosci il demone a cui vai incontro, di cui assecondi le pretese, di cui sei ansioso di scoprire i folli piani che ti coinvolgono e dei quali sei prediletto protagonista.
Risali al posto che ti spetta, nel farlo ti alzi sulle ginocchia, allunghi con leggere e cadenzate movenze una mano e mi ritrovo a bloccare il respiro nel compiacimento di vederti indirizzare il mio sesso verso il fiore della tua intimità.
Accogli subito il glande sospirando come solo tu sai fare e fomentando con rapidità il fuoco che mi avvolge. Il tuo indice si protrae fino alla mia gola, alzo il mento con disinvoltura e capisco la tua richiesta: guardami negli occhi, cogli l'istante in cui mi troverò a strisciare per averti.
Ti siedi accomodandoti e con mia sorpresa perdi quell'ostentazione di rigida e sinuosa forza che avevi per crollare con un gutturale gemito sui palmi. Ma pur deglutendo, scosso dai brividi, accenni movimenti che in poco si fanno marcati e ti rialzi accompagnato dalle mie unghie che affondano nei tuoi fianchi. Seguimi. Me lo comunichi con quel ghigno di piacevole sofferenza e arrivando a sfiorare la tua guancia ti guido fino a che non ti chini quel che basta per unire le nostre rose di umidi petali arrossati mentre prendo ad accompagnarti nelle spinte. Non so quanti minuti passino, ma sono brevi, troppo brevi, e tu ti stai già reggendo a me senza trattenere un singolo canto di apprezzamento. Che la città si bei con me delle tue grida, ma che non osi metter piede con i suoi viscidi problemi in questa casa ove l'inferno ha trovato momentanea dimora.
Posi un palmo sul mio petto, lo graffi stringendo sul mio cuore, lo copri con i tuoi artigli e so che cerchi di farmi capire l'ovvio pensiero che ti penetra: ti appartengo, nella carne che le nostre labbra divorano, nell'afrodisiaco profumo di nudità, ma infine sei tu a consegnarti a me, solamente a me.
Ti avvinco non dandoti alcun preavviso, voglio scoprirti impreparato nel profondo alle mie azioni e nel trascinarti per un breve tratto di lenzuolo ormai coperto di pieghe ti sento mugolare il mio nome. Mi propongo come tua guida ora, ma se vuoi opponiti come ogni tanto ti piace fare e potrei darti un po' di quella brutalità a cui difficilmente resisti.
Sei finito aggrappato alla parete, addome teso e arti percorsi da lievi spasmi, gambe divaricate e schiena incurvata nell'offrirmi lo spettacolo dei tuoi profondamente delineati muscoli. Non mi sono diviso da te, sto solo osservando come tu stia riprendendo fiato nell'attesa di riaccogliermi completamente e credo tu sia ben conscio del fatto che in questa posizione non potrai opporti al mio supplizio.
Ricordami di oggi, domani, proprio al tuo compleanno, quando i nostri amici saranno ansiosi di chiederti quale regalo ti abbia fatto e tu non potrai rispondere che allo scoccare della mezzanotte eri perso da ore in una sgominante beatitudine dei sensi. Sarà un segreto impronunciabile e so che non ci importerebbe del giudizio altrui, né dello sconcerto, le persone potrebbero restare a bocca asciutta per l'invidia e nient'altro: il mondo non merita un simile, peccaminoso benessere.
Una mano sale lungo il tuo collo per condurti alla portata di un bacio, l'altra scende a circondare la tua provata erezione e riprendo la corsa da dove è stata interrotta. Nessun intermezzo, immediatamente mi compiaccio nel gustare il sonoro gemito che a tratti si fa strada fra incandescenti labbra. Non me ne separo, neanche per darti la possibilità di raccogliere aria di cui necessiti disperatamente.
