4. Hurricane
«E così gli ho detto che è un idiota»
«Tu che dai dell'idiota a qualcuno, Verstappen? Cos'è, il mondo si è ribaltato?»
«Fengári!» la voce divertita di Maggie la riprese, portandola ad alzare gli occhi al cielo. «Dai!»
«Ho solo detto ciò che penso, Mags!»
«Perché, sai pensare?» le rispose Max, tirandole un pugno sulla spalla e mettendosi a ridere.
«Sì, immagino che tu invece non sappia cosa significhi»
«Divertente»
Maggie scosse il capo, mascherando una risata. «Siete incredibili, ragazzi» commentò. Si allungò, afferrando il proprio cellulare e notando la presenza di un nuovo messaggio. «Oh, hey, è tua madre, Maxie!»
«Mia madre? Che vuole?»
«Probabilmente ha inviato a Maggie la ricevuta del bonifico che le fa mensilmente per restarti accanto»
«Zusje, perché non taci?»
«Perché è divertente romperti i coglioni»
«Onesto»
La rossa scosse il capo. «Vuole sapere se siamo a Monaco questa settimana per mangiare insieme, bambini»
Erano passate un paio di settimane da quando Lewis e Selene avevano speso quella serata al bancone del bar, a chiacchierare e scherzare come se nulla fosse, e da allora più e più volte si erano scambiati dei messaggi buffi e comici - la sera, quando solo la luna poteva essere testimone delle loro discussioni, spesso parlavano al telefono per ore ed ore.
Selene approfittava dei momenti in cui né la sua migliore amica né Max si trovavano al suo fianco e si divertiva ad inviare selfie brutti e strani, ricevendo come risposta ogni volta la stessa tipologia di messaggio.
Si sentiva come se Lewis la capisse.
Come se potesse veramente comprendere il dolore che stava provando.
Per lei, per come aveva il cuore spezzato, tanto valeva star piangendo per un lutto, per la perdita della persona più importante della sua vita. Il pilota ora invece le stava mostrando una realtà nuova, in cui gli scherzi e le battute andavano a sostituirsi alle lame affilate della sofferenza.
Era una sensazione di sollievo, quella che provava quando si ritrovava accanto all'inglese.
Una sensazione di pace che ormai aveva persino dimenticato, tanto tempo era passato dall'ultima volta in cui l'aveva percepita.
«Vi va di andare al sushi, stasera?» propose Max, spaparanzato sul divano dell'appartamento delle ragazze. «Ho visto che hanno aggiunto un paio di portate nuove!»
«Ti ricordi, vero, che hai un regime alimentare da rispettare?»
«Shh meisje, una volta tanto si può sgarrare»
«Se lo dici tu... Sel? Che ne pensi? Che ne pensi di questo piano geniale per far sì che Bradley lo ammazzi?»
Selene sorrise. «Se il suo preparatore lo ammazza, la sua amata migliore amica, ossia la sottoscritta, sarà ben felice di seppellirlo»
«Apprezzo l'entusiasmo, zusje. Quindi? Vieni con noi?»
«Ma sì, dai. Tanto non ho niente di meglio da fare»
«Non c'è niente di meglio di stare con me!» la rimbeccò Max, incrociando le braccia al petto. «Dovresti saperlo ormai!»
«Ma non potevo nascere come Bocelli?»
«È cieco, lui»
«Ah. Qual è quello sordo, allora?»
«Boh»
«Ma dai, il compositore»
«E io che ne so?»
«Siete degli ignoranti!» li riprese Maggie, tirando ad entrambi una manata sulla nuca una volta in piedi. «Era Beethoven»
«Siamo sicuri?»
«Idioti»
Selene sorrise, afferrando il pezzo di sashimi con le proprie bacchette e portandoselo alle labbra. Accanto a lei, Maggie stava blaterando qualcosa su come avesse ricevuto nuove proposte lavorative per tornare nel mondo della moda e Max, seduto dall'altro capo del tavolo, la osservava pendendo dalle sue labbra.
Erano troppo carini, quei due. Letteralmente, erano la coppia più cute che avesse mai visto!
Ogni volta che li guardava provava un'invidia travolgente, però era felice di sapere con certezza che non si trattasse di un'invidia brutta, piuttosto di una più da "vorrei anche io quello che hai tu, ma sono felice per te perché ti amo alla follia".
