/27/ Dulcis in fundo

Premetto che il capitolo doveva esser più corto, ma mi son fatta prendere la mano e so che apprezzerete (ʘᴗʘ✿).

Vorrei che questa salita non finisse mai, anche se le gambe già tremano per la stanchezza, vorrei continuare a percorrere la strada al tuo fianco. Mi dovrai accompagnare anche lungo questo viale di infantili e giovani ricordi. Non ricordavo che il corridoio fosse così stretto, né di esser cresciuto tanto da superare l'altezza dell'appendiabiti all'ingresso.
Sto inciampando nel tappeto consumato dagli anni e di un ormai scolorito tono rossastro, tu ridi e mi sorreggi, proprio come facevi un tempo e come continuerai a fare. Qualche tonfo sul pavimento, puoi tranquillizzarti e finire di sfilarti la giacca. Torniamo a girare in tondo sulla giostra della vita, perché riconosco i quadri della vita che è passata diramarsi lungo le pareti, rivivo l'inadeguatezza del corpo che si sviluppa e l'inesperienza potrebbe prendere a perseguitarmi con i suoi stupidi suggerimenti.
Non ho più il portamento goffo di un tempo, ma so che agli occhi che mi hanno visto maturare apparirò come sempre nelle mie risposte evasive e le sopracciglia corrucciate.
<Su, la cena sarà pronta tra poco> e lei che ci rivolge gentili inviti, lei che non ho mai smesso di detestare per il carattere di cui ho preso pregi e difetti, lei mi avvolge con lo stesso caloroso sguardo di un tempo. Sono a disagio, non lo nascondo, ma voglio davvero fare un passo oltre l'uscio della cucina con te e potermi dedicare alla lettura di pagine quasi dimenticate.
È tutto come lo ricordavi? Questa casa si è fatta stretta nel corso degli anni, forse più per me che per te e mi sconsola il fatto di restare rapito dal modo in cui ad un certo punto esiti a proseguire. Un passo avanti ed uno indietro, pensi di muovere il piede e subito quel lieve distacco fra il tallone ed il parquet si fa inesistente. Infine ti ripianti a terra con forza e dondoli per guadagnare tempo. Ti affianco e ti circondo la vita con un braccio, provo a trasmetterti un po' di calma e nell'osservarti noto che la differenza d'altezza fra noi si è accorciata rispetto a quando andavamo ancora a scuola. <Tsk> picchietto contro la tua spalla con la mano libera e pari disincantarti dal nulla che stavi fissando. Guardi con attenzione la linea immaginaria che traccio lungo i pochi centimetri che ci separano e che fanno intendere la mia infantile presa in giro.
Mi rivolgi un'occhiata truce ed io mi volto alzando il mento con quel fare altezzoso che so non esserti gradito. Ma tu non ti offendi.
<Sei sempre stato più alto, ma almeno adesso posso fare questo> ti sporgi e mi accarezzi la guancia con le labbra. Ci sorridiamo e ci dirigiamo da mia madre che non appena riesce a mettermi le mani addosso mi trascina con lei ai fornelli. Sono certo che la cosa ti diverta e per alcuni brevi minuti, ogni qualvolta mi giri per scorgerti con i gomiti posati sull'isola, mi posso godere l'aria sognante che hai inaspettatamente mostrato. Ti mancava questo? Avevi nostalgia del sorriso della mia famiglia? Ora che possiamo finalmente condividerlo senza troppa malinconia non ti permetterò di rinunciarvi.
<Izuku?> ti chiama con dolcezza e subito sprizzi di felicità nel prestarle attenzione.
<Che ne dici di andare in sala ad apparecchiare? Sai già dove sono tutte le cose> annuisci con forza e mi sento davvero leggero nel vederti sparire con allegria oltre lo stipite. Sì, quest'atmosfera non la gustavamo da tempo immemore.
<Tuo padre sarà per strada> dice mia madre e d'un tratto la scioltezza che ho nell'affettare le verdure sul tagliere si volatilizza lasciando spazio ad una rigidità che da tempo non avvertivo.
<Ok> mi limito a rispondere con brevità e già mi figuro le solite frasi che mi rifilerà, ma la donna che sta maneggiando attentamente una padella al mio fianco decide di stupirmi e di non propinarmi il suo ripetitivo discorso.
<È stato distante, lo so, non lo giustifico> prende un respiro, afferra un mestolo e ho come la sensazione che le pareti della cucina si stiano allargando a dismisura, rendendoci piccoli esseri chiusi in questa bolla di amari ricordi che di colpo riaffiorano.
