7. Family Line

How could you hurt a little kid?
I can't forget, I can't forgive you
'Cause now I'm scared that everyone I love will leave me

Sua madre non l'aveva mai voluta. Il concetto era stato piuttosto chiaro fin da quando era solo una bambina.

Era stata una gravidanza indesiderata la sua. Uno sbaglio compiuto da un marito e una moglie troppo ubriachi per pensare alle precauzioni. Un errore a cui era impossibile rimediare, se l'aborto era considerato peccato.

Le aveva rovinato la vita, la carriera, a cui aveva rinunciato pur di badare a lei e sua sorella maggiore. E sua madre gliel'aveva fatta pagare, ricordandole ogni giorno di quanto insignificante fosse, della sua problematica esistenza, della sua lingua lunga.

Del suo essere un peso per quella famiglia, un'aggiunta improvvisa.

Suo padre, invece, ci aveva provato a volerle bene. Aveva rinunciato dopo qualche anno, sì, ma almeno un tentativo l'aveva fatto. Non che valesse molto, effettivamente, ma sicuramente era ancora più doloroso. Significava averlo deluso, non essere stata abbastanza brava da portarlo a volerle bene.

Dio, quanto faceva male pensarci.

Come poteva pensare che gli altri, che degli sconosciuti, le sarebbero rimasti accanto, se neppure la sua stessa famiglia voleva avere a che fare con lei, se persino le persone che le avevano dato la vita avrebbero preferito vederla giacere sotto un cipresso?

Eppure... non le sembrava di essere una cattiva persona. Non le pareva di essersi comportata male nei confronti dei suoi genitori. Il suo unico sbaglio era stato nascere, però... però quella non era stata una sua decisione. Non l'aveva scelto lei di venire al mondo...

Perché fargliene una colpa allora?

Perché agire come se sopravvivere fosse stata una sua decisione?

L'avevano costretta a sentirsi il prodotto di una scopata, il prodotto di una moltiplicazione sbagliata e che non aveva fatto altro che causare dolore a tutti quelli che le stavano intorno.

Dopotutto... chi mai starebbe accanto ad uno zero? Un numero moltiplicato per zero dà sempre zero, non importa se sia uno, se sia un miliardo, se sia infinito...

Lo zero è il nulla. Lo zero è il motivo per cui da tutto si può passare al niente.

Lei era lo zero di tutti gli amori che aveva avuto.

Era stata colpa sua, se ogni persona con cui era stata in un modo o nell'altro l'aveva abbandonata.

«Mamma non ti ha mai voluta» le aveva detto sua sorella una volta. «E nemmeno io»

Non era una novità per lei che Emilia la trattasse male. Per un periodo ci aveva sofferto da morire, piangeva per ore e alla fine si addormentava per lo sfinimento, ci era voluto un po' prima di iniziare a reagire.

Ora almeno sapeva risponderle, ma prima era stato un trauma. Scoprire da bambina che lo stesso sangue del suo sangue non la voleva le aveva provocato cicatrici indelebili nel petto, squarci potenti, squarci così profondi da farla sanguinare fino alla morte.

Squarci che non sarebbero mai guariti.

Guardava Max insieme a Victoria e non riusciva a capire come potesse esserci un legame tanto profondo tra di loro.

Guardava Maggie sognare di fronte ad un rapporto come quello dei Verstappen perché aveva desiderato per tutta la vita un fratello e non comprendeva... Non comprendeva come lei, che quei problemi non ce li aveva, potesse desiderare una cosa del genere.

Non lo vedeva, lei, cosa Emilia le avesse provocato dentro?

Non lo vedeva come stava male ogni volta che si trovava costretta ad incontrarla?

Non lo vedeva che era meglio rimanere da soli che avere accanto qualcuno come lei?

Max e Victoria erano l'eccezione, non la regola. A loro era andata bene, i Verstappen si amavano più di qualsiasi altra cosa al mondo, ma non funzionava per tutti così. Era certa che se Emilia avesse potuto scamparla senza conseguenze probabilmente l'avrebbe pure ammazzata.

Maggie...

Maggie non poteva capire. Non poteva sapere.

Fino a pochi mesi prima anche lei aveva avuto problemi con i suoi genitori, che dal dicembre del 2018, quando si era ritirata dal mondo della moda, avevano smesso di considerarla degna della loro presenza. Eppure ora andavano d'accordo.

Eppure ora ci provavano a volersi bene, a vedersi, a incontrarsi, ad abbracciarsi. Sì, Maggie se n'era andata, il rapporto si era frantumato, ma almeno erano tornati ad essere una famiglia. I signori Soler la venivano a trovare almeno una volta ogni tre settimane, andando a cena con lei e Max, portandole regali...

Obbligando Selene a provare un senso di invidia immenso, a pensare "Perché non io?", a credere di non essere abbastanza.

