/20/ Del tuo amore inciso nel vetro [Deku] (18+*)

*Ah, ma che ve lo dico a fa'? Leggete, che qua il capitolo sarà luuuungo (◍ᴗ◍).

*ride e si soffoca*

*Colpi di tosse*

No, davvero, sarà na lunga storia che magari occuperà lo spazio di un altro aggiornamento.

Buona lettura (✿ ♡‿♡)

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Beltà, il tuo sguardo, infernale e divino,
versa, mischiandoli, beneficio e delitto:
per questo ti si può paragonare al vino.
[...]

Che tu venga dal cielo o dall'inferno, che importa,
Bellezza! Mostro enorme, spaventoso, ingenuo!
Se i tuoi occhi, il sorriso, il piede m'aprono la porta
di un Infinito che amo e che non ho mai conosciuto?

~Baudelaire, Inno alla bellezza~

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Di questo mare in cui sei naufragato, devo ammettere che quella che mi trasporta è la corrente più gelida che mi abbia sfiorato. La peggior condanna per chi ama non è quella di non essere amato, ma di non riuscire ad amare come si vorrebbe. Privato di un tal diletto o semplice piacere, non esiti a disseminare la via di germogli di crisantemi dai petali di sole dorato, sconsolato affetto in un arido terreno. Infantile foggia della tua insicurezza, tali disperate grida non sono capaci di smuovere un solo alito di vento. E anche questa volta attenderai, tuttavia fermo e non incerto, cosciente di tutto e di nulla.
Hai tirato le corde a lungo, cosa cercavi di attirare? Se sono stato io il tuo misero obiettivo, mi dispiace per le tue vanagloriose aspettative; alla tua trappola ha abboccato una preda ingestibile. Vieni con me ad annegare negli abissi, la luce è talmente fioca ed accogliente in questo luogo disperso. Definiscimi sirena dei tuoi più piacevoli incubi, so che in mia assenza puoi solo star così bene da star male.
E' quel tuo cipiglio in viso, mi accusi e non rimangi nulla, né ti sforzi per muovere le tue sottili labbra per alleggerire con dolci parole il tuo maledire. Ti sei imposto una cecità infruttuosa, ora cammina, crolla, inciampa, striscia, voglio lasciarti questa via di salvezza.
Piove senza nuvole, la notte si fa ristretta per noi, non la senti? Ci stritola e ci libera per poi imprigionarci alla fine di ogni tardo e stanco pomeriggio.
È il modo in cui hai stupidamente lasciato la serratura sbloccata, mi diverte e mi sconsola il fatto che ti ritenga abbastanza lontano per fuggire. Avrei potuto raggiungerti in ogni momento, eppure ho indugiato, convinto me stesso di doverti del tempo che non abbiamo.
Infine sono le tue mani, foglie intente a protendersi verso un calore freddo inesistente, i pizzichi che cerchi di non darti, dita che si tendono e lasciano ricadere sul parquet un asciugamano che fino a pochi istanti fa tenevi attorno al collo che allungavi come se la giornata appena trascorsa ti avesse sfinito.
Non avere quello sguardo vitreo, credevi davvero che nessuno ti avrebbe raggiunto in questa scadente torre dall'intonaco scrostato?
La porta si è spalancata come il varco di un qualche girone infernale, mi invita ad entrare mentre resto sull'uscio con la spalla contro lo stipite. Sono così tentato dal sorriderti, quasi cedo, vorrei davvero deriderti un poco.