<Non voglio parlarne> la anticipo, tuttavia so che ignorerà la mia richiesta e così è.
<Katsuki, non ti chiedo di ignorare i vostri dissapori, le persone ne accumulano troppi nel corso degli anni e non sempre si ricordano i più importanti. Il problema è che i vostri sono piccoli e, sommati assieme, hanno creato una montagna. - solleva il coperchio con un sonoro e conciso clangore metallico e per un paio di secondi lo sfrigolio dell'olio colma il silenzio che mi sono imposto - Non perdonarlo se non vuoi, ma almeno illudilo di averlo fatto e continua la tua vita come hai sempre fatto. A volte una bugia vale più di tante dolorose verità e lui non ha mai smesso di volerti bene, lo sai, no?>. Smette di mescolare e mi fissa, non posso fare altro se non ricambiare lo sguardo stanco e darle ragione, come sempre.
<Lo so>.
Non credo di averti accennato di questo contorto passo della mia storia, forse hai colto qualche indizio dal come cercassi di evitare il discorso "genitori" e dal fatto che solo mia madre ti sia venuta a trovare. Non mi hai mai chiesto molto e le mie risposte sono state tutte simili: i miei erano presi dal lavoro, era già tanto se mia madre trovava il tempo per passare da noi e mio padre spesso passava ore ed ore nel suo studio ad elaborare nuovi progetti. Non che le mie spiegazioni si discostassero tanto dalla realtà, ma ho preferito non esser diretto e non dirti che mio padre non passava solo troppo tempo a lavorare, ma che faceva di tutto per non avere un solo minuto libero e che, sperando di evitarsi qualche spiacevole discussione, saltasse ogni occasione per potermi vedere.
È successo qualche anno fa, non so bene quando, ma ad un certo punto il nostro rapporto si è incrinato, teso direi, e ci siamo allontanati. A molte persone questo tipo di cose capita nel fiore degli anni, durante il tormentoso periodo dell'adolescenza e, per un motivo o per l'altro, prima o poi tutto si risolve una volta diventati adulti, esser maturati e aver finalmente compreso tutta l'apprensione che i nostri cari hanno provato nel vederci crescere. Per me, invece, la rottura è giunta tardi e la crepa si è allungata e ha scavato così in profondità che non basterebbe la solita passata di stucco misto a conforti scontati a sanarla. Le questioni dei grandi sono complicate, lo sappiamo, ma tu non potresti comprendere appieno il mio inutile tormento che di tanto in tanto balza sopra le mie quotidiane preoccupazioni, perché tu non hai avuto la famiglia che meritavi. Vorrei dirti che ti sei evitato innumerevoli discorsi imbarazzanti e violazioni di privacy, ma sarei ingiusto sia nei tuoi confronti che in quelli dei miei genitori. Loro si sono preoccupati tanto per me e tanto, tanto, tanto per te, così tanto che mi viene difficile credere di essere arrivato a rivolgere solo un veloce saluto a mio padre quando ci incontriamo. Quando eri in ospedale, per i primi mesi non hanno fatto altro che correre fra il nostro appartamento e la tua austera camera intrisa d'odore di disinfettante per portarmi i cambi che mi rifiutavo di andare a recuperare. Volevo starti accanto ogni singolo secondo della giornata e, davvero, all'epoca credevo che ogni momento sarebbe stato buono per un tuo improvviso risveglio. Ci creiamo tante aspettative, Deku, solo per amore e le due persone che ti hanno accolto fra le braccia come a volerti rassicurare sul futuro, sul fatto di poter ancora sentire il calore dell'affetto che la morte di Inko pareva averti sottratto, ecco, loro sanno quale disperazione mi abbia colto e come il mondo mi si sia sbriciolato fra le mani all'alba della tua caduta.
Eppure, fra le carezze di mia madre e le apprensioni dei nostri amici, mi sono sentito distante da una parte consistente  del conforto di cui necessitavo. Non ometto che, in fondo, siano stati Eijiro e Shouto a darmi man forte, ma credo che questo distacco abbia aggravato la mia precaria situazione.
Vedi? Non sono arrabbiato, neanche deluso, forse sono solo stupito, a distanza di anni, di come nulla si sia chiarito.
