13
Renjun si ritrovò sorprendentemente solo. O meglio, con Hansol che si teneva abbastanza lontano da lasciargli il suo spazio ma altrettanto vicino da raggiungerlo velocemente in caso di necessità. Non si era informato su dove Jeno fosse diretto, poiché il principe era stato trascinato via dalla sua vista prima che avesse avuto occasione di parlare con lui. Il re nella sala del consiglio avrebbe partecipato all'assemblea mattutina che, gli era stato spiegato, sarebbe potuta durare anche delle ore. Non aveva visto Hui da quella mattina nel giardino e la regina madre dal giorno prima, se si fosse trattato del giorno prima. Per quanto Renjun potesse saperne poteva essere passata una settimana dal suo primo incontro con la famiglia reale, forse più o forse meno. Non aveva capito il modo in cui funzionassero precisamente i suoi viaggi né cosa accadesse negli altri mondi durante la sua assenza. Decise di voler vedere di più del palazzo. Cominciò a camminare per le strade di questo guardandosi intorno incuriosito mentre funzionari, dame di corte, guardie e servitori s'inchinavano al suo cospetto. La prima volta l'aveva lasciato confuso, la seconda aveva inarcato un sopracciglio, la terza volta si era voltato verso Hansol e questo gli aveva spiegato che il suo ruolo lo portava ad essere di tale importanza da ricevere il rispetto di tutti, qualcuno avrebbe persino potuto venerarlo come una divinità. Il ragazzo si lasciò sfuggire un sorriso spontaneo, una piccola risata, ma questa gli morì sulle labbra quando capì che l'eunuco non stesse assolutamente scherzando.
Lui una divinità. Se lo avessero saputo Haechan e Chenle lo avrebbero preso in giro per tutta la sua vita. Nel ripensare al corvino Renjun si rese conto che probabilmente avrebbe amato quel posto. Non sapeva se fosse dovuto alla presenza della principessa Hui o al legame che il re Dojung intratteneva con il regno cinese dei Qing, ma in qualche modo quel posto gli ricordava casa. Probabilmente un tempo la Cina doveva essere molto simile al posto in cui si trovava in quel momento, e qualcosa dentro di lui gli disse che lo avrebbe pensato anche Chenle. Camminando si ritrovò nei pressi di quel laghetto dove, per la prima volta, aveva aperto i suoi occhi in questo mondo. Quel ponticello tinto di rosso gli fece quasi un effetto nostalgico e le ninfee gli sembrarono muoversi senza meta sull'orlo dello stagno. Si sistemò al centro del ponticello e guardò il suo riflesso formarsi sull'acqua prima.
Probabilmente Chenle sarebbe stato più adatto a venire qui.
Il suo riflesso cominciò ad incresparsi in piccoli cerchi che si propagarono verso l'esterno. Un suono, il tintinnio che sembrò essere quello di un piccolo campanello attirò la sua attenzione. Alzò lo sguardo davanti a sé e lì, sulla roccia levigata che come un piedistallo si ergeva al centro dello stagno, la vide. Mei.
La donna non indossava l'abito blu notte con cui il ragazzo era abituato a vederla, bensì un abito tradizionale cinese in seta. Un Hanfu bianco, ricamato da dei fiori di loto argentei. Sopra di esso un lungo velo bianco sul corpetto e le maniche, azzurro lungo la gonna morbida. I capelli argentei erano raccolti nella parte superiore, fermati con dei fermagli bianchi che sembravano quasi essere dei veri fiori intrecciati con piccoli ramoscelli, la parte inferiore scendeva invece morbida e ondulata fino ai fianchi. Solo il diadema, la collana e gli orecchini raffiguranti la luna non erano nuovi agli occhi di Renjun. La donna era in piedi sulla roccia e i suoi occhi azzurri si puntarono nei suoi.
<<Quindi...esisti anche qui>> disse il ragazzo, leggermente sorpreso.
Lei gli sorrise.
<<Io esisto ovunque Renjun. Non ho più tempo o luogo>> disse con tono dolce e calmo.
Un pensiero balenò nella mente del ragazzo. Le parole che la donna gli aveva detto giorni prima.
<<Hai detto che siamo uguali>> disse, non nascondendo un tremore nella voce <<Quindi anche io diventerò come sei tu ora?>>
<<No>> rispose Mei <<Ho detto che entrambi serviamo la luna, ora, ma noi non siamo uguali...Per lo meno, non per ora>>
<<E quando?>> domandò d'istinto il ragazzo <<Quando diventerò come te?>>
La donna posò un piede sull'acqua e ci affondò leggermente dentro mentre i tessuti del suo abito galleggiarono in movimenti eleganti. Questa raggiunse lentamente il bordo dello stagno e si sedette sulla riva, poi alzò lo sguardo sul ragazzo.
<<Siedi con me Renjun, ti racconterò la mia storia>>
Il ragazzo sentì uno strano brivido percorrergli la schiena ma obbedì. Velocemente la raggiunse e si sedette al suo fianco.
