/02/ Miren

Ho come l'impressione che tu non te ne sia mai andato, che questi lunghi anni siano passati con i tuoi passi silenziosi nelle stanze ed il tuo ricordo presente, quasi concreto, sempre pronto a fuggire.
Sarò breve e sincero se mai ti dirò che dal tuo risveglio la mia mente ha cercato in ogni modo di cancellare i segni che le tue azioni hanno lasciato, le tracce sulla candida neve che da poco ha ripreso a disfarsi. Per quanto abbia imparato ad affrontarti mi ritrovo a dover ammettere di avere il dubbio costante di sottovalutare il rischio che rappresenti. Perdonami se mi concedo certi pensieri, eppure ho questo timore che tengo stretto: che tu abbia nuovamente rafforzato la presa su di me, talmente tanto da farmi infine scivolare via.
Ed oggi quest'idea si fa insistente, lo sento mentre poso la tazza sulla scrivania e distolgo lo sguardo dall'ennesimo e noioso rapporto che come al solito, dopo aver accumulato pile di fogli durante la settimana, finirò di leggere a tarda notte. Nonostante mi distragga facilmente alla fine mi porto sempre il lavoro a casa, anche se so che questo ti turba e non poco.
Tiro un sospiro rilassandomi contro lo schienale della sedia e passo una mano fra i capelli cercando di prendere quel grumo di pensieri che mi assilla per poterlo infine gettare oltre le vetrate alle mie spalle, ma fallisco e rimando di nuovo la speranza al prossimo vano tentativo.
Questa domenica mattina è luminosa, il bianco che riveste la città ha sparso i primi raggi per ogni dove e dall'alto del nostro appartamento si vede solo un gioco di luci fredde che piano piano si stanno scaldando; ameresti questo semplice spettacolo quanto ami dormire fino a tardi.
Non ti sei ancora alzato, neanche ti sei svegliato quando ho scostato le coperte e ho lasciato a te tutto il calore che potevano concedere, hai solo continuato a tenere gli occhi chiusi con un lieve sorriso che non ho subito notato e, dalla porta aperta dello studio, quasi credo di poter sentire il tuo respiro perso in un sonno che mi auguro di non disturbare.
Oh, che terribile tentazione sarebbe quella di destarti all'improvviso e regalarti un po' di questo tempo che da egoista sto consumando da solo! Tuttavia freno l'istinto, forse non dovrei ed il dubbio diviene convinzione nel sentire un precoce rimorso salire amaro in gola. Non posso farti un tale dispetto e credo di aver un più sincero desiderio in questo momento: forse dovresti essere tu a svegliarmi.
Saresti in grado di portarmi via dalle preoccupazioni che mi porto appresso, così cerco di confortarmi e tento di non pensare a quando i nostri sguardi dovranno congiungersi.
Ho paura di essermi abituato alla tua assenza negli ultimi anni ed ora sto malignamente facendo sì che tu faccia lo stesso con me.
Odio sentirmi lontano da te quando in verità sei così vicino, ma per ora fatico a trovare un equilibrio e temo di star procrastinando sempre più il momento in cui dovrò andare incontro al problema che cerco di evitare: me. Fatico a rientrare nella vita che ho continuato a desiderare con un tale ardore che ora sento quest'acida delusione accrescersi come se le mie brame si fossero affievolite e cadute dopo una salita troppo faticosa. Ti ho voluto così tanto ed ora ho paura di non riuscire a custodirti fra queste mura che minacci di far crollare. Non ti rendi conto, no, non sai quanto potere racchiudi nel corpo che fragile appare, ma che piuttosto di cedere si spezza sotto il peso che rifiuti di lasciare o anche solo di condividere.
Avverto confusione in me, in te, in noi e sono pronto a restare inerme di fronte al pericolo che ci attende, mi sento troppo stanco per reagire.
Nella tasca della camicia, affondate nel morbido tessuto, vicino al cuore, nascondo le mie preoccupazioni per l'ennesima volta e decido di alzarmi.
Mi inoltro nella nostra camera evitando di calpestare un paio di vestiti sparsi, appoggio con attenzione ogni passo e mi chiedo se il sole, ormai entrato incurante del tuo riposo, ti abbia fatto rigirare nel letto alla ricerca di qualche rimasuglio della notte. Sei avvolto in un grumo di stoffa, scampato alla luce ancora una volta, ed io sorrido nel constatare che in fondo non ho dimenticato nessuno dei tuoi particolari, non ho perso l'abitudine di avvicinarmi cauto e sedermi sul bordo del letto ed attendere che ti accorga della mia presenza.
Il materasso si piega sotto al mio peso e già inizia a tentarmi l'idea di sdraiarmi al tuo fianco e chiudere gli occhi ignorando tutte le cose che ho in programma di fare oggi. Quasi le dimentico, sai? Non so se sia per la stanchezza, ma faccio fatica ad elaborare un chiaro elenco di tutti gli impegni che rimando, anticipo, annullo, riprendo.
Sospiro frustrato, poi calmo e tu ancora taci vicino a questo ragazzo che è mutato ormai in uomo. Forse per te la difficoltà sta proprio nel cambiamento che non hai avuto il tempo di affrontare. Arriva una nuova domanda, ascoltala se puoi, ma non rispondere: come mi vedi adesso? Cresciuto? Diverso da quel che ricordavi? Distante?
Mi passo una mano sul viso e trattengo uno sbadiglio, non voglio concedere al sonno di vincere.
Qualcosa si muove, non ci faccio caso fin quando le mie dita vengono avvolte dal tepore delle tue. Sussulto appena prima di abbassare lo sguardo su di te che hai deciso di emergere dalle lenzuola e, nel stropicciarti un occhio, sembri felice di vedermi.
<Mmh- mogugni prima di darmi un'occhiata per bene - Che ci fai con il completo addosso? > chiedi con voce mezza roca.
<Tra un'ora devo andare da Iida, ti ricordi l'intervista di cui ti ho parlato? Non mi concedono tregua neanche nei weekend, ma finirà presto, sarò di ritorno prima di pranzo.> ti spiego in breve e non ho neanche finito di parlare quando  allunghi le braccia e mi lascio tirar giù senza fatica. Sprofondo nel piumino stretto a te e d'improvviso vorrei poter fare una veloce chiamata, giusto per avvisare che oggi non sarò disponibile. Sarebbe meraviglioso, non credi?
È un abbraccio confuso il nostro, scomodo credo, ma nessuno di noi due lo interrompe per un bel po' di secondi. Poi mi spingo di lato e rotolo con te che, sorpreso, ridi quando scivoliamo come un ammasso informe di corpi e coperte giù dal letto ormai del tutto disfatto.
Quanto disordine per riuscire a guardarti  negli occhi mentre mi siedi addosso ed io sto sul parquet duro e freddo nonostante l'involucro di stoffa che ci avvolge.
<Quindi oggi pomeriggio stai a casa?> l'aspettativa si accumula in te nell'attesa del mio lieve "Sì".
Che ne dici? Una risposta concisa come quelle che ti piacciono, dirette e che ti danno subito ciò che desideri.