Soltanto alcune settimane prima, nel posto di fianco al suo c'era stato Sam, che conversando con i Sorstappen aveva avuto modo di esprimere tutta la propria cultura. Li aveva incantati entrambi, specie per il ruolo che aveva avuto nella conclusione del capitolo più brutto e feroce della storia di Maggie, e né l'olandese né la spagnola avevano creduto alle loro orecchie quando aveva annunciato della rottura, tanto convinti erano che sarebbero durati per sempre.
Eh beh, se lei era la prima ad esserne certa, come avrebbero potuto non esserlo anche gli altri?
«Fengári, una cosa»
«Dimmi, Mags»
«Ecco... siccome è un anno che io e Max ci siamo incontrati, quando Vic mi è venuta addosso, pensavamo di farci un weekend fuori da soli. Sarebbe un problema per te?» glielo chiese con quel suo tono così gentile e puro che non poté fare a meno di negare con forza.
«Un problema? Ma come ci pensi!» esclamò. «Sono felicissima per voi, ragazzi, andate e divertitevi, che voglio diventare zia il prima possibile!» scherzò, facendo ridere entrambi.
«Sta buona, Selene!» la riprese Max, giocosamente. Poi aggiunse: «Sei peggio di un uragano»
Subito, il cuore della corvina perse un battito e le sue guance si arrossarono di botto, mostrando come fosse ancora nervosa di fronte al ricordo della camera d'hotel del pilota inglese. Si sfiorò leggermente le labbra con le dita, deglutendo.
«Lo prendo come un complimento» si costrinse a dire, pur di iniziare a smaltire la tensione che aveva in corpo. Afferrò un altro pezzo di sushi, intingendolo nella salsa di soia e mangiandolo. Dopo qualche secondo di silenzio, esordì di nuovo. «Ci avete pensato?»
«Mh?»
«Ci avete mai pensato? A se un giorno vorreste avere dei figli, intendo. E non metto nemmeno in discussione una vostra possibile rottura, toglietevelo dalla testa, siete anime gemelle»
Max abbozzò un sorriso. «Io sì»
«Anche io»
«Davvero?»
Fu l'olandese a proseguire. «Certo che ci ho pensato. E come potrei non averlo fatto? La tua cara migliore amica è la mia persona»
Maggie si limitò ad osservarlo, ma la sua espressione diceva più di quanto avrebbero potuto fare mille parole. Erano gli occhi dell'amore, i suoi. Non c'era altro modo per definirli.
«Siete belli»
«È la prima volta che mi fai un complimento, wow!»
«Infatti l'ho fatto a Maggie, non a te, deficiente» ribatté, intingendo una bacchetta nella salsa e spedendo una gocciolina scura contro il pilota, che le rispose unicamente con una smorfia e con il dito medio.
Prima ancora che Max potesse replicare, i suoi occhi blu si posarono su un punto dietro le sue spagnole preferite, spalancandosi per la sorpresa. «Ehm...»
«Che c...»
«Non voltatevi» comandò, improvvisamente serio. Quando le due disobbedirono, le fulminò, obbligandole a tornare a prestargli attenzione. «Vi ho detto di non voltarvi!»
«Lo sai che siamo curiose!»
«No, siete delle ficcanaso» borbottò, prima di chinare la testa e nascondere il viso dietro alla propria mano. «Non credo che tu voglia girarti, Maan, dico sul serio»
Era tanto che non la chiamava così, Max. Maan. Luna in olandese.
«Perché? Che succede?»
«C'è Sam»
Bastarono quelle due parole, tre senza contare l'elisione, per provocare un'istintiva crisi nella ragazza. Aveva smesso di piangere non molto tempo prima, non poteva permettersi di riprendere proprio ora.
Non proprio lì.
Non proprio quando i suoi unici amici potevano vedere quanto miserabile fosse.
Quanto frantumato il suo cuore fosse.
Quanto dolore provasse.
Si irrigidì, deglutendo ed andando ad attorcigliare un lembo del vestito che indossava intorno alle dita della mano destra.
«Ci ha visto?» si ritrovò a chiedere.
Un tempo... un tempo avrebbe desiderato solo che la risposta fosse 'sì, sta venendo qui'.
Ora, invece... ora pregava per il contrario.
Cielo quanto poteva cambiare la vita nell'arco di soltanto qualche mese.