Mio padre aveva smesso di venirmi in contro, le sue visite si erano fatte sempre più sporadiche, il suo viso era divenuto serio e la sua rara presenza insopportabile poiché io avevo riconosciuto fin dal principio il malevolo seme dell'indifferenza impiantato nel suo animo. Non ha saputo reggere con me, anche se in minima parte, le colonne della mia vita che andavano disfacendosi. E non lo voglio giudicare, avrei solo preferito che, prima di zittirsi lentamente e rivolgermi sguardi disorientati, si astenesse subito da qualsiasi tipo di contatto. Le persone affrontano in modo diverso la sofferenza ed io non sono in grado di accettare debolezza al suo cospetto, soprattutto da parte di chi si limita a far da spettatore. Vi è forza sia nel contrastarla che nel lasciarsi trasportare dalla sua gelida corrente e lui non ha mai capito questo minuscolo particolare.
Ho trovato rifugio in mia madre per un certo periodo, le assi del pavimento si incurvavano ed ondeggiavano sotto al mio peso, venivo divorato dai flutti delle memorie e mi disperavo per un appiglio che non trovavo. È stata lei ad aiutarmi, forse addirittura a comprendermi meglio di chiunque. D'altra parte mio padre non ha mai saputo destreggiarsi nelle movimentate acque in cui mi trovavo. Era scontato che desiderasse vedermi rialzare, ma non era davvero in grado di gestire la situazione e poteva solo concedermi un po' di silenzio in cui affogare. E lo feci sul serio: trattenni il respiro al di sotto dell'acqua, annaspai per una misera boccata d'aria e mi ritrovai in una fresca sera solitaria, riemerso dall'oceano e come un timido spettacolo di sincerità mi mostrai alla vecchia scorbutica che ora ho accanto. Fumai la mia prima sigaretta una notte d'estate con chi in realtà avrebbe dovuto sconsigliarmi un tale vizio che, più avanti, avrei maturato grazie a Kirishima.
Ricordo ancora le frasi che, con una certa aria pensosa, mi rivolse: <Le persone sono persone. Se ci aggradano possiamo amarle, un giorno non ci sarà più concesso un tale privilegio e lo rimpiangeremo. Non sprecare nessuna occasione, di tempo per piangersi addosso ce n'è sempre troppo. Invece di rifiutarlo, vivi questo dolore o te ne pentirai>.
Lei, solo lei mi è stata di conforto nell'intimità della famiglia e mi dispiace, non sai quanto, che a te sia stato sottratto un tale felice aspetto della vita.
<Non riusciva a vederti star tanto male> mi sussurra infine ed io faccio sì che il discorso cada e che non osi esser ripreso. Dopo un po', mentre ascolto i tuoi passi ritornare in cucina, poso una mano su quella di mia madre che ha preso a stringere con nervosismo il mestolo di legno.
Si blocca e si tende prima di rilassarsi. Mi sorride comprensiva e si scrolla di dosso la tensione.
<Io... - inizio sentendo i tuoi occhi far capolino da dietro le nostre spalle - Io e Deku abbiamo deciso di sposarci> la sua stretta di allenta, è incerta, poi indecifrabile. Abbassa il fuoco e posa quel che ha in mano, si volta verso di me con il respiro trattenuto. Mi sorprende gettandosi ad abbracciarmi ed io ricambio subito, senza esitazione e mi sciolgo quando allunga un arto invitandoti ad unirti. Anche tu non pensi neanche per un secondo di rifiutare e presto finiamo stritolati nella sua presa.
<Non puoi dirmelo così> sibila con voce tirata e aumentando la forza attorno ai nostri corpi. Lo sapevo: si è commossa.
<Sono così felice per voi, per te, Izuku> alle ultime parole ho l'impressione che anche tu ti sia rifugiato di più nell'abbraccio ed io comprendo subito il motivo e me ne rallegro. Ti sta riportando indietro, ti sta dando l'amore che qualsiasi madre mostrerebbe e ti sta dando l'opportunità di ripensare al passato con una stanca e felice nostalgia.
<Grazie> dici a corto di risposte.

Non dirò più del dovuto, la cena è stata piacevole come non mai e persino quel quattrocchi seduto a capotavola è stata una presenza gradita. Abbiamo portato novità elettrizzanti e posso dire di sentirmi pronto a voltar pagina e ad archiviare le tensioni solo per vivere altre innumerevoli serate così spensierate. Hai insistito per aiutare a sparecchiare dopo il bis del dolce che mi hai osservato preparare con cura questo pomeriggio e non ti sei trattenuto dal concordare con energia con gli altri sul fatto che le mie doti culinarie siano sprecate.
<Ma alla fine è meglio così, più torta per noi!> avete convenuto tu e mia madre e non ho saputo nascondere una certa soddisfazione. Adoro i complimenti, che ci posso fare? E tu ne sai formulare di così gradevoli, così minuziosi e meditati da farmi finire per gustare in silenzio le tue parole. Perché nella quiete la tua voce è pura melodia.