Che sia io il dio del respiro*(1) che abbandona la sua usuale gentilezza per irrompere tempestoso proclamando una presenza che umilia e impaurisce. Nelle amorose vicende della tua adorata raccolta, di cui rammenti ogni apoteosi, confessami, te ne prego, se hai mai provato a ritrovarti come disperso soffio o provato soldato di quotidiani strazi. Ti rivelerò le mie macchinazioni e capirai quanto quest'esito fosse ineluttabile.
<No, n-no, Deku...>
Annulla i tuoi sforzi per sottostare alla voluttà che si completa nella scavata scia di fiumi dalle preziose e purpuree fonti. Piangi, riversati in questi piccoli corsi che ammiro, che considero tali e quali al più celebre dei dipinti, in queste Lacrime di Freyia*(2) che si disperdono sul tuo viso come gemme incastonate in movimentata rappresentazione. Che siano d'oro e che ingannino l'osservatore, che tu venga frainteso e tali segni conducano alla tua maschera che a breve cadrà. Che tu sia meraviglia, rivelatore di scintillante aurora, bellissimo, il più appassionato dei sovrani. Insegnami i misteri dell'autentica passione del cuore, mostrami i segreti del fato, cammina con me nella luce delle stelle. Io accendo questa candela in un'ardente offerta a te, mio amato, dio del fuoco eterno.
La tua apparenza si dissolve, abbandoni il capo contro di me lasciandoti prosciugare da fluidi pensieri, boccheggi, ti addentri nel labirinto della fugace incoscienza e cerchi di trattenerla, di non permetterle di sfuggirti. Irrigidisci le mani che si contraggono raschiando per brevi tratti la parete, infine ti rimetti a me con meditata cura. Ricado a sedere sul materasso e ti porto con me, avvinghiato alla tua persona, cerco di donarti un veloce, intenso riposo fra le mie braccia. Sei ancora perduto in te, in me quando mi parli di suppliche che, prima di oggi, erano state solo taciti gesti.
<Promettimi che non ti fermerai>.
Come? Come potrei compiere una così scellerata follia? Porto la mano a celare i tuoi possenti palpiti, ti consegno le mie ultime premure sibilando un "Sì" che racchiude tutto e nulla di noi, di quel che è stato e che sarà. Non cessare di amarmi e di amarti tramite le carezze che ti offro, sarò costante richiamo d'Assoluto per te, primo ed ultimo Amore.
Curiosità: la nitroglicerina, che secernono le ghiandole sudoripare di Katsuki, ha un sapore dolce, piccante e aromatico. Ovviamente è un composto pericoloso, ma ad Izuku piace il rischio, non vi pare?
*(1): Shu (anche Chu, Sciu, Schu) è un divinità egizia appartenente alla religione dell'antico Egitto. Era un dio primordiale, personificazione dell'aria, dell'atmosfera e del vento, e membro della grande Enneade di Eliopoli. Era anche il dio della luce che ruppe le tenebre primordiali. Il suo nome significa Colui Che solleva e deriva dalla sua principale funzione mitologica: la divisione di suo figlio Geb, la terra, da sua figlia Nut, il cielo - momento fondamentale della creazione del mondo; ma potrebbe anche significare Asciutto (riferimento al vento che asciuga) o Vuoto.
*(2): Considerata la dea della fertilità, della guerra, della seduzione e dell'amore, Freyja è una divinità della mitologia nordica, la religione tradizionale pre-cristiana dei popoli della Scandinavia. Splendida elfa e moglie di Odur, Freyja guida il carro del Sole. Ogni volta che il marito si mette in viaggio per dedicarsi ai propri doveri, la bellissima divinità piange lacrime d'oro, tingendo l'alba dei suoi colori vividi. E, anche quando i due amanti si ricongiungono, al calar del sole, il pianto colora l'orizzonte di caldi toni dorati. L'opera in questione è stata attribuita erroneamente a Klimt quando la legittima autrice è Anne Marie Zilberman, pittrice contemporanea francese.
Qui sotto è riportata l'opera.
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