Quando era diventata così codarda da non riuscire più nemmeno a guardare negli occhi qualcuno che l'aveva lasciata andare? Perché quello aveva fatto Sam, aveva permesso che se ne andasse, che la loro storia finisse nel dimenticatoio.
Come se non fosse mai esistita.
Come se fosse solo lei quella a soffrire.
«Non dovresti volergli chiedere di aspettare, Selene, se lui non ti ha chiesto di restare. Non è giusto»
Quelle parole le risuonarono all'istante nella testa, mentre l'immagine di Lewis che la stringeva in un abbraccio la costringeva a ritornare con i piedi per terra.
Max la fissava, probabilmente in attesa di una risposta.
«C-cosa? Non ho capito, scusami»
Normalmente si sarebbe aspettata un commento piccato, un commento ironico e sarcastico, ma lui non lo fece. Addolcendo lo sguardo, Max alzò le spalle debolmente. «Credo che mi abbia visto, sì» mormorò piano. «Mi spiace»
«N-non importa»
Maggie le posò la mano sulla spalla, carezzandola con delicatezza. «Vuoi andare via? Non ci sono problemi, fengári»
«No, non... non vi preoccupate»
«Davvero zusje, non c'è problema!» aggiunse il pilota, allungandosi e facendo cozzare una delle sue bacchette contro quelle dell'amica. «Possiamo andarcene in ogni secondo!»
«No, io... ho solo bisogno di un momento»
Afferrando la propria borsa, scattò in piedi. Con il cellulare ben stretto tra le mani, si diresse in bagno, ringraziando il cielo per averglielo fatto trovare vuoto. Si rese conto di star tremando solo quando, sbloccato lo schermo, provò a digitare una serie di lettere.
Il contatto che recitava Lewis 🌧☀️ mostrava unicamente una chat chilometrica risalente a qualche giorno prima e Selene dovette fare un bel respiro prima di decidersi a comporre una frase di senso compiuto.
L'agitazione la stava mangiando viva, un mostro che non aveva mai saputo come combattere e che continuava ancora, dopo tutti quegli anni, a sconfiggerla inesorabilmente, in una battaglia lunga millenni, una Clone Wars infinita.
Dio, pensava, sono proprio patetica.
Due spunte blu comparvero vicino al messaggio che aveva inviato nel giro di pochi istanti, quasi come se l'inglese fosse stato accanto al proprio cellulare per ore ed ore in attesa dell'arrivo di un piccolo rettangolino bianco. La scritta online venne però sostituita da un ultimo accesso alle... e il cuore della ragazza prese a fare così male che temette quasi di sentirlo rompersi una volta ancora.
Solo la melodia della sua suoneria riuscì a salvarla, obbligandola a leggere il mittente della chiamata. Quando vi trovò il nome del pilota inglese, non esitò neppure un secondo a rispondere.
«Hey» salutò, la voce che tremolava, in attesa di spezzarsi.
«Hey hurricane! Che succede?»
«Ti ho disturbato? Se sì, non importa, non è...»
«Oh assolutamente no, non mi hai disturbato. Tu non disturbi mai»
Un accenno di sorriso le comparve sul volto. «Sono andata al sushi con Max e Maggie e indovina un po'?»
«Oh no»
«Già»
«È quello che penso?»
«Sì»
«Ma lui ti ha visto?»
«Non lo so, però sicuramente ha visto Max. È difficile non notarlo, visto la testa grande e piena di ego che si ritrova»
«Stai bene?»
«No»
Ed era la verità, non stava bene. Il sapere che Sam fosse lì, dall'altra parte della sala, riusciva a mandarle in pezzi il cuore, tanto era tentata di andare da lui per parlare. Ma non poteva, non poteva perché se ci fosse andata avrebbe accettato quella maledetta proposta di matrimonio.
Se ci avesse parlato, non avrebbe saputo rifiutare ancora.
«Okay, mandami la posizione»
«L-la posizione? Lewis, che vuoi f...»
«Mi pare ovvio, hurricane, vengo a prenderti»
Lewis non aveva voluto sentire ragioni, non c'era stato niente da fare.
Dichiaratosi preoccupato per lei, aveva stabilito che nel giro di pochi minuti si sarebbe fatto trovare lì e le avrebbe regalato un po' di pace e tranquillità. Selene non ne era poi così tanto convinta, ma sicuramente era molto meglio trovarsi insieme a Lewis che in una sala piena di gente, piena di lui, senza poter parlare.
