25. Haunted







Stood there and watched you walk away
From everything we had
But I still mean every word I said to you
He will try to take away my pain
And he just might make me smile
But the whole time I'm wishing he was you instead






Lewis sospirò, strimpellando qualche nota sulla sua chitarra, ritrovandosi a fissare il cellulare per la centesima volta. Erano giorni che non squillava più: aveva disattivato le notifiche per chiunque non fosse la sua amata corvina, chissà, forse sperando di evitare qualsiasi possibile illusione, ed ora si ritrovava lì...

Da solo.

Senza più nemmeno un messaggio da parte della ragazza.

Gli mancava, maledizione. Gli mancava così tanto che persino respirare era diventato impossibile, così tanto che il suo cuore tornava a battere soltanto pensandola.

Perché Selene era lì, nella punto più fragile che possedeva, immobile come il migliore dei sentimenti.

«Ho l'Alzheimer, e niente di tutto questo un giorno per me avrà rilevanza! Ecco la storia, sei contento ora?!» gli aveva gridato contro, l'ultima volta in cui l'aveva vista, nel vialetto di casa sua, quasi certamente convinta che sarebbero bastate quelle parole a scacciarlo, a fargli smettere di amarla.

Ma quello che Selene non capiva era che, sì, Lewis aveva tanto voluto sapere la verità, tuttavia, ora che ne era a conoscenza, beh... non poteva importargliene di meno. L'unica cosa che voleva era restarle accanto, nel bene e nel male, non contava altro.

Avrebbe dimenticato tutti quelli che amava? Nessun problema, ci sarebbe stato lui a rinfrescarle i nomi di ognuno. Anche se si trattava di persone che non conosceva, non c'era alcuna differenza, avrebbe memorizzato ogni cosa che lei non poteva più ricordare.

Non voleva essere soltanto una parentesi tonda in una vita di parentesi graffe.

Voleva essere lì per lei, supportarla anche quando si sarebbe convinta di essere un peso per coloro che la amavano: la conosceva, ormai, sapeva l'avrebbe pensato. Era fatta così, lei, dopotutto.

Voleva dimostrarle che non doveva avere paura di essere abbandonata, che non doveva necessariamente pianificare ogni cosa, che il suo essere machiavellica era solo una maschera per proteggersi.

Voleva farle capire che non poteva farsene una colpa, se pensava in quel modo.

Ti hanno rovinata, principessa, avrebbe voluto dirle, ogni volta in cui gli aveva parlato dei suoi genitori, perché era così.

Erano stati loro a renderla insicura, a spingerla a credere di essere il motivo per cui tutti se ne andavano. Sì, forse con i suoi comportamenti lei aveva dato una mano, ma ognuna di quelle persone sarebbe rimasta se avesse voluto veramente farlo.

Lui sarebbe rimasto.

Odiava che non lo capisse, che pensasse che senza di lei sarebbe stato meglio, perché... perché la verità era che, dal primo momento in cui l'aveva vista, Lewis l'aveva amata.

E non nel modo in cui aveva amato Nicole, no.

In un modo nuovo.

In un modo travolgente e sincero, in un modo puro e leale.

In un modo che l'avrebbe spinto a fare qualsiasi cosa, persino uccidere, pur di mostrarle quanto tenesse a lei e quanto, sopratutto, la amasse.

Doveva ammettere che, onestamente, aveva sperato che uno tra Maggie e Verstappen lo contattasse, giusto per fargli sapere come Selene stesse - Lewis ancora non aveva idea della fuga della ragazza, né tantomeno era a conoscenza del suo aver accettato la proposta di Sam.

Quello l'avrebbe scoperto soltanto qualche ora dopo, quando, andando verso la palestra, si sarebbe scontrato proprio con loro due.

E quell'incontro per lui fu come venire pugnalato alle spalle dalla persona di cui si fidava di più.

Era così, dopotutto.

Era lei che l'aveva pugnalato.

Era lei quella di cui si fidava di più.

Seppure il suo cuore l'avesse già riconosciuta, i suoi occhi ci misero di più.

Non sembrava Selene, quella lì.

Gli occhi spenti e vuoti erano circondati da pesanti anelli neri, come se non dormisse da giorni interi, e sul suo viso non c'era neppure un filo di trucco: non l'aveva mai vista così.

Selene AMAVA passare ore a truccarsi, a creare perfette figure con l'eye-liner, si divertiva a giocare con i colori, a sfumare gli ombretti, a mescolare tutti i vari tipi di rossetti e tinte labbra. Non era da lei uscire di casa senza provare neanche ad impugnare un pennello.

You are spiraling, princess.

