13. Dress
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Say my name and everything just stops
I don't want you like a best friend
Only bought this dress so you could take it off
«Di preciso, cosa cazzo significa che una tua cugina è morta?!» la voce di Max la raggiunse dall'altro capo del telefono, facendola scoppiare a ridere. «Non potevi inventarti una scusa migliore, zusje?»
«È stata la prima cosa che mi è venuta in mente!» si difese. «Che dovevo dirgli?»
«Ah boh, che avevi ricevuto una chiamata urgente da una tua amica, che ti sono scoppiate le tubature in casa! Ma non che ti è morta una parente! Quentin, povero, mi ha telefonato subito dopo essere andato via!»
«Scusa! Ma è la...»
«Prima cosa a cui hai pensato, sì» l'olandese la interruppe, sospirando. «Certo che sei incredibile! Non dirmi che non ti stavi divertendo, perché lui mi ha detto che avete parlato di filosofia per tutto il tempo, e so quanto ami certi discorsi!»
Non potendo tirare in mezzo Lewis e quella loro telefonata, Selene si trovò costretta a sfoderare l'artiglieria pesante, una carta che stava cercando di spingere in fondo al mazzo con tutta la forza che possedeva.
«Mi...» incominciò, sussurrando. «Mi sentivo in colpa»
Forse intuendo, il tono di Max divenne molto più dolce, lo stesso che usava ogni volta che si rivolgeva alla sua adorata meisje. «Per Sam, vero?»
«Non ero pronta, suppongo»
Cazzata.
Era stata abbastanza pronta da fare phone sex con Lewis!
Di sottofondo a Max che parlava si sentiva Maggie canticchiare Dear Reader, una delle nuove canzoni di Taylor Swift, il cui ultimo album, Midnights, era uscito soltanto qualche giorno prima. Incredibile come conoscesse già ogni singola parola a memoria!
«Non ti preoccupare, zusje. Non è colpa tua»
«Beh, un po' sì»
«Non è colpa tua se il tuo cuore non sente quello che dovrebbe» la rincuorò l'altro e Selene riuscì a sentirlo sorridere. «Sei una cretina la maggior parte del tempo ma ti voglio bene, tonta»
«Ti voglio bene anch'io» bisbigliò. «E questa è l'ultima volta che te lo dirò»
«Mi sta bene così»
«Quando tornate voi due? Mi mancate»
«Cos'è tutta questa gentilezza oggi?» scherzò l'olandese, portandola a scuotere il capo.
«Oh scusa, preferisci che ti dica: retrasado mental, quando vi decidete a portare il vostro esorbitante culo a Monaco?»
«Onesto? Sì»
«Quello è perché sei stupido»
Max rise. «Sì, forse» poi aggiunse: «Torniamo giovedì»
«Ottimo, così posso passare altri giorni senza di te a rompermi le scatole!»
«La cosa è reciproca, amore mio»
Seguì qualche istante di silenzio, in cui Selene pensò bene a cosa dire o fare. Poi però, seppur dubitando, si decise a parlare: «Max?»
«Mh?»
«Credi che passerà, vero?»
«Certo che passerà, zusje, prima o poi passa tutto»
«E se così non fosse?»
«Sarà così, fidati di me» la incoraggiò. «So che adesso ti può sembrare difficile, che ti senti ancora come se portassi il peso del mondo sulle spalle, ma... non sei più da sola»
«I-io...»
«Non sei da sola perché ci siamo noi» Max sembrava ora molto più serio. «E un giorno arriverà il momento in cui ti innamorerai di nuovo, quello in cui ti sentirai finalmente libera di amare, te lo posso assicurare. Magari non sarà l'amore della tua vita o magari sì, chi può saperlo, ma vale la pena provarci, zusje»
«Oggi sei tu quello gentile...» sussurrò, trattenendo un singhiozzo. «Grazie, Maxie»
«Di niente, tonta. Lo sai... quando vuoi, io ci sono»
«Comincio a capire perché Maggie si sia innamorata di te, sai?»
«Uellà, per tempo! A momenti è un anno che stiamo insieme... direi che abbiamo fatto progressi!»
«L'unica cosa che non è progredita è il tuo cervello» lo rimbeccò, facendolo ridere. «A parte gli scherzi, io ci ho sempre creduto in te, anche se a volte ti sei comportato da idiota»
«Non dici sempre che sono un idiota?»