Beh, probabilmente abbastanza non lo era.

E magari non lo sarebbe mai nemmeno stata.

Sarebbe potuta essere perfetta, la creatura migliore che quel mondo avesse mai prodotto, e agli occhi dei suoi genitori comunque non sarebbe stato sufficiente.

Chissà, forse avrebbe dovuto farsi rapire dagli alieni. Magari in quel caso a loro sarebbe importato...

O magari no, magari farei loro soltanto uno stupido favore togliendomi di torno.

La vibrazione del suo telefono, che teneva in mano, la riportò improvvisamente alla realtà, spezzando la bolla di silenzio che le si era creata intorno. Lo schermo nero si illuminò, mostrando un messaggio sul gruppo che aveva con Maggie e Max.

Ciao bellezza, ciao rottura di cazzo. Sono appena atterrato a Nizza (finalmenteee). Stasera non ho niente da mangiare, posso spiaggiarmi da voi? Così festeggiamo come si deve!!

Subito la risposta di Maggie: Yeppi, certo che puoi, amore <3, non vedo l'ora di vederti

Toccava a lei digitare ora: No, che dentro casa nostra entrano solo uomini dotati. Tu... tu al massimo hai la zampetta di una piovra

Max le invio uno sticker di un dito medio. Quanto sei stronza, zusje!!!

I know <3 <3 <3

Maggie condì il tutto con delle faccine divertite, portando Selene a sorridere. La sensazione di casa che quei due le provocavano, di solito, era abbastanza per sconfiggere la delusione cocente della sua famiglia - quella volta non fu completamente così.

Il nero intorno al suo cuore era immenso, costituendo una schermatura resistente persino verso l'amore dei suoi amici.

Scosse il capo, cercando di concentrarsi sul suo migliore amico e sul motivo di quella futura celebrazione! Il giorno precedente c'era stato il Gran Premio in Giappone, che aveva decretato la vittoria di Max, come al solito del resto, ma che l'aveva anche consacrato come campione del mondo per la seconda volta. Era stato bravissimo in tutta la stagione, se lo meritava completamente!

Quella sera, come da programma, avrebbero festeggiato tutti e tre insieme! Victoria, Tom e i bambini li avrebbero raggiunti la mattina seguente, per fare un giro in barca come una specie di famiglia allargata.

Maggie ci aveva provato a convincere Max a celebrare con i suoi amici, il suo team, ma lui non aveva voluto sentire ragioni, di nessun tipo - «Siete le mie persone preferite al mondo, meisje, voglio solo stare con voi!» aveva detto.

Quando la sua migliore amica glielo aveva raccontato, citando le parole precise dell'olandese, Selene non aveva potuto fare a meno che percepire gli occhi diventare lucidi.

Casa.

Max è casa.

Max era la famiglia che aveva sempre desiderato avere e che poi non aveva mai avuto. Una di quella anime che, luna dopo luna, le stava rimettendo insieme i pezzi.

Tuttavia, c'era anche un'altra persona degna di nota, un altro essere umano che si stava conquistando un posticino nel suo cuore.

Lentamente, con le sue parole gentili, Lewis Hamilton le stava facendo capire di aver sbagliato ad affidarsi completamente a Sam, che non poteva rimanere ancorata a lui soltanto perché era stato il motivo per cui Maggie ora poteva finalmente vivere in pace.

«Non è così semplice, Lewis» gli aveva detto, rispondendo ad una delle tante affermazioni del pilota. «Non posso dimenticarmi di lui così facilmente. Non quando ha ricominciato a farmi credere nell'amore!»

«Lo so che non è semplice, hurri, me ne rendo conto. Ma... se continui così, se continui a struggerti per lui, finirai con l'autodistruggerti»

E non lo sono già, Lewis?, avrebbe voluto dire. Non sono già distrutta?

«Forse è quello che mi merito» aveva sussurrato invece. «Forse è meglio che me ne rimanga qui, da sola, a soffrire»

«Credo di avertelo già detto una volta...» Lewis allora le si era avvicinato, sfiorandole la guancia con le labbra. «Non ho intenzione di lasciarti» aveva aggiunto, stringendole forte la mano con la propria.

Ripensare a quei momenti le forniva un senso di pace immenso. Senza nemmeno volerlo, l'inglese era diventato una fonte di conforto per lei. Sembrava che sapesse sempre quando e cosa dire: aveva una parola buona per tutti in ogni occasione, per lei nello specifico.

Spesso si domandava come facesse.

Chissà come facesse a volerle bene.

Chissà come facesse a desiderare di aspettarla.

Chissà come facesse a non stancarsi del niente.

Guardava i padri con le loro bambine e si chiedeva perché? Perché non era lei quella lì? Perché non era lei quella a meritarsi l'affetto dei suoi genitori?

Il suo di padre non sapeva nemmeno che avesse terminato gli studi, come poteva pretendere che si interessasse al resto della sua vita?