<Metti più spesso questa maglia> dici ammiccante ed io ricambio il ghigno.
<Credo proprio che dovrò farlo> constato tirando il collo alto del capo attillato che mi hai consigliato di indossare per non dare spettacolo delle tue "premurose"attenzioni.
<Prometti di contenerti quando dovrò far cambio con la divisa estiva>.
Siamo finiti sul balcone di camera mia, proprio come le lontane notti estive della nostra gioventù ed anche questa nostalgia si aggiunge al bagaglio che ci trasciniamo dietro. L'unica differenza è che ora siamo qui a fumare e soffiare spirali bianche nel cielo. Mi hai sorpreso, devo dire, quando hai premuto il filtro fra le labbra e ti sei avvicinato alla fiamma dell'accendino che tenevi fra le dita invitandomi a fare lo stesso. Abbiamo acceso assieme il tabacco e abbiamo soffiato l'uno sul viso dell'altro avvolgendoci con fumosi respiri.
Ora che il divertimento si è accorciato fino ad esser inutilizzabile butti via la sigaretta, ti raddrizzi e scruti un'ultima volta la città dal basso balcone della casa. Quaggiù sembra tutto davvero calmo. Ti giri verso di me e già pregusto i tuoi sinistri intenti.
<È tardi> commenti appoggiandoti al muro. Io gravo ancora un poco sui gomiti, giusto il tempo di prendere un'ultima boccata di nicotina e premo il mozzicone ardente sulla ringhiera. Lo lascio lì, accanto al tuo, penserò domani a buttarlo.
Mi metto di fronte a te e mi compiaccio di poterti sovrastare ora che sei scivolato contro la parete. Le mie mani corrono a circondarti i fianchi, scivolano sotto alla tua t-shirt bianca e si perdono a massaggiare la tua pelle infreddolita dalla brezza primaverile.
Già ti appresti ad inspirare profondamente, i nostri tremori combaciano all'istante e presto il fresco della seconda settimana di Aprile passa in secondo piano. Adesso siamo noi la causa dei brividi, come ogni volta in cui abbassiamo le difese e ci stringiamo soli al cospetto del mondo che con generosità ci concede di scaldarci e di rischiarare il cielo con sussurri d'amore.
Ti ho amato perdutamente nella lontananza, ora cado ai tuoi piedi e pendo dalle labbra della carnalità e del sentimento che si alternano a capo del nostro regno d'intimi disii. Sono un punto luminoso sul fondo del mare, mio astro di perlacea luce, assieme siamo stelle binarie perse in un universo sottosopra, dove il giorno è notte, la notte è giorno ed ogni ora che passa ci avvicina ad una morte che ci porterà a nuova vita in un'oscurità inesplorata. L'ignoto ci tenta, nelle sue sfumature di terrore e piacere, smetteremo mai di andare alla deriva? Affrettiamoci, affondiamo come le nostre unghie nella pelle, tiriamoci i capelli e gettiamo a terra i nostri vestiti mentre i nostri piedi tornano a sfiorare il pavimento e ricadiamo nella perdizione della materia, della concretezza di questi nostri cuori che si dibattono per prevalere nel loro scontro. Come violenti venti che collidono, possiamo gustare il nostro sapore e sperare che la battaglia non abbia alcun esito e persista nello sconvolgerci mentre ci spegnamo precipitando sul letto. Tra poco riprenderemo vigore, per ora studiamoci, tienimi stretto sotto al tuo peso e lasciami fraintendere le tue intenzioni. E ricominciamo a splendere solo quando niente è ancora successo ed i nostri occhi annunciano la sconfitta e la vittoria, i vinti ed i vincitori. Abbiamo perso entrambi, abbiamo trionfato entrambi, abbiamo il diritto di appartenerci. E con quelle iridi ombrose in questa stanza dall'aria bollente, con quale richiesta vuoi condurmi lungo la discesa dei sensi?
Risaliamo prima di lasciarci andare, lambiscimi con umidi morsi ed io ti torturerò con lunghi sentieri di pungenti e delicati graffi mai profondi abbastanza. Dammi di più. Ma facciamo silenzio, questa casa potrebbe rivelare i nostri segreti. Trattenermi mi fa affogare, i polmoni smettono di raccogliere respiri per non proferir neanche un solo gemito, ed in questa calma straziante posso solo tendermi fra lenzuola scure e dita che mi cercano bisognose di lacerare carne e di portarmi a rompere il voto di silenzio che mi sono imposto. Non ti concedo niente di più di qualche disperso e roco richiamo e annaspo quando con lentezza di tocco mi percorri per ogni dove circondando il mio busto.
