/26/ Hypnos*
Miei cari lettori, la storia si è ricongiunta con capitoli precedenti, quelli del ritorno di Katsuki, perciò gustatevi la dolcezza di questi due innamorati (. ❛ ᴗ ❛.).
Ho permesso al tempo di scorrere. Mi sono imposto, ho piegato le ore al mio volere e sono riuscito a sprecare tanti minuti preziosi. Mi hai insegnato ad essere paziente, ma anche a pretendere molto dalle tremanti lancette dell'orologio e temo di aver toccato qualche ingranaggio di troppo. Con quella sua cantilena di lievi ticchettii, si è zittito sotto alle mie disattenzioni. La città ancora dorme mentre le prime luci risalgono fra la nebbia, i palazzi sono immersi nel mare dell'umido silenzio ed il clima si è fatto indeciso, non so davvero giudicare e resto dispiaciuto dal non sapere che piega prenderà la giornata.
Ma non me ne dovrei curare, non è così?
Mi muovo appena, tiro i muscoli indolenziti del collo, sento il freddo della mattina farsi strada nella stanza. Ho dormito poco, giusto un paio d'ore, ma non rimproverarmi. Dovevo trovare la calma che ho rincorso nelle ultime settimane e solo stando sveglio ad ammirare il tuo respiro mi è stata concessa.
Ho cercato di tenere le palpebre deste nel cuore della notte, ho ceduto alla stanchezza solo dopo essermi assicurato che tu fossi caduto nel riposo al quale, poco dopo, mi sono dedicato anch'io. Sono a casa da meno di un giorno e già hai preso le poche energie che ero riuscito a raccogliere prima di varcare le porte di questa nostra altissima fortezza. Quanto dolore alle gambe, quanto ai fianchi che hai stretto, quanta allegria nel sorriso con cui mi hai destato. Sono precipitato sfinito fra le stoffe del letto, prigioniero delle tue mani per la seconda volta che più della prima mi ha fatto perdere nelle pieghe di un soffitto di movimentata oscurità. Ho fissato così tanto il cielo immaginario della nostra camera e per un istante mi è parso di scorgere le stelle. Le ho viste, lo giuro, non fissarmi con quel viso morbido e felicemente roseo: mi fai temere di esser fautore di falsi sogni. E se così fosse non svelare le mie bugie, permettimi di crogiolarmi nel tepore della mano che tieni sotto alla mia guancia e sulla quale non ricordavo di essermi addormentato.
Mi torturi con la tua vista, il modo in cui stai abbandonato sul fianco mi fa impazzire quasi quanto le tue dita che accarezzano la pelle tesa del mio addome, che salgono e ridiscendono su punte di affilate unghie appena accennate. Non hai voluto sussurrarmi un buongiorno, né regalarmi un bacio di ben tornato che forse sarebbe parsa una debole imitazione di quelli con cui mi hai assalito nella notte ancora vicina; hai preferito percorrermi in attente blandizie che mi hanno riportato alla realtà in un breve viaggio nel contorto mondo del piacere. Premo il capo sul cuscino invitandoti e chiudo gli occhi sentendo il materasso piegarsi sotto al peso del tuo corpo che si protende con delicati gesti verso il mio volto. Resto fermo mentre sento il fiato scaldarsi e vorticare nella breve distanza che separa le nostre labbra socchiuse in trepidante attesa del contatto che le potrà congiungere. Cali portatore di petali di ciliegio e di una sete che solo con me riesci a soddisfare.
Ancora, baciami ancora e portami lontano, sopra alle nuvole, negli abissi e nei cieli, fuori da questo mondo imperfetto. E la vita, le nostre intricate anime, la morte, nulla avrà più senso.
Premi, pretendi, prosciughi ed unisci umide e vellutate lingue che piano si stringono. Polmoni che divorano l'aria, mi sottraggono il respiro e quando ti separi dai boccioli che tiri in un ultimo, delicato morso, il mio stomaco viene colto da un subbuglio inaspettato.
