4 THE ESCAPE


  Loki non aveva dovuto riflettere.
Non appena aveva visto che l'attenzione di tutti; quella di Heimdall compreso era rivolta verso il Padre degli Dei, esso si era preparato alla fuga, sollevandosi definitivamente da terra e; quando le catene erano state spezzate e l'incantesimo rimosso dal corpo di Odino, come da lui predetto e la nebbia verde era calata tutt'attorno ai presenti; lui ne aveva abilmente approfittato per volgere a suo favore una situazione che ad altri sarebbe parsa senza via di uscita.
Agilmente, si era diretto quasi alla cieca verso il punto dove rammentava giacere lo scettro d'oro del Padre degli Dei e; una volta che aveva incontrato la levigata superficie di metallo dell'arma sotto alle dita, aveva afferrato il bastone, ricominciando a correre senza perdere un solo istante.
Sapeva che la nebbia sarebbe scomparsa entro breve; d'altronde era stato lui stesso a crearla, predisponendo la sua comparsa nel caso qualcuno fosse riuscito a spezzare l'incantesimo, per confondere le idee a coloro che avevano liberato Odino dalla sua prigionia; per questo doveva affrettarsi ad uscire dai sotterranei il più in fretta possibile.
Aveva imboccato di corsa il lungo corridoio vuoto, ignorando il suono dei suoi passi affrettati che riecheggiava sulle mura di pietra e che avrebbe potuto attirare su di sé l'attenzione di Thor o di Heimdall.
Non poteva permettersi il lusso di fermarsi a guardare se il suo piano di fuga stava funzionando; altrimenti avrebbe perso anche quel lieve margine di vantaggio che, per il momento, grazie alla sua astuzia, era riuscito a guadagnare.
Continuò a correre, fin quando scorse dinnanzi a sé i due bracieri gemelli che affiancavano le scale che conducevano ai piani superiori della residenza reale.
Allora, accelerando ancora di più la sua andatura, già rapida, balzò verso le scale, pronto a brandire lo scettro di Odino contro qualunque guardia avesse incrociato sul suo cammino.
Stranamente, nessuno stava pattugliando la zona.
Evidentemente, quando poco prima, sotto le mentite spoglie di Odino, aveva ordinato alle due guardie che sostavano dinnanzi alle porte delle prigioni di concedersi una pausa; esse avevano perso alla lettere le sue parole, cogliendo al volo l'occasione per spezzare la monotonia del loro lavoro di sentinelle.
Probabilmente in quel momento stavano girovagando in compagnia di qualche bella e frivola Asgardiana per i corridoi del castello.
Un lieve sorriso tornò ad insinuarsi sul volto affilato del Dio degli Inganni, mentre esso pensava che forse, questa volta, nonostante tutto, la fortuna stesse iniziando a volgersi dalla sua parte.
Una volta raggiunta la sommità delle scale, rallentò il passo, ricordando a sé stesso che sarebbe stato molto più prudente procedere comunque con cautela, senza permettere alla fretta di fargli abbassare la guardia.
Con gli occhi che, nella semioscurità delle scale parevano quelli di un animale braccato, non impaurito ma pronto ad attaccare chiunque si fosse frapposto fra lui e il suo nuovo intento, Loki si accostò all'enorme portone dorato che divideva il resto del palazzo da quella zona buia e isolata, dimora di ladri, traditori e assassini.
Pian piano, per evitare che, inavvertitamente, qualcuno avesse potuto scorgerlo, l'uomo alto dai lunghi capelli corvini, poggiò le mani sul pesante battente dorato, un attimo prima di sospingerlo leggermente verso l'esterno.
Accompagnato da un soffio di aria fresca, un lieve spiraglio di luce fece capolino dall'altro lato della porta, penetrando le ombre per andare ad illuminare gli occhi verdi e acuti del Dio degli Inganni.
Quasi trattenendo il fiato, Loki sbirciò dalla piccola apertura oltre la porta socchiusa, esaminando il corridoio successivo.
Anche qui non parevano esserci guardie.
Tuttavia, poco distante dalla porta dietro alla quale lui era momentaneamente nascosto, uno sparuto gruppetto di dame di compagnia si stava aggirando tranquillamente per il corridoio.
Le donne, tutte elegantemente vestite con lunghi abiti dai colori brillanti, chiacchieravano allegramente fra loro, totalmente ignare della presenza di Loki, nascosto appena oltre la soglia della porta che conduceva ai sotterranei.
