/09/ Onigokko* [Deku]

Mi sono svegliato dalla tua parte del letto nel tardo pomeriggio, dopo essermi addormentato poco dopo aver saltato il pranzo. Un paio di manga sono dispersi in mezzo alle coperte e una piccola zampa mi sta tastando una guancia per riportarmi più in fretta alla realtà. Ami ha deciso di farmi visita, solitamente si introfulerebbe nel tuo studio, ti disturberebbe nel mezzo del lavoro che ti tieni appresso persino nelle sere in cui potresti sederti con me sul bordo del letto, guardarmi, toccarmi, ma vista la tua assenza ha deciso di dedicare le sue attenzioni a me. La luce del tramonto inonda le stanze mentre mi fissa con i suoi grandi occhi ambrati e muove la folta coda. Tastando il piumino ad ogni piccolo passo, si avvicina e mi strappa un sorriso quando si china per darmi una testata. Le do un buffetto e lei prende posto al mio fianco; si stringe e affonda il muso contro il mio petto. Possibile che mi ricordi così tanto il tuo modo di fare? Delicata, cerca solo un po' di calore e d'improvviso vengo colto dai brividi quando avverto il freddo dell'appartamento essersi fatto più pungente di quando mi sono gettato fra le braccia di Morfeo poche ore fa. Nonostante il bel tempo di questa mattina si prospetta una notte a dir poco gelida, tiro un lungo sospiro per questo: ho sempre sofferto il freddo, molto più di te, ed oltre l'insonnia persino questo mi renderà difficile il riposo.
Dispiaciuto di disturbarla, mi tiro su e lascio penzolare i piedi dal letto, ma Ami, più che indifferente, si prende la libertà di allungarsi ed occupare anche il mio posto. Un gesto di sicuro irrispettoso, ma è talmente dolce in mezzo alla morbidezza dei cuscini che non ho il cuore di spostarla e persino tu la lasceresti dormire perché, nonostante le tue continue lamentele, tu sei sempre stato il primo a farla salire ed accoccolare fra le tue braccia.
Il tuo animo è fatto a questo modo: pronto ad accogliere i gesti più teneri e a farsi ferire dai più violenti. Tu ami questo dolce dolore, come l'ultima neve d'inverno e l'ultima pioggia d'autunno, cerchi di continuo di prolungare la permanenza di queste sensazioni. Ma cosa ti rapisce davvero? Quale meraviglia cogli nei temporali e quanto piacere trai dall'appassire dei fiori? Il tuo è un sadico gioco in cui io sono diventato la pedina più delicata e pericolosa. Sono il ramo spezzato dal maltempo, il tocco gelido che brami, i confini che ti sei imposto, la tua paura nascosta e l'Amore che fugge alla mente in un contorto scambio di ruoli.
Sto indossando la mia solita felpa nera, forse è tua, non lo so più e quando mi sistemo sulle spalle la giacca alla quale mi sono stretto la scorsa notte un sentimento a metà fra la rabbia e la tristezza mi pervade. Devo smetterla di prendere i tuoi vestiti quando sono così giù di morale.
Contrariamente a ciò che mi sono promesso e ripromesso, penso mentre afferro un paio di jeans grigi, un giorno senza te è stato abbastanza non per fare i conti con me stesso, non con noi, ma per farmi sentire come se ad ogni respiro mi dovesse mancare l'aria e la voglia di vederti sta prendendo il sopravvento sul mio buon senso. Quasi ho dimenticato quanto duro sia stato il tuo sguardo quando hai lasciato l'appartamento e mi rimprovero da solo per tanta frivolezza e per la poca considerazione dimostrata; dovrei davvero soppesare di più le parole che ci siamo rivolti e riflettere su cosa ci abbia portato fino a questo punto, tuttavia credo di non volermi turbare più di quanto già non abbia fatto, almeno non oggi. Sono troppo sfinito e, per mia stessa natura, rimando i problemi ad un domani in cui avranno assunto un tale peso da esser finalmente degni di attenzione. Poiché questa malattia deve crescere, maturare, manifestarsi prima di esser curata.
Mi sento un poco più leggero di ieri, forse è solo una sensazione momentanea e prima che passi sto cercando di far su la prontezza necessaria per gettarmi in viso dell'acqua ed impormi di abbandonare il torpore del sonno. In bagno c'è ancora il tuo costume o almeno le parti che porti a casa per darvi una ripulita, alla loro vista affondo il viso nell'asciugamano e mogugno un lamento non ben definito.
Sei ovunque, in queste stanze non c'è un solo oggetto che non porti una tua traccia e quando giungo all'ingresso e trovo i tuoi anfibi alzo gli occhi al cielo. Non li guardare, mi impongo e quando esco e giro le chiavi fisso con esasperazione i miei piedi. Abbiamo un numero di differenza, ma non mi importa, hai sempre scelto scarpe comode da indossare e non è la prima volta che le prendo in prestito.