Stai perdendo il controllo, principessa.

Quando la corvina alzò lo sguardo, per un solo secondo le sue iridi scintillarono di luce pura, prima che si ricordasse di cosa aveva fatto e detto. Non voleva più avere niente a che fare con lui, giusto?

E allora perché sembrava che il solo vederlo l'avesse appena riportata in vita?

Selene tornò a fissare il marciapiede e Sam non ci mise molto a riconoscerlo ed identificarlo. Era pur sempre Lewis Hamilton, non importava il tipo di relazione che c'era stato tra lui e la spagnola.

Quest'ultima doveva però aver evidentemente parlato, perché il ragazzo non ebbe problemi ad afferrarla per il braccio sinistro, strattonandola. La costrinse ad alzare la mano, stritolandole il polso con le dita abbronzate. Sventolò in bella vista l'enorme anello scintillante che le brillava all'anulare, portandolo quasi a svenire.

«¿Qué has hecho, huracán?» (Che cos'hai fatto, uragano?) riuscì a domandarle, nell'esatto secondo in cui lei gli passò accanto per andarsene.

Avrebbe voluto fermarla dal compiere l'errore più grande della sua vita, ma qualcosa glielo impedì.

Ha preso una decisione.

No...

No, non aveva preso una vera decisione. Aveva fatto una scelta condizionata dalla paura della solitudine, convinta che Maggie e Verstappen non l'avrebbero mai perdonata per aver nascosto loro una cosa del genere, certa che lui non le sarebbe rimasto vicino.

La sua tristezza non sarebbe durata per sempre - e quando il dolore avrebbe smesso di distruggerla, si sarebbe resa conto dello sbaglio, ma sarebbe stato troppo tardi per porvi un vero rimedio.

Selene era terrorizzata dal fuoco, terrorizzata dal pericolo di poter bruciare anche i ponti che non erano destinati a cadere, ma così facendo si era ustionata, si era ustionata così tanto da soffrire costantemente.

Era una ripicca, la sua.

Gli aveva giurato che non sarebbe mai e poi mai tornata con Sam, aveva giurato di aver capito di meritarsi di meglio di qualcuno che per tutti quei mesi non aveva fatto altro che ignorarla. Aveva giurato di averlo dimenticato.

E Lewis sapeva che non mentiva sui sentimenti.

Lo faceva soltanto quando sentiva di doversi proteggere, di dover posizionare una barriera tra il suo cuore e il mondo esterno, temendo una battaglia dalla quale non sarebbe uscita vittoriosa.

Come in quel caso.

Quando si voltò per bloccarla, per parlarle, si accorse di come il braccio di Sam si fosse stretto intorno alle sue spalle, come un Boa constrictor che soffocava la sua preda pur di non lasciarla andare.

Si accorse di come lei glielo stesse permettendo.

«Non sei tu quella, Selene»

Come se avesse sentito, la spagnola si immobilizzò all'istante. Si liberò della presa del ragazzo e tornò a guardarlo. Lewis glielo poteva leggere nel cuore: anche in una stanza piena di persone, lei avrebbe continuato a cercarlo, anche se non voleva ammetterlo, anche se preferiva mentire a sé stessa.

E lui sarebbe stato lì, pronto a ricambiare.

L'«Andiamo» che Sam le ringhiò contro riuscì a sentirlo persino lui, nonostante tutti quei metri che li separavano. «Non perdere tempo»

Attento a come le parli, cazzo.

Selene però sembrava piantata, incapace di muoversi.

Non vuoi andartene, hurricane, allora non farlo.

I suoi occhi gridavano parole che lui non riusciva a comprendere. Di quando in qua avevano iniziato a parlare due lingue diverse? Di quando in qua i loro cuori avevano smesso di comunicare in quel loro modo elettrico e sensibile?

Fu allora che Lewis commise un errore.

Avanzò di un passo.

Uno soltanto.

E la ragazza indietreggiò, scontrandosi contro Sam, che ne approfittò per intrecciare la mano alla sua e per ridestarla da quella specie di trance di ricordi che l'aveva investita. Lì l'inglese seppe di aver appena perso la sua unica occasione.

Perché quei due sparirono talmente in fretta che nemmeno volendolo sarebbe riuscito a recuperarli.

«Principessa...»





Era ormai tardo pomeriggio quando Lewis decise di provarci.

Afferrando il proprio cellulare, compose a memoria il numero di telefono di Selene.

Si era convinto di star per sentire il suono della sua segreteria, o addirittura si aspettava che la chiamata non partisse nemmeno, fatto sta che nel giro di pochi secondi gli squilli smisero. E il cuore gli si fermò nel petto.