Erano ancora troppo lontane da lui perché il principe potesse riuscire a comprendere quello che esse stavano dicendo; anche se, dalle loro espressioni rilassate e dai sorrisi sui loro volti, era ben evidente che ancora nessuno le aveva avvertite della minacciosa presenza del Dio degli Inganni a piede libero fra le protette mura di Asgard.
Ritirandosi leggermente fra le ombre oltre l'uscio socchiuso, esso riprese in fretta a pensare.
Togliere di mezzo quelle deboli e sciocche dame di compagnia non sarebbe certo stato un problema per lui, tuttavia Loki non aveva motivo di fare loro del male.
Era un traditore ed un bugiardo, ma non un crudele assassino villano.
Doveva escogitare un altro modo per evitare che esse non lo vedessero.
Poteva tornare ad impadronirsi delle sembianze di qualcun altro; magari dello stesso Thor; ma preferiva non abusare troppo dei suoi poteri.
Era già stanco per via dei troppi giorni passati a mantenere vivi gli incantesimi su di lui e su Odino e a causa dello scontro di poco prima con il fratello, nelle prigioni, aveva perso un'altra fetta delle sue energie.
Se avesse usato il potere magico che gli restava per trasformare sé stesso in qualcun altro, avrebbe finito con l'esaurire totalmente le forze e questo ovviamente non doveva accadere.
Forse non poteva fare un incantesimo su di sé, ma magari poteva fare in modo che fossero le donne a cambiare spontaneamente strada.
Doveva semplicemente creare un diversivo.
Qualcosa che avrebbe costretto quelle dame di compagnia con le loro inutili chiacchiere a lasciargli libero il passaggio; e Loki sapeva già quale era la soluzione migliore.
Lentamente, tornò a sporgersi verso il battente semiaperto, sbirciando verso l'esterno.
Le donne si erano avvicinate di più al suo momentaneo nascondiglio e adesso Loki riusciva ad
intercettare qualcuna delle frasi che si stavano scambiando e a vedere molto meglio i loro volti.
Una o due ricordava persino di averle già incontrate in passato, quando ancora era considerato come il figlio di Odino.
Erano state le dame di compagnia di sua madre Frigga, quando ella era ancora in vita.
In quel momento non parevano per nulla addolorate per la orribile fine che era spettata alla loro regina e parlavano spensieratamente con le altre discorrendo riguardo i preparativi di un imminente matrimonio.
A Loki quelle sciocchezze non interessavano; men che meno in un momento come quello.
Ignorando le voci e le risate delle donne che, alle sue orecchie sembravano stridule e vuote, il Dio degli Inganni si accinse quindi a compiere una nuova magia; o per meglio dire un altro dei suoi trucchi.
In fretta, concentrando le proprie attenzioni in un punto del pavimento dinnanzi alle dame di compagnia, Loki fece un rapido gesto con la mano destra, senza mai staccare lo sguardo dal suolo e, in un attimo, a pochi passi dalle donne, esattamente dove lui aveva indirizzato la propria magia, comparve un enorme topo grigio che iniziò a squittire e a zampettare rapidamente verso le gonne delle adesso sbigottite Asgardiane.
<< Che cos'è quello? >> esordì quella più vicina all'animaletto dalle grandi orecchie, smettendo di blaterare riguardo il matrimonio.
<< è un topo! >> urlò un'altra, portandosi le mani alla bocca ed iniziando a saltellare senza posa, improvvisamente agitata.
L'animaletto, quasi a voler far notare a tutte che le parole dell'ultima dama erano esatte, annusò l'aria con il musetto, prima di tornare a squittire e a spiccare un lungo balzo nella loro direzione.
Senza staccare gli occhi di dosso al piccolo animale, le dame di compagnia si strinsero le une alle altre, urlando all'unisono, come se così facendo avessero potuto proteggersi da quel piccolo roditore peloso che aveva scatenato in loro la stessa repulsione di un mostro a otto braccia.
Solo una fra esse non si unì a quel coro raccapricciato e, staccandosi dal gruppo, mosse un passo in avanti, esclamando rivolta alle compagne: <<Suvvia, amiche mie, è solo un topo. Non ci farà niente. Ha più paura lui di noi che noi di lui. >>.
