Capitolo 3


Divya si risvegliò in preda a una violenta nausea tanto che tutto le apparve sbiadito, distorto, quasi stesse osservando il mondo tramite il fondo di una bottiglia. Cercò di muoversi e percepì qualcosa tintinnare. Ben presto realizzò con orrore di essere in piedi, i polsi legati da una pesante catena.

Respirando con affanno, Divya sbatté ripetutamente le palpebre e con snervante lentezza iniziò a vedere una cupa creatura, china su qualcosa di luminoso.

Ci volle un po' per comprendere che era una donna anziana. Dalla crocchia severa le sfuggì una ciocca di candidi capelli mentre mescolava qualcosa che dopo un po' versò in una brocca di metallo posta sul tavolo alle sue spalle. Con mano tremante se la portò sulle labbra ruvide, trangugiandola tutta d'un fiato. In un primo momento, sembrò farle del male, tossì in preda alle convulsioni e, inaspettatamente, s'irrigidì, diventando di pietra. Come una statua spinta da un bambino molesto, cadde di schiena sul ruvido pavimento di legno. Ma non finì lì. Il ventre prese a ingrossarsi e si frantumò in mille pezzi, rivelando un'anomala oscurità da cui fecero capolino due flessuose braccia.

Incredula, Divya vide una donna emergere un po' per volta. Era bellissima, tanto da sembrare uscita da un poetico racconto. Sogno di una notte di mezza estate, pensò. Una delle storie che più amava di Shakespeare.

Lunghi capelli biondi così chiari da sembrare argento incorniciavano un volto dai lineamenti delicati. Gli occhi viola spiccavano per la loro innaturale luminosità, simili a diamanti.

Il suo corpo a clessidra, adornato dal seno pieno e perfetto, fu presto rivestito per magia da un tessuto sottile e delicato color crema e oro, lasciando scoperte le braccia.

Ogni suo gesto sembrava pieno di grazia ma, non appena il suo sguardo si posò su di lei, Divya si sentì raggelare. La follia dominava la sua mente. Glielo confermò il suo sorriso, il modo in cui inclinò la testa... in lei non vi era nulla di normale.

«Teresya cercavi ed eccomi qua!» dichiarò con voce sottile. Lanciò un'occhiata disgustata al cadavere che giaceva a terra. «Aysterya mi aveva rinchiuso in quell'orrendo corpo. Privata dei poteri e della memoria, mi ci è voluto del tempo, tanto tempo» ripeté «ma ho recuperato tutto!»

Teresya sorrise, quasi le avesse annunciato una lieta notizia.

«Ero una delle dame di Aysterya, sì. Mi aveva sottovalutato.» osservò compiaciuta. «E grazie a questo la osservai, silenziosa, prodiga, sempre attenta e infine ogni cosa mi era divenuta chiara. Non lo sapeva quanto fossi potente, no!»

Sembrò sul punto di ridere ma non lo fece. «Non voleva uccidermi, no. La morte è liberazione e lei lo sapeva. Più della morte, rinchiusa in quel fetido corpo... umiliata, vi era qualcosa di meglio?»

Teresya scosse il capo, delicatamente. «Infine se n'è andata, sparita chissà dove e lentamente io recuperavo... ho atteso, a lungo e tanto!»

Fra le sue mani apparve un contenitore di vetro pieno di candida sabbia che lei alzò come un trofeo, posandovi la guancia destra. «Il tuo Aidan.» cantilenò.

Divya ruggì e cercò di avanzare d'impulso, per ritrovarsi a sbattere contro il muro.

«Il segreto dell'immortalità di Aysterya.» proseguì lei in un sussurro. «I suoi vampiri non erano altro che involucri pieni di vitalità di cui si nutriva quando se ne stancava. Il mondo ne è pieno, si!» Teresya piegò graziosamente la testa e la chioma le scivolò a cascata sulla spalla sinistra. «Avrei potuto scegliere chiunque ma io volevo Aidan perché era il suo prediletto.»

Posò l'anfora di vetro sul tavolino e fra le sue mani apparve un pugnale d'argento dal manico elaborato.

Divya si morse l'interno della guancia fino a farla sanguinare. Non doveva perdere la calma. Se voleva rivedere Aidan, doveva riuscire a liberarsi.

«Avresti dovuto morire con lui, ma ti sei rivelata immune al mio incanto.» osservò con disappunto. «Ma avrei dovuto sospettarlo, il potere di Aysterya scorre in te.»

La lama scivolò lungo la gola di Teresya per poi risalire, senza mai ferirla. Un modo macabro per mettere in chiaro che, anche se fosse stata libera, non avrebbe mai avuto una possibilità. O così credeva lei. Divya non si sarebbe mai arresa fino all'ultimo respiro.

«Aysterya si liberava dei suoi figli, gettandoli in quel mondo. Non poteva ucciderli, no, erano troppo potenti e temeva che le si rivoltassero contro, per questo agì così, sì! E quelle creature sono sopravvissute fino a te! Tu sei una delle sue discendenti.»