Cosa fai? Ti prenderai un malanno con quelle umide goccie che colano dai tuoi capelli fin giù dalle spalle, percorrono lente il solco delle clavicole e non riesco a seguirle oltre visto che sei per lo più girato di schiena. Pelle rosea segnata da qualche bianca cicatrice, la linea della colonna è una lunga e retta discesa per l'acqua che scorre lenta dalla tua chioma. Sei investito dalla sola luce del neon della cucina, muscoli delineati da profonde ombre e bloccati dallo stupore.
Non guardarmi con quel viso asciutto e lingua a corto di gentili saluti, non pretendo nulla che non sia sincero ed in questo momento non sei felice, non triste di vedermi. Sei nel mezzo, ma va bene, sono abbastanza esasperato da non poter sopportare neanche un banale "come sei arrivato fin qua?".
Fortuna che sei troppo ammutolito per aver la lucidità per rivolgermi quesiti di dubbia importanza.
<Non hai ancora finito?> Mi stacco dal legno consumato ed affronto il primo passo leggero nella caverna delle ombre.
È come temi e credi: sto portando con me la fiaccola ardente che ti permetterà di accedere alla realtà.
Non credevo che mi avresti spinto fino a rincorrerti concretamente, ma che posso dire? Non mi dispiace che segua i miei movimenti mentre sigillo l'ingresso con uno scatto secco e mi sfilo la giacca per restare in camicia nera, tuo dono di delicata fattura. Non ho allacciato i bottoni del colletto, credo di averti voluto imitare in questo ed ora che ci studiamo mi compiaccio di ritrovarmi simile a te più di quanto mi potessi aspettare. Capelli ancora umidi in fronte, riccioli indomabili ed ingarbugliati come i tuoi pensieri.
<Ti sei divertito almeno un po'? Non è noioso startene qui da solo?> ti continuo a domandare, ma non devi rispondermi.
Bene, continua così, stattene zitto e ascolta, non sia mai che tu comprenda quanto mi senta fuori di me in questo momento.
<Su, raccontami qualcosa, Bakuguo> potrei star scambiando la lacrima di condensa che scivola sul tuo mento per sudore freddo, non farmene una colpa, è impossibile non notare la tua espressione scioccata. Precipita sul pavimento in una rovinosa caduta, finalmente la tela inizia a bruciare, ti smuovi. E dire che hai tessuto tu quest'intricata ragnatela, ti sei messo nel centro del ciclone con eccessiva sicurezza; la tempesta imperversa comunque incurante della tua fittizia lontananza.
Forza, chinati a raccogliere il panno, finisci di asciugarti, potrò solo veder meglio i tuoi versamenti di fragilità, cosa aspetti? Ponimi le tue domande, dai inizio alla tua rovina. Se vuoi alzo gli occhi al cielo, so che non lo sopporti, tutto per tirarti fuori da quest'antro ed esporti alla luce, per una manciata di parole questo ed altro.
<Che fine ha fatto Eijiro?> questa l'avevo messa in conto, sii più originale.
<Mi ha portato lui, ormai starà già tornando indietro> per un attimo resti interdetto e bastano pochi secondi a far rattristare il tuo sguardo. È ovvio, no? Lo sai che sono testardo quanto te ed entrambi siamo sempre stati bravi ad ottenere l'oggetto delle nostre brame che in breve può mutare in gradevole incubo.
C

