/01/ Agape
È passato tanto tempo dall'ultima volta che ho messo piede in questo piccolo negozio, penso mentre le porte scorrevoli si chiudono alle mie spalle e l'ultimo sbuffo di aria fredda mi segue all'interno solleticandomi le orecchie. Rabbrividisco.
Sa di nuovo, come se ne avessi rimosso quasi completamente il ricordo.
Hanno spostato i biscotti a destra, le pareti ridipinte sono solo un tentativo di ingannare la mia mente.
Pesto sulle mattonelle bianche e vado diretto verso l'ultimo reparto; sto già pregustando il vicino sospiro di sollievo al pensiero di esser finalmente arrivato alla meta dopo la lunga giornata appena passata.
Le mie spalle sono affaticate, i muscoli tesi, ma non mi lamento; ogni mattina mi sveglio sicuro di tornare a casa e non potrei aver miglior pensiero in questo momento, quando la commessa mi porge un piccolo sacchetto di carta che afferro ringraziandola. Le sorrido e lei ricambia incerta e solo ora ricordo di aver ancora addosso parte del costume fra tuta, stivali, guanti, maschera ed un incongruente cappotto nero. Mi avrà riconosciuto? Sono quasi sicuro di sì e mentre esco mi irrigidisco nell'incamminarmi lungo la via. Fa freddo, l'inverno si sta trascinando verso la fine di gennaio e non accenna a demordere: il nevischio si accumula ancora ai bordi delle strade, la brezza pungente persiste e l'atmosfera grigia e cristallina pare aver preso dimora nella città.
Eppure questa stagione appassirà come le altre, svanirà nei primi calori primaverili e sarà ricordata come un dolce, gelido abbraccio. Ha il tuo stesso sapore, mi dico, ed inspiro per affogare nuovamente i pensieri nel via vai cittadino.
Passando di fianco ad un'edicola vedo un signore sventolare un giornale, urla a gran voce le solite frasi: "Sventato l'ultimo attacco alla U.A.! Groud zero non si pronuncia al riguardo, ma All might rassicura gli studenti: non vi saranno più pericoli grazie al famoso hero".
Non mi fermo, non lo guardo, tengo la testa bassa, ma com'è ovvio non passo inosservato. Il commerciante smette di gridare, non cerca di richiamare la mia attenzione, ma mi fissa e, nel sentire i suoi occhi puntati addosso decido di voltarmi per rivolgervi il miglior sguardo possibile.
Sicurezza, serietà, coraggio, ecco cosa devo trasmettere.
È un uomo anziano, dai grandi occhi scuri che improvvisamente mi sorride stancamente.
Mi sento pietrificato, violato nel capire di essermi tradito: vede la mia stanchezza, il sorriso tirato, i piedi che pestano il terreno trascinandosi a vicenda. Ma lui sorride e allora anche io mi concedo un po' di sincera felicità.
So di star arrancando fino al tanto agognato riposo, ma lo faccio con fierezza, conscio di aver protetto, salvato, accudito questa città ancora una volta.
Gli faccio un cenno di saluto e me ne vado, di sicuro avrà ancora tanto da fare, dopo tutto i giornali stanno andando a ruba in questo periodo.
Quando imbocco la via di casa mi affretto sempre più e arrivo all'ascensore con il fiatone senza neanche aver corso. Bizzarro, vero? È tutto il giorno che salto, mi tendo, mi sforzo e solo adesso, con pochi metri di passo veloce, il mio respiro si spezza.
Premo il tasto numero 11 con forza e mi rilasso contro la parete per un poco prima che le porte si riaprano e finalmente posso lasciare che il mio corpo quasi cada verso la porta dell'appartamento. Giro la chiave, precipito all'interno e la richiudo appoggiandomi con la schiena. Non mi concedo molto, dopo due secondi mi obbligo a muovermi e mi avvicino alla porta del bagno.
Poso il sacchetto su un mobile, lascio cadere a terra il cappotto, mi tolgo gli stivali, neanche so dove li sto lasciando, sfilo i guanti che cadono uno fuori ed uno dentro alla stanza. Allungo le braccia per appoggiarmi al lavandino ed inizio ad ascoltare i miei polmoni bruciare.
<Kacchan?> vengo chiamato gentilmente e, ne sono certo, alcuni passi seguono la scia di vestiti fino al bagno.
Giungono all'uscio silenziosi e si fermano.