«Sì, ma un conto è dirlo e un conto è averne una prova vivente!»
«Sempre carina!»
«I knoowwww» esclamò, divertita. «Ma... che sta cantando Maggie ora?»
«Prima stava cantando Dear Reader, adesso... scusa un secondo eh! Meisje?»
La voce ovattata di Maggie sopraggiunse. «Sì?»
«Che stai cantando?»
«Un canto gregoriano ma con le parole di my tears ricochet»
«Ah certo» Selene commentò. «Ha senso»
«Oh Gesù, tra un po' Taylor Swift me la sogno pure quando dormo»
«Beh mica male, che è una strafiga»
«Se dico di sì, dici che Maggie mi lincia?»
«Ma va, che se la farebbe pure lei!»
«Onesto!»
Il campanello di casa Soler - García Fernandez trillò alle venti precise, come stabilito da programma .
Subito, Selene corse ad aprire, ignorando la scarpa riversata sul pavimento che aveva rischiato di farla uccidere. Prima di abbassare la maniglia, si sistemò il vestito che aveva indosso, acquisto proprio di quel pomeriggio, lisciandolo delicatamente.
«Hey» la voce di Lewis la accolse, beandole l'udito. Subito l'inglese si chinò, afferrandole il viso con entrambe le mani e stampandole un bacio sulle labbra soffici e morbide. «Come stai?»
«Bene» mormorò, le guance leggermente rosse. «Tu?»
«Ora molto meglio»
Il cuore della spagnola accelerò di botto. «Prego... entra»
«Grazie!» esclamò. Poi Lewis sembrò scrutarla meglio, percorrendo il suo intero corpo con lo sguardo, come se volesse spogliarla sul momento. «Sei bellissima» sentenziò delicatamente.
Missione compiuta.
Selene si ringraziò mentalmente per aver deciso di farsi un regalo con quel vestito.
Il piano per quella sera era semplice: avrebbero cenato insieme, chiacchierando e divertendosi, raccontandosi gli eventi più disparati della propria vita. Poi, a seconda di come quella specie di appuntamento sarebbe andato, avrebbero deciso cosa fare, anche se, onestamente, lei una piccola idea ce l'aveva.
«Cosa si mangia di buono?»
«Beh...» Selene nel mentre lo invitò a sedersi. «Ho preparato alcune specialità spagnole che spero ti piacciano. Sono alcuni dei piatti che adoro di più in assoluto, cose tipiche di Madrid e dintorni. Mi sono documentata su Internet per sapere cosa potete mangiare o meno, in base alle vostre diete, e ho scelto le cose più salutari!»
Lo sguardo di Lewis si addolcì. «Non c'era bisogno di scervellarsi, hurricane» le sorrise. «Avrei mangiato qualsiasi cosa!»
«Ma domani poi in palestra avresti dovuto faticare di più! Invece così sono tutti cibi super buoni, vegani e che soprattutto ti risparmieranno ore ed ore di sudore!» gli rispose, stringendo le spalle. Assunse un'espressione talmente tenera che il pilota fu tentato di divorarsela di baci in quel preciso momento. «Allora... mangiamo?»
«Con piacere!»
Nonostante la tavola fosse apparecchiata alle due estremità, in qualche modo Lewis si ritrovò a sederlesi accanto. Così vicini, poteva perdersi nella distesa che erano i suoi occhi con molta più facilità, cosa che riteneva estremamente pacifica.
La osservava mangiare e parlare e non poteva fare a meno di pensare a quanto maledettamente bella fosse, a quanto avrebbe voluto spazzare via da quel tavolo ogni cosa soltanto per poterla venerare e renderle onore.
«Posso chiederti una cosa?» gli domandò, però, lei improvvisamente seria.
«Sì, certo, tutto quello che vuoi»
«Perché ti sei preso così a cuore la mia causa?»
«Che intendi?»
«Intendo che nonostante non fosse compito tuo, che nonostante io e te non c'entrassimo niente uno con l'altra, hai insistito, hai preteso che ti volessi bene, hai fatto di tutto perché mi fidassi. Perché?»
«Perché sei una brava persona, Selene»
«Questo non significa niente...» la ragazza scosse il capo. «Ci sono tante altre anime al mondo che soffrono, eppure non hanno nessuno. Perché io sì?»