<< Parla per te. >> sbottò un'altra fra le donne, tenendosi la lunga gonna rossa con le mani.
<< Non dirai sul serio? È un topo orrendo e scommetto che viene dalle prigioni. Guarda; la porta è socchiusa. >> aggiunse quella più vicina alla dama coraggiosa.
<< .... Strano. >> fece questa, voltandosi in fretta verso il grosso portone dorato e guardando dritto nella direzione dove Loki era nascosto: << Di solito non è mai aperto. Dove sono le sentinelle a guardia delle prigioni? >>.
Per un istante il Dio degli Inganni ebbe la assoluta certezza che quella donna lo avesse scorto fra le ombre al di là dell'uscio socchiuso e, in fretta si ritirò di qualche passo più all'interno.
Aveva avuto l'impressione che i loro occhi si incrociassero per un breve attimo: i suoi verdi e acuti e quelli color nocciola della giovane dama di compagnia, privi della paura che riflettevano gli sguardi delle altre, ma colmi invece di determinazione e forse anche una punta di divertimento nel constatare che le compagne erano tanto impaurite a causa di un piccolo topo.
Poi quell'attimo passò e una lieve irritazione scosse il corpo del Dio degli Inganni, mentre esso si domandava come osasse quella misera donnicciola mettergli i bastoni fra le ruote con quella sua inopportuna dimostrazione di coraggio.
La donna dai capelli biondi stava adesso muovendo qualche passo nella sua direzione.
Loki fremette per la collera; sapendo che se avrebbe esitato essa lo avrebbe di certo scoperto.
Allora, con un nuovo gesto della mano, fece apparire altri due topi e, questa volta li fece uscire direttamente da dietro il portone dietro al quale lui stesso era acquattato, rendendoli contemporaneamente più grossi e minacciosi del precedente; con occhi rossi e artigli affilati.
Nonostante tutto, questa volta anche ella sobbalzò, quando vide sfrecciare a pochi passi dai suoi piedi quella nuova coppia di roditori dalle sembianze mostruose.
<< Ne arrivano altri! >> urlò la stessa dama che già poco prima si era lamentata.
<< Sigyn, che fai? Smettila di fare l'eroina e vieni con noi. Non ne vale la pena. Lasciamo quelle brutte bestiacce dove sono e ..... Oh, cielo! Vengono dalla nostra parte! Andiamocene! >>.
E così dicendo tutte le dame li riunite iniziarono a fuggire, trascinandosi dietro l'esterrefatta donna dai capelli biondi che aveva persino cercato di avvicinarsi alla porta delle celle, quasi scoprendo il trucco di Loki.
Traendo un lieve sospiro, il Dio degli Inganni guardò le donne che si allontanavano in fretta da lui; correndo non proprio elegantemente, per poi scomparire oltre la curva infondo al corridoio.
Allora, Loki lasciò che i tre topo fatti di fumosa illusione svanissero nello stesso nulla dal quale erano stati creati e, in un attimo aprì completamente il portone, uscendo nel corridoio ora totalmente deserto.
Gli era occorso più tempo del necessario per convincere le donne ad andarsene, ma ora aveva la strada di fronte a sé totalmente sgombra e lui non aveva alcuna intenzione di perdere altri preziosi minuti per nulla.
Così, certo che Odino, Thor ed Heimdall ormai avessero scoperto la sua fuga e sarebbe stata questione di minuti prima che ogni singola guardia di Asgard venisse avvisata del suo nuovo tradimento, Loki ricominciò a correre, muovendo i propri passi nella direzione opposta a quella presa dalle dame in fuga.
Continuò a correre, fin quando non scorse dinnanzi a sé le scale che conducevano ai piani inferiori e al giardino esterno.
Aveva appena sceso una manciata di scalini, quando sentì avvicinarsi dei passi in corsa.
Immobilizzandosi di botto, Loki si guardò attorno freneticamente, fin quando riuscì a vedere chi era il responsabile di quei nuovi passi affrettati.
Erano in due; due uomini massicci vestiti con le armature, il mantello giallo e l'elmo delle guardie di Asgard.
Indubbiamente doveva trattarsi degli Einherjar che avrebbero dovuto dare il cambio alle sentinelle che sorvegliavano le prigioni durante il turno di notte.