<Aaaah> sospiro alzando gli occhi al cielo ed infilo le chiavi in tasca dirigendomi all'ascensore. È sbagliato portarti con me in questo modo, non è vero? Come se non fossero abbastanza i graffi sulle spalle, i tagli sulle labbra o le tue mani che ancora avverto addosso. Inconsciamente, prima che le porte si aprano, mi passo una mano sul collo con fare nervoso: due notti fa mi hai dato un lieve morso che di certo sarà già sparito, ma non dimenticato. I tuoi denti scavano ancora la mia pelle, li sento.
Sei costante nella tua incoerenza, nel farmi cadere e nell'aiutarmi a rialzarmi per poi sussurrare parole di conforto e dal sapore così amaro una volta perse nell'istante passato, presto sepolto sotto i nostri respiri. Dimentico troppo velocemente e rimembro nei momenti peggiori quante opportunità siamo stati capaci di trascurare, potevamo fare molto in poco tempo ed ora non resta altro se non l'attesa ed una malsana aspettativa. Oltrepasso le porte dell'atrio.
Finalmente respiro aria che non sia stantia, mi sembra di aver trattenuto il fiato per ore quando l'odore di umido ormai asciutto arriva al mio naso. Due secondi di calma, chiudo gli occhi e mi beo del frastuono del traffico poco distante, non lo ascoltavo in questo modo da tanto. Ecco, ora posso muovermi. Inizio a camminare e attraverso la strada con una meta ben precisa in testa.
Due vie più il là del nostro palazzo c'è un deposito, un giorno di sole e profumo di ciliegi mi hai trascinato fin là con grande entusiasmo, i tuoi piedi parevano quasi non toccare terra da tanta che era la tua felicità ed io non facevo altro se non rivolgerti uno sguardo smarrito con tanto di sopracciglio alzato. Raramente mostri una tale impazienza e quella mattina mi stavi lentamente contagiando con il tuo modo di fare. Mi avevi fatto posizionare davanti ad un garage ed intimato di chiudere gli occhi mentre ti apprestavi a sollevare la porta di un metallo opaco e scuro. Sentii solo qualche cigolio, i tuoi passi frettolosi ed un fruscio di stoffa, poi ti fermasti alle mie spalle e, con il tuo sorriso a fior di pelle, mi depositasti un oggetto freddo fra le mani. Tastai la superficie liscia e tondeggiante e le mie labbra iniziarono a piegarsi all'insù. Mi accarezzasti la guancia come se mi stessi invitando ad avvertirne il calore nella brezza primaverile.
<Per te e per me> sussurrasti ed io sussultai nell'avvertirti stringermi i fianchi. Decisi di aprire gli occhi.

La polvere mi sta entrando nelle narici, questo posto dev'essere rimasto chiuso per anni e poco è rimasto dell'atmosfera che stavo cercando di rivivere. Sono solo io in questo ambiente angusto e la poca luce rimasta del giorno non basta ad illuminarne gli angoli più bui. Allungo una mano nella tasca destra e tiro fuori un paio di chiavi che immagino stessero da tempo chiuse nel cassetto dove le ho trovate. Afferro un lembo del telo che sfiora il pavimento e trattengo il respiro mentre scopro uno dei tuoi ricordi.
Poco fa appariva come un fantasma, non ne sono rimasto molto stupito visto che già mi ero preparato a sporcizia e ragnatele, eppure ora sono davvero sollevato che la tua moto sia ancora in perfette condizioni.
Che nostalgia, eravamo davvero inesperti per fingere di esser già abbastanza grandi per le strade della città quando, oltre la vita da hero, non eravamo altro che due ragazzi in balia del mondo.
Quanta passione e quanto effimero diletto si poteva trarre da questo.
Metto da parte il tuo casco, lo poso sul tavolo in fondo, magari lo verrò a recuperare dopo e te lo mostrerò chiedendoti di venire con me a perdere tempo, quello stesso tempo che è trascorso senza rivolgerci alcuna scusa e che ora va avanti incurante delle mie continue richieste di rallentare e di concederci un solo istante per dire addio alle stagioni passate.
Prendo fiato ed afferro con sicurezza il manubrio trascinando fuori il pesante mezzo, mi appresto a fare un controllo minuzioso e resto davvero senza parole quando noto che persino le gomme non portano alcun segno di usura e, soprattutto, sono ancora gonfie. Mi perdo a seguirne i lineamenti fluidi e ben proporzionati, la vernice nera è lucida e capisco perché a quel tempo ne fossi affascinato. Contrariamente a quel che pensavo devi averne tenuto gran cura e mi sento quasi in colpa ad aver frugato fra le tue cose per recuperarne le chiavi. Mi aspetta una bella ramanzina quando lo scoprirai e, per quanto io abbia imparato da te a guidarla, mi dirai che non sono capace di manovrarla a dovere.