Io non alzo gli occhi, anzi, li chiudo, mi porto una mano al viso e con un grande sospiro tremante mi libero della maschera. Il silenzio della mia risposta viene rotto dallo scrosciare dell'acqua ed io mi chino per afferrare quel gelido tocco che la mia mano porta al volto. Prendo l'asciugamano e lo passo sulla fronte, sulle guance tese, sugli occhi arrossati e arrivo alle labbra delle quali a stento trattengo ancora il tremore. Che sia per il freddo o meno non ha importanza, l'unica cosa che le può calmare mi è vicina.
Solo adesso oso aprire del tutto le palpebre e fissarti dallo specchio.
Appari come sempre, in una delle mie tute, maglia troppo leggera per la stagione che cade lasciando una scapola scoperta, piedi nudi, capelli ordinati e colgo disapprovazione nel modo in cui ricambi lo sguardo, ma anche apprensione e desiderio. Sì, vuoi starmi accanto e non te lo impedirò. Non voglio parlare, perciò comprendi, per favore.
Prima che possa realizzarlo qualcosa cola dal mio mento e precipita nel lavandino producendo un paio di picchettii. Oh, è solo una lacrima rossa, non preoccuparti, scomparirà come anche il taglio ancora aperto su cui è passata.
Deglutisco e tu arrivi alle mie spalle, mi accarezzi a partire dai fianchi, sali fino alle spalle e poi ridiscendi portando con te la cerniera sulla schiena che si raddrizza sotto al tuo tocco. Vorrei dire qualcosa, di nuovo, ma resto muto.
Circondi la mia mano destra, ne percorri il dorso, stringi e tiri la manica e lo stesso fai con l'altra; il tessuto abbandona a fatica la mia pelle e ti sento sibilare mentre riveli i lividi ormai giallastri che ancora non sono scomparsi e che, nonostante tu li abbia già visti, suscitano rabbia in quel tuo cuore troppo incline a sprofondare nelle emozioni.
Le tue mani li ignorano però, sfiorano appena il mio fianco sinistro e si appoggiano leggere sul collo, non chiedono, non esitano, salgono alla nuca e mi attirano giù. Le aspettavo, le tue labbra, oggi più del resto della settimana, e invece di lenire il tremore delle mie lo fanno espandere. Va bene, assapora questa stanchezza che mi ha invaso, premi, mordi se puoi, divora questo desiderio senza fondo e portalo via da me perché se restasse ancora potrei consumarti più di quanto non abbia già fatto.
Mogugno qualcosa che non capisci, forse un grazie pronunciato di fretta, ti stringo e fai giusto un passo indietro per appoggiarti al lavandino. Allora accorcio il bacio, mi sporgo per un poco in avanti, poi arretro, arrivo a sfiorarti e porto una mano alla tua guancia che si preme contro il mio palmo.
Due grandi smeraldi prendono a studiarmi ed io decido di dedicarti un sorriso.
<Mi faccio una doccia, tu vai a dare le tue attenzioni a quella palla di pelo che ho visto girovagare in corridoio- <Si chiama Ami>, mi correggi ricordando quel nome su cui ti eri tanto impuntato ed io ridacchio- <...quello che è, in ogni caso vai da lei e poi cuciniamo qualcosa insieme per cena, che ne dici? > concludo addolcendo sempre più il tono di voce fino a pensare di esser fin smielato nel modo in cui ti sto mandando, purtroppo, via dal bagno.
Ci pensi un poco, poi annuisci.
Ti guardo rapito dal rossore dei nostri volti e mi sposto per lasciarti passare.
Non appena rimango solo sento la pesantezza arrampicarsi nuovamente lungo la schiena, mi fiondo sotto l'acqua prima che sia calda pur di non cederle altro terreno, e sotto quella pioggia gelida fremo dal nervoso, ma anche dall'eccitazione che hai lasciato e che lascio sfumare nel vapore.
Avrei voluto salutarti una volta messo piede in casa, avrei voluto dirti che sono passato a prendere il tuo dolce preferito, che ho dimenticato il manga che mi avevi prestato all'agenzia, che passerò a recuperarlo, che non so se domani sarò libero, come tutti gli scorsi fine settimana, che non riesco a riposarmi abbastanza, che vorrei stare con te, che non sto cercando di nascondere le occhiaie, che sono certo che tutte queste sono cose che tu già sai, ma vedi? Dirle ad alta voce fa un effetto diverso dal pensarle.
Ti penso e tu pensi a me, fidati, lo capisco, eppure non riesco a smettere di desiderare di più di ciò che mi è permesso. Sono stato preso da una fame irrazionale da quando sei tornato, una fame che sto tenendo a bada, che ti mostro ma con timore e tu ne vedi gli effetti. La stai accettando, ma per quanto ancora lo farai?
