/15/ Inter sidera versor -parte 2-

Ho scritto lettere piene d'amore, le ho dedicate a te, a me stesso, a nessuno. Testi immaginari che scorrono per chilometri nella mente, hanno lasciato una via facile da seguire e tu ne stai ancora calpestando la carta cosparsa di inchiostro, secco ed opaco, e di rovinose chiazze raggrinzite. Sono state le mie lacrime a nutrire e a logorare i sentimenti che con tanta perizia ho messo nero su bianco, ma allo stesso tempo è grazie a loro se tutt'ora riesco ad amarti.
Quando ho rifiutato di concederti un ultimo saluto, l'altra sera, non avrei immaginato di potermene pentire così presto. Sei stato il respiro che mi ha mandato avanti, ora sei solo una necessità e non per questo meriti una tale sconsideratezza da parte mia, tutt'altro, proprio per questo motivo dovrei concederti di essere il mio unico desiderio. Invece trovo modo di dedicarmi attenzioni e da puro egoista permetto a me stesso di prevaricare nella battaglia in cui siamo entrambi coinvolti, un'esito paritativo sarebbe un minimo esempio di raziocinio in questo momento. Non sarebbe sufficiente, lo so.
Cosa mi è successo? Quale cambiamento mi ha sconvolto? Tu lo conosci, radicato nel profondo del mio cuore, sveli continuamente le ferite che nascondo. Sii gentile, ho solo questa richiesta, ed anch'io mi concederò alla passeggera felicità che porti, che solo in te ho ritrovato. Sei il tesoro che ho sepolto ai margini del mio mondo, sento avvicinarsi il momento in cui dovrò disseppellirti. Quanta impazienza e quanti ripensamenti, riesci a sentire la mia disperazione ed il piacere che ne consegue?

