Capitolo 5


«Eren» lo chiamò una voce maschile. Il ragazzo si girò. Sorrise.

«Buongiorno professore!» esclamò andandogli incontro.

Era già metà aprile. Levi ed Eren avevano iniziato a parlarsi di più. Ogni volta che poteva, il ragazzo andava in vice-presidenza per poter stare con il professore.

«Mi ha chiamato un'altra volta per nome...per caso sono il suo studente preferito?» gli chiese il castano con un sorrisetto malizioso abbassandosi all'altezza dell'insegnante che lo guardò serio. Eren chiuse gli occhi, pensando che volesse sgridarlo.

«Non è che sei il mio studente preferito...mi stai solo simpatico, Eren». Il ragazzo sentì qualcosa accarezzargli i capelli: era Levi. Aprì lentamente gli occhi.

«Professore...mi ha chiamato di nuovo per nome...» arrossì. Il professore ritirò allora la mano.

«Non è vero» rispose secco.

«Sì che è vero, prof. Lo ha fatto due volte» precisò.

«Mai fatto».

«Lo ha appena fatto, prof...».

«Non dire sciocchezze, Eren» incrociò le braccia.

«L'ha rifatto...». Il ragazzo non sapeva più come dirglielo. I due rimasero a fissarsi senza aprire bocca. Eren iniziò ad arrossire. «Professore, per favore, non mi fissi così tanto...mi mette in imbarazzo...» abbassò la testa coprendola con le mani. Levi gliele prese e le spostò, in modo da potersi godere quel raro momento di imbarazzo del ragazzo. «Professore...».

«Che c'è?». Accennò un sorrisetto soddisfatto che cancellò subito. Eren si stupì.

«Dovrei andare...».

«Dove?».

«Al bagno...» disse la classica scusa per uscire da quel momento imbarazzante per lui. L'insegnante lo lasciò andare.

Impegnato con Levi, Eren non riuscì a trovare un modo per scusarsi con Armin. Il biondo, nel frattempo, aveva stretto amicizia con Jean e Marco, che avevano assistito alla dichiarazione. Dopo la scuola, raggiunsero i rispettivi club.

«Armin, cos'hai?» gli chiese Marco prima di entrare nell'aula del club di recitazione.

«Niente...» rispose a testa bassa. Non voleva che il suo nuovo amico si preoccupasse. «Comunque, oggi si inizia a decidere la trama, giusto?» cambiò argomento. L'altro annuì. Una volta entrati, furono accolti dagli studenti del terzo anno. Si misero a sedere in cerchio. Mentre decidevano la trama del loro spettacolo, qualcuno bussò alla porta. Il più grande andò ad aprire. Rimase sorpreso nel rivederli di nuovo.

«Abbiamo due nuovi iscritti, sono dei primini» li informò entusiasta. I due entrarono.

«Ehilà!» salutò la ragazza dai capelli arancioni. Le corsero tutti incontro.

«E a me non salutate?» chiese l'altro ragazzo. Solo due o tre andarono da lui. Armin e Marco rimasero a sedere confusi.

«Loro sono i due nuovi iscritti!». Il più grande li indicò così che i due potessero andare ad loro.

«Quindi esiste ancora qualcuno che vuole iscriversi al club di teatro...» disse il ragazzo guardandoli. La ragazza sorrise. Gli altri due si presentarono.

«Armin Arlert della 1°E, piacere di conoscervi!».

«Marco Bott, anch'io della 1°E. Piacere!». Ci fu qualche secondo di silenzio.

«La 1°E? La classe del professor Levi?» chiese la ragazza al suo amico.

«Sì, proprio quella» rispose. Le s'illuminarono gli occhi.

«Piacere nostro! Io sono Petra Ral e lui è Oluo Bozado. Siamo ex alunni del professor Levi!» si presentò lei.

«Ha anche un fanclub da quant'è carina» specificò l'altro. Alcuni studenti li chiesero cosa ci facessero lì, dato che andavano all'università. Risposero che volevano andare a trovare i loro professori, siccome non avevano tanti impegni.

«Comunque, che stavate facendo?» domandò Petra.

«Stavamo decidendo la trama dello spettacolo».

«Che ne dite di una tragedia?» propose Oluo. Lo guardarono tutti sconcertati. «Che c'è? Il teatro è anche questo. Proprio come la vita...». Si girarono tutti lasciandolo parlare. Era suo solito perdersi in discorsi che nessuno ascoltava perché ritenuti noiosi. Rifiutarono tutti: era un anno che non si iscriveva nessuno. Adesso che avevano due nuovi studenti, volevano proporre qualcosa di più felice.