Nessuno dei due aveva un valido motivo per restare in guardia ed essi non parevano nemmeno essersi accorti dell'ora silenziosa presenza del Dio degli Inganni che li osservava attentamente in cima alle scale e Loki sapeva che doveva agire in fretta se voleva sfruttare il vantaggio della sorpresa.
Così, senza riflettere se fosse una mossa azzardata o meno, spiccò un balzo piombando addosso alla prima guardia e facendola ruzzolare addosso a quella immediatamente dietro di lei, in un groviglio di braccia e gambe che si agitavano scompostamente.
Poi, prima che anche uno solo dei due Einherjar potesse capire chi fosse quella sorta di uragano vivente che li aveva investiti, Loki strappò la lancia dalle mani della prima sentinella, lanciandola lontano, dove questa non avrebbe potuto raggiungerla con facilità e con un calcio stordì l'altro uomo che stava andando a cercare tentoni la propria spada, ancora ben custodita nel fodero.
Loki avrebbe potuto ucciderli entrambi, infilzandoli con le loro stesse armi o con la lancia di Odino, invece si limitò ad abbattere quest'ultima sulla tempia della prima guardia che era ancora cosciente.
La seconda, era già svenuta, dopo che lui l'aveva colpita con lo stivale, così, il Dio degli Inganni riprese la fuga, lasciando i due Einherjar distesi a terra privi di coscienza.
Era pericoloso abbandonare due guardie accasciate in fondo alle scale nella residenza di Odino, tuttavia Loki non aveva tempo per nascondere i suoi misfatti.
Così, ricominciando a correre, il principe dai capelli neri imboccò il corridoio che conduceva al portone principale del palazzo e, dopo averlo spalancato, questa vota senza alcun tipo di cautela, uscì in tutta fretta nei giardini.
Immediatamente venne accolto all'esterno dalla luce accecante del sole che, ormai sorto sulla Città Eterna, illuminava tutta l'area circostante rendendo i colori del mondo fin troppo vividi e intensi.
Molti degli abitanti di Asgard si erano ormai svegliati ed avevano iniziato a svolgere le loro abituali attività; perciò i giardini non erano più deserti come invece Loki si sarebbe augurato.
Stallieri, cavalieri, donne ben vestite con i loro accompagnatori; tutti si affollavano per le strade esterne al palazzo, chi affaccendandosi per occuparsi dei cavalli e delle scuderie, chi prendendosi cura dei fiori che abbellivano le immense aiuole multicolori che abbellivano i prati verdi attorno al castello dorato; e chi fra i più benestanti, esclusivamente passeggiando senza avere nulla da fare, tranne che perdere tempo.
Immobilizzandosi per un breve istante appena fuori dal portone spalancato, Loki guardò quella scena colma di vita e fermento quasi con disgusto e disprezzo.
Eccoli lì, quelli che avrebbero dovuto essere i suoi sudditi, che ora ignari di tutto, continuavano a comportarsi come ignoranti bifolchi.
Lui li disprezzava.
Disprezzava tutti quanti, perché essi non valevano niente senza la sua guida, senza un Re che li governasse non avrebbero nemmeno saputo allacciarsi le scarpe da soli; eppure quando era tornato da Midgard non avevano perso un attimo per guardarlo come se fosse una nullità; un mostro, un pazzo; giudicandolo e condannandolo.
Le mani affusolate e pallide del Dio degli Inganni si strinsero violentemente a pugno, mentre una nuova ondata di collera lo faceva sprofondare per un attimo ancora nella solita follia che sempre era in agguato nella sua mente.
Avrebbe potuto spazzare via quegli Asgardiani come foglie al vento se solo lo avesse voluto.
Avrebbe potuto raccontare loro tutta la verità, facendo sapere ad essi che lui era sempre stato fra loro sotto le mentite spoglie del Padre degli dei e avrebbe gioito nel cogliere lo smarrimento nei loro sguardi, nel veder crollare tutte le loro sciocche certezze.
Avrebbe potuto......
All'improvviso la sirena dell'allarme delle prigioni iniziò a risuonare nell'aria, interrompendo di colpo i cupi pensieri del principe dai capelli neri e, la scena calma che si era presentata ai suoi occhi solo un attimo prima, venne in un istante totalmente sconvolta.
Allora Loki, riscuotendosi, riprese a muoversi, ben sapendo che ormai Odino e tutti gli altri erano sulle sue tracce e che il Padre degli dei, ostinato e furente come era non lo avrebbe mai lasciato fuggire da Asgard.