Mi rigiro in preda all'agitazione, i piedi faticano a divincolarsi, il bordo del letto è così vicino. Mi sono svegliato poco alla volta mentre mi attorcigliavo alle coperte, le mani vicino al petto, strette alla mia maglia. Prendo subito coscienza della tua presenza alle mie spalle, poco distante, so che sei qui con me.
Ho la sensazione di aver sognato qualcosa di bello, ma anche qualcosa di triste e non riesco a rimettere assieme le immagini sconnesse che ho in testa. Potrei aver rivissuto la notte in cui siamo ancora immersi ed avverto, precipitoso ed incontrollabile, il peso del mio corpo. Sono stanco, indolenzito come non mai, voglio credere di non aver gambe tanto restie ad ubbidirmi mentre mi do una piccola spinta per voltarmi dalla tua parte. Neanche mezzo metro di distanza, la tua schiena nuda si staglia fra la stoffa scura e mi ritrovo a deglutire.
I miei occhi percorrono la linea della vita, il solco della spina dorsale, i muscoli che hai riacquistato con tanta buona volontà, mi invitano.
Siamo spogli di ogni cosa, dei vestiti, delle lenzuola aggrovigliate a scendere oltre i fianchi, delle emozioni, dei pensieri. Ci siamo svuotati completamente, abbiamo ricavato lo spazio per poterci accogliere nuovamente l'uno nell'altro. Che sollievo, iniziavo a credere che non ne avremmo mai avuto occasione.
Amo guardarti respirare nel sonno, sei tutto ciò di cui ho bisogno per dimenticare la fatica con cui ho arrancato fino a questo giorno.
Le tue lentiggini sono una leggera visione nella fioca luce della città che si fa strada oltre le vetrate. Ho dimenticato di tirar le tende, ma non ho la forza per alzarmi e farlo ora.
Rabbrividisco, premo la guancia sul cuscino ed assaporo la piccola fitta di dolore che sento arrampicarsi dalle ginocchia fino all'addome, non un lamento lascia le mie labbra. Non ho avuto modo di ferirti, di restituirti il favore per avermi causato questo dolce fastidio; mi riprometto di essere meno remissivo a mostrarti la violenza di cui sono capace anche nei momenti in cui prevalichi su di me, almeno per le prossime occasioni.
Tasto il materasso, se pensavo che fossero rimaste tracce di sudore vengo smentito subito: persino questa testimonianza che desideravo trovare è sparita. Restiamo solo noi ed il ricordo del calore e del gelo che abbiamo provato. Pur non essendo la prima volta, l'ho vissuta come se lo fosse, non è vero? E perché? Soffoco un sorriso contro la morbidezza della federa, la risposta è ovvia.
Nessuno di noi era preso dalla fretta, dal voler ottenere subito il riscatto, mi hai rubato il respiro senza chiedermi il permesso, ma ho acconsentito in silenzio quando mi sono reso conto delle tue malefatte; ormai era tuo, di cosa posso accusarti? La disattenzione è stata mia e mia solamente.
Non abbiamo parlato o forse sì, lo abbiamo fatto a modo nostro. Abbiamo sussurrato e senza vie di mezzo abbiamo gridato divorando le nostre voci. Vorrei che avessimo sempre vissuto a questo modo.
Quante volte abbiamo fatto sesso nelle scorse ore? Non riesco a ricordarlo, do la colpa alla tua cattiva influenza ed al tuo volermi spronare a dare di più, molto di più di quanto pensassi di aver a disposizione. Mi hai consumato in una maniera troppo lenta, troppo veloce, troppo di tutto ed ora mi scopro non appagato appieno. Lo faremo ancora? E non è questa la tua vittoria? Adesso che ti desidero con un tale ardore puoi dire di aver dato scacco matto all'uomo che ti ha confessato il proprio amore in un'infinità di parole prima di assopirsi al tuo fianco.
Cerco di tendermi, stirarmi un poco per risvegliare l'energia che mi è rimasta e mi sforzo per sollevarmi con le braccia. Mi libero del tutto dalla coperta che butto sul fondo del letto scoprendo anche te. Non ti smuovi, neanche quando poso una mano sul tuo bicipite.
<Tutto ok?> ho l'occasione di stupirmi all'udire della tua voce.
<Kacchan> accarezzi il mio nome, mi viene la pelle d'oca, scorgo il tuo mento e la punta del tuo naso spuntare oltre il ciuffo riccio sul tuo cuscino.
Prendo coraggio e ti stringo tirandoti per farti ricadere supino, non opponi alcuna resistenza e cerchi il mio sguardo. Non te lo concedo, i miei capelli ricadono scombinati sulla fronte e mi offrono un riparo che non rifiuto. Punto un palmo, faccio leva e mi mordo la lingua per trattenere un gemito mentre scivolo sulla tua pelle. Tremo dopo aver preso posto sopra di te a cavalcioni, sento ogni mia parte implorare per non esser sottoposta ad altri sforzi. Le tue dita si apprestano a darmi conforto, come pensavo mi sono tradito ed inspiro profondamente sentendoti accarezzarmi le coscie.
<Non sei stanco?> che domanda inutile, ma la adoro a sentirtela pronunciare.
Alzo finalmente il volto, in uno scatto mi porto indietro le ciocche che mi impediscono di vederti per bene, le sistemo meglio pettinandomi con le dita e ti do modo di affrontarmi. Guardami, proprio con quell'espressione assorta nel vuoto dei tuoi pensieri, con la luce che riesco a cogliere nei tuo smeraldi, renditi conto di quale straordinario insieme di linee quasi degne del candore marmoreo della scultura hai reso tuo. Mi percorri in una salita che culmina con l'inesorabile scontro dei nostri sguardi. Lascio ricadere il braccio sorridendoti.
<Non quanto vorresti> dico afferrandoti il polso destro e guidando la tua mano fino al mio ventre. Mi solletichi, la mia bocca si incurva maggiormente.
Indugi su ogni centimetro che percorri fino ai miei addominali ed io mi abbasso un po' permettendoti di arrivare fino al petto.
<È come quella sera?> annuisco cogliendo la tua preoccupazione mischiata all'eccitazione del momento, ma non basta a tranquillizzarti.
Mi avvicino al tuo viso gravando sul braccio che ho portato in avanti, sopra la tua testa, per non sbilanciarmi.
<Ho detto ancora, Izuku> sibilo facendomi da solo il verso. Ti sento accorciare il respiro, vuoi ancora tentare di dissuadermi o vuoi vedere fin dove mi spingerò?
Il sangue è bollente nelle mie vene, lo sento scatenare rossore sulle guance e far dolere il mio basso ventre. Sbuffo sul tuo viso, strizzo le palpebre al tuo tocco lungo i fianchi.
<Lo vuoi davvero?> una tua mano afferra delicatamente un ciuffo di fili dorati e decide di insinuarsi poco a poco nella mia chioma.
<Non sarà diverso> mi avvisi guidandomi fino alle tue labbra.
<Non voglio che lo sia> conosco le condizioni, smettila di esser ripetitivo. Sai bene quanto controllo stiamo ostentando, approfitta della mia tentazione per fuggirne.
Ricordami di quella fredda giornata di febbraio, ne ho bisogno, sarà la conferma delle mie paure. Sono caduto in basso, molto in basso, e non riemergerò senza il tuo aiuto. Mi rimetto a te e tu fai lo stesso con me, apparteniamoci senza alcuna remora, inoltriamoci in questi abissi prima che la storia si riavvolga e ci riporti indietro.
Ricordami ora che premi sulla mia pelle con quanta forza ho cercato di allontanarti e con quanta ti ho tenuto stretto, ricordami le mie colpe prima che sia tardi e non possa più soffrire.
Domani.
Stai stringendo troppo.
Domani.
Non puoi torturarmi in questo modo.
Domani.
<Basta! D-Non farlo... No!> ti sto pregando,ma non mi ascolti.
Domani mi compiacerò e mi pentirò di tutto questo.


Ecco un piccolo intermezzo prima di immergerci negli avvenimenti degli scorsi due mesi. Che ne pensate?

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