<Mpfh> ridacchio appena pensando alla tua pacata gelosia che hai sempre avuto per questo tipo di cose e ti immagino sistemarmi il casco in testa e darmi due colpetti sulla nuca con sguardo soddisfatto. Faccio scattare la chiusura sotto al mento, infilo i guanti che ho fortunatamente trovato nei meandri dell'armadio e chiudo la porta del garage prima di prender posto sulla sella.
Cercherò di esser veloce e di cogliere l'ultimo tepore del tramonto, perché finché sarà giorno... Sì, fintanto che vi sarà un rimasuglio di sole sarò capace di tener stretta a me la forza che mi sta spingendo a venirti in contro. Presto inizierò a sentirmi stanco, in quest'altalenante via vai di emozioni mi sono ridotto ad aggrapparmi ai pochi momenti di calma che capitano di tanto in tanto ed in questo momento una voce mi dice di correre. Poiché questo coraggio è debole e fugace e se non ne approfitto perderò l'ennesima buona occasione.
Il vento è davvero indelicato, avevo dimenticato quanto la vita potesse sembrare diversa una volta preso posto su quest'imbottitura di pelle; tutto passa, le persone, i negozi, ogni palazzo appare più piccolo di quanto sia in realtà. Non ho il tempo di fermarmi ad osservare, né per pensare perché il tragitto fino a casa di Kirishima è diventato troppo breve per potermi concedere ai ripensamenti.
Ho appena messo un piede a terra quando noto che la tua macchina non è parcheggiata lungo la via e per quanto mi guardi attorno continuo a non vederla. Mi sfilo il casco, sono certo di avere un'espressione alquanto indecifrabile e già mi sto pentendo di esser venuto fin qua per della pura, semplice, ingiustificata e prematura nostalgia. Ho troppa fretta di riaggiustare le cose e mi maledico per non aver riflettuto meglio sul da fare anche se, alla fine dei conti, non credo che avrei resistito ancora molto. Mentre premo il tasto del campanello guardo in alto, spero quasi che tu compaia affacciandoti da una delle finestre, ma non saprei che reazione potresti avere. Probabilmente nessuna perché non ti disturberesti a controllare chi sia e conferma ne è il fatto che nessuno stia rispondendo al citofono nonostante abbia suonato già un paio di volte. Provo a giocare la mia ultima carta e, andando in contro al tuo consiglio, provo a chiamarti al cellulare.
Uno, due, tre, gli squilli diventano sei e scatta la segreteria telefonica. Riaggancio senza stare a lasciarti alcun messaggio e fisso la schermata ormai rassegnato.
<È giusto, non so neanch'io che ci faccia qui> bofonchio pronto ad andarmene. Stringo il telefono e punto i piedi a terra dando un'ultima occhiata all'ingresso e mi arrendo: non avrò mai più la faccia tosta di ripresentarmi a questo modo.
<I-Izuku?! > giro la testa verso destra e un po' di speranza si fa strada dentro di me quando vedo Kirishima carico di un paio di borse della spesa e le chiavi di casa in mano.
<Hey> lo saluto senza saper che altro aggiungere. Immagino che lui già sappia perché sia qua, ma qualcosa nel suo sguardo fa presagire un esito spiacevole di questa mia visita improvvisa.
È piuttosto nervoso quando mi invita ad entrare e non mi rivolge parola fin quando non arriviamo all'ingresso e ci sfiliamo le scarpe. Ho posato le mie cose e l'ho aiutato a portare una delle borse in cucina. Mi si stringe il cuore quando sento i miei sensi tendersi per cercare di cogliere una qualche traccia della tua presenza, ma Eijiro si gratta la nuca e mi rivolge uno strano sorriso.
Ciò che mi dice mi lascia di sasso: <Mi dispiace, Bakugou non c'è>.
Ha un tono triste nel riferirmi quest'informazione e non posso nascondere la delusione. Già sento i muscoli del viso tirarsi ed i polmoni riprendere il loro ritmo normale. Da agitato che ero mi ricompongo in pochi secondi.
<Ah, dovevo immaginarlo, la sua macchina non c'era. Scusami se ti ho disturbato>
<No, ma he dici? Mi aspettavo che saresti passato> mi tranquillizza, deve aver colto il mio nervosismo.
<Ecco... Perché non ti fermi? Resta per cena, non ci sentiamo da tanto e Kami sarà felice di vederti>. Resto interdetto, non so ben che rispondere, forse gli dovrei dire la verità, no?
<Non voglio esser di troppo. Io... Sono passato solo perché Kacchan mi aveva detto che l'avrei trovato qui, non per altro. Davvero, perdona la mia scortesia, ma sarebbe meglio se tornassi a casa> provo a mantenere un tono più gentile possibile e mi sforzo addirittura di sorridere mentre lui mi fissa senza avere una risposta pronta.