Con i tuoi palmi affondati accanto alla mia testa, il busto tirato che si dirama in diafana pelle costellata di lentiggini e levigata dalla giovinezza che ci è concessa, mi sovrasti ed il corpo non mi è mai parso una tale meraviglia. Che intricate vie percorriamo per donarci piacere, che macchina difettosa siamo e quale malinconico supplizio è il tocco, crudele portatore di aspettative. Ecco che mi tieni, che i tuoi muscoli si stringono su di me ed ecco che i nostri nasi si accarezzano riportandomi a terra, fra tessuti ruvidi e spalle che avvinco con dita ormai molli.
<Vorrei dormire ancora> sussurro e già sento di volerti fare altre mille richieste.
Posati con me in questo rifugio, non pensare al rumore della città, all'idea del caffè che ci tenta o al presentimento che quest'oggi possa andar sprecato se non mettessimo piede fuori dal letto. Resta entro questi labili confini e continua a far piovere su di noi e rendici amanti, estranei e nuovamente amanti. Abbiamo esaurito le lacrime, ma continuiamo a perdere gocce d'anima mentre ci guardiamo. Immensità nel tuo finito giudizio: srotola i miei pensieri e prendili, sono solo impressioni fugaci ed eterni rimpianti.
Mantieni i tuoi smeraldi fissi su di me, non distrarti e cadrò sempre più nel sentimento che susciti. Vorrei essere prigioniero di questo momento e condannare all'eternità il nostro amore.
E
tutto il dolore che ci siamo inflitti, lo vorrei provare di nuovo.
<Va bene> annuisci piano e discendi, ti reggi sui gomiti, infine sprofondi in un abbraccio di cui, per quanto ne senta la pesantezza, hai il controllo. Mi rendi difficile alzare il petto e sgonfiarlo dei respiri che rubi accostando il viso al mio collo. Lo baci e resti a gettarvi sopra il tuo fiato caldo; è un gesto involontario e che non posso fermare: prendo piano i tuoi ricci fra le dita, li tasto perdendomi nel profumo di sudore, di shampoo, di me, di te e non resisto a piegare il capo per accostarvi la guancia come se i tuoi viridi fili potessero essere molto più comodi del cuscino.
I tuoi palmi hanno corso su di me, mi stanno tenendo in una debole stretta a cui, ora lo so, posso sottrarmi. Perché mi offri costrizioni e libertà e ti rimetti alla mia volontà, perché sai che posso andare e tornare e non potrò mai dimenticarti.
Mi attendono alcuni giorni di riposo, solo un paio di settimane, troppo poche, ma saranno abbastanza per ritrovarci nelle stanze di quest'appartamento che ti ha ospitato al posto delle mie braccia negli scorsi mesi.
<Credi che pioverà?> chiedo spostando lo sguardo sulle vetrate e constatando che l'alba è avanzata ed ora le nuvole si mostrano grigie protagoniste del panorama.
<È iniziata la stagione delle piogge, è probabile> rispondi a mo' di ovvia spiegazione e sento che entrambi desideriamo che il clima precipiti, che ci costringa a vivere nella nostra piccola bolla almeno per oggi.
<Allora sarà una bella giornata> mi ritrovo a commentare.
<Sì, sarà perfetta> e la tua voce è mutata, divenuta sottile ed infranta. Non piangere, abbiamo versato lacrime a sufficienza. Ma se vuoi puoi farlo e non ti impedirò di gioire nel modo che meglio ti aggrada.
Non credo di aver fatto altro in questi anni: ho pianto continuamente, nella serietà, nell'aridità dei miei occhi, nei momenti in cui eri distante ed in quelli in cui ti ritrovavo tremendamente vicino. Adesso che puoi sfogarti per il tempo che hai perso fallo e trova in me motivo per versare limpidi fiumi nel mare che ci ospita.
<Ti va di andare a trovare quella vecchia insopportabile?> ti fai sorridente nella breve risata che mi dedichi.