«Una storia d'amore? Magari con una relazione alunno-professore!» suggerì Petra.

«Abbiamo capito che ti piace il professor Levi, Petra. Ma non mi sembra il caso di dirlo a tutta la scuola...». La ragazza arrossì.

«M-ma che dite? Il professore? No...non mi piace affatto...». Si girò coprendosi il viso con le mani. Era proprio cotta.

«Penso che non funzionerebbe...questo tipo di relazioni ormai non si trova più in nessuna opera moderna» spiegò Armin. Era vero, ma il motivo principale era il fatto che gli ricordava troppo Eren.

«Armin ha ragione, non è un tema che attirerebbe molte persone...». Dopo aver discusso un po', Petra e Oluo salutarono i ragazzi e andarono a cercare loro ex professori.

«Chissà che classe è quella del professor Levi...» si domandò la ragazza.

«Di sicuro ci saranno scansafatiche e gente che non si incontra facilmente per strada» disse l'altro imitando Levi. La ragazza si arrabbiò.

«Smettila di imitarlo, Oluo! Il professore non parla in questo modo!». Una figura maschile li vide.

«Ehi, voi!» li chiamò avvicinandosi. I due si girarono.

«Ah, siete più grandi...scusate...» ridacchiò dall'imbarazzo.

«Sta tranquillo, che c'è?». Petra gli sorrise gentilmente.

«Sapete dove posso trovare il professor Levi? Ho bussato in vice-presidenza ma non mi ha risposto...». Il ragazzo strinse a sé i fogli che doveva portargli.

«Sei per caso della 1°E?» gli chiese Oluo incrociando le braccia. Il ragazzo annuì.

«Anche noi lo stiamo cercando. Vuoi unirti a noi?» gli chiese la ragazza guardandolo. Era più bassa, nonostante andasse all'università. Quindi doveva alzare la testa per guardarlo. Annuì. «Perfetto! Posso sapere il tuo nome?».

«Eren Jaeger» rispose.

«Bene, Eren. Allora andiamo tutti insieme a cercare il professore!» esclamò Petra. Iniziarono a guardare nelle aule.

«Posso chiedervi perché state cercando il professore?» domandò Eren.

«Volevamo andare a trovarlo». Li guardò straniti.

«Andate per caso all'università?».

«Esatto!» rispose la ragazza. «Tu, invece? Perché lo cerchi?».

«Volevo parlargli...». Di solito, Eren andava da Levi soltanto per vederlo. Parlavano di quel che capitava. Altre volte gli chiedeva dei consigli su alcune cose e così via. Tutto questo solo per stare un po' con lui.

Dopo aver controllato tutta la scuola, si arresero. Pensarono che fosse andato a casa.

«Impossibile! Il professor Levi mi aveva detto che c'era questo pomeriggio!» esclamò il ragazzino. Proprio in quel momento, arrivò un uomo.

«Come ha detto Eren, anche oggi mi tocca fare il pomeriggio per controllare la classe. Ma guarda caso, prima che inizino le attività del tuo club, devi sempre parlarmi, Eren». Al ragazzo luccicarono gli occhi.

«Professore!». Gli corse incontro. «Volevo consegnarle i fogli che mi aveva chiesto!». Gli diede i fogli che stava proteggendo con tanta attenzione. L'insegnante sospirò e li prese. Guardò poi chi c'era dietro Eren.

«Petra e Oluo, che ci fate qui? Non dovete studiare?».

«Non abbiamo tanti impegni in questi giorni, quindi ne abbiamo approfittato!» gli disse la ragazza avvicinandosi insieme al suo amico. Eren li guardò allontanarsi. Ancora una volta, rimase impalato senza aver potuto parlare. Decise di dirigersi dai ragazzi del suo club.

«Eren» lo chiamò Levi. Il ragazzo si girò felice.

«S-sì?».

«Oggi è il tuo turno ad essere controllato. Puoi parlarmi durante le pause se vuoi».

«Va bene!». Fece il sorrise più bello che avesse fatto in quei giorni di scuola e se ne andò entusiasta. Anche quel giorno poteva stare un po' con lui.

Una volta raggiunto il suo club, lo accolsero tutti cordialmente. Durante gli allenamenti aveva stretto amicizia con tutti, era diventato addirittura il preferito del capitano. Non c'era nessuno della sua classe.

«Ci siamo tutti?» chiese l'allenatrice.