<B-bene, allora vado. Ancora scusa per->
<Izuku, non è un invito, è un cosiglio: resta per cena> mi dice con tono calmo, è girato di schiena e sta sistemando alcuni barattoli in dispensa.
Non so cosa mi spinga a cambiare idea così repentinamente, tuttavia la maschera di buonumore che portavo sì è dissolta improvvisamente e mi limito a rivolgergli un semplice "ok".
Sono stato rapito da un attimo di follia per precipitarmi fin qua; saranno abbastanza due giorni? E una settimana? Vengo colto dallo sconforto al pensiero che forse neanche un mese sarà sufficiente a sanare la voragine che ci ha tenuto separati da ben prima della nostra ultima discussione. Rimandare e posticipare, non abbiamo fatto altro e non smetterò mai di dispiacermi per esser stato talmente accondiscendente nei tuoi confronti, rapito dal tuo ritrovato affetto, da non vedere come stessi solo cercando di distrarti. Ammettilo, ti supplicherei se fossi qui, hai cercato di seppellire quel che è stato, che hai provato, sotto un cumolo di attenzioni non richieste e che, nella loro freddezza, si sono rivelate soffocanti.
Mentre prendo posto su una delle sedie ed Eijiro finisce di sistemare la spesa noto una piccola scatola di cartone nella dispensa lasciata aperta e più la guardo, più trattengo il ghigno infelice che suscita nell'essere apparsa nel momento meno opportuno. Passi spesso da Kirishima e non mi stupisce che tenga una confezione della tua tisana preferita in fondo allo scaffale.
La chioma rossa si muove attorno al tavolo e ad un certo punto la mia espressione diventa impossibile da non notare.
<Oh, persino Todoroki ne tiene una; è strano, vero?>. Strano? No, non direi, è proprio da te. Ti sforzi tanto per evitare gli sguardi della gente e poi, al primo sentore di pericolo, ti rifugi in essi. Quante volte hai dimostrato affetto nella tua indifferenza? Io ricordo, come Kirishima, Shouto e tutti gli altri, la velata gentilezza che hai mostrato negli anni più complicati della nostra giovinezza. Hai costruito amicizie che sono diventate ormai difficili da abbandonare e non credo che tu voglia farlo. Sei incline a trascurare gli affetti, ma nessuno di noi, dei tuoi vecchi compagni, rinunceremo ad aiutarti. Credi in questo? Io spero, con tutto me stesso, che sia così.
Mi ritrovo a volerti ringraziare per esser diventato l'hero che ho sempre visto in te, per aver camminato fra gli alti ed i bassi di questi ventotto anni e di esser riuscito a non dover rinunciare ancora a nulla. Non siamo cresciuti abbastanza, ma portiamo già un'assurda aria vissuta che ci insegue fino all'uscio di casa e a volte non è detto che non riesca a sgattaiolare oltre la porta e ad insidiarsi negli angoli delle stanze. Te lo vorrei dire ogni volta che rientri: lasciala fuori, che vaghi per la città e non disturbi il nostro piccolo rifugio.

<Sono arrivato tardi, vero?> mi lascio andare allo sconforto quasi subito e vengo investito dal peso della disillusione. E anche se ti avessi trovato ad attendermi, cosa ti avrei detto? Di tornare a casa? Che stupida pretesa.
Le tue intenzioni sono state ben altre fin dal principio, me ne rendo conto solo adesso. Bisogna esser davvero così lontani per sentirsi vicini? Forse sì, forse hai ragione ed io sono infantile nel volerti rincorrere.
<No, non credo> interviene Eijiro a riportarmi alla realtà. Sono saltato alle conclusioni peggiori nell'arco di pochi secondi, deve averlo intuito.
Alzo lo sguardo sulla mano che mi sta porgendo. Tiene fra le dita un pezzo di carta, un piccolo rettangolo bianco ben ritagliato e non sto molto a pensare prima di prenderlo.
<Non so se l'abbia dimenticato di proposito, ma l'ha lasciato sul tavolo prima di uscire>.

*Onigokko: è la traduzione letterale del gioco che noi chiamiamo "Acchiapparella" o "Ce l'hai".

Cari lettori, si prospettano settimane difficili (come al solito😑) , perciò aggiorno oggi che sono libera da impegni.
Che ne dite? Kirishima è proprio un amico fantastico, ha aiutato Katsuki ed Izuku in tutti questi anni e non credo che ci sia personaggio più gentile di lui in BNHA. Mi chiedo se il suo sorriso durerà ancora a lungo con tutto quello che gli fan passare questi due.
Il prossimo capitolo sarà ancora raccontato da Deku, preparatevi ad una lunga spiegazione.

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