E poi... chi lo sfissava uno come Hamilton?
Tornata da Maggie e Max, annunciò loro che avrebbe lasciato il sushi per prendere un po' d'aria. Rettificò quattro volte di voler stare da sola, pur di convincere i suoi amici a rimanere lì. E solo quando il suo cellulare vibrò, illuminandosi con la scritta "Sono qui 🌪", si convinse ad uscire.
Urtando quasi una cameriera, che portava un vassoio pieno di sashimi e nigiri, si dovette fermare. Con la sua solita sfortuna, il tavolo davanti al quale si interruppe era proprio quello di Sam, che ora la fissava sorpreso e con la bocca aperta, un pezzo di salmone a penzolargli dalle bacchette.
«Selene...» il suo nome, pronunciato da quelle labbra, fu quasi una tortura, una freccia diretta al suo cuore per martoriarlo, e, certa di non poter resistere a quella sensazione di terrore, quasi si mise a correre.
Aperta la porta di vetro, scivolò fuori, convinta di poter finalmente prendere una boccata d'aria. Neanche un secondo dopo, Sam era al suo fianco e le aveva afferrato il polso pur di bloccarla.
Quando incrociò il suo sguardo, le sembrò di non conoscerlo, le sembrò che quegli occhi che era convinta di amare si fossero induriti, che avessero smesso di considerarla con rispetto.
What a shame she's fucked in the head, they said.
«Lasciami» sussurrò, cercando di strappare il braccio dalla sua presa. «Ti prego, lasciami andare»
«Perché mi ignori? Lo so che Max mi ha visto»
Qualcosa scattò in lei, come una fiamma che si era accesa all'improvviso, un ricordo della donna espansiva che era stata prima di quella rottura. «Perché tu hai ignorato me» sentenziò. «Perché tu hai permesso che me ne andassi»
«Sei tu che non hai voluto sposarmi, Selene!»
«Ohh, non osare addossarmi la colpa» ribatté. «Siamo stati insieme cinque mesi, cinque cazzo di mesi, non anni. Ma non è nemmeno quello il concetto, non è quello il problema. Il problema è che mi hai lasciata pur sapendo dei miei problemi, pur sapendo di cosa mi succederà, pur sapendo di come io mi sia sentita ogni volta che qualcuno ha chiuso con me. E non ti è importato. Te ne sei fregato, Sam, e così facendo mi hai distrutta»
«Avresti solo dovuto dire di sì...»
Selene scosse il capo debolmente, un velo lucido sopra le iridi smeraldo. «E tu avresti dovuto amarmi»
«Io ti amo»
«No» fece, voltandogli le spalle e finalmente individuando la vettura con all'interno Lewis, che stava volgendo la testa in ogni direzione pur di trovarla. «Non mi ami» ripeté. «Perché qualcuno che ti ama non ti impone ultimatum, qualcuno che ti ama ti supporta, ti accetta per quello che sei. Tu invece mi hai dato solo condizioni»
«Non ti ho mai chiesto di accettarle»
Gli occhi di Lewis si posarono su di lei, Selene riuscì a vedere un piccolo sorriso formarglisi sul viso, ma subito si accorsero anche della persona alle sue spalle.
«Avresti dovuto capire»
«Non hai mai dato nessun segno»
«Ne ho dati tanti invece. Ma non hai saputo coglierli»
«Forse sei tu che non hai saputo come spiegarli»
«Forse» borbottò, stritolando la tracolla della borsa nella mano. «Ciao»
«Selene...»
Senza dargli nemmeno il tempo di proseguire, scossa da quella conversazione, accelerò verso la macchina di Lewis. Non le importava che Sam potesse vederla, non avrebbe mai avuto la faccia tosta di andare a parlare con Max e Maggie - sapeva che quei due, l'olandese in particolare, l'avrebbero mangiato vivo -, non avrebbe rischiato.
Ignorando le occhiate che ricevette, salì a bordo del lato passeggero della Mercedes.
«Hey»
Lewis le andò subito a stringere la mano. «Era lui?»
«Già»
«Lo facciamo rosicare perché lui una macchina come questa non ce l'ha?»
Bastarono quelle parole, leggermente ironiche e piccanti, per farla sorridere, e Lewis non poté fare a meno di sentirsi fiero.
«Distruggiamolo»
«Come lei desidera, mademoiselle»
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