«Selene...» sussurrò. «Selene, ascolta, so che le cose non sono andate come avremmo voluto, però credo di doverti dire che io ti...»

Ma a rispondere non era stata la sua amata corvina, no. Se ne rese conto soltanto pochi istanti dopo, quando una voce acida e rude gli gettò contro una serie di insulti, in un inglese neanche lontanamente simile a quello che di solito Selene usava per comunicare.

Sam.

«Dov'è Selene? Passale il telefono» sibilò, non riuscendo a contenere l'astio che provava.

«Non vuole parlarti. Non vuole parlarvi, quindi smettete di chiamare, tutti quanti!»

Che accidenti significava tutti quanti? Maggie e Verstappen avevano provato a contattarla, allora? Avevano finalmente capito di non poter fargliene una colpa, se aveva avuto paura?

Ma soprattutto... per quale motivo aveva risposto lui al suo telefono?!

«Voglio parlare con Selene, ho detto» ripeté, questa volta più calmo. «Dici che non vuole parlarmi? Bene, non è un problema, mi interessa che ascolti quello che ho da dirle»

«Lei non vuole»

«Perché non me lo dice di persona, allora? Mh? Anziché usare te come portavoce»

«Tu e lei vi siete lasciati»

Serviva davvero ricordarglielo?

«Anzi no, mi correggo, non siete mai stati insieme, perciò non vedo il motivo per cui lei dovrebbe avere anche solo l'intenzione di tornare a parlarti. Puoi anche attaccare, per quello che mi riguarda, io e lei abbiamo un viaggio da fare!»

Prima ancora che Lewis potesse rispondergli, però, la chiamata si interruppe, obbligandolo a sputare degli insulti avvelenati.

Selene voleva parlargli, lo sapeva, l'aveva potuto capire quella stessa mattina quando nei suoi occhi aveva letto il desiderio di riavvolgere il tempo.

Era Sam che la stava tenendo in gabbia, non i suoi stessi pensieri, terrorizzato allo stesso modo che potesse andarsene di nuovo, che potesse lasciarlo solo ancora una volta.

Riprovò a chiamarla più volte e seppe che, ormai, la sua paura era diventata realtà: quel maledetto l'aveva bloccato ovunque. Era stato geniale da parte sua, inoltre, disattivarle il profilo Instagram, in modo che nessuno potesse contattarla con un profilo falso.

Aveva progettato proprio tutto, Samuel Fernando.

E pensare che fino a quel momento Lewis aveva creduto che fosse Verstappen quello stronzo in quel gruppetto - chissà, forse non era poi così tanto male, se Selene gli voleva così tanto bene.

L'illuminazione arrivò in quel preciso momento.

Realizzò che da solo non sarebbe mai riuscito a riportare la spagnola indietro, specie se era convinta che nessuno l'avrebbe poi voluta. Gli serviva aiuto e sapeva anche esattamente a chi chiederlo.

Si ritrovò dunque a scorrere per la sua rubrica fino a quando non trovò il nome che stava cercando. E chiamò.

La risposta arrivò nel giro di sette squilli, come se fosse impegnato in altre attività.

«Sì?»

Il sé stesso dell'anno prima si sarebbe impiccato piuttosto che fare una cosa del genere, ma... per Selene quello ed altro.

Per lei avrebbe raggiunto la luna e le stelle soltanto per portargliele ed offrirgliele in dono, consapevole di non poter trovare niente che la superasse in magnificenza.

«Max»

«Sì, so come mi chiamo, che vuoi Hamil...?»

«Ho bisogno di aiuto» esclamò, tagliando corto. «Si tratta di Selene, quando torna lì potete dirle che...»

«Selene non è qui da giorni, Lewis»

Bastò quella frase per farlo immensamente preoccupare. Charles, sapendo la storia, non l'avrebbe mai lasciata da sola con Sam. Quello poteva voler dire soltanto una cosa, allora: si era stabilita da lui.

«Accidenti» borbottò sottovoce. «Max ascoltami, Maggie è lì? Siete all'appartamento?»

«Sì, perché? È successo qualcosa a...» si interruppe, con voce strozzata, come se non potesse neppure costringersi a pensare che Selene potesse stare male.

Anche lui doveva volerle veramente tanto bene.

«Più o meno. Posso presentarmi a casa vostra? Devo parlare assolutamente con entrambi, anche se... Maggie, ho bisogno di Maggie»

«Nessun problema» la voce della ragazza risuonò debolmente per l'altoparlante del cellulare. «Lewis, è grave?»

«Sì»

«Fa presto, per favore»

Il prima possibile.

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