<<Era il 1955, la guerra di Corea era finita da soli due anni. Molti cittadini stavano cercando di rimettere in piedi le loro famiglie, le loro attività o entrambi. Vivevo a Seoul con la mia famiglia, mio padre era un famoso e ricco commerciante di seta e pensò bene, per rimettere in sesto la nostra famiglia, di concedermi in sposa al figlio di un suo caro amico che proprio grazie alle sue gesta durante la guerra era arrivato a ricoprire un ruolo molto importante nel governo. Grazie a quel matrimonio nessuno avrebbe osato toccare nessuno di noi>>
La donna guardò dritta davanti a sé, come se fosse capace di rivivere quei momenti nello stesso istante in cui le sue parole scivolassero fuori dalle sue labbra.
<<Non volevo sposare quel ragazzo, non lo avevo mai visto prima della decisione di mio padre. Avevo solo diciotto anni, non sapevo nulla dell'amore eppure avevo sempre sognato di sposare un uomo per amore e non...per protezione>> sospirò piano, come se tornare con la mente in quei ricordi riaprisse in lei vecchie ferite. <<Quella notte mi rifugiai in un vecchio tempio e lì passai l'intera notte a piangere nascosta da un grande albero. Quando la mattina dopo mi svegliai notai un nastro argenteo annodato fra i miei capelli. Pensai fosse volato via a qualcuno a causa del vento e che questo l'avesse portato da me, ma mi sbagliavo. Da quel giorno...>>
<<Hai cominciato anche tu a viaggiare per i mondi paralleli>> concluse la frase per lei Renjun.
La donna annuì piano e sorrise.
<<Credevo non fossero altri che sogni, ma ben presto capì fossero dei mondi reali tanto quanto quello da cui provenivo io>>
<<Com'erano...i tuoi mondi>>
<<In uno mi ritrovai in una terra straniera chiamata Kingdom dove conobbi Arthur, ragazzo il cui destino sarebbe stato quello di diventare re e superare strade impervie e prove che lo avrebbero messo a dura prova come persona e come regnante. Era solo un giovane e inesperto ragazzo quando era salito al trono, in un mondo di tradimenti e menzogne che avrebbero fatto di tutto per rendere illegittimo il suo trono>>
<<Re Artù?>> disse Renjun sgranando gli occhi e alzando la voce per la sorpresa <<Quindi Re Artù esiste sul serio? E anche Lancillotto e i cavalieri della tavola rotonda? Merlino? Non è un mito?>>
La donna sorrise leggermente.
<<Non lo è, in quel mondo>> rispose piano <<Solo...Non era Merlino il mago al fianco del re>> ridacchiò.
<<Eri tu>> indovinò il ragazzo, che aveva ormai abbandonato ogni incertezza, cominciando ad interagire con la storia della donna come un ascoltatore appassionato.
<<Ero io>> confermò Mei. <<Il secondo mondo in cui mi ritrovai si chiamava Yarin. Era un mondo bellissimo in cui creature magiche e fate convivevano aiutandosi l'un l'altro. Virion era una fata e anche un principe, il suo compito era quello di difendere una fonte su cui si basava l'intero equilibrio del mondo. Vi erano però delle tribù di troll che volevano impossessarsi della fonte e governare il mondo a loro piacimento sottomettendo tutte le altre creature viventi>> la donna restò in silenzio per qualche momento, lasciando che il vento intorno a loro risuonasse come una delicata melodia fra le foglie degli alberi e lo scorrere dell'acqua. <<Riuscimmo a prendere, insieme, le giuste decisioni e loro e i loro regni crebbero forti e vigorosi>>
Renjun ponderò attentamente, nella sua mente, se porgere quella domanda che continuava a riecheggiare come un'eco impossibile da ignorare. Ci pensò e ripensò. Quella domanda lo spaventava, la risposta che lei gli avrebbe dato...forse ancora di più.
<<Tu...ti sei innamorata di loro?>>
Mei sorrise doclemente.
<<Sì Renjun, me ne sono innamorata>> ammise.
Il ragazzo ingoiò a vuoto.
<<E poi...cos'è successo?>> domandò ancora Renjun, mentre un peso sul suo petto cominciò a formarsi, secondo dopo secondo.
Due ninfee, leggermente appassite furono spinte dal leggero vento fino alle gambe della donna. Una era bianca come la neve mentre l'altra azzurra come il cielo. Porto le mani a coppa, sotto la superficie dell'acqua, e le tirò fuori. Lentamente le avvicinò al viso e dolcemente vi soffiò sopra. Renjun potè vedere perfettamente, come se il tempo avesse preso a scorrere a rallentatore, il modo in cui i fiori tornarono rigogliosi e vivi. La donna li avvicinò al viso di Renjun, tanto da coprirgli l'intera visuale.
<<Ho scelto>> rispose.
Una folata di vento arrivò più forte delle altre.
Mei abbassò i fiori fra le sue mani in modo da permettere agli occhi di del ragazzi di vedere davanti a sé ciò che mai si sarebbe aspettato, ma che gli fece capire cosa la donna avesse voluto intendere con quelle parole.
Davanti a lui, in uno splendido principe dai lucenti capelli corvini, in un elegante hanbok verdino l'osservava in silenzio. Il suo sguardo era calmo e rilassato. Riflesso sulla superficie dell'acqua, che sembrava esser diventato un cielo notturno, vi era però un giovane ragazzo dai vivaci capelli azzurri in con dei pantaloni di un arancione acceso, una maglia nera ed uno splendido e gioioso sorriso.
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