C'è così tanto che vorrei dirti, ma davvero non so da dove iniziare. E dire che ho impiegato ogni istante a combattere l'insicurezza delle mie stesse parole, eppure sono sempre colto impreparato quando corro il rischio di rovinare momenti come questo. E' meglio rivelare questi turbinosi pensieri che mi assillano o lasciarli morire? Non voglio mancare di coraggio, ma ne sto fuggendo come un tempo facevo con te. Ora che sono diventato il mio stesso inseguitore, riuscirai a fermare la corsa che ostento a portare avanti?

Perché tu? Perché io? In verità non abbiamo alcun debito l'uno con l'altro, ci siamo tolti e abbiamo dato abbastanza, perciò dovrei imparare a lasciare andare quel che è stato, la passione, i nostri primi baci, annullare la nostalgia che provo per essi poiché se avanzassi ancora di un poco nel ragionamento ti odierei. Mi hai privato della gioia dei miei ricordi in una vita che, senza di te, non stavo vivendo. Non sei mai potuto essere un conforto, solo un'inestinguibile fonte di precarietà, un dolore a cui non ho mai saputo resistere o rinunciare quel tanto che sarebbe bastato per risalire la discesa in cui mi avevi spinto. Ancora mi chiedo quanto tormentata possa essere la tua mente e se sia davvero quell'oscuro labirinto che credo di riuscire ad intravedere e che adesso più di prima mi separa da te.

Amo le ferite che lasci quando ti sollevi dopo avermi rivolto l'ennesimo sguardo indeciso. Ecco che appare la tua parte peggiore, quando scegli di ignorare l'occasione per una carezza, un bacio a fior di labbra, desideri che vengono bloccati da un timore che sospetto sia fin troppo affine al mio. Continuiamo questa messa in scena da ormai troppi mesi e nessuno vuole ammetterlo: insistiamo nello sfiorarci, nel toccarci appena, nel lasciarci andare solo dopo lunghi giorni di dialoghi sporadici, nel mascherare con la dolcezza la freddezza dei nostri gesti. Non ci concediamo alcun sollievo, pare quasi che questa situazione stia iniziando ad entrare nella nostra quotidianità, forse già l'ha fatto e non vogliamo ammetterlo. Rifiutiamo e bramiamo al contempo, non comprendiamo il rischio e diresti che in fondo è meglio così, che sta andando tutto come da programma, che questo nostro modo di avvicinarci allontanandoci infine darà i suoi frutti, amari e non.