Ignorando le lacrime che minacciavano di scappare al suo controllo, Selene si alzò in piedi, abbandonando sul piccolo tavolino del bar in cui si trovava una manciata di euro, il necessario per pagare il proprio caffè.

La testa le faceva incredibilmente male, pulsando senza fine ad ogni ricordo doloroso che prendeva il sopravvento. Quel giorno erano davvero tanti quei ricordi, a quanto sembrava.

Senza nemmeno farlo di proposito, si ritrovò a sorpassare un signore vestito di tutto punto, lo smoking nero che scintillava sotto il sole monegasco. Non riuscì a non chiedersi quale fosse l'occasione e per saperlo non ebbe bisogno neanche di aspettare troppo.

Una laurea.

Dall'edificio davanti a lei spuntò una giovane dai capelli scurissimi, quasi del suo stesso colore, e con gli occhi verdi lucidi per l'emozione. Piangeva gioiosa, stringendo nella mano sinistra la risma che era la sua tesi ed afferrando debolmente con la destra la corona d'alloro che le era stata poggiata sulla nuca.

Il suo sorriso era talmente bello che se solo Selene non fosse stata ancora infossata con Sam probabilmente ci avrebbe persino provato. Era bellissima, nel suo abito azzurro. Splendeva come il sole d'estate.

Dio, destino, cosa ti ho fatto di così tanto sbagliato?

La spagnola non ci mise molto ad individuare i genitori della ragazza. Suo padre reggeva una macchina fotografica dalla smisurata dimensione e l'unica cosa che faceva era scattare foto alla sua 'bambina', interrompendosi solo per asciugarsi le lacrime fiere. Sua madre, invece, la guardava con orgoglio, come se quella sola persona per lei rappresentasse il centro del mondo.

Selene si chiese come fosse possibile che anche quella volta non avesse un metro di paragone.

La sua laurea suo papà e la sua mamma l'avevano saltata. Anzi, l'avevano persino dimenticata. «Voglio studiare» e «Filosofia» erano state le parole che aveva pronunciato di più in passato. Possibile che davvero non lo ricordassero?

Possibile che la odiassero così tanto?

Quella volta sì che prese a piangere, non potendo più ignorare l'orribile buco nero che sembrava averle divorato il petto. Fuggendo da lì, più velocemente possibile, si rifugiò in una panchina appartata, coprendosi il viso con le mani e permettendosi uno sfogo.

La sua unica fortuna quella mattina era stata quella di non mettere il mascara, altrimenti sarebbe risultata la figlia di un panda con la faccia spiaccicata da un autocarro.

Le lacrime le scivolavano per le guance veloci, dolorose come non mai. Una lama che continuava a pugnalarla alle spalle, trapassandole il petto ferocemente. Non le restava che aspettare il momento in cui si sarebbe dissanguata, quello in cui finalmente avrebbe trovato la pace.

Da morta non avrebbe più provato quel senso di inadeguatezza che ora la dilaniava.

I morti non sentono niente.

Perché i morti non sentono nulla?

L'ultima volta che si era trovata in una situazione del genere, un ragazzo le si era fermato davanti per parlarle, per chiederle come stesse, per farla innamorare all'istante, in un colpo di fulmine che aveva davvero creduto sarebbe durato in eterno.

Ora quel sentimento si stava spegnendo, quello stesso ragazzo la stava perdendo secondo dopo secondo, permettendo alla sofferenza di bruciarla viva, non sentendola neppure gridare mentre ardeva tra le fiamme alte e feroci.

Sam non c'era più.

Non si era fatto sentire. Non l'aveva chiamata. Non le aveva mandato messaggi. Era sparito, lasciandola da sola.

Perché mi hai lasciata andare, Sam? Perché non mi hai chiesto di restare?

Perché Lewis le aveva promesso che sarebbe rimasto, se colui che invece avrebbe dovuto amarla non l'aveva fatto?

Lo schermo del suo cellulare si illuminò ancora una volta.

Ma non era Max, in quell'occasione.

Hey hurri🌪, sono appena arrivato a Monaco e ho pensato di vederti. Sei libera? 🤍

Lewis...

La sola vista del cuore le fece tremare le mani, bianche per via della forte pressione che stava esercitando sul suo telefono. Una lacrima cadde sul display, disegnandovi sopra una goccia.

Ovviamente sei non hai nulla da fare <3, fu il messaggio successivo, scritto probabilmente non vedendola rispondere.

Digitò all'istante, sentendo un peso depositarlesi sopra al cuore. Scusa Lew, oggi non posso, non mi sento molto bene...

Vuoi parlarne? <3

Voglio solo piangere tranquilla.
Scusami ancora.

Non ti preoccupare. Sappi che se vuoi, io sono qui

Sì, certo che lo sapeva.

E forse era quello stesso saperlo un problema.

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