Lentamente, Teresya avanzò verso di lei. «La più forte? Non so, non mi è concesso scoprirlo, ma giace lì, lo sento, non lo sai usare.»

Un sorrisetto felice parve illuminarla.

Divya lanciò una rapida occhiata ai ganci delle catene che le sembrarono sospesi, non infilzati, nel muro. Proprio come sperava, le catene erano vere ma Teresya aveva usato la magia per tenerle su e il talismano parve bruciare fra i suoi seni, in risposta ai suoi desideri.

«Non t'importa?» la sollecitò lei, incuriosita.

Una scia di calore risalì lungo le braccia ma Divya strinse i denti, cercando di non guardare. «Aidan ha sempre sospettato che fosse così.» disse quietamente. «Ma lo considero un insulto.»

«Le somigli così tanto che ho voluto farti assistere al mio trionfante ritorno, lei avrebbe approvato, sì.»

Una piccola risatina silenziosa parve scuoterla piano. «Mi sentivo così offesa perché eri ancora viva, proprio tu, sì. Volevo lasciarti uccidere da quei contadinotti ignoranti, informarli, così da vederti morire, agonizzando, ma poi ho riflettuto sul vostro piano e l'ho trovato così geniale!» si complimentò con un radioso sorriso. Teresya alzò la mano sinistra, rivolgendo il palmo verso l'altro e un oggetto sferico vi si materializzò. «Il dominio del tempo.» le rivelò. «Non un dono, ma sottratto, sono abile, l'ho già detto, sì?»

Teresya abbassò lo sguardo, lanciandole un'occhiata scaltra. «Ho compreso come funziona. Tanto tempo speso a pensare e pensare ma l'ho compreso e tutto ciò che mi serve è il suo sangue ma se non Aysterya va bene un discendente, gli spiriti lo sanno che dico il vero, loro me lo hanno detto, loro incoraggiato, sì!»

La sua voce diventò più tetra. «Quel ciondolo ti rende immune ai miei sortilegi ma non alle catene e alle armi.» osservò giocando leziosamente con l'arma fino a far penetrare la punta affilata nella guancia, non lasciandovi tracce.

Divya mosse piano i polsi, cercando di non farsi notare e li sentì muoversi impercettibilmente. Questo la riempì di speranza ma Teresya era sempre più vicina.

Aidan...

Non poteva arrendersi.

«Posso tornare indietro nel tempo, sorprendere Aysterya e ucciderla, dominando su tutti. E...» Una luce maliziosa apparve negli occhi di Teresya. «Risparmiare Aidan.»

Posò una mano su di lei e nella sua mente, Divya vide il trionfo di Teresya. Ogni creatura era piegata al suo cospetto, bramando di vezzeggiarla come una dea! Subito dopo la visione diventò ancor più chiara e con orrore si ritrovò a vedere Aidan soggiogato al suo volere. Gli occhi erano spenti, privi di vita. Cosa gli aveva fatto?

Erano in una stanza ovale di marmo scuro, accanto al caminetto. Indossava solo dei pantaloni neri e nient'altro.

A un cenno di Teresya, Aidan non esitò a baciarla con passione ma vi era qualcosa di meccanico nei suoi gesti... non era in sé, comprese. Lo aveva trasformato in un pupazzo di cui abusare.

«Maledetta!»

Nessuno dei due si voltò.

Alzandole la sottile gonna di seta color ruggine, Aidan la prese lì, lasciandosi andare un focoso amplesso.

Teresya gemeva deliziata, le gambe affusolate strette intorno alla sua vita.

Divya avrebbe voluto impedirlo, ma era uno spettro, uno spettatore che non aveva potere alcuno, né poteva distogliere lo sguardo. Ma il peggio doveva arrivare. La scena cambiò repentinamente.

Aidan era ridotto in ginocchio, coperto di ferite.

Un'unica luce proiettata dall'alto su di lui.

Divya lo avvertì distintamente. Teresya gli aveva rivolto contro una maledizione che lo costringeva a camminare su quattro zampe, come un cane.

Quella maledetta doveva morire fra atroci sofferenze, pensò, i pugni serrati.

Un gruppo di uomini lo circondarono. Erano alti, muscolosi, chi con la pelle scura, chi chiara o color caffè. Biondi, rossi, mori... appena coperti da pantaloni scuri. Altri schiavi di Teresya dall'aria feroce e crudele. Strinsero i pugni, e li alzarono all'unisono, pronti a farlo a pezzi...

Il grido di Divya fu più forte del tuono che spezzò il silenzio.

La sua mano destra, con il gancio lungo e sottile stretto in pugno, finì nella gola di Teresya, dritto nella carotide. Un'espressione piena di sgomento e orrore oscurò la sua bellezza. Con quella bocca spalancata, incapace di emettere un suono, a un tratto apparve solo patetica.

Divya emise un profondo respiro e ogni altro suono scomparve.

Le strappò di mano la placca d'oro.

Aidan l'aveva sollecitata più volte a provare qualche incantesimo, convinto che in lei si celasse un potere immenso che tuttavia Divya non aveva mai avvertito.