«La domanda non è perché tu sì in confronto agli altri, vero? La domanda è perché tu sì ma in relazione a tutti quelli che sono venuti prima...» chiese cautamente Lewis, battendo le palpebre lentamente.
Seppe di aver fatto centro quando Selene indietreggiò leggermente, appoggiandosi allo schienale della sua sedia.
«Sai perché voglio che tu capisca che non sei sbagliata?»
«Perché?»
«Perché ti è stato fatto credere di essere una persona orribile, Selene» le sussurrò, sporgendosi e afferrandole la mano, stringendola nella propria. «Perché ogni volta che ti hanno lasciata andare ti sei convinta sempre di più di non essere degna di ricevere amore. Perché le persone non sono state buone con te, né quando eri piccola né ora, ed adesso pensi che nessuno si meriti il fardello di starti accanto. Ma non è un fardello, hurricane»
«E che cos'è, allora?» rispose l'altra, gli occhi lucidi e rossi. «Che cosa sono io, se non un peso per gli altri?»
Lewis avanzò ancora, afferrandole il viso e lasciando cadere la fronte contro la sua. «È un onore» bisbigliò. «È un maledetto onore, perché sei incredibile»
«Sai... c'è una frase che ho in testa, fin dalle prime volte in cui mi hanno abbandonata...» Selene sospirò. «Lo suficientemente bueno para follar, no lo suficientemente bueno para amar»
L'inglese non si azzardò neppure a chiedere che cosa volesse dire, in qualche modo lo sapeva già da sé.
Good enough to fuck, not good enough to love.
Le accarezzò il dorso della mano, portandosela alle labbra e lasciandovi sopra un bacio. «Sei sempre stata abbastanza. Sono gli altri che non sono stati abbastanza per te, piccola»
«Cambiato soprannome?» sapendo di non poter fare altro, la ragazza si buttò sulla cosa che le riusciva meglio: fare battute.
«Sì, hurricane non è adatto quando si parla di cose di questo genere, o no?»
«No, direi di no»
«Ascolta...» Lewis si alzò in piedi solo per inginocchiarlesi davanti. La fissava come se avesse avuto davanti una divinità. «So di averti già detto che prima o poi il sole tornerà a splendere, ma... è vero anche che piove sempre di più su quelli che si meritano il sereno, è il prezzo che bisogna pagare per essere felici. E... e sono sicuro che, un giorno, anche tu lo sarai, ti meriti molto di più di quello che ti hanno fatto»
Riuscendo a non piangere per miracolo, Selene gli si buttò tra le braccia, rischiando quasi di farlo cadere a sedere per terra. Si strinse forte a lui, nascondendo il viso nell'incavo del suo collo. «Mi spiace di rovinare sempre tutto quanto»
«Non hai rovinato niente, piccola»
«Avrei voluto soltanto creare qualcosa di bello, stasera. Avrei voluto che non ci fossero discorsi tristi, che tu non dovessi dirmi ogni volta le stesse cose, ma invece...»
«Invece...» Lewis la interruppe. «Invece è andata così e va bene, va bene perché adoro dirti che meriti il mondo» le disse, schioccandole un bacio sulla guancia. «Adesso finiamo questa cena deliziosa che hai preparato, va bene? Poi si vedrà!»
«Sicuro che non...?»
«Sicurissimo. Sta tranquilla, piccola»
Selene ansimò, le labbra del pilota che le correvano lungo il collo.
Seduta a cavalcioni su di lui sul divano del soggiorno, sentiva la sua pelle bruciare sotto al tocco dell'inglese, che riusciva a renderla un cumulo di fiamme soltanto sfiorandola.
Le mani di Lewis scivolarono fino alla cerniera del suo vestito, semi-nascosta sulla schiena dai suoi capelli neri, abbassando la zip. Allentò il tessuto, che prese già a scivolarle via dal corpo.
«Cazzo» mugugnò, l'eccitazione ad annebbiarle il cervello, quando il pilota le carezzò le cosce, lasciate scoperte. Incapace di dire altro, infilò le dita tra i suoi capelli, raccolti nelle solite treccine perfette, e lo baciò, facendo scontrare la lingua con la sua.