Si fece strada fra i capannelli di gente che aveva smesso di girovagare quietamente per i giardini e adesso aveva iniziato invece a chiedersi perché mai la sirena delle prigioni avesse iniziato a suonare.
Corse scansandoli senza degnarli nemmeno di uno sguardo ed ignorando completamente le occhiate stupite e alle volte persino indignate che questi gli lanciavano contro.
Solo pochi avevano il tempo di accorgersi che quello che passava accanto a loro come un fulmine era Loki; il principe che tutti credevano morto.
Alcuni, probabilmente quelli che fra gli altri possedevano la vista più acuta, scorgendo fra le sue mani lo scettro di Odino avevano iniziato ad urlare e ad additarlo al suo passaggi, atterriti e confusi.
In altri momenti Loki avrebbe gioito di quel timore, assaporando l'ebbrezza che il potere; anche quello ottenuto con azioni malvagie, poteva donargli.
In quel momento però non ne aveva né la voglia né il tempo.
Doveva sbrigarsi a raggiungere le scuderie e tutte le sue attenzioni erano rivolte in quella fuga.
Nei pochi istanti dopo che Thor lo aveva battuto nei sotterranei, Loki aveva penato ad ogni cosa.
Grazie al suo espediente era riuscito ad attirare Heimdall nelle celle ed ora che anche il guardiano di Asgard aveva lasciato la sua postazione, il Bifrost era totalmente incustodito.
Grazie al bastone d'oro del Padre degli Dei, Loki avrebbe potuto facilmente aprirsi un varco fra i mondi attraverso il Ponte dell'Arcobaleno.
Si sarebbe fatto trasportare su un altro pianeta, il tempo necessario di calmare le acque agitate che si stavano riversando su Asgard ora che tutti conoscevano il suo nuovo tradimento ai danni di Odino; poi sarebbe tornato.
La sua non era una fuga ma semplicemente una momentanea ritirata.
Quello che gli serviva adesso non era altro che una cavalcatura per raggiungere in fretta il Bifrost.
Per questo era diretto alle scuderie.
Loki continuò a correre, ignorando il battito furioso del suo cuore agitato, fin quando raggiunse le prime stalle.
Qui, il caos che stava rapidamente dilagando in tutto il castello non pareva essere ancora sopraggiunto; così, approfittando di questo, Loki rallentò leggermente l'andatura, dirigendosi a passo spedito verso il primo cavaliere che aveva scorto sul suo cammino.
Uno scudiero basso e grassoccio, vestito con umili indumenti marroni, stava aiutando un Asgardiano alquanto anziano a montare in sella e, quando vide Loki marciare nella sua direzione come un ariete alla carica, spalancò la bocca esterrefatto, dimenticandosi persino di continuare a sostenere l'altro uomo che, solo grazie a molta fortuna, riuscì a restare aggrappato al proprio destriero.
Il Dio degli Inganni si accostò allo scudiero guardandolo con freddezza e venendo ricambiato dall'altro con un'occhiata smarrita e confusa; con lo stesso sguardo che avrebbe potuto avere un uomo che, dopo anni dalla morte di qualcuno, se lo vedeva ricomparire dinnanzi sotto forma di spirito malevolo risorto dal mondo degli inferi.
Un lento sorriso glaciale si fece largo prepotentemente sul volto scavato di Loki, mentre esso si rendeva conto che l'altro lo aveva riconosciuto e aveva timore di lui.
Quasi a confermare questo, lo scudiero bofonchiò all'improvviso: << P....Principe Lo....Loki?! Si....Siete veramente... Vo... Voi? >>. Balbettava in una maniera a dir poco irritante: << Ma.... Ma.... Ma... I...Io... Pensavo che.... Che.... >>.
<< Pensavi male, servo! >> Loki si affrettò a tranciare le ultime sconnesse parole dell'altro, percependo il pulsare violento di una vena sulla tempia destra.
In quel momento avrebbe desiderato più di ogni altra cosa afferrare quell'individuo per il collo della casacca sformata che indossava per gettarlo lontano da sé.
Invece si limitò ad ordinare con un allarmante calma, scandendo le parole ad una ad una come se si stesse rivolgendo ad un idiota: << Fai scendere immediatamente questo pomposo cavaliere di sella. Ho fretta di lasciare Asgard. >>.