<Se ti riferisci a tua madre sì, ci andremo oggi pomeriggio> la tua mano sale lungo la mia spalla, il collo, si inerpica fra la mia chioma e sfiora la nuca. Rispondo alle tue attenzioni contorcendomi un poco riuscendo a girarmi quel che basta a far sfiorare le nostre gambe.
Tu afferri saldamente la coperta e la sistemi meglio riparandoci dalla luce mentre ci intrecciamo ed i nostri piedi si confondono. Siamo due, siamo uno, siamo tutto e siamo niente. Un giorno finiremo di dividerci e di completarci, ma ora impediamo a certe paure di prevalere sulle infinite sensazioni che nutriamo col tepore della nudità.
<Deku- ti chiamo ed immagino di poterti vedere perfettamente nell'ombra delle lenzuola -non so più se ti amo>
<Nemmeno io> abbiamo superato ogni limite, non è vero? È insufficiente dedicarci certe dispersive lettere. Nulla più ci soddisfa, come posso esprimermi decentemente? È insopportabile questa mancanza.
<Sono tuo> non trovo altro modo per riempire il silenzio ed ancora sento che c'è molto altro da dire, da trattenere e da condividere.
<Anche io, sempre> non occorre alcuna precisazione? Forse abbiamo già espresso tutto, forse non ci è rimasta altra soluzione e non potremo mai riuscire a trovare modo per amarci più profondamente e perdutamente. Questo mondo non potrà essere il tramite che cerchiamo, perché esistono sentimenti tanto complicati? Ma pur chiedendomelo insistentemente mi vorrei punire per star pensando ad un così inutile quesito. Senza nulla avrebbe senso. Possiamo odiare e amare, cedere alle torture e alla libidine ed il nostro desiderio continuerà a crescere.
Poi vengo colmato, il mio vaso accoglie l'ennesima goccia e mi rendo conto di aver raggiunto l'equilibrio. Non andare oltre, tienimi così e resterò a questa stretta distanza per sentirmi triste, felice e perduto a pochi centimetri dalle tue labbra.
È una scossa che mi rende insensibile, che sopprime i sensi e poi li rilascia scatenando un'onda che mi sommerge fino alle punte dei capelli. Siamo abbandonati sulla spiaggia, all'orizzonte la barca si avvicina, ma noi sappiamo dove siamo finiti e sopra alle nostre teste si erge la montagna della redenzione. Giungiamo assieme all'ingresso, ammiriamo i morbidi rilievi delle pareti, tastiamo la storia che ci ha condotto fin qua e affrontiamo quei tre brevi gradini a mani strette. Saremo guida l'uno dell'altro e giunti in cima non rimpiangeremo di non poter conoscere il paradiso, sarà giusto che a noi sia dato il compito di vivere nel mezzo e nel dubbio di non essere stati puri e conformi al ruolo affidatoci.
Questo purgatorio ci ha atteso a lungo.
Non posso raccontarti gli intricati viaggi che ci attendono, ma posso ammirarti mentre ci aggrappiamo ai nostri animi. Vorrei restar sveglio, cadere nelle braccia di Morfeo e pregare affinché il mio Endimione possa trovar pace nella maledizione che cerco di imporre. Sono tuo, lo ripeto da solo, sono il tocco che ti ha mantenuto vivo quando minacciavi di cadere nell'inferno degli incubi e dei più soavi sogni, sono stato e ancora sono l'avido ammiratore del tuo quadro. Sono il dio a cui hai sottratto il cuore e che ti ha rubato l'intimità della bellezza che nessuno, al di fuori di me, potrà conoscere. Sottostiamo entrambi al sortilegio e proseguiamo, perché mi hai stregato a tua volta.