«Sì!» risposero i ragazzi in coro.

«Andate a cambiarvi allora. Oggi vi allenerete a coppie». Detto questo, andarono nello spogliatoio. Quando Eren aprì il suo armadietto, trovò un biglietto sopra la sua divisa. Lo prese e lo lesse.

Ti guarderò oggi, quindi fai del tuo meglio.
Non stancarti troppo e riposati quando
ci sono le pause. Starò accanto alla tua
allenatrice, quindi se vuoi parlarmi sai
dove trovarmi.
Levi

Arrossì appena vide il nome "Levi". Non aveva scritto "Il professor Levi" come in tutti i documenti che scriveva, aveva messo il suo nome. Sorrise e lo rimise dentro l'armadietto.

«Ehi, Eren! Perché sei arrossito? Hai trovato una lettera d'amore?» scherzò il capitano.

«No, solo mia sorella che mi dice di mettercela tutta anche oggi» mentì prendendo la divisa. Quando tutti ebbero finito di cambiarsi, si diressero verso il campetto da calcio della scuola.

«Ragazzi, oggi abbiamo il professor Levi a sorvegliarci. Quindi fate del vostro meglio!» informò la loro manager, una ragazza di seconda con i capelli a caschetto. Aveva una cotta per il capitano e questo soltanto Eren lo sapeva. Infatti, ad ogni pausa, la aiutava ad avvicinarsi a lui.

«E soprattutto non fatemi fare figuracce!» precisò l'allenatrice.

«S-sì!» risposero intimiditi. Quando si arrabbiava, erano guai per tutti.

Iniziarono l'allenamento e Levi non distoglieva lo sguardo da Eren che stava facendo dei passaggi con il capitano. L'allenatrice aveva capito che erano ottimi amici, quindi, ad ogni allenamento, li metteva insieme. Era abbastanza bravo, tanto che l'avevano messo come punta della squadra.

«Eren, se continui così ti daremo la maglia numero dieci» gli disse il capitano.

«La maglia numero dieci? Davvero?». Il ragazzo non poteva crederci. Indossare quella maglia equivaleva ad essere il giocatore più forte della squadra. L'altro sorrise.

«Sarebbe un onore se la indossassi tu».

«Ma quello è il tuo numero, capitano...».

«Te la passo volentieri. Siccome c'è anche il professor Levi, possiamo discuterne con la squadra. Gli faremo capire quanto vali, Eren». Era deciso a dargliela.

«Non penso che...». Non riuscì a finire che subito il capitano chiamò gli altri. Raggiunsero le panchine e iniziarono a discuterne anche con l'allenatrice e la manager. Erano tutti d'accordo.

«Lei che ne dice, prof? Eren se la merita quella maglia?» gli chiese l'allenatrice.

«Dovrei vederlo giocare in una partita per decidere. Fatela ora, voglio vedere di cos'è capace il mio studente». Levi incrociò le braccia e guardò il ragazzo che gli sorrise convinto.

Fecero la partita. Eren sembrava un professionista da come si muoveva. Nel primo tempo segnò due goal. Durante la paura, l'insegnante decise che si meritava quella maglia. Il ragazzo quasi pianse dalla gioia. Se anche il professore aveva acconsentito, voleva dire che si aspettava grandi cose da lui ma soprattutto che aveva fiducia nelle sue potenzialità.

Quando la partita si concluse, si fecero le sei del pomeriggio e i ragazzi dovettero tornare a casa. Eren era rimasto solo nello spogliatoio. Si sedette sulla panca a bere dalla sua borraccia. Era la seconda partita di allenamento e si stancò molto, anche se non lo fece notare al resto della squadra. Nemmeno il capitano se ne accorse. Ad un certo punto, sentì la porta aprirsi.

«Eren, che ci fai ancora qui?».

«Professore...». Aveva il fiatone. Levi chiuse la porta e si mise a sedere accanto a lui.

«Hai giocato bene, Eren».

«Grazie prof...».

«Immagino che tu sia stanco». Il ragazzo annuì. «Appoggiati pure sulla mia spalla, riprendi fiato». Così fece. Eren chiuse gli occhi. Levi gli accarezzò i capelli. «Sei fradicio, ancora non ti sei fatto la doccia?».

«Ancora no».

«Fattela ora. Se vuoi ti aspetto».

«Non ha altri impegni, prof?».

« Il mio impegno è quello di tenervi sott'occhio e assicurarmi che stiate bene. Quindi vatti a fare una doccia. Ti aspetto qui».

«Grazie prof...».

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