adiamo in contraddizione adesso, più tardi non ti condonerò per distrazioni simili. Dimmi che non sei felice di vedermi, ma fissami con incredulità, dimmi che non vuoi mentirmi, ma trattieni il respiro che trema, evita i miei occhi e potrei crederti. Punto tutto sulla certezza che non oserai guardare altro.
<Allora cosa vuoi?> bravo, ti è pure riuscito il tono giusto, pare che tu voglia proprio scacciarmi. Ora incurvo sul serio la bocca, fra l'infinità di cose che potevi domandare sei caduto solo alla seconda.
<E hai il becco di chiedermelo?> mi faccio subito serio, altro che aria sognante.
<Di questo passo finirai col dirmi addio per davvero> non che sia mia intenzione darti una tanto amara pillola da ingerire, ma per quanto io la possa intendere come placebo la ingoi a fatica. Sbatti l'asciugamano su una sedia, riacquisti le forze che ti eran venute a mancare ed una punta di allarmismo fa capolino nelle tue iridi sbarrate a guardarmi infilare le mani nelle tasche dei pantaloni.
<Cosa vai dicendo? Sei venuto qua per dirmi questo?> ti regalo un lungo silenzio, voglio che tu fraintenda. Se almeno questo fosse sufficiente a farti capire come mi sia sentito mi riterrei soddisfatto.
<Non puoi. Mi rifiuto di dirti che sono d'accordo> stringi i pugni, chino il capo e ora posso dire che il mio sguardo si sia illuminato. Quel tuo modo di ostentare controllo ti porta di continuo vicino al limite della sopportazione, è la cosa più naturale che tu abbia compiuto finora.
<Allora non farlo! È ciò che hai continuato a darmi ragione di pensare nelle ultime tre settimane!> avanzo mantenendo una certa distanza. Sentimi respirare, avanti, se proprio vuoi che resti trattienimi nella rete che condividiamo.
<Non ho mai voluto darti quest'impressione!> barlume di lucidità che si spegne, sono forse riuscito a scalfirti? Dovrai sgretolarti prima che io possa dirmi appagato.
<Non hai neanche cercato di rassicurarmi riguardo al tuo ritorno> sibilo.
<Lo sapevi che sarei tornato, non dubitare persino di questo!>
<Ah, sì? Dovevo esserne così certo?! Non mi hai dato molte ragioni per credere che avresti superato il tuo fottuto orgoglio e avresti finalmente ammesso di avere torto!> sei tornato a startene muto? Nessuna fastidiosa uscita?
<Non una volta che ci siamo detti uno "scusa" decente, ma tu hai avuto tante occasioni sprecate per farlo ed ora credi che me ne importi ancora qualcosa? Non lo capisci? Ti amo anche in questo modo> ultima chance, mi aspetto una qualche tua mossa, anche minima che sia. Provo ad allungare il braccio, forse riuscirò ad accarezzarti.
Inutile sperarci, non raggiungo neanche le ciocche che ti ricadono davanti agli occhi che già mi scansi e tenti di rivolgermi lo sguardo più sofferto che ti sia possibile.
<Vattene, torna a casa e lasciami in pace!> alla fine il braccio ricade a peso morto al mio fianco e con lui credo di aver allontanato da te il velo di razionalità che cercavi di mantenere. Non vuoi che ti lasci in questo modo, ti tradisce il rossore sulla punta delle orecchie, compare quando non sai come ribattere e le ultime parole che mi hai rivolto sono state allo stento di un fiacco tentativo di respingermi contro la tua volontà.
<Non voglio che torni per dedicarmi le solite delicate attenzioni. Non lo vedi?! Sono cambiato, come te, ma continui a trattarmi con sufficienza!>
Vuoi dirmi che non puoi affrontarmi adesso? Che hai troppo lavoro da fare? Se oltrepassassi quella porta in questo momento e tu non mi fermassi non ci sarebbero più ferite da sanare, ma profondi solchi nei nostri animi.
Fisso assorto le tue dita contrarsi dal nervoso. Sì, un poco mi hai deluso.
D'un tratto pari traballare sui piedi, fai un passo indietro e credo di poter prevedere le tue mosse. Tra poco ti volterai, imporrai il silenzio ad entrambi e di sicuro credi che me ne starò ad osservare questa patetica scena.
Forse non ti aspettavi che ti impedissi di ricadere nel vizio del distacco, resti piuttosto disorientato quando mi avvicino.
Poetica, farò sì che sia tale la tua caduta. Sii il bagliore celeste da cui il mare rifugge, posati sul fondo della Terra, capelli come fili di grano e pietre preziose che vengono abbandonate da lacrime volatili. Brillanti tesori in catene dorate che vengono sottratti al tuo ornamento. Le candide piume si sono sfatte, mutate in viscidi lembi scuri, a quanta incuranza soccomberai?