<< Ma.... Ma... Ma.... Io non ... Non posso..... >> iniziò a replicare l'altro.
<< Hei, voi, ma dico, che modi sono questi? >> domandò all'improvviso l'uomo a cavallo che o era mezzo cieco o era totalmente pazzo a rivolgersi a qual modo ad un Loki già evidentemente furibondo: << Chi sarebbe il pomposo cavaliere a cui vi state riferendo con tanto sdegno? >>
<< Siete voi, messere. >>lo fulminò Loki con lo sguardo: << Ed ora, con il vostro permesso, il cavallo lo prendo io! >>.
E, senza lasciare il tempo all'altro di comprendere le sue intenzioni, strinse una mano attorno al bavero dell'attempato cavaliere e con un violento strattone, lo trascinò giù di sella.
Questo cadde bocconi al suolo, evitando per poco di finire addosso al costernato scudiero che, in fretta si era chinato su di esso per accertarsi che non fosse ferito.
Chi invece non aveva davvero alcuna intenzione di perdere tempo a ad accertarsi che il vecchio cavaliere stesse bene era Loki che, balzando in sella al grande cavallo bianco partì in tutta fretta al galoppo, lasciando dietro di sé una scia di polvere e ciottoli sollevati dagli zoccoli dell'agile destriero.
Ovunque regnava adesso la confusione, mentre le guardie si raggruppavano in drappelli, raccogliendo le armi per prepararsi ad arrestare la sua fuga.
Domestici e nobili si agitavano per il palazzo in preda al panico e urla di terrore si perdevano nella grandiosità del vasto giardino fuori dalle mura del castello, divorate dal suono lontano delle cascate che scorrevano impetuose al di sotto del lungo Ponte dell'Arcobaleno che Loki si stava accingendo a raggiungere.
Aveva appena superato i grossi portali che conducevano al Bifrost, quando improvvisamente il principe in fuga sentì dietro di sé le voci di alcuni uomini che gli intimavano di fermarsi e il rumore scalpitante di una ventina di zoccoli sulla liscia superficie solida e luminosa del Ponte dell'Arcobaleno.
Un gruppetto di cinque Einherjar gli era alle calcagna.
Senza pensarci due volte il Dio degli Inganni diede un nuovo violento colpo di redini spronando la propria cavalcatura ad accelerare ancora di più la propria andatura.
Il cavallo dal manto candido, ansimando e sbuffando dalle narici, scattò in avanti e al galoppo corse spostandosi lungo il bordo del Bifrost.
Loki sentiva il corpo possente dell'animale in corsa che si muoveva, teso, stretto fra le sue cosce e reagiva con furia ai suoi ordini, senza perdere il controllo seppur stesse cavalcando ad un palmo dal vuoto.
Se il Dio degli Inganni si fosse sporto di qualche centimetro verso sinistra, esso avrebbe persino potuto scorgere la vastità dello spazio circostante con i suoi colori tenui che passavano dall'azzurro al viola e al rosso pallido.
Più sotto, le acque si muovevano violente verso la cascata all'estremità del ponte e parevano riflettere la stessa irrequietudine che covava nel cuore del principe rinnegato.
A Loki era sempre piaciuta quella vista.
Molte volte, quando lui era ancora in pace con Asgard e con la sua anima tormentata, si era recato da solo sul Bifrost, di sera, per osservare il cielo stellato, sporgendo con audacia le gambe dal Ponte dell'Arcobaleno, per lasciarle penzolare nel vuoto sulle acque della cascata, assaporando quella malinconica calma; sognando......Sognando ciò che ora non desiderava più da tanto.....
Chiudendo con forza gli occhi per un istante, Loki si costrinse a tornare alla violenta realtà nella quale si trovava, sapendo che gli Einherjar gli erano sempre dietro, e che lui avrebbe fatto meglio a non ignorarli se voleva riuscire a lasciare Asgard tutto intero.
Chino sul collo del cavallo, il Dio degli Inganni spronò di nuovo l'animale alla corsa, finché davanti a lui iniziò a delinearsi la forma tondeggiante dell'osservatorio di Heimdall.
Loki stava ormai pensando di avercela fatta a raggiungere la sua meta, quando tre delle guardie che lo inseguivano fecero la loro comparsa correndo con i loro cavalli di fianco al suo, tentando al contempo di colpirlo con le lance e con le spade che imbracciavano.