Volendo di più, si alzò a malavoglia dalle sue gambe, il vestito dorato a coprire ciò che ancora non era stato mostrato. Lo afferrò per la manica, costringendolo a seguirla. Indietreggiò, lo sguardo incastonato al suo, fino a raggiungere la propria camera da letto. Una volta dentro, si chiuse la porta alle spalle con un calcio, aggrappandosi al pilota e cominciando a sbottonargli la camicia. Una volta liberata anche l'ultima asola, l'indumento volò a terra.
Gli fece scorrere le mani sul petto, in modo così lento da risultare quasi letale, sfiorandogli i muscoli addominali. Le sue dita risalirono fino alla base del collo dell'inglese, dove si fermarono. Lewis piantò le labbra sulle sue, assumendo il comando momentaneo.
«Dio» le sussurrò, tra i capelli. «Sei bellissima»
Senza darle il tempo di rispondere, la spinse verso il letto, facendola atterrare con la schiena sul materasso morbido. Con sorpresa della spagnola, non la raggiunse, anzi. Si inginocchiò per terra, non spezzando mai il contatto visivo.
«Sai, babe, c'è una cosa che voglio fare da quando ti conosco» la voce del pilota la raggiunse, così flebile e calda da farle venire i brividi all'istante. «Ed è trattarti come la maledetta dea che sei»
«Fallo, allora»
«Sei sicura...?»
Selene tagliò corto. «Sì» annuì, mai stata più seria. «Adesso, se non ti dispiace, strappami questo vestito di dosso»
Lewis non ebbe bisogno di farselo ripetere una seconda volta. Afferrò i lembi finali del tessuto, facendolo scivolare giù per le sue gambe e lanciandolo sul pavimento accanto alla propria camicia.
Delicatamente le afferrò le caviglie, portandosele sulle spalle. Vampate di calore percossero il corpo della ragazza, che prese ad ansimare. Nel giro di qualche istante, Lewis affondò la testa tra le sue cosce, ed ogni singola volontà di Selene divenne cenere.
Divorandola con la stessa foga con cui un affamato si sarebbe precipitato sul tavolo di un buffet, l'inglese le fece letteralmente vedere le stelle. I gemiti riempirono la stanza in un baleno, mentre il nome del pilota veniva gridato ripetutamente.
«Lewis, Lewis, Lewis»
«Lew, carajo»
«Lewis, sto per venire»
«Lew, Dio...»
Quando ebbe finito, di Selene non restava che un accenno. Gli occhi semichiusi per il piacere si spalancarono non appena percepirono la presenza familiare depositarsi al suo fianco, facendole delle carezze e lasciando un bacio sulla pelle nuda della sua spalla.
«Che... che stai facendo?» gli domandò, ansante. «Perché ti sei fermato?»
«Perché non ho intenzione di farti credere che voglia solo q...»
La corvina subito lo baciò, bloccandolo. «Non parliamo di questo, ti prego» lo supplicò. «Non qui, non ora»
«Ma...»
«Sarò brutale, Hamilton» lo informò, prima di ruotare su sé stessa, appoggiandosi su un fianco. «Voglio fare sesso con te, adesso non mi importa di quello che mi farà credere la mia testa. Voglio solo essere una donna che è stata con una persona che la fa eccitare soltanto guardandola»
Lewis abbozzò un sorriso, baciandola ancora.
«Ti faccio eccitare, eh?» le sussurrò all'orecchio, mordicchiandole il lobo. Con l'indice andò a tracciarle un disegno sul petto, prestando particolare attenzione ai capezzoli rigidi, che sfiorò più e più volte. «Allora vediamo quanti orgasmi riusciamo a tirarne fuori stasera, che te ne pare?»
Fece ondeggiare le dita tra le sue cosce, sfiorandole la carne umida e pulsante. Indugiò sul clitoride, dove premette con il pollice, scatenandole una reazione elettrica nel cuore.
«G-grande idea»
«Coraggio babe, rendiamoti giustizia»
«Dio mio...»
«Non c'è bisogno di chiamarmi Dio, Selene»
Per la prima volta nella sua vita, la spagnola non seppe cosa dire, abbandonandosi soltanto al piacere.
Con le unghie graffiò la schiena del pilota, segnandola obliquamente in ogni modo possibile.
Le parole le morirono in gola, ma riuscì a pronunciarne soltanto quattro. «Ti prego, fammi venire»
«Come desideri, principessa»
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