«Devi solo visualizzare il tuo desiderio nella mente e proiettarlo.»

Niente di più semplice ma non vi era mai riuscita.

Fino a quel momento.

Lo sentì ardere in lei come un fuoco liquido che si riversò ovunque nel suo corpo. L'oggetto vibrò fra le sue dita come dotato di vita propria e una debole luce, simile a una graziosa lucciola, apparve nel suo centro. Lentamente si espanse, acquisendo sempre più forza.

Fu tutto così naturale!

«Io... rivoglio... Aidan!» urlò Divya con una tale forza che il suo stesso corpo ne fu scosso. In preda a una furia cieca, la colpì con lo stesso scudo su un lato del capo e, seppur non cadde, Teresya si lasciò sfuggire un gemito e un rivolo di sangue le scivolò sul mento.

Troppo in fretta si riprese. Gli occhi di Teresya si socchiusero e il fuoco prese dominio in quelle iridi, cariche di un odio che le distorse la bocca, trasformandola in un'orrida maschera. Afferrò a sua volta lo scudo e entrambe si ritrovarono a tirare da un lato all'altro.

Ma stavolta non avrebbe mollato. Divya lo giurò sul suo amore. Non avrebbe permesso né a lei né a nessun altro di strapparle via la sua anima. Perché Aidan era questo. Rappresentava la luce della sua vita, la sua passione, la ragione per vivere.

Divya avvertì il suo potere aumentare sempre di più. Finalmente comprendeva la ragione dei suoi fallimenti. Aveva sempre inconsciamente temuto di diventare quello che l'accusavano di essere, una strega, un essere che Aidan aveva guardato con occhi carichi di disprezzo.

Ma lui l'amava.

Non vi era niente che non potessero affrontare.

Insieme per sempre, pensò.

La luce le annebbiò la vista mentre la mano di Teresya si allungava verso di lei...

Dimenticavo, un'ultima cosa.

Divya avvertì la voce di Teresya nella mente.

Quel ciondolo... è un falso!

Divya lo avvertì quello strappò.

Quell'idiota credeva che non funzionasse su di lui perché vampiro!

La catenina si spezzò e scivolò via, accompagnata dal suo ansito.

Ogni cosa scomparve dalla sua mente.

Divya aprì gli occhi e si alzò di scatto, emettendo un profondo respiro. Disorientata, si guardò intorno, portandosi una mano al petto. Lo sentì abbassarsi e alzarsi, quasi avesse corso fino a quel momento. Era in un salotto. Pavimento in legno scuro, un caminetto decorato color bianco perla davanti a sé, in tinta con le pareti. Alle sue spalle il divano in finta pelle nera, con ampie vetrate da cui la luce filtrava dolcemente, segno che era tardo pomeriggio. Mancava poco al tramonto.

Alla sua destra vi era un ampia entrata senza porta, da cui facevano capolino le scale che portavano al piano superiore e, poco oltre, la cucina di un vivace blu.

Era a casa sua. Sulla terra. A Salem.

Perché tutto le sembrava così... estraneo?

Divya si sentì confusa. Sopra il caminetto vi era uno specchio e osservò il suo riflesso. Aveva sorriso prima, nella sua stanza. Aveva scrutato quella giovane donna dai lineamenti delicati, contornati da una bocca lievemente carnosa, sorridendole radiosa perché in quel bellissimo abito del 1820 non si era davvero riconosciuta. Bianco, con inserti in pizzo, le maniche gonfie e corte, con il punto vita sotto al seno, metteva in risalto la sua pelle color miele e i fluenti capelli scuri. Si era passata le mani sui fianchi, ammirando le pieghe della gonna, sentendosi come uno dei personaggi di Jane Austen.

Vi era modo migliore per festeggiare Halloween?

Sì, pensò, aveva pensato questo. Anche se mancavano diverse ore alla grande serata, non aveva saputo resistere.

Era a Salem, ripeté.

Un brivido la spinse a strofinarsi le braccia.

«Ho fatto solo un orribile sogno.» si disse. Qualcosa che non ricordava ma stava influendo sui suoi pensieri. «Non vi è nient'altro.» insistette.

Qualcuno bussò alla porta e per poco non le sfuggì un sospiro. Non aveva più voglia di festeggiare. Infastidita, si costrinse ad andare ad aprire e, per la seconda volta, si ritrovò a bloccarsi, raggelata, la mano a un passo dalla maniglia, incapace di afferrarla.

Aveva trovato quella bellissima porta quella mattina stessa. Innamoratasi dei suoi preziosi intagli che raffiguravano una soave fanciulla, i lunghi capelli sciolti simili a onde di un mare irrequieto, non aveva esitato un solo istante a sostituirla con la sua, troppo moderna per una dimora così antica come quella in cui abitava.

Si sentiva divisa fra il bisogno disperato di uscire e quello di fuggire nella direzione opposta. Aprì con più forza del necessario e l'oscurità la divorò, strappandole un grido.

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