<Va bene così?> potrebbe sembrare una gentile premura, eppure qualcosa nella tua voce mi fa pizzicare la schiena sotto alla mano che la percorre. Non ti vedo, ma ti sento ovunque e sono davvero finito divorato dalle coperte. Il petto preme sul materasso, le ginocchia si sono prostrate desiderose di crollare scosse dal dolore dei muscoli che già riesco a pregustare. Le mie iridi si fissano sul cuscino che ho davanti e allungo un braccio per afferrarne un lembo e tirarlo a me. Non faccio in tempo a posare una guancia sulla sua morbidezza che mi cogli impreparato e quasi riesci a strapparmi un ansimo. Ma è il mio ventre a tremare, nient'altro, e sapere di non poter più provare quel particolare fastidio delle prime volte mi sconforta inspiegabilmente. La nudità mi nasconde sotto un velo di piacevoli spasmi, mi chiedo se tu possa cogliere i pensieri che mi annebbiano.
<Kacchan> mi chiami premendomi contro il tuo bacino, chinandoti a circondare come un serpente il mio petto, le braccia, insinuandoti in profondità e facendo maturare il dubbio che questo senso di completezza non sia abbastanza. Mi baci le scapole, getti fiato caldo vicino alle orecchie che si drizzano per ascoltare le tue ansanti parole. Dal modo in cui raccogli aria credo che tu stia per rivolgermi nuove, scottanti frasi, invece addenti il collo e solo dopo avervi depositato profondi marchi che presto si arrosseranno osi espormi alcune tue oscure brame.
<Dimmelo. Tutto quello che vuoi, dimmelo> e la prima spinta si fa cruenta senza nessun preavviso. Separo le labbra, ma cosa posso dirti? Desidero tutto, desidero il mondo, l'intero universo che racchiudi, desidero sconfinatamente qualsiasi tuo particolare. Boccheggio alla seconda e alla terza, poi tutto si zittisce.
Ti fai gentile, troppo gentile, è questa la punizione per non aver risposto? Mi ritrovo ad odiare la delicatezza ed in fondo mi rendo conto di aver richieste da farti.
<T-tienimi> e se il mio tono sembra incerto, i miei gomiti si piegano mostrandoti polsi pallidi e di candida fattura, ma di salda robustezza. Sento il tuo sorriso e no, non ti posso vedere in volto, eppure lo sento addosso.
Allunghi una mano e non appena mi sfiori una delle tue prede fugge e va a raccogliere l'altra tua presa che sta coprendo i battiti assordanti del mio cuore. Ti guido e mi irrigidisco nel posizionare le tue strette radici attorno alla mia gola per poi riconsegnarmi a te.
Cingi i punti ove ti ho condotto e indugi, indugi e ancora indugi fin quando non capisco cosa manca.
Mi allungo un poco e mi distendo con il busto finché non mi sento davvero stritolato nella trappola in cui mi sono infilato. Adesso. L'assaggio che poco fa mi hai dato non è nulla a confronto dell'incessante danza in cui mi trasporti e nella quale ti accompagno. Mi perdo irrimediabilmente, vorrei contorcermi, urlare, invece premo sulla stoffa e mordo la federa, in me si fa strada il bisogno di sentirci inondare il corridoio di echi di peccaminose grida. Sono prigioniero di brutale forza e voglio...voglio che continui.
Mi sento famelico quasi quanto te ed anche se volessi lamentarmi, dirti di sentir bruciore e formicolii spargersi ovunque, le suppliche restano solo vaghi pensieri che presto evaporano. Solo tu puoi farmi questo,lo sai, vero?
Esplorare una sessualità che si credeva di conoscere, maturarla ed accettarla: anche questo può far parte del contorto mondo dell'amore. Perdiamoci e ritroviamoci l'uno nell'altro, apparteniamoci in questa breve notte e restiamo imprigionati fra le nostre braccia come se il crepuscolo possa farci dissolvere e far sparire le tracce di un affetto divenuto incontenibile. Perdurerà, promettiamo questo e mettiamo da parte i pensieri per  ricominciare ad esplorare corpi che ora più di prima si mostrano nella loro bellezza.
Di quei tormenti che ci hanno afflitto, obnubiliamo ogni ricordo, te ne prego, con lo sfiorarsi delle labbra.

Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top