Ti vorrei urlare di smetterla di raccogliere le lenzuola e di piegarle con cura quando hai appena rinunciato a dare la stessa attenzione a noi.
Ho la sensazione che qualcosa si stia incrinando, forse in me, forse in te, forse in noi; e tutto questo affanno nell'attenderci l'un l'altro, finirà mai?

<Allora - inizio a dire e, senza attendere risposta, ho già messo piede in corridoio e sto indossando il cappotto - a dopo>. Afferrò le chiavi di casa, apro la porta; poco prima di richiuderla faccio in tempo a scorgere la tua chioma verde aggirarsi oltre l'uscio. Chissà, magari stai venendo verso di me, potresti aver sentito il bisogno di salutarmi con un sorriso di cui resto incerto: ho fatto scattare la serratura con troppa fretta e adesso sospiro guardando la superficie che ho posto tra me e te. Meglio restare con il dubbio piuttosto che affrontarti, sì, meglio così.
Che dire? Sono un codardo, ma in fondo sto solo cercando di guadagnare tempo per entrambi poiché sento di non esser pronto ad un confronto e tu resteresti solo deluso di fronte alla mia fragilità. Ho rinunciato a te ancora una volta per poterti chiedere perdono e lo so, è un circolo vizioso il mio perché rimando sempre l'inevitabile e stupidamente mi carico di ulteriori ed inutili scuse da rifilarti. Immagino che ti stia stancando con i ritardi del lavoro, con i dolci comprati all'ultimo per coprire i miei sbagli come quello di ieri sera e temo che prima o poi ti stancherai proprio di me, di aspettarmi, di confidare in un coraggio che ora non riesco a trovare.
C'è silenzio ora che sono solo e non mi rendo conto di esser arrivato alla macchina fin quando, in un gesto automatico, cerco la chiave nelle tasche.
In pochi secondi salgo, chiudo la portiera ed accendo il motore. Fa freddo fuori, i vetri su stanno già appannando e se non parto ora arriverò di sicuro in ritardo. Stringo il volante senza premere sull'acceleratore, poi mi rilasso e mi lascio pesare sul sedile.
Per un breve istante desidero uscire da qui e tornare indietro, ma resto con il cuore in gola al pensiero di volerti e di doverti affrontare. E tutto passa, dimentico, rimando, anche oggi vivrò nel terrore e nel piacere che susciti; dimmi, mi attenderai come al solito? Troverò il tuo corpo addormentato fra i cuscini ed un biglietto di scuse per aver ceduto ai morsi della fame prima che rientrassi? È solo questione di abitudine e vorrei tanto evadere da questa momentanea monotonia.

Ti terrò a mente mentre percorrerò queste strade affollate, quando saluterò Iida sorriderò al tuo ricordo, risponderò alle domande con calma, l'intervista passerà veloce ed io sarò ancora perseguitato dal tuo sguardo distante. Potrò rabbrividire nuovamente e forse rimembrerò con quanto ardore un cuore possa dolere per un desiderio trascurato con troppa delicata attenzione.

Ragazzi/e, eccoci alla fine del secondo capitolo; sarò felice di ascoltare il vostro parere al riguardo, ma abbiamo questioni più urgenti, insomma... È USCITA L'ULTIMA STAGIONE DI AOT (no, non è per questo che ci ho messo tanto a pubblicare, avevo solo molto da studiare).
Potrà non essere molto rilevante, ma ho finalmente ritrovato lo spirito giusto per riprendere a leggere manga e guardare anime dopo mesi di astinenza (sad story). Capita anche a voi di avere periodi del genere? A me sì e soprattutto dopo aver fatto indigestione di decine di serie.

Voi come state? Un po' stressati per la situazione come me? Confidate in un 2021 migliore? Incrociamo le dita e che lo sforzo sia con noi (chi capisce la citazione è un* grande).

Dopo questo breve sproloquio, voglio cogliere l'occasione per augurare un buon Natale a tutti voi; non so se riuscirò ad aggiornare anche alla vigilia, perciò anticipo ad oggi i miei auguri.
A chiunque stia leggendo invio un forte abbraccio ed un sorriso, al prossimo capitolo! ❤️

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