Odino doveva aver dato loro l'ordine di interrompere la sua fuga a qualsiasi costo.
Stringendo i denti in una sorta di ringhio minaccioso, Loki sollevò allora una mano verso di loro, con un gesto veloce e fluido che fece scaturire dalla punta delle sue dita dardi di fuoco verde che scagliò con un solo colpo verso le tre guardie che stavano ancora tentando, invano, di disarcionarlo.
Queste, pur vedendo quello che lui stava facendo, reagirono al suo attacco con un secondo di ritardo.
Il fuoco verde li colpì tutti, sparpagliandoli, mentre una delle tre colpita dallo spostamento d'aria causato dal potere di Loki, finì perfino con il ruzzolare giù dal Ponte dell'Arcobaleno, finendo con un urlo nelle acque sottostanti.
Senza perdere tempo a contemplare l'ottimo risultato della propria azione, il principe dai capelli neri lasciò allora andare una delle briglie della bestia che cavalcava e, voltandosi indietro sulla sella, dedicò tutte le proprie attenzioni alle ultime due guardie che ancora si ostinavano ad inseguirlo.
Questi, ormai accorti di ciò che era accaduto ai loro compagni che prima di loro avevano cercato di fermare il Dio degli Inganni, si erano fatti più cauti e avevano iniziato a seguirlo da una distanza più ragionevole, pensando forse che se fossero stati lontani, esso non sarebbe mai riuscito a fare loro del male.
Sul volto di Loki si fece strada un nuovo tremendo e selvaggio sorriso, mentre già pregustava la propria vittoria sulle due guardie rimaste.
Poi, senza più perdere tempo, puntò lo scettro di Odino nella direzione dalla quale proveniva la coppia di Einherjar, scagliando contro di essi un raggio dorato.
Le guardie Asgardiane preparate ad un nuovo attacco da parte del fuggitivo, si affrettarono a tirare le redini dei rispettivi cavalli, nel disperato tentativo di evitare la possente scarica di energia luminosa proveniente dallo scettro che, clamorosamente, a dispetto delle loro più pessime aspettative, li evitò entrambi, finendo in un punto imprecisato poco dietro le loro spalle.
Allora, ridendo come dei veri idioti nel comprendere di essere ancora tutti interi, essi arrestarono i loro cavalli e uno fra i due trovò perfino il coraggio di urlare contro a Loki: << Pessima mira, Dio degli Inganni! >>.
Per tutta risposta, Loki fece rallentare a sua volta il cavallo bianco che montava, e sorridendo di rimando, replicò con una calma raggelante: << Oh, ma io non miravo a voi. >>.
<< Che cosa.....?! >> la guardia non concluse la frase, poiché improvvisamente un fragoroso rumore alle sue spalle lo fece sobbalzare.
Sul volto dell'altro Einherjar si era dipinta invece un espressione colma di orrore. Lui aveva già capito cosa stava succedendo e infatti, mormorò rivolto al compagno: << Dice il vero, temo. Lui non mirava a noi ma ai sostegni del Ponte. >>.
E, come a confermare le sue parole, con un nuovo mostruoso gemito di metallo uno degli enormi pilastri che reggevano il ponte dell'Arcobaleno iniziò ad inclinarsi rapidamente verso di loro.
Allora, atterrite come poche altre volte nella loro vita, le guardie Asgardiane spronarono contemporaneamente i loro destrieri alla ritirata.
Le bestie, scalpitando e nitrendo furiosamente riuscirono a scostarsi proprio un attimo prima che la grande colonna cedesse completamente, andando ad abbattersi con uno schianto violento ed assordante sul Bifrost, ad un palmo dal naso degli storditi Einherjar, evitando cavalli e cavalieri per un soffio ma sbarrando loro il cammino.
Al massimo ora quelle guardi avrebbero potuto procedere a piedi fra i resti del pilone adagiato di traverso sul ponte dell'Arcobaleno che; stranamente aveva retto al peso immane della enorme colonna di metallo.
Esitando solo un istante per rivolgere ai due un nuovo sorriso sbilenco, Loki fece loro un beffardo cenno di saluto per poi spronare una volta ancora il suo destriero al galoppo.
Per un attimo, le due guardie indenni ma frastornate, continuarono a guardare il fuggiasco che si dileguava sul lungo ponte multicolore.
Poi, voltarono i cavalli, decisi ad andare ad informare Odino dell'accaduto.  

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