Gambe che stridono, il tavolo cigola lamentoso sotto al tuo peso, muscoli tesi e rigidi come il legno su cui gravi. Resisti alle carezze, eppure le tue labbra tremano desiderose di schiudersi sotto alle mie. Sono un ladro di parole non ancora pronunciate, permettimi di prosciugarti. Ti narrerò la storia delle Mille e una notte se vorrai, ascolta attentamente, non cercare di allontanarmi.
È tragico il modo in cui punti i palmi sul bordo, inspiri e non mostri minor ostilità mentre percorro la tua guancia con dita vellutate. Un breve scatto, sollevi il mento sotto la mia guida e ti ritrovi sui gomiti. Stai ricambiando; che assurda arrendevolezza la tua.
Cade e rimbalza, rotola per neri scalini marmorei, la tua delicata corona. Mi chino a raccoglierla, non ti dispiace, vero?
Giri il viso scorrendo sui miei polpastrelli, non vuoi nulla di più?
Hai un'espressione così sconvolta, è mai possibile che i fogli che sono caduti a terra ti suscitino una tale emozione?
Posi un palmo sul mio petto come a volermi imporre un confine da non oltrepassare, butto piano fuori l'aria trattenuta in risposta così che tu possa sentire i miei polmoni vibrare.
Lo sguardo mi cade sul tuo busto privo d'indumenti, risalgo lungo la linea degli addominali, delle clavicole, del muscolo del collo tirato ed invitante.
Stringi il tessuto della mia camicia. <Non farlo> mi dici. Cosa temi? Avanti, esponimi le tue folli ragioni. Se questo è l'unico modo per comunicarti quanto malcelato disio si cela nei nostri sguardi mi macchierò del peccato di non aver prestato ascolto alla tua richiesta. Fermami se puoi, sappiamo che ti sarà impossibile e quando tasto il tuo fianco calando con tocco gelido sulla tua pelle e premo contro la tua barriera mi accogli con falso astio. Raccolgo nuovamente i tuoi petali rosati, ma non aspettarti che me ne separi con la stessa facilità della prima volta. Perdi equilibrio, mordendoti il labbro ti accompagno nello scontro sulla superficie del tavolo insinuandomi fra le tue gambe. Resti comunque inquieto, qualcuno è salito sul tuo trono e non vorresti condividerlo. Premi sul mio corpo, rifiuti ed accogli ogni mia blandizia, persisterai in questo terribile scambio di bile ed affetto nonostante la delicatezza che tento di riservarti.
Fremiti di collera, divoro il sospiro che rilasci guidandomi in un bacio fatto di pressioni, morsi e sapore di dentifricio alla menta, il tuo. Pizzica sulla punta della lingua, quasi quanto le tue unghie che calano a sfilare i bottoni della mia camicia con una frenesia che, arrivato all'ultimo, ti abbandona.
Prendi a rinchiuderti nuovamente nel tuo piccolo bocciolo di rosa, del trasporto che avevi sento le tracce sbiadire. Non farlo, che insulsa pretesa.
<Spostati> sussurri con tono tirato facendo scivolar via dalla presa i miei capelli. Il dorso della tua mano produce un tonfo sordo sul legno. La raccolgo, mi lasci fare guardardomi con confusione mentre circondo anche l'altro tuo polso vicino alla mia spalla e premo per impedirti di respingermi più di quanto tu non abbia già fatto. Ti contrai appena nella mia stretta realizzando in ritardo il mio gesto. Soffio lungo la mascella <No> e conciso ti do una risposta.
Presta attenzione a qualcosa che non sia il tuo ego, non li senti? I nostri respiri si stanno chiamando, non impedirmi di essere spettatore del loro ricongiungimento.
Ora ti mordi il labbro, ora mi tenti, non negarlo. Prendo fra i denti la tua pelle, scendo lungo il collo, oso giungere quasi fino alla spalla per solleticare il punto che, come un tallone d'Achille, ti fa premere il capo contro il tavolo per bearti delle mie fameliche attenzioni.
Provo a liberarti e non do molta considerazione alle tue mani che restano abbandonate sulla superficie.
Dita che corrono lungo il tuo busto e contemporaneamente, proprio quando sfiorano le costole, rilasci un sospiro più udibile di altri e sorrido continuando lungo il percorso che si arresta per lasciarti afferrare il tessuto del mio colletto. Tiri, quasi a non voler accettare di star cedendo, ma alla fine sei proprio tu a gettare a terra la camicia e a chiudere gli occhi mentre mi faccio strada verso il ventre, l'inguine e sigillo un tuo sussulto con un bacio avvolgendo nel calore del mio palmo l'erezione che volevi forse nascondere.
Morbide movenze, conosco il modo giusto di trattarti, ma anche quello per torturarti ed il calore, la lieve sensazione di umidità, il fatto che ad un certo punto premi contro la mia mano, tutto lascia intendere che sei pronto ad essere succube dei tuoi istinti.