Hai tirato un grande sospiro quando, verso le nove, la sveglia che ho dimenticato di togliere ci ha costretto ad abbandonare il limbo in cui ci eravamo concessi nuovamente come rimedio alla fame che ci attanagliava. Ti sei offerto di preparare la colazione e sono felice nello star seduto all'isola della cucina, con la vestaglia mal messa e che pende verso sinistra, le gambe raccolte ed i piedi tesi sul legno dello sgabello. Sei incerto, come al solito, ma ti lascio fare e sono sicuro che non farai bruciare i pancake che tempo fa ti ho insegnato a fare. Sono legati infelici ricordi a quei delicati dolci che con cura impiatti; è stato in una mattina come questa che mi hai rivelato segreti preoccupanti e che mi hai chiesto di spostarmi, di lasciarti spazio e di non pensare a te che testardamente volevi sottrarti all'affetto che già ti dedicavo. Creiamo nuove memorie, amalgamiamole a quelle passate, il loro sapore sarà migliore, te lo assicuro.
Rigiro il cucchiaino nella tazza, il miele si è sciolto da minuti interi, ma mi piace il suono del metallo contro la ceramica ed è l'unica musica che riempie l'ambiente e che ti accompagna nel porgermi un piatto.
Ci hai messo troppa panna sopra, ma non dico nulla, in fondo sono davvero affamato e so che divorerò ogni boccone di zuccherino gusto e di aspre e mature fragole che hai tagliato e posizionato come mi hai visto fare tante volte. Ti siedi al mio fianco, mi fissi con interesse nel vedere una forchetta protesa verso di te e, prima che qualcosa cada e vada a sporcare il pavimento, ti appresti ad accogliere in bocca la mia offerta. Vorrei dire di non star cadendo negli stereotipi, tuttavia so di star impallidendo e poi di starmi colorando di roseo imbarazzo.
<Sono buoni quasi quanto i tuoi!> esclami e senza risponderti provvedo ad addentare un assaggio.
Ci rifletto su, deglutisco lasciando colare appositamente il succo della frutta dalle labbra. Non voglio apparire impacciato, sai che il mio è un banale invito e non mi stupisco quando lo accetti per raccogliere velocemente la mia volontaria distrazione con bocca che come seta percorre brevemente il tratto che ho macchiato e deposita una carezza sulla sua complementare.
Quando ti rimetti a posto e non nascondi la felice lussuria che tenti di fare andar via, appoggio il mento sulla mano.
<Hai ragione, hai avuto un buon insegnante> faccio l'altezzoso e trattengo un sussulto al vedere come tu non pari offeso e, anzi, mi guardi soddisfatto.
<Oh, sì, direi di sì> dici con calma e sul momento non capisco perché tu mi stia squadrando per intero, percorrendo ogni angolo del mio corpo ed indugiando sul petto in parte celato dalla stoffa.
<Forse fin troppo buono> e ti volti per riprendere a mangiare.
Ho creato un mostro.
<T-tu> cavolo, non so se ridere o rimproverarti.
<Mh?> sorseggi il tè e mi dai modo di assicurarmi di non aver frainteso nel modo in cui allunghi il collo stiracchiandoti mettendo in mostra le tracce che ho lasciato sul tuo corpo e che sul mio sono davvero più marcate.
Sbuffo.
<Credo che dovrai darmene nuova dimostrazione> trovo appiglio nell'orgoglio e nella supponenza, forse così non dovrò ammettere che non credo di esser in grado di tenerti, di causarti brividi, di farti pregare come hai fatto tu con me. Ma in fondo so che il modo in cui possiamo reggerci è unico, nella corporeità e nel pensiero, possiamo entrambi trarre diletto e passione dal gioco che dev'essere celato dai doppi sensi.
Torniamo a respirare nella calma, hai avuto la tua vittoria ed ora non riesco a trattenere la risata. Mi segui a ruota e la canzone delle nostre voci spezzate dall'affanno si dilegua piano.
Mi tengo il fianco, temo di non riuscire più a divertirmi tanto quando mi blocco improvvisamente.
Ahi, ora fa male. Non lo dico, lo penso e tu riesci comunque a scoperchiare la mia testa. Voglio precederti questa volta.
<Lo hai visto, vero?> sono un po' sconsolato. Impossibile che tu non l'abbia notato, il dolore è rimasto impresso nella mia pelle nonostante mi sia preso il tempo per guarire prima di correre da te.
<Sì, scusa se non ci ho prestato troppa attenzione la scorsa notte, pensavo avresti preferito che lo ignorassi>.
<Te ne avrei parlato se me lo avessi chiesto> ti rassicuro, non voglio nasconderlo.
<È solo un livido, non è il primo che vedo> lo dici con naturezza, ma come puoi provare a mascherare il dispiacere se io riesco a vederlo?
<Te lo racconto domani, va bene?> mi fissi, annuisci e ci scrolliamo di dosso l'atmosfera tesa che si è creata.
<Allora...hai già controllato le notizie?> ti chiedo e riesco a suscitarti un sorriso.
<Sì, sei su tutte le prime pagine> alzi gli occhi al cielo e li posi su di me.
<Hai letto tutto come al solito, vero?>
<Sì -scrolli le spalle- gli articoli erano noiosi, non ti rendono giustizia>.
<Ne sei sicuro?> ti porgo il cellulare e ti osservo con ansia mentre lo afferri con presa tremante.
Scorri sullo schermo, mi guardi, torni a mostrare rinnovato interesse e lo stupore che volevo suscitare.
"In ricordo dell'ex hero Deku, Dynamight dedica l'ultima vittoria al suo compagno"
Ti fai piccolo fra le spalle, ti porti una mano alle labbra e non sai più come reagire. Ti perdi nella lettura, ci sono tante parole vuote in quell'articolo, ma so che per te sarà speciale. Le risposte che ho dato alla giornalista a volte sono state vaghe, ma da quelle righe traspare un senso di nostalgia che nessuno di noi può ignorare.
L'immagine di copertina è una foto che, se mi fossi reso conto di esser ripreso, probabilmente non esisterebbe. Ho smesso di provare disagio e mi son messo il cuore in pace al pensiero della tua espressione rapita nell'ammirare il mio viso stanco, ma fiero, chino a baciare il ciondolo che porto al collo.
<Sei stupendo> mormori e pari quasi voler accarezzare lo schermo.
<Ce l''hai davvero fatta, Kacchan, sei diventato il Number One> come se non fossi stato in cima alle classifiche negli scorsi anni, solo adesso mi sento insignito di tale titolo, eppure non nascondo una certa aria sconsolata nel prenderti la mano.
<E tu? Non vorresti esserlo ancora, Deku?> resti interdetto ed io non voglio sprecare un solo secondo del coraggio che mi ha colto.
<Non vorresti tornare a correre con me e ad inciampare fra le persone che ci fermano per uno stupido autografo? Non vorresti vivere per questi stupidi momenti, per il sorriso di qualche bambino e le prese in giro di Eijiro per i nostri ritardi alle riunioni?> mi fermo, riprendo fiato e sento il sangue defluire dalle guance mentre impallidisco nel cogliere il bagliore che attraversa le tue iridi. Ti tengo saldamente fra le dita, spero che il mio calore possa trattenere la luce che posso scorgere sul fondo delle tue iridi.
<Ma non posso, Kacchan> ti esprimi senza alcun rammarico, credo che tu ti sia fatto un esame di coscienza e che abbia accettato la vita per come ti è stata presentata al tuo risveglio. No, non è così, posso ancora sconvolgerla.
<Invece puoi, credimi. Lo farai con me, se vorrai>.
*Secondo un passaggio del Deipnosophistai di Ateneo di Naucrati, l'esponente della sofistica nonché poeta di ditirambi Licinnio di Chio racconta di Hypnos, il dio del sonno, che rimase affascinato oltre ogni dire dalla sublime bellezza del giovane uomo di nome Endimione: gli donò così la facoltà di "dormire ad occhi aperti", così da permettere al dio di poter ammirare a pieno il suo volto.
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