Forse dovremmo parlare come non facciamo da anni, dovremmo urlare i pensieri l'uno dell'altro per rassicurarci di star dando il giusto peso alle nostre emozioni. Forse te lo chiederò più tardi, per ora chiudo il rubinetto, mi asciugo e noto dei vestiti che hai lasciato sullo sgabello. Sono quasi certo che tu sia sgattaiolato qui dentro per evitare che io prendessi freddo andando fino in camera, mi avrai visto pensieroso come al solito e mi hai lasciato immerso nel silenzio che solo tu sai dare.
Tutta questa fretta mi sta sfiancando e credo di starti influenzando con l'affanno che dedico al dissimulare ignorando disperatamente le tue occhiate furtive. Mi osservi, credo molto più di prima e vorrei credere di aver capito: prendi il tempo che ti serve, concediti le giuste distanze, assapora quel che non conosci perché questo mondo è nuovo e non è ancora pronto a farti entrare; potrebbe non concederti di abituarti, potresti esser trascinato con forza nella storia che continui a chiedermi di raccontare e che io non approfondisco mai abbastanza, ma non è facile riportare a galla i ricordi degli ultimi anni. Ho cercato invano di dimenticare e forse dovrai attendere, sospirare di tanto in tanto, restare assorto in ragionamenti senza fine nel guardare giù dalla ringhiera, verso le strade mai vuote sotto ai tuoi piedi mentre cerchi di raccogliere quel che puoi allungando una mano incerta. Un giorno scoprirai di aver fatto l'ultimo passo, te lo prometto.
Quando spunto nuovamente in corridoio cerco di rilassarmi ancora un po' mentre mi dirigo con calma in cucina, dove in realtà mi precipito dopo aver sentito un frastuono di pentolame ed un seguente tonfo sordo. E sbucando nella stanza vorrei poter ridere dell'ennesima dimostrazione della tua inettitudine ai fornelli, tuttavia il mio sorriso vien bloccato sul nascere mentre vedo l'ultimo coperchio ormai in bilico sull'isola cadere a terra e far scendere, dopo tre rimbalzi assordanti, una quiete inaspettata.
<Deku. >
Te ne stai appoggiato al ripiano con le braccia tese, incurante degli oggetti sparsi a terra, ma chissà perché tieni stretto un mestolo con la mano sinistra, proprio vicino al bordo, scampato per un pelo alla rovinosa discesa. Mi soffermo su questo per evitare di notare ciò che già mi aspetto: lo lasci tendendo le dita e ti giri facendo leva sulle braccia, espiri con una frustrazione che conosco bene ed eviti di chiedermi una mano. Ti lasci scivolar giù e ti siedi con le gambe ormai troppo tremanti per reggerti, poi mi guardi. I tuoi occhi sono seri, un po' freddi ed un po' caldi.
Mi pari offeso, non da me, da tutto credo. Osservi il casino che ti circonda e butti la testa indietro a dare un lieve colpo all'isola, ti arrendi.
Ora credo di potermi avvicinare, raccolgo quel che posso nel farlo e lo poso per poi ignorare le tue dita tese verso di me. No, per una volta non ti aiuto a rialzarti.
Mi metto seduto al tuo fianco e tu riporti giù il braccio con pesantezza e prima di toccar terra stringi le nocche e dai un colpo al pavimento. Cerchi di sfogarti con quel che hai, come se quelle piastrelle potessero far qualcosa per te, come se potessero darti la forza per sollevarti e correre.
Poi ti ammorbidisci, la tua mano si distende e finalmente la raccolgo con la mia. Circondo il tuo palmo freddo e lo stringo.
<Ci alziamo assieme questa volta.> e anche se non sono sicuro della tua reazione resto fermo ad attendere ed in poco tempo il peso della tua testa si posa sulla mia spalla.
<Sono stanco, Kacchan.>
È così difficile dar voce a se stessi, credo che tu lo sappia, ma resti comunque avido ed inquieto ed io...io soddisferei questa sete se potessi, ma davvero non posso porgerti la fiamma che a stento io riesco a controllare, sono certo che ti scotteresti.
Eccomi di nuovo qua cari lettori, pronti a questa nuova avventura?
Ci stiamo per inoltrare in qualcosa di complicato come sempre, ma in qualche modo i nostri due protagonisti ne verranno fuori😉.
Cosa vi aspettate? Sono curiosa.
Confido che stiate bene visto il periodo, che non siate incappat* nella monotonia delle giornate e che non passiate troppe ore davanti ai videogiochi come me e che la didattica a distanza (se andate a scuola) non vi dia troppi problemi (lo so, è difficile che non ne dia).
Love and peace e che la forza sia con voi✌🏻
P. S. : un abbraccio a chi si sta avventurano in questa nuova storia con me❤️
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