<Mh-Ah! Ah, Deku...> delizi il mio udito, sei così delicato nel mio tocco. Fallo, arrenditi e cercami nell'esplorare le mie labbra, ignora il retrogusto ferroso del taglio che si è riaperto sulle tue. Dove ti sei fatto questa banale lesione? Perché mi piace pensare di esser stato io a procurartela? Il tuo sangue ci macchia, mi perdo nel suo sapore e con le dita che ho libere tengo strette ciocche bagnate, le tue mi imitano passando prima sulle mie guance, sugli zigomi e si congiungono sulla mia nuca. Credo di non aver mai avuto occasione di sentirti vicino come in questo momento, dopo una lontananza che ha solo acuito i nostri timori.
Ti stringo un po' di più, mi regali un gemito che inonda la stanza di un'atmosfera bollente. Nella penombra che ci avvolge solo io posso vederti.
Mi sollevo e le tue braccia si allungano seguendo i miei movimenti fino ad abbandonarmi, per un istante restano tese come invitanti funi dalla debole stretta che ricadono non avendo più appiglio a cui reggersi.
Mi prendo la libertà di sottrarti finanche l'ultimo fremito di piacere osservando come le tue palpebre, da semichiuse che sono, si spalancano svelando lo sguardo supplichevole che volevo. Non vi è imbarazzo, ci siamo concessi l'uno all'altro innumerevoli volte ed ora sopra la tua testa aleggia solo una nuvola di ringhiosi interrogativi.
<Perché ti fermi?> riesci a sospirare con una punta di frustrazione e non capisci, credo, che non ho neanche iniziato.
Sfilo piano i tuoi pantaloni di tuta e con loro anche la tua biancheria, fai per rimetterti seduto, ma mi appresto a posare una mano sul tuo petto e gravosa ti costringe a restare fermo. Lascio andare i tuoi vestiti e colgo uno strato di allarmismo depositarsi nelle tue iridi, lucidi rubini di un tesoro a cui non rinuncerò.
<Non ti muovere> sorrido calando sul tuo corpo. Ti sollecito a stare all'erta con ogni tormentoso percorso che scelgo di seguire per giungere fra morse e umide scie alla tua intimità.
Nessun intermezzo, apro la bocca per accoglierti e faccio in tempo a scorgere un tuo spasmo prima di dedicarmi completamente ad un lavoro in cui, in parte mi vergogno ad ammetterlo, sono divenuto esperto. Amarci in questo modo carnale ci è sempre piaciuto, ma negli scorsi mesi hai prosciugato il piacere che ne potevamo trarre riducendo tali libidinosi momenti ad uno sfogo capace di offrirci una perdizione passeggera. Non voglio che sia così anche questa notte.
Intensi minuti di profondi aneliti, stringo le tue gambe mentre ti riversi in me. Non hai più pronunciato il mio nome, mi hai solo dedicato ansimi e respiri mozzati, ma non me ne rattristo poiché non sarà la prima né l'ultima petite mort che ti donerò.
Ingoio e mi premuro di lasciar cadere un paio di gocce tiepide sul tuo petto risalendo per gustarmi la lussuria che si è depositata sul tuo volto. Appari come l'Angelo caduto di Cabanel*(1), Giuditta*(2) di dolci fantasie, e come sei caduto dal cielo, astro del mattino, figlio dell’aurora! Come fossi precipitato a terra, tu che aggredivi! Eppure tu pensavi in cuor tuo: “Salirò in cielo, al di sopra delle stelle di Dio erigerò il mio trono. Siederò sul monte dell’assemblea, ai confini del settentrione. Salirò sulle nubi più alte, sarò simile all’Altissimo”.*(3)
Tremori che ti abbandonano, anima riversa in nuvole di nebbiosi sguardi, le tue screpolate, ma morbide sponde che non più restano sigillate, ma separate per raccogliere l'aria che pare non bastare a risvegliarti dal torpore che ti ha rapito la mente.
E di quella lacrima che ancora reprimi, riuscirò a sentirne l'amaro gusto e a bearmi della sua seducente vista.



*(1): The fallen Angel, Alexandre Cabanel, 1868


*(2): Giuditta I, Klimt, 1901

Non avete idea di quanto sia difficile trovare un'immagine decente su Google, avrei tanto voluto inserire il quadro per intero.

*(3): Isaia, 14: 11-14.

Ed infine:

Da tempo anelavo a metter nero su bianco questa parte perché ho tenuto a bada il rigido carattere di Izuku con fatica.

Colgo l'occasione per porvi una domanda: anche voi vedete uno spazio di troppo fra le righe? Continuo a toglierlo, ma ricompare non appena visualizzo l'anteprima o esco e rientro dall'applicazione. Ah, Wattpad ed i suoi problemi, fedeli compagni sempre e comunque  -_- .

Con la speranza che il capitolo vi sia piaciuto, vi porgo i